ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08835

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 634 del 08/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: D'UVA FRANCESCO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 08/06/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VILLAROSA ALESSIO MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE 08/06/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 08/06/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 08/06/2016

SOLLECITO IL 15/09/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-08835
presentato da
D'UVA Francesco
testo di
Mercoledì 8 giugno 2016, seduta n. 634

   D'UVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
   la Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane CCRVE, altresì nota come Sicilcassa, è stata una banca italiana con sede a Palermo;
   così come riportato dal quotidiano consultabile online «La Repubblica» in un articolo pubblicato in data 23 gennaio 2004, la Sicilcassa «nata nel 1861 con un capitale sociale di appena 42 mila e 500 lire, ha seguito e segnato la storia dell'Isola attraversando due guerre, catastrofi (dal colera di Palermo al terremoto di Messina), crisi economiche e politiche, espansioni edilizie, diventando punto di riferimento per operai, allevatori, imprenditori, famiglie e investendo esclusivamente in Sicilia»;
   lo stesso quotidiano, dopo aver riportato la fondamentale importanza della Cassa nel corso degli anni, ricordava come intorno agli anni 90’ «vengano fuori gli scandali, i prestiti “facili” ai cavalieri del lavoro e al conte Arturo Cassina di Palermo, e tassi sempre più alti per piccoli imprenditori e famiglie», sostenendo come «la Sicilcassa prestò molto denaro a personaggi come Graci ma è anche vero che su questi soldi c'erano garanzie patrimoniali e immobiliari»;
   tale crescente condizione di possibile illecita gestione veniva ribadita da un articolo pubblicato dallo stesso quotidiano in data 6 ottobre 1994, il quale evidenziava come la stessa si fosse «messa al servizio di potenti imprenditori, faceva business per favorire gruppi al di sotto di ogni sospetto, c'erano clienti specialissimi che solo grazie a certe operazioni potevano sanare debiti miliardari»;
   in data 5 settembre 1997, con nota del Ministero dell'economia e delle finanze, veniva reso noto che il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio avesse esaminato, «sulla base di una relazione del Governatore della Banca d'Italia la gravissima situazione di crisi in cui continua a versare la Sicilcassa S.p.A., posta in amministrazione straordinaria con decreto ministeriale 6 marzo 1996», riscontrando una condizione finanziaria ormai irreversibile dell'ente: L'istituto di credito, di conseguenza, veniva sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, ai sensi del testo unico in materia bancaria con decreto del Ministero del Tesoro del 5 settembre 1997, ed in pari data venivano nominati i commissari liquidatori e componenti comitato di sorveglianza;
   a 19 anni dal provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nonché dalla prima nomina dei commissari liquidatori e dei componenti del comitato di sorveglianza della Sicilcassa, il procedimento relativo risulta ancora pienamente in essere;
   in data 14 aprile 2013 il programma televisivo Report, in programmazione sui canali della Rai – Radiotelevisione Italiana, trasmetteva un servizio dedicato al fallimento dell'ente creditizio Sicilcassa. Così come riportato dal sito ufficiale del programma, «era il 1997 quando la Sicilcassa, la storica banca siciliana, ha fatto crack. Sembra una vecchia storia. Ma non è così. A distanza di sedici anni è ancora in corso il processo sul crack della banca e solo due mesi fa è arrivata la sentenza di condanna in primo grado per gli ex amministratori (peraltro a pene elevate), accusati di bancarotta fraudolenta. Ancora oggi è in piedi la struttura della liquidazione della Sicilcassa che, sotto la vigilanza della Banca d'Italia, ha il compito di provare a recuperare i crediti ereditati dal crack della banca»;
   secondo quanto riscontrabile nel servizio ancora oggi disponibile online, tra le cause del crack della Sicilcassa vi sarebbe l'elargizione di crediti a società ormai prossime al fallimento, con la concessione di crediti e fondi a soggetti non in condizione di provvedere alla futura restituzione delle somme ricevute;
   tra i casi emersi dall'inchiesta giornalistica emergerebbe il rapporto finanziario tra la Sicilcassa e la Restivo Gioielli, che secondo quanto riportato «aveva alla fine un'esposizione di oltre 13 milioni di euro verso la Sicilcassa, che però dal 1997 è in liquidazione. Banca d'Italia ha nominato, quindi, dei commissari liquidatori con il compito di recuperare il denaro dei debitori inadempienti», liquidatori incaricati da Banca d'Italia che, tuttavia, «fanno questa transazione con la Restivo Gioielli. Il debito complessivo era arrivato a 27 miliardi di vecchie lire, Restivo ne paga 3 e così estingue la sua posizione»;
   condizione simile vedeva protagonista la famiglia di noti costruttori romani Parnasi la quale, così come appreso dal servizio, nel 2002 disponeva una transazione per l'acquisto dei crediti e le azioni di tre società del gruppo Graci Finocchiaro, che alla data del crack avevano un'esposizione di 287 milioni di euro verso la Sicilcassa. I Parnasi ne mettono 129 e azzerano i debiti», evidenziando ancora una volta una notevole propensione alla transazione da parte dei soggetti liquidatori della Sicilcassa;
   «dal 1997 ad oggi, i liquidatori nominati da Bankitalia», è riportato sul sito internet del programma «hanno potuto recuperare dei complessivi 640 milioni di euro del gruppo Graci, circa 194 milioni. E le cose vanno anche peggio per gli altri grandi gruppi finanziati dalla ex Sicilcassa. Gruppo Ienna, prestanome dei boss Graviano, su 47 milioni e mezzo dovuti ne sono stati recuperati meno di 13»;
   nello stesso documento si conclude come «fra stipendi dei commissari, consulenze e spese legali, in 16 anni di liquidazione si sono spesi 80 milioni di euro. Sono riusciti a recuperare il 35 per cento dei crediti, ma se si arriva a un momento in cui le spese superano i benefici, qualche domanda bisognerà pur porsela. E qualche domanda avrebbe dovuto porsela a suo tempo anche Banca d'Italia»;
   così come riportato dal citato documento relativo alla trasmissione Rai «Report», «che la Sicilcassa fosse in malafede lo pensa anche la Cassazione, che nel 2010 ha ritenuto la banca consapevole di finanziare operazioni poco trasparenti», accettando così il rischio di favorire progetti di riciclaggio anche da parte della mafia;
   nel biennio 1988-89 la ditta Vitale Immobiliare s.p.a., società che sarà poi dichiarata fallita con sentenza emessa dal tribunale di Messina nel 1996, edificava alcuni complessi destinati a uso abitativo sia nel comune di Messina che nel comune di Rometta Marea (ME), alienandoli pur in presenza di iscrizioni ipotecarie derivanti da mutui stipulati con la Sicilcassa, ed erogati a seguito di onerose somme di denaro concesse dall'ente, il quale, come già evidenziato in premessa per casi analoghi, agevolava e favoriva tali operazioni finanziarie;
   tali modalità di azione sembrano emergere, tra l'altro, dalle carte processuali relative al procedimento penale per concorso in bancarotta cui sono stati sottoposti gli amministratori ed i funzionari della società fallita;
   la posizione dei proprietari nel caso di specie, alcuni dei quali addirittura inconsapevoli delle ipoteche gravanti sugli immobili, veniva descritta in occasione del citato procedimento penale instaurato nei confronti dell'amministratore della società, il quale tuttavia si concludeva con sentenza di non luogo a procedere per estinzione dei reati per morte del reo;
   essenziale a tali fini risulta essere la nota n. 1/99 di protocollo datata 7 gennaio 1999 del tribunale di Messina, terza sezione civile «ufficio fallimentare», laddove si presenta la relazione del curatore sui rapporti tra la società Vitale e la Sicilcassa S.p.A. così come depositata in data 25 novembre 1998 e successive integrazioni, il quale riporta chiaramente come la Società Vitale «non pagò le rate del preammortamento del mutuo stipulato con la Sicilcassa e per il quale vennero iscritte le ipoteche nelle abitazioni che nel frattempo erano state realizzate e promesse in vendita a terzi che già le abitavano», i quali risultavano «completamente ignari» delle operazioni messe in atto dalla ditta e dai mutui concessi dai funzionari della Sicilcassa secondo le modalità di cui in premessa;
   lo stesso curatore richiedeva l'autorizzazione a convenire in giudizio della Sicilcassa, al fine di «privare il credito della garanzia derivante dalla contestata ed illegittima operazione di credito fondiario»;
   la «gestione spregiudicata della società, caratterizzata da una serie di alienazioni strumentali», ovvero «una serie di operazioni ad alto rischio poste in essere al fine di sottrarre dolosamente disponibilità economiche», venivano altresì riportate dalla sentenza n. 2013/10815 del 2 luglio 2013, così come emessa dalla corte di appello di Reggio Calabria in occasione del procedimento penale instaurato contro altri soci ed amministratori della ditta Vitale, per bancarotta e truffa, che tuttavia si concludeva con sentenza di prescrizione;
   i crediti concessi nelle modalità sin qui richiamate hanno condotto lo stesso direttore della sede di Messina, Alfano Giovanni, a rispondere di concorso in bancarotta fraudolenta, essendo accusato di aver agevolato molteplici operazioni di comune accordo con l'imprenditore, tra cui l'accensione di un secondo mutuo pur in assenza delle idonee garanzie;
   tuttavia, anche il processo nei confronti del suddetto direttore si concludeva, al pari di quello nei confronti degli amministratori della società fallita, con sentenza di prescrizione;
   nonostante tali evidenze, dopo circa 20 anni dall'inizio della procedura di liquidazione dell'ente creditizio Sicilcassa e dall'apertura del relativo fallimento, gli attuali liquidatori, a quanto risulta agli interroganti, avrebbero richiesto agli acquirenti il pagamento di somme ingentissime, comprensive di oneri accessori e superiori alle stesse somme per le quali la Sicilcassa era stata ammessa in via privilegiata alla procedura fallimentare, non tenendo in debito conto le anzidette modalità con le quali l'istituto di credito aveva concesso prestiti e finanziamenti a degli imprenditori che, così come riportato dello stesso curatore fallimentare, erano avvenuti fraudolentemente, con il consenso della banca, e all'insaputa dei proprietari delle abitazioni;
   ad una richiesta di applicazione di un trattamento paritario inoltrata dai proprietari degli immobili, i liquidatori inviavano in data 25 giugno 2015 un documento di risposta, prot. N.1249, nel quale veniva sottolineata la generica «disponibilità a vagliare soluzioni conciliative, così come avvenute recentemente per casi analoghi»;
   a seguito di tale missiva tuttavia gli stessi liquidatori intendevano ricordare, ribadendo una posizione di sostanziale chiusura, che le diffide costituivano doverosa attività conservativa dei crediti vantati dalla liquidazione Sicilcassa, il cui valore degli immobili ipotecati potrebbe verosimilmente risultare, a oggi, finanche superiore all'importo dei loro crediti, in luogo di una procedura fallimentare ancora in corso e gli immobili passibili di revocatoria da parte del fallimento;
   ad avviso degli interroganti tali motivazioni appaiono certamente inique, dal momento che in occasione di transazioni di maggior rilievo economico gli organi preposti alla liquidazione, che seppur in diversa composizione risultavano comunque soggetti al controllo della Banca d'Italia e di altri organi ministeriali, hanno dimostrato una spiccata propensione alla transazione, intendendo ridurre considerevolmente i propri crediti in favore di imprenditori ai quali, in virtù consistenti riduzioni debitorie, è stato consentito in taluni casi addirittura la prosecuzione della propria attività, così come evidenziato dal citato servizio giornalistico;
   si aggiunga che se nel caso di specie le somme in questione fossero state richieste agli acquirenti in tempi ragionevoli rispetto alla data del fallimento della società così come avvenuta nell'anno 1996, l'ammontare richiesto dai soggetti liquidatori sarebbe stato certamente inferiore perché non gravato da ingenti interessi e, allo stesso tempo, gli acquirenti avrebbero potuto procedere al pagamento di quanto preteso in via graduale, agendo tempestivamente in giudizio anche nei confronti della stessa Sicilcassa, responsabile per i fatti sopra riferiti e direttamente connessi all'illecita concessione del credito e ad altri comportamenti caratterizzati da possibile connivenza con la società fallita;
   l'attuale gestione liquidatoria, protrattasi per quasi 20 anni, ed il sospetto ritardo nell'avanzare la richiesta di pagamento, ha inevitabilmente costretto i proprietari degli immobili a subire non solamente un trattamento iniqua ma, cosa ancor più grave, a sottostare al rischio di perdita delle proprie tutele giudiziali, condizione che condurrebbe i liquidatori della Sicilcassa, attualmente non limitati da aspetti di ordine sociale ravvisabili nella vicenda, ad utilizzare a proprio esclusivo tali sopraggiunte prescrizioni delle azioni di responsabilità, le quali avrebbero dovuto e potuto essere promosse tempestivamente nei confronti dell'Istituto;
   per tali motivi gli interroganti ritengono urgente verificare l'attuale condizione del procedimento di liquidazione della Sicilcassa, auspicando un idoneo intervento che possa tentare di ridurre le diseguaglianze che l'eccessivo allungamento dei termini ha inevitabilmente provocato, a danno di numerosi nuclei familiari direttamente o indirettamente coinvolti;
   il procedimento di liquidazione in esame ha condotto, tra l'altro, gli organi preposti al finanziamento ad ingenti spese, a fronte di un recupero del credito, a giudizio degli interroganti, certamente non proporzionale ed assolutamente incerto, oltreché non immediato –:
   di quali elementi disponga in merito alla vicenda di cui in premessa e se non ritenga di assumere iniziative normative utili ad impedire, in questo caso come in quelli analoghi, che le evidenti distorsioni causate dal notevole allungamento dei termini del procedimento possano continuare a produrre effetti iniqui e, per i motivi riportati in premessa, discriminatori nei confronti di soggetti più deboli quali i singoli cittadini truffati rispetto al trattamento riservato ad altri soggetti, tutelando in particolare gli acquirenti che in buona fede rischiano di perdere beni essenziali quali l'unica abitazione, come è avvenuto attraverso recenti provvedimenti di legge adottati a salvaguardia dei cittadini in occasione del fallimento di altri enti creditizi. (5-08835)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

fallimento

credito

banca