ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/08427

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 609 del 19/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: POLIDORI CATIA
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 19/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI STEFANO FABRIZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 19/04/2016


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 19/04/2016
Stato iter:
20/04/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 20/04/2016
Resoconto DI STEFANO FABRIZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
RISPOSTA GOVERNO 20/04/2016
Resoconto SCALFAROTTO IVAN SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 20/04/2016
Resoconto DI STEFANO FABRIZIO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 20/04/2016

SVOLTO IL 20/04/2016

CONCLUSO IL 20/04/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-08427
presentato da
POLIDORI Catia
testo di
Martedì 19 aprile 2016, seduta n. 609

   POLIDORI e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   l'attuale normativa in merito all'apertura di nuovi insediamenti commerciali di piccola, media e grande distribuzione organizzata (GDO) permettendo la nascita indiscriminata di queste strutture sui territori, sta provocando in alcune zone d'Italia degli squilibri e delle anomalie nel tessuto commerciale nazionale che, in molti casi, sta portando alla desertificazione commerciale dei centri storici. Una conferma in tal senso, ad esempio, si ricava dalle elaborazioni dell'Ufficio studi della Confcommercio Chieti sui dati forniti dall'Osservatorio nazionale sul commercio del Ministero dello sviluppo economico (MISE), dal Cresa Abruzzo e dalla Camera di commercio di Chieti;
   il rapporto tra superficie adibita alle vendite e numero di abitanti, nel quinquennio 2010/2014, è infatti aumentato da 33 (metri quadrati/100 abitanti), registrato nel 2010, a 49,5 nel 2014. Tale incremento risulta decisamente superiore rispetto alla media nazionale (da 35,3 a 37,2) ed appare in controtendenza rispetto a quello registrato in una città come Milano (da 43,6 a 43,1), dove a fronte di una significativa presenza della GDO, la superficie di vendita complessiva in rapporto al numero degli abitanti è, sia pur di poco, diminuita. L'anomalia dell'incremento è inoltre confermata dall'analisi dei dati relativi alla superficie complessiva degli GDO che a Chieti è aumentata di 65.856 metri quadrati, dato in valore assoluto assai vicino a quello registrato a Milano (72.490 metri quadrati), nonostante l'evidente differenza territoriale e demografica dei due centri;
   in particolare, nel quinquennio 2010/2014, su 41 nuovi punti vendita della GDO nell'intera regione Abruzzo, ben 29 (circa 3 quarti) sono stati aperti nella sola provincia di Chieti, dove a seguito di un deciso aumento della concentrazione della GDO è possibile riscontrare un evidente calo degli esercizi commerciali tradizionali;
   un trend analogo è riscontrabile anche sul piano dell'andamento occupazionale, considerato che in base ai dati relativi al commercio all'ingrosso e al dettaglio, nel quadriennio 2010-2013 si è registrato un calo degli occupati in tali comparti nella regione Abruzzo (non sono disponibili dati su scala territoriale inferiore) pari al 3 per cento che, scomposto, corrisponde ad una variazione del 5,3 per cento tra gli indipendenti a fronte di un calo pari a 0,5 per cento tra i lavoratori dipendenti;
   da una comparazione di tali dati emerge chiaramente che quelli relativi all'Abruzzo risultano molto più elevati sia rispetto alla media nazionale (circa il doppio), che rispetto ad una regione molto significativa sotto il profilo occupazionale quale la Lombardia, evidenziando al contempo come gran parte del calo occupazionale riscontrato sia imputabile al commercio tradizionale, cioè tra gli «indipendenti», piuttosto che alla distribuzione organizzata, che esprime principalmente lavoratori dipendenti;
   da qui ne deriva che l'attuale livello di liberalizzazione sta generando una concorrenza distruttiva dei piccoli negozi, cioè una concorrenza che produce effetti patologici sul tessuto produttivo, in contrasto con lo stesso spirito dei provvedimenti (quello di garantire un pluralismo distributivo efficace dentro un mercato concorrenziale, governato da regole ragionevoli);
   il rapporto evidenziava, inoltre, che le chiusure dei piccoli negozi e la conseguente desertificazione potenziale che minaccia le città italiane non dipendono solo dalla lunga crisi economica dalla quale l'Italia non è ancora pienamente uscita, ma dipendono anche dalla competizione estrema esercitata dalla grande distribuzione: i risultati ottenuti confermano, infatti, che con il passar del tempo e con l'approfondirsi della concorrenza, ormai priva di regole, la dinamica delle vendite presso la grande distribuzione è responsabile di una quota crescente di chiusure di piccoli negozi, con la conseguente progressiva riduzione del tessuto produttivo, infrastrutturale e sociale nelle città italiane, di qualsiasi ampiezza. Inoltre, la riduzione dei negozi di prossimità, distrugge le esternalità positive derivanti dall'attività commerciale relazionale, con un impatto negativo sul benessere della collettività (a parità di altre condizioni);
   conseguentemente il fenomeno di desertificazione commerciale dei centri storici sta determinando la morte di interi pezzi di territorio, con effetti negativi sul piano della coesione e sociale, della legalità e della sicurezza. Laddove c’è una attività commerciale, turistica o di servizi, si creano, infatti, le condizioni di vitalità e qualità dei territori, si realizzano più facilmente opportunità di sviluppo per i rapporti sociali e culturali, si limita il degrado stimolando al tempo stesso la riqualificazione urbana, lo sviluppo, la legalità;
   in nome della tutela della concorrenza si è invece finito con il favorire ed accrescere la competitività e l'aggressività di alcune imprese a danno di altre, normalmente quelle di più radicata presenza nei mercati locali, le uniche in grado di garantire che il reddito prodotto sia reinvestito nei territori di appartenenza;
   pertanto, a giudizio degli interroganti, la tutela del commercio tradizionale di prossimità non deve essere intesa come un ostacolo alla concorrenza, ma come una garanzia storica dei territori, considerato che le attività tradizionali contribuiscono in maniera fondamentale a formare quella fitta trama di relazioni sociali che animano la vita delle città, dei paesi e dei borghi storici che caratterizzano l'Italia;
   va considerato che, sottraendo alle a amministrazioni locali la possibilità di esprimere una regolazione in questi ambiti, si rischia di produrre un andamento disordinato dell'economia territoriale ed è conseguentemente preferibile puntare ad uno sviluppo equilibrato di tutte le forme distributive che rispondono alle esigenze di differenti strati della popolazione piuttosto che rimanere ancorati alla visione che ha ispirato i provvedimenti in vigore secondo cui lo sviluppo del commercio al dettaglio sarebbe legato esclusivamente a fattori quali l'apertura dei mercati e la rimozione di tutti i vincoli esistenti (di fatto, una sostanziale deregulation) –:
   se il Governo non ritenga che debba essere restituito ai territori, sui quali insistono le attività economiche, quel minimo di competenza normativa necessaria a vigilare su una maggior «correttezza» del mercato, regolando non solo gli aspetti prettamente «economici» ma anche i «fattori di contesto» quali le interazioni tra imprese e consumatori, la sicurezza urbana, l'impatto ambientale e altro, superando i tradizionali modelli di distribuzione, assecondando le istanze di alcuni tra i principali operatori di mercato e assicurando la presenza di alternative d'acquisto che si traducano nel cosiddetto «pluralismo» dell'offerta commerciale.
(5-08427)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 20 aprile 2016
nell'allegato al bollettino in Commissione X (Attività produttive)
5-08427

  Per quanto riguarda le questioni poste dagli Onorevoli interroganti, preme evidenziare, in via preliminare, che la situazione di crisi dei piccoli esercizi del commercio trova la sua principale causa nella generale crisi economica che ha determinato un calo dei consumi negli ultimi anni. Tale tendenza, per fortuna, sembra aver recentemente invertito la propria rotta, stando ai più recenti dati economici che segnalano una ripresa da attribuirsi in parte anche agli interventi adottati dal Governo a favore dei consumatori.
  Solo in misura minore, invece, la crisi del settore del piccolo commercio ha origine nei cambiamenti della struttura del settore distributivo, circostanza che però non è riferibile esclusivamente alla crescita della media e grande distribuzione, ma anche ad altri inevitabili e per qualche verso anche positivi fenomeni – quali ad esempio, la crescita del commercio elettronico – che richiedono un riposizionamento di mercato dei piccoli esercizi ed ogni possibile intervento che renda maggiormente sostenibile tale progressiva trasformazione, evitando gravi conseguenze sociali in termini occupazionali o di dequalificazione dei centri storici e degrado o desertificazione di aree urbane.
  Quanto ai meccanismi di semplificazione e liberalizzazione ai fini dell'avvio delle attività commerciali, quale possibile causa di tale crisi del settore, è opportuno evidenziare che, in realtà, tali misure di semplificazione hanno riguardato proprio gli esercizi di piccola dimensione per i quali è applicabile l'istituto della SCIA (segnalazione certificata d'inizio attività), che consente l'avvio immediato dell'attività senza alcun limite all'insediamento. L'istituto dell'autorizzazione continua invece a trovare applicazione sia per gli esercizi di media che di grande dimensione.
  È utile ricordare, inoltre, che le grandi strutture di vendita, restano assoggettate a meccanismi di programmazione definiti dalle Regioni secondo indirizzi di tipo urbanistico e di tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. L'unica novità in materia, vincolata dalle disposizioni europee applicabili e dalle più generali esigenze della concorrenza, è che tale programmazione non può essere più giustificata semplicemente con esigenze di equilibrio fra la domanda e l'offerta e di diretta programmazione dello sviluppo commerciale che, salve le predette esigenze connesse a motivi imperativi di interesse generale, resta affidato alle normali dinamiche di mercato.
  In ordine alla facoltà dei territori di intervenire normativamente in materia, va considerato che l'attuale riparto di competenze normative tra Stato e Regioni già consente ampia possibilità d'intervento nel settore commerciale da parte delle Regioni riservando allo Stato gli interventi volti a tutelare la concorrenza con lo scopo, quindi, di garantire condizioni egualitarie sul territorio nazionale per l'accesso al mercato.
  Non v’è dubbio, comunque, che vada tutelato l'equilibrio del mercato, soprattutto in periodi di crisi economica, nell'interesse di tutti, anche dei consumatori, anche se i mezzi per perseguire tale obiettivo non possono consistere nell'imposizione di vincoli e barriere all'accesso al mercato o alla libera esplicazione della libera iniziativa imprenditoriale. Al contrario, così come dalla ratio sottesa alle disposizioni in materia, occorrono interventi volti ad ampliare l'area di libera scelta sia dei cittadini che delle imprese, al fine di favorire l'apertura del mercato alla concorrenza con misure diverse e più proporzionate rispetto all'introduzione di vincoli alla libertà d'impresa.
  Colgo comunque l'occasione di questa sede per assicurare agli Onorevoli interroganti l'impegno del Governo a monitorare attentamente l'evoluzione congiunturale e strutturale del settore distributivo al fine di valutare eventuali interventi di sostegno del settore del piccolo commercio a tutela delle PMI del comparto.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

commercio indipendente

concorrenza

norme giuridiche sulla concorrenza