ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08589

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 619 del 04/05/2016
Firmatari
Primo firmatario: TERZONI PATRIZIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 04/05/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VACCA GIANLUCA MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
DEL GROSSO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 04/05/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 04/05/2016
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 04/05/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 13/06/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 04/05/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-08589
presentato da
TERZONI Patrizia
testo di
Mercoledì 4 maggio 2016, seduta n. 619

   TERZONI, VACCA, DEL GROSSO, COLLETTI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, VIGNAROLI e GAGNARLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
   la regione Abruzzo ha approvato la legge n. 11 del 13 aprile 2016 che contiene, all'articolo 4, una modifica alla legge regionale 38 del 1996 «Legge-quadro sulle aree protette della Regione Abruzzo per l'Appennino Parco d'Europa»;
   in particolare, la normativa prevede la possibilità di condurre l'attività cinofila e cinotecnica (tra le quali rientra, come è notò, anche l'addestramento cani) nelle aree protette regionali come, parchi regionali (è il caso del Parco regionale «Sirente-Velino») e alcune decine di riserve naturali regionali;
   la norma prevede che l'attività cinofila sia resa possibile comunque per un periodo minimo di 8 mesi. In realtà, fino all'adozione delle modifiche ai relativi piani di assetto delle aree protette, l'attività sarebbe autorizzata per tutto l'anno e su tutto il territorio dell'area protetta in questione. Inoltre, anche la stessa eventuale pianificazione dovrà prevedere che l'attività sia comunque consentita per almeno 8 mesi l'anno e in una porzione consistente del territorio dell'area protetta;
   molte delle aree protette in questione sono all'interno della Rete Natura2000 e, cioè, direttamente interessate dall'applicazione delle due direttive comunitarie 147/2009/CE «Uccelli» e 43/92/CEE «Habitat»;
   lo Stato italiano ha inteso fissare criteri nazionali minimi di tutela dell'ambiente con la legge 11 febbraio 1991 n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» e con la legge 6 dicembre 1991 n. 394 «Legge quadro sulle aree protette»;
   ad una primissima lettura della norma appaiono agli interroganti evidenti violazioni dei seguenti articoli delle norme sopra citate, come, a mero titolo di esempio: l'articolo 10, comma 8, lettera e), della legge 11 febbraio 1992, n. 157; l'articolo 21, comma 1 lettera b) della legge 11 febbraio 1992, n. 157; l'articolo 6, comma, 4 della legge 394 del 1991 con specifico riferimento al divieto di cui all'articolo 11, comma 3 lettera a); l'articolo 5 lettera d), della direttiva 147/2009/CE; articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 43/1992/CE; l'articolo 6, paragrafi 1, 2, 3 e 4 della direttiva 43/1992/CEE. In particolare, rispetto a quest'ultimo articolo per i commi 3 e 4 emerge un contrasto per l'obbligo, previsto dalla legge regionale, di inserimento da parte degli enti gestori nei piani delle aree protette di periodi minimi in cui l'attività cinofila è comunque consentita, in ciò determinando la violazione dei suddetti commi relativi alla valutazione di incidenza ambientale per piani e programmi qualora l'attività cinofila sia considerata dannosa per le specie protette a livello comunitario presenti nelle aree; l'articolo 3 comma 1 della Direttiva 43/1992/CEE; l'articolo 7 della Direttiva 43/1992/CEE; l'articolo 12 comma 1, lettere b) e d) della Direttiva 43/1992/CEE;
   la Corte Costituzionale con la sentenza n. 350 del 1991 e, con un pronunciamento più recente, il n. 193 del 2013, ha già affrontato la materia, almeno per alcuni degli aspetti. Infatti nella sentenza n. 193 del 2013 ha stabilito che «A tal fine assume rilievo la natura dell'attività in questione, e al riguardo costituisce un punto fermo l'affermazione di questa Corte, secondo cui: “nessun dubbio può sussistere (...) in ordine al fatto che l'addestramento dei cani”, in quanto attività strumentale all'esercizio venatorio, debba ricondursi alla materia della caccia» (sentenza n. 350 del 1991). Di conseguenza ha bocciato una norma della regione Lombardia addirittura meno invasiva di quella abruzzese visto che si limitava a consentire l'attività cinofila in tutto il territorio regionale tranne che nelle aree protette;
   per comprendere l'impatto sulle specie animali delle attività cinofile basterà richiamare il parere dell'ISPRA citato proprio dalla Corte costituzionale nella sentenza 193 del 2013 «l'ISPRA abbia avuto modo di esprimersi, affermando che consentire l'allenamento e l'addestramento dei cani durante il periodo riproduttivo degli uccelli e dei mammiferi selvatici determina un evidente ed indesiderabile fattore di disturbo, in grado di comportare in maniera diretta od indiretta una mortalità aggiuntiva per le popolazioni faunistiche interessate,...»; la norma votata dal Consiglio regionale della regione Abruzzo appare in contrasto ancora più stridente con le norme nazionali visto che permette per l'addestramento dei cani, un'attività collegata all'attività venatoria, per l'intero anno e all'interno delle aree protette dove la caccia è vietata dalle norme nazionali;
   tra le specie potenzialmente interessate negativamente dal provvedimento, a mero titolo di esempio, citiamo: – Orso bruno, per il disturbo in vari periodi, come quello dell'iperfagia autunnale e della riproduzione; – Lupo (Canis lupus), per il disturbo nel periodo della riproduzione; Camoscio (Rupicapra pyrenaica ornata), durante tutto l'anno; varie specie di uccelli, con particolare riferimento a quelle che nidificano a terra o in cespugli bassi: Calandro (Anthus campestris), Ortolano (Emberiza hortulana), Tottavilla (Lullula arborea), Coturnice (Alectoris graeca). In generale si può registrare anche un forte disturbo sia su queste specie sia su altre (ad esempio, Gracchio corallino Pyrrhocorax pyrrhocorax) nelle aree di foraggiamento (con interruzione delle attività di ricerca alimentare);
   tale norma regionale appare contrastare anche con l'accordo PATOM per la tutela della popolazione appenninica di Orso bruno (Ursus arctos). A tal proposito, ricordiamo che la Commissione europea ha finanziato nelle aree protette in questione numerosi progetti di conservazione della specie attraverso vari progetti, Life il cui costo complessivo ha superato i 10 milioni di euro;
   appaiono, infine, violati anche diversi principi della Convenzione di Bonn sulla conservazione delle specie migratrici e della Convenzione di Berna sulla protezione delle specie, entrambe ratificate da tempo dall'Italia e dall'Unione europea;
   le norme in contrasto con il diritto comunitario devono essere disapplicate anche dagli organi amministrativi secondo la nota sentenza della Corte costituzionale n. 389 del 1989 in cui la Corte ha stabilito che «si deve concludere, con riferimento al caso di specie, che tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) – tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi – sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite dagli articoli 52 e 59 del Trattato C.E.E. nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea. Ciò significa, in pratica, che quei soggetti devono riconoscere come diritto legittimo e vincolante la norma comunitaria che, nell'accesso alla proprietà o alla locazione dell'abitazione e al relativo credito, impone la parità di trattamento tra i lavoratori autonomi cittadini di altri Stati membri e quelli nazionali, mentre sono tenuti a disapplicare le norme di legge, statali o regionali, che riservano quei diritti e quei vantaggi ai soli cittadini italiani.». Lo stesso principio è stato dettato dalla Corte di giustizia europea con l'altrettanto nota sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88 «F.li Costanzo» che così ha chiarito «33 Pertanto, la quarta questione dev'essere risolta nel senso che, al pari del giudice nazionale, l'amministrazione, anche comunale, è tenuta ad applicare l'articolo 29, n. 5, della direttiva 71/305 del Consiglio e a disapplicare le norme del diritto nazionale non conformi a questa disposizione». –:
   se il Governo intenda ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale in relazione alla legge regionale de quo;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle norme che assegnano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il compito di sorveglianza e coordinamento sulla corretta applicazione delle direttive comunitarie in materia di tutela della biodiversità, al fine di scongiurare effetti negativi immediati sull'ambiente, intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché nelle aree protette sia assicurato il pieno rispetto del diritto comunitario, potendo determinare il mancato adeguamento allo stesso un danno concreto, reale e potenzialmente irrimediabile al patrimonio faunistico nazionale nonché un danno economico in caso di apertura di una procedura d'infrazione da parte della Commissione europea.
(5-08589)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

zona protetta

protezione della fauna

applicazione del diritto comunitario