ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/09036

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 644 del 29/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: PILI MAURO
Gruppo: MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO
Data firma: 29/06/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA DIFESA
  • MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 29/06/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 29/06/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-09036
presentato da
PILI Mauro
testo di
Mercoledì 29 giugno 2016, seduta n. 644

   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
   imponenti mezzi meccanici, ruspe ed escavatori, scavano da settimane indisturbati dentro il poligono di Capo Frasca, Arbus;
   si tratta di sbancamenti imponenti in un'area protetta sotto ogni punto di vista;
   sono state realizzate impunemente trincee di decine di metri scavate a monte della spianata;
   nell'orizzonte si stagliano imponenti piramidi nere il cui contenuto sta emergendo in queste ultime giornate;
   si tratta di vere e proprie discariche piene di tutto, da amianto in quantità ciclopiche a carcasse di missili, da pneumatici a rifiuti di ogni genere;
   ingenti aree di macchia mediterranea sono state cancellate per sempre;
   nella stessa area si trovava un sito archeologico censito ovunque che è stato letteralmente devastato con ruspe in azione su un'area archeologica dove emergono frammenti e reperti antichi;
   è stato disposto un telo bianco che delimita l'area archeologica come a nascondere con un velo pietoso quel che è stato trovato e divelto a colpi di mezzo meccanico;
   si tratta di uno scenario devastante che appare agli occhi e allo zoom di chi entra dentro il poligono e vietato agli occhi indiscreti di chi vuole capire quel che avviene nel segreto militare imposto su quei lavori;
   più che un appalto di bonifica appare all'interrogante un lavoro con un solo obiettivo: radere tutto al suolo, portando via anche la terra vegetale, con una ferita al paesaggio senza precedenti; un lavoro da fare ad ogni costo per iniziare a spendere quel milione e passa di euro, ma in arrivo ce ne sarebbero molti di più, affidato ancora una volta ad una società produttrice d'armi e tecnologia avanzata, che questa volta compete e vince per il movimento della terra;
   tutto questo si è svolto in totale silenzio se non fosse stato per la denuncia esposto presentata dall'interrogante alla procura della Repubblica;
   i progetti e i piani di intervento non richiamano nemmeno un ufficio regionale;
   nessuna trasmissione di documenti alla forestale o alla soprintendenza appare nell'unico cartello affisso in un box in piena collina;
   nessuno, secondo l'interrogante, avrebbe potuto autorizzare quella devastazione naturalistico ambientale dentro un sic, un sito di interesse comunitario delimitato da un decreto nazionale e approvato dalla Commissione europea;
   i cumuli di lentischio e macchia mediterranea sono imponenti a segnare la devastazione ambientale che ha raso al suolo tutto;
   in quell'area bisogna operare con la massima attenzione proprio per la sensibilità ambientale imposta dal piano di gestione del sito «stagno di corru s'ittiri» che comprende l'intero poligono militare;
   si tratta di uno sfregio gravissimo testimoniato dalle immagini che l'interrogante ha pubblicato sul proprio profilo Facebook;
   l'interrogante ha già trasmesso in procura un esposto, perché la magistratura valuti l'entità del disastro ambientale e archeologico;
   si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un vero e proprio atto contrario ad ogni forma di tutela ambientale, naturalistica e archeologica;
   risulta inspiegabile per quale motivo non risulti nessuna autorizzazione per quel tipo di sbancamento in un'area protetta;
   qualsiasi cittadino sardo che avesse compiuto tale scempio sarebbe stato rinchiuso nelle «patrie galere», qui, invece, tutto tace e, ad avviso dell'interrogante, l'impunità la fa da padrona;
   non si può nemmeno affermare che fosse necessario uno sbancamento per eliminare sostanze inquinanti o radioattive, proprio perché, è sempre stato affermato che in quell'area sono sempre state utilizzate munizioni inerti;
   così come è gravissimo che da sempre si è a conoscenza che proprio quell'area è oggetto di ritrovamenti archeologici di varia natura e di diverse epoche, da quella nuragica, passando per quella fenicia e romana;
   gli archeologi sostengono che quell'area sia una vera e propria miniera archeologica vietata da sempre, ma con importanti ritrovamenti;
   è semplicemente inaccettabile che Capo Frasca sia l'unica zona franca della Sardegna dove il ministero della difesa opera con quella che appare all'interrogante una spregiudicatezza da padrone della colonia;
   la Forestale e la soprintendenza devono immediatamente intervenire per rilevare i danni;
   sarebbe un ulteriore grave atteggiamento se si volesse ulteriormente nascondere questo ennesimo misfatto;
   si è dinanzi ad un vero e proprio oltraggio alla Sardegna;
   tutto questo grazie ad una regione, a giudizio dell'interrogante, inesistente e inefficace, che accetta tutto e di più;
   dopo la poco credibile conferenza sulle servitù niente è stato fatto, nemmeno un metro quadrato di terra è stato restituito alla Sardegna e per di più le violazioni appaiono sempre più spregiudicate;
   è indispensabile far conoscere tale grave situazione anche al livello europeo per quella che l'interrogante ritiene una violazione di tutte le norme comunitarie di tutela di un sito protetto;
   a questo si aggiunge che sta emergendo un dato inquietante e gravissimo: nella base militare di Capo Frasca ci sono tonnellate di insidiosi «frammenti di lastre» di amianto;
   l'amianto del poligono veniva impunemente sotterrato in quantità rilevantissime;
   a Capo Frasca ci sono diecimila metri cubi di terra contaminati – varie migliaia di tonnellate;
   la rivelazione è, a quanto risulta all'interrogante, della stessa l'Aeronautica, che con una serie di comunicazioni tiene aggiornati il comune di Arbus e altri enti di controllo sullo stato di avanzamento della bonifica all'interno della base;
   sarebbero state sotterrate tonnellate di bombe da esercitazione arrugginite, sganciate dai caccia e poi seppellite, pneumatici di ogni dimensione e altri materiali pericolosi;
   tra i codici cer (catalogo europeo dei rifiuti) comparirebbero anche «imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze»;
   in passato dentro la base il «cemento killer» veniva interrato e nascosto;
   ora quel materiale è maldestramente alla portata di teleobiettivo e nonostante siano stati utilizzati teli neri, che appaiono all'interrogante inadeguati, il pericolo per tutta l'area è sempre più grave;
   c’è il problema dello smaltimento: una fibra microscopica, se inalata, può uccidere;
   nella missiva pubblicata per stralci dal quotidiano Unione Sarda, in un articolo a firma di Enrico Fresu è scritto: «Tenuto conto della consistenza del materiale in esame stimata in circa 10.000 metri cubi (...) è intendimento di questa amministrazione procedere a un'attività di vagliatura in sito, con un mezzo speciale, e successiva cernita manuale, finalizzata al recupero del terreno per il ripristino delle aree escavate»;
   una procedura, secondo l'interrogante, illegittima e in contrasto con qualsiasi norma;
   l'intero poligono di Capo Frasca ricade nel compendio naturalistico ambientale denominato «Stagno di Corru S'Ittiri», sito di importanza comunitaria (SIC) istituito sulla base della direttiva «Habitat» (92/43/CEE), è inserito nella rete ecologica «Natura 2000», sistema di aree dedicate alla conservazione della biodiversità ai sensi della normativa comunitaria;
   il sito prende il nome dalla Laguna omonima, ma comprende anche gli Stagni di Paùli Pirastu, Marceddì, San Giovanni e Santa Maria e ricade nei Comuni di Arborea, Terralba, Arbus e Guspini per una superficie di 5699 ettari;
   l'area del SIC, con una superficie di 2651 ettari si sovrappone parzialmente alla zona di protezione speciale (ZPS) «Corru S'Ittiri, Stagno di San Giovanni e Marceddì», individuata ai sensi della direttiva comunitaria «Uccelli Selvatici» (79/409/CEE);
   sono presenti due oasi permanenti di protezione faunistica (legge regionale 23 del 1992): l'Oasi di Corru S'Ittiri e Corru Mannu; l'Oasi dello Stagno di Marceddì e San Giovanni; il SIC individua un'area di grande rilevanza ambientale per la presenza di specie particolarmente significative e rare;
   la conservazione degli habitat e la salvaguardia delle specificità floristiche e faunistiche del territorio rappresentano l'obiettivo primario del piano di gestione del SIC di Capo Frasca, protetto da convenzioni internazionali, da leggi dello Stato italiano e della regione Sardegna, caratterizzato da rilevanti emergenze archeologiche, nuragiche e puniche; si sono svolte e si stanno svolgendo, secondo l'interrogante, attività vietate e in contrasto totale con le norme e disposizioni nazionali e comunitarie;
   attività che hanno generato e generano «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», con la «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico»;
   tali attività sono svolte, in concorso tra loro, dalla Nato e dall'Esercito italiano, su disposizioni del Ministero della difesa e, a giudizio dell'interrogante, con l'omissione di tutela e controllo in capo ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Commissione europea;
   la gravità della distruzione in atto costituisce, secondo l'interrogante, presupposto per richiedere il sequestro preventivo dell'area oggetto del disastro, l'accertamento del danno, l'individuazione dei responsabili e il risarcimento del danno materiale, economico e morale compreso il ripristino dei luoghi;
   si tratta di fatti che andrebbero valutati anche sul piano penale, considerato quanto disposto dai seguenti articoli del codice penale:
    articolo 733-bis c.p. (Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto):
     «Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3.000 euro.»;
    articolo 733 c.p. (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale):
     «Chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda non inferiore a euro 2.065. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata»;
   articolo 734 c.p. (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali):
     «Chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità, è punito con l'ammenda da euro 1.032 a euro 6.197»;
   tale compendio è a tutti gli effetti «habitat all'interno di un sito protetto», ovvero pienamente coincidente nella fattispecie definita dall'articolo 733-bis c.p.;
   il sito in base agli atti di istituzione del sito di importanza comunitaria è denominato: «Stagno di Corru S'Ittiri»;
   il sito oggetto di distruzione e deterioramento di habitat distruzione e deturpamento di bellezze naturali, di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale è incluso nel Decreto 3 luglio 2008 – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea in Italia, ai sensi della direttiva 92/43/CEE. (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 184 del 7 agosto 2008);
   tale decreto dispone l'attuazione e il recepimento della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2, terzo periodo;
   il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, reca il regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;
   la Commissione europea ha ritenuto necessario l'aggiornamento dell'elenco iniziale di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea sia per includervi i siti proposti dagli Stati membri a partire dal marzo 2006 come siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 92/43/CEE sia per tener conto di eventuali modifiche nelle informazioni relative ai siti trasmesse dagli Stati membri a seguito dell'adozione dell'elenco comunitario; in tal senso, il primo elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea costituisce una versione consolidata dell'elenco iniziale dei siti per la regione biogeografica mediterranea;
   ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43/CEE, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna e Regno Unito hanno trasmesso alla Commissione gli elenchi di siti proposti quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea tra gennaio 2003 e settembre 2006;
   gli elenchi dei siti proposti sono stati corredati di informazioni su ciascun sito, fornite nel formato fissato dalla decisione 97/266/CE della Commissione, del 18 dicembre 1996, concernente un formulario informativo sui siti proposti per l'inserimento nella rete Natura 2000;
   sulla base dell'elenco proposto, redatto dalla Commissione con l'accordo di ciascuno degli Stati membri interessati, che identifica anche i siti che ospitano tipi di habitat naturale prioritari o specie prioritarie, è stato adottato un primo elenco aggiornato di siti selezionati quali siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea;
   la decisione della Commissione europea n C(2008) 1148 def. del 28 marzo 2008 stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, un primo elenco aggiornato di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea e abroga la decisione 2006/613/CE;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto ha stabilito che i siti di importanza comunitaria per la regione biogeografia mediterranea in Italia, sono individuati ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE, e sono elencati nell'allegato A che costituisce parte integrante del decreto stesso;
   il codice di riferimento comunitario del sito è il seguente: ITB030032;
   il SIC «Stagno di Corru S'Ittiri» è un'area di notevole interesse naturalistico soprattutto in considerazione dell'estensione e della varietà degli habitat che consentono di ospitare numerose specie faunistiche e floristiche, rilevanti dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Sono presenti diversi habitat di interesse comunitario distinguibili in habitat costieri, marini e palustri, habitat delle dune, habitat delle macchie e boscaglie e habitat delle foreste, alcuni dei quali sottoposti a particolare tutela;
   la vegetazione dell'area comprende due zone fondamentalmente differenti: il sistema stagnale e lagunare di Marceddì, San Giovanni e Corru S'Ittiri e l'estesa formazione a macchia della Penisola di Capo Frasca;
   la vegetazione palustre degli stagni è organizzata rispetto al gradiente di salinità e comprende prevalentemente canneti a cannuccia di palude (Phragmites australis) e tifa a foglie strette (Typha angustifolia), giunco subnoduloso (Juncus subnodulosus) e giunco pungente (Juncus acutus) e salicornia (Salicornia spp);
   la macchia comprende specie quali l'euforbia arborea (Euphorbia dendroides), lentisco (Pistacia lentiscus), il corbezzolo (Arbutus unedo) e il leccio (Quercus ilex);
   nel sito sono presenti specie di pregio, endemiche o rare, come il ranuncolo cordato (Ranunculus cordiger), il limonio a glomeruli (Limonium glomeratum) e l'astragalo verrucoso (Astragalus verrucosus), quest'ultimo inserito nell'allegato II della direttiva comunitaria «habitat»;
   si registra, secondo l'interrogante, una persistente azione di distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto e distruzione o deturpamento di bellezze naturali e archeologiche compiuta non solo a seguito delle persistenti esercitazioni militari che si svolgono all'interno del sito protetto con danni gravissimi sia sul piano ambientale, paesaggistico e naturalistico ma anche per effetto delle opere relative ad un appalto che prevede «l'individuazione, la raccolta e lo smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi interrati» all'interno del sic suddetto;
   ove risultassero sussistere le fattispecie di «distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto», «distruzione e il deturpamento di bellezze naturali» e «danneggiamento al patrimonio archeologico e storico», dovrebbe scattare l'obbligo dell'effettivo ripristino, a spese del contravventore, della precedente situazione e, in mancanza, quello di adottare le misure di riparazione complementare e compensativa di cui alla direttiva 2004/35/CE (articolo 311, co. 2, T.U.A.);
   il predetto articolo 311 prevede che l'obbligazione risarcitoria è posta a carico di «chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte». I presupposti della responsabilità risarcitoria, in questi casi, sono dunque assai simili a quelli che determinano la responsabilità penale per la violazione dell'articolo 733-bis –:
   se il Governo, ai fini della tutela del sito di Importanza comunitaria richiamato, non intenda intervenire al fine di porre fine con immediatezza a quella che l'interrogante giudica come distruzione e deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto, distruzione e il deturpamento di bellezze naturali e danneggiamento al patrimonio archeologico e storico;
   se non si intendano valutare le responsabilità interne ai singoli Misteri e conseguentemente adottare tutte le iniziative necessarie in sede di autotutela e per il risarcimento dei danni causati;
   se i Ministeri interrogati abbiano rilasciato qualsivoglia autorizzazione o valutazione di competenza sull'intervento oggetto dell'appalto richiamato;
   se non ritenga di dover segnalare tale situazione al presidente della Commissione europea e al Commissario competente per valutare le possibili azioni, anche risarcitorie da mettere in campo;
   se non si intendano assumere iniziative per individuare i responsabili e la catena di comando che avrebbe disposto l'occultamento, interrandoli, di tali agenti inquinanti;
   se e quale procedura si intenda seguire per eliminare le sostanze inquinanti, considerata l'entità delle stesse;
   se e quale procedura sia stata adottata per «appaltare» tale intervento di asserita bonifica del sito. (5-09036)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

riserva naturale

zona protetta

protezione dell'ambiente