ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/07975

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 581 del 02/03/2016
Firmatari
Primo firmatario: BORGHESI STEFANO
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Data firma: 02/03/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CAPARINI DAVIDE LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 02/03/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VII COMMISSIONE (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO delegato in data 02/03/2016
Stato iter:
03/03/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 03/03/2016
Resoconto BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
 
RISPOSTA GOVERNO 03/03/2016
Resoconto BIANCHI DORINA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (BENI, ATTIVITA' CULTURALI E TURISMO)
 
REPLICA 03/03/2016
Resoconto BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 03/03/2016

SVOLTO IL 03/03/2016

CONCLUSO IL 03/03/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-07975
presentato da
BORGHESI Stefano
testo di
Mercoledì 2 marzo 2016, seduta n. 581

   BORGHESI e CAPARINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo . — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 agosto 2014, n. 171 (cosiddetta Riforma Franceschini) prevede una nuova organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. La riforma, secondo quanto dichiarato dal Ministro interrogato, avrebbe dovuto essere ispirata ai principi di economicità, appropriatezza e risparmio delle risorse pubbliche (spending review) e pensata per integrare i comparti cultura e turismo, semplificare l'amministrazione periferica, ammodernare la struttura centrale, rilanciare le politiche di innovazione e formazione, valorizzare le arti e l'architettura contemporanee e per dare maggiore autonomia ai musei statali italiani, finora grandemente limitati nelle loro potenzialità;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha radicalmente modificato il sistema della tutela in Italia. Dopo una prima fase che ha visto la netta e innaturale separazione tra tutela e valorizzazione mediante la creazione di poli e musei autonomi e distinti dall'attività sul territorio il Ministero sembra procedere verso la costituzione di soprintendenze uniche miste che confluiranno in Uffici territoriali governativi;
   è indubbio che la riforma ha inciso particolarmente sul settore archeologia, snodo nevralgico quanto fondamentale per la tutela e la valorizzazione dell'immenso patrimonio culturale del Paese. Dopo 110 anni di esistenza vengono smantellate le Soprintendenze Archeologiche adottando un nuovo modello organizzativo del sistema di tutela del patrimonio culturale italiano che non prevede più l'esistenza, nelle diverse regioni, di soprintendenze specificamente dedicate all'archeologia, bensì unificate di «archeologia, belle arti e paesaggio», distribuite sul territorio su base inter-provinciale;
   con questa riforma si assiste al ritorno a una concezione antiquaria del museo, derivante dalla separazione del museo dal contesto territoriale di riferimento che privilegia un approccio estetico del bene piuttosto che la complessità dei contenuti storico-culturali di cui esso è documento;
   la riforma ha carattere centralistico che, di contro all'annunciata presenza più capillare sul territorio con la nascita di nuove sedi, accentra competenze come quelle in ambito di ricerca e scavi archeologici presso l'Istituto centrale dell'archeologia;
   la riforma induce alla perdita della specificità tecnico-scientifica della tutela, con l'accorpamento degli uffici sotto un dirigente non specialista chiamato a svolgere una funzione di coordinamento amministrativo;
   le procedure di tutela da decenni si sono sviluppate separatamente nei diversi settori di competenza tecnica (archeologia, architettura e arti) esaltandone le peculiarità. Demandare le decisioni strategiche in questa materia a dirigenti – anche se coadiuvati da funzionari specialisti – che non abbiano una specifica padronanza della disciplina archeologica può comportare il rischio di una sottovalutazione delle problematiche di conservazione, con conseguente impatto sui tempi e i costi degli interventi di archeologia preventiva;
   la frammentazione delle funzioni di tutela tra più uffici territoriali di dimensioni ridotte, rischia di privilegiare un atteggiamento che non consente una visione di carattere generale delle problematiche storiche;
   in contrasto con il princìpio ispiratore di economicità e appropriatezza della riforma, la creazione delle nuove soprintendenze uniche comporterà la previsione di nuovi costi, dovendosi individuare in molti casi nuove sedi, oppure adeguare quelle esistenti e trasferire strutture, depositi, archivi e personale;
   questi nuovi orientamenti organizzativi svalutano il carattere tecnico-specialistico delle soprintendenze e ne riducono la portata territoriale alla dimensione provinciale e non più regionale;
   il territorio è il vero museo e le opere nei musei raccontano la storia dei territori da cui provengono. Separare i musei dal territorio vuol dire non tenere conto della straordinaria specificità del nostro Paese e applicare un modello che concentra nei musei collezioni che in genere non hanno un rapporto con il territorio;
   il materiale archeologico (in maggioranza proveniente da scavi non completamente studiati né ancora catalogati) non inventariato, non necessariamente è conservato solo nei musei e non sempre è distribuito per province; quindi, a seguito di questa riforma, alcuni uffici si troveranno a detenere materiale proveniente da altri territori, con tutte le responsabilità e le spese connesse per la gestione degli stessi;
   lo spostamento del personale dalla sede di attuale appartenenza costituirà un problema cruciale e richiederà probabilmente tempi lunghi; il rischio è che nelle regioni di maggiore estensione alcuni ruoli (specie archeologi e restauratori specializzati, ma anche quadri intermedi, ormai in grave insufficienza ovunque) rimangano carenti in alcune sedi e sovrabbondanti in altre;
   il dibattito accesosi nel nostro Paese su questa riforma dimostra che è necessario un suo ripensamento –:
   se intenda riconsiderare la possibilità di un’«opzione» regionale, rispetto alla dimensione interprovinciale, in quanto la riforma, da un lato, frammenta le funzioni di tutela tra più uffici territoriali di dimensioni ridotte, di fatto perdendo la visione di carattere generale delle problematiche storiche, e, dall'altro, avendo un carattere fortemente centralistico, sottoponendo le soprintendenze ai prefetti e accentra competenze, come quelle in ambito di ricerca e scavi archeologici, presso l'Istituto centrale dell'archeologia a Roma. (5-07975)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 3 marzo 2016
nell'allegato al bollettino in Commissione VII (Cultura)
5-07975

  In riferimento alla interrogazione parlamentare a risposta immediata presentata dagli onorevoli Borghesi e Caparini in merito alla recente riforma che ha interessato il Ministero dei beni e della attività culturali e del turismo vorrei riferire quanto segue.
  Gli onorevoli Borghesi e Caparini si riferiscono alla recente riorganizzazione del Ministero, attuata ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016).
  Tale previsione è stata introdotta in Parlamento per adeguare in tempi rapidi la struttura del Ministero alle importanti novità in materia di silenzio-assenso nei procedimenti di tutela del patrimonio culturale e di disciplina della conferenza di servizi, introdotte dalla legge 7 agosto 2015, n. 124 e dal decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, nonché per completare il complesso ed articolato processo di riorganizzazione avviato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 2014 e proseguito con i successivi provvedimenti attuativi.
  Il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 2014 aveva già compiuto due passi fondamentali, da una parte sottraendo alle Soprintendenze i compiti di valorizzazione e gestione delle sedi museali, consentendo di conseguenza un rafforzamento della funzione di tutela nel territorio, e dall'altra parte riconoscendo dignità giuridica ai musei statali.
  Il successivo passo della riforma, consiste nell'accorpamento, su tutto il territorio nazionale, delle Soprintendenze Archeologia e delle Soprintendenze Belle arti e paesaggio e nella conseguente fusione della Direzione generale Archeologia e della Direzione generale Belle arti e paesaggio in una sola struttura dirigenziale di livello generale. Saranno così presenti sul territorio nazionale 39 Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio (ABAP), oltre alle 2 Soprintendenze speciali di Pompei e di Roma (i cui soprintendenti esercitano i compiti spettanti ai soprintendenti ABAP).
  Alle 32 strutture risultanti dalla trasformazione delle Soprintendenze BAP in Soprintendenze ABAP, inclusa la Soprintendenza dell'Aquila, infatti, sono state infatti aggiunte 7 Soprintendenze, individuate in base alla presenza di Città metropolitane, alla dimensione territoriale e alla numerosità della popolazione. La distribuzione degli Uffici è stata quindi valutata sulla base delle esigenze e delle caratteristiche del territorio e non semplicemente ricalcando i confini regionali.
  L'organizzazione interna di ogni Soprintendenza, vedrà la presenza di tutte le specifiche professionalità tradizionalmente presenti nel Ministero, così da assicurare l'assolvimento dei compiti di tutela. Ogni Soprintendenza ABAP infatti sarà articolata (almeno) nelle seguenti 7 aree funzionali: organizzazione e funzionamento, patrimonio archeologico, patrimonio storico e artistico, patrimonio architettonico, patrimonio demoetnoantropologico, paesaggio, educazione e ricerca), cui sarà preposto un funzionario responsabile.
  Con la stessa logica, è stata definita l'organizzazione della Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, che, anche al fine di garantire una migliore integrazione tra i diversi settori e tra le diverse competenze, sarà articolata nei seguenti servizi: organizzazione e funzionamento, scavi e tutela del patrimonio archeologico, tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico, circolazione, tutela del paesaggio, tutela del patrimonio demoetnoantropologico e immateriale.
  Inoltre, il decreto di riorganizzazione ha individuato 10 ulteriori istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale, a cui potrà altresì essere riconosciuta l'autonomia speciale. Tra questi, proprio per la particolare attenzione posta alla valorizzazione del patrimonio archeologico, oltre al Museo Nazionale Romano, vi sono il Parco archeologico dei Campi Flegrei, il Parco Archeologico dell'Appia antica, il Parco archeologico di Ercolano, il Parco archeologico di Ostia Antica e il complesso di Villa Adriana a Tivoli.
  Infine, con la imminente istituzione dell'istituto centrale per l'archeologia, il Ministero si doterà, per la prima volta, di una specifica struttura dedicata alla ricerca nel settore dell'archeologia. Quanto sopra si confida possa dissipare i timori espressi dagli onorevoli interroganti circa una attenuazione dell'azione di tutela del patrimonio archeologico sul territorio; al contrario, l'obiettivo della riforma, perseguito attraverso la razionalizzazione delle strutture periferiche e centrali – cui si accompagna come è noto il reclutamento di 500 nuovi funzionari tecnici – è quello di meglio coordinare e rafforzare anche la fondamentale azione di tutela.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

archeologia

protezione del patrimonio

politica culturale