ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/07965

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 581 del 02/03/2016
Firmatari
Primo firmatario: ZOLEZZI ALBERTO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 02/03/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016
DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE 02/03/2016


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA SALUTE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 02/03/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 02/03/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-07965
presentato da
ZOLEZZI Alberto
testo di
Mercoledì 2 marzo 2016, seduta n. 581

   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, VIGNAROLI, DAGA, MICILLO e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore delle fonti energetiche (FER) ha dei lati critici, legati in parte agli incentivi (i più elevati al mondo) che drogano il mercato e allontanano dalla sostenibilità che era l'intento iniziale di tale pratica. Al giorno d'oggi vengono incentivati impianti di ogni tipo anche se non rispettano le normative italiane degli specifici settori, gli impianti ricevono gli incentivi anche se non hanno neppure i certificati di fine lavori e di sicurezza, anche se non hanno una filiera tracciata di gestione dei reflui;
   dall'audizione del 16 dicembre 2015 del presidente di Gestore servizi energetici (Gse) in commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti si è appreso che il 64 per cento degli impianti non fotovoltaici controllati dal Gse (300) non erano in regola dal punto di vista dell'accesso agli incentivi, per una cifra di 400 milioni di euro sulla vita degli impianti;
   il Ministro dell'ambiente Galletti nell'audizione del 20 maggio 2015, nella stessa commissione ha chiarito che i digestati post digestione, di matrici costituite da rifiuti o non specificamente consentite per lo spandimento sono rifiuti speciali, non possono essere sparsi al suolo, per gli ovvi rischi per il suolo stesso e le falde acquifere (già compromesse in buona parte del territorio nazionale). Proprio gli incentivi stanno determinando un turismo inaccettabile di rifiuti e sottoprodotti opinabili, tale da creare preoccupanti effetti discorsivi nei riguardi della stessa sovranità alimentare, che è indebolita dagli incentivi che permettono l'erogazione di risorse economiche 10 volte maggiori rispetto al prezzo di mercato dell'energia, atte al sostentamento degli impianti che utilizzano matrici vegetali da sempre cibo per esseri umani e animali, come il mais o altri insilati;
   le storture speculative nel campo delle matrici organiche utilizzate come matrici per la combustione stanno interessando taluni settori alimentari rinomati per la grande qualità alimentare come, ad esempio, il siero di latte, noto per il pregio che conferisce nei riguardi del prosciutto di Parma;
   sempre più impianti a biogas chiedono il cambio di matrice da mais a siero di latte, meno costoso da ottenere, ma che viene sottratto al nutrimento suino. Da normativa nazionale, il digestato da questi impianti non potrebbe essere sparso al suolo. È la Lombardia che, in questo caso, diviene eccezione, visto che in questa regione si ha regolarmente l'uso dello spandimento al suolo di questo genere di digestato; è il caso dell'impianto di Buscoldo di Curtatone (MN), gestito dall'azienda Bosmina srl, acquistata da Unicredit leasing di Bologna, che ha ottenuto, come modifica non sostanziale dalla provincia di Mantova, l'autorizzazione alla digestione del siero di latte;
   un caso ancora più eclatante è quello degli impianti che trattano sottoprodotti di origine animale (SOA) «grassi», assurti agli onori delle cronache con una puntata davvero discutibile di «Report» a fine 2015; è evidente che sia l'aspetto normativo economico e ambientale, che la mancata conoscenza di informazioni scientifiche, che indicano sostanziali criticità sulle procedure di trattamento (articolo sul tema del dottor Roberto Monfredini, medico veterinario pubblicato sul dossier di «Medicina Democratica», del giugno 2015, alle pagine 44-51), sottendono a una scarsa considerazione di taluni aspetti deviando concettualmente l'opinione dei cittadini;
   nella pratica alcuni impianti ottengono gli incentivi alla produzione di energia rinnovabile bruciando, con motori endotermici, pericolosi sottoprodotti di origine animale, che da ora chiameremo SOA, di categoria 1 che comprendono anche carcasse di animali sequestrati, materiale a rischio di BSE (La BSE – bovine spongiform encephalopathy – è una malattia neurologica cronica degenerativa, appartenente al gruppo delle encefalopatie spongiformi trasmissibili, causata da un prione – proteina patogena PrPsc), o altri sottoprodotti non a rischio di BSE che costituiscono il nutrimento abituale di cani e gatti (categoria 3);
   nell'Unione europea si stimano circa 20 milioni di tonnellate di SOA che ogni anno l'Italia rischia di importare grazie agli incentivi, creando un rischio ambientale esiziale. L'Envi (Comittee on the Environment, Public Health and Food Safety dell'Unione europea) si era già espresso contariamente a tale pratica. I SOA di categoria 1 possono essere considerati «artefatti di grassi», con composizione variabile in relazione alla materia prima in ingresso, che possono essere avviati a inceneritori veri e propri;
   va ricordata pertanto, la vicenda dell'impianto Inalca di Castelvetro, in provincia di Modena. In data 22 maggio 2012, la provincia di Modena respinse il progetto di cogenerazione di SOA di categoria 1, presentato dalla ditta per inosservanza dei regolamenti dell'Unione europea, per la nota 20201/2009 dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e per le osservazioni del dottor Roberto Monfredini. In data 18 giugno 2012 venne approvato il «rendering» da parte dell'impianto, cioè il trattamento dei SOA senza cogenerazione. In data 12 luglio 2012 l'Iss espresse un parere (nota 25825) che sostituisce il precedente, dichiarando adeguate le garanzie sanitarie dell'impianto (secondo i regolamenti europei la temperatura a cui sottoporre i SOA avrebbe dovuto essere 1100o). Sulla base del decreto-legge n. 83 del 2012 gli incentivi alle FER vengono estesi anche ai SOA di categoria 1 (non alla categoria 2), purché soddisfino la qualifica di sottoprodotti secondo l'articolo 184-2-bis del decreto-legge n. 152 del 2006, condizione di non facile applicazione per la natura confinante fra rifiuto e sottoprodotto. Le note del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle province di Bergamo e Modena (PG 2012 0221794), del 21 settembre 2012 e successive, fino all'11 febbraio 2013, segnalano che tali SOA debbono essere considerati rifiuti, a meno che non vengano sottoposti alla temperature di 1100o in una caldaia per 0,2 secondi o a 850o per 2 secondi per ottenere una accettabile riduzione dei rischi di BSE (essendo materiale specifico a rischio). I motori endotermici proposti garantiscono una temperatura intorno ai 500o, di gran lunga inferiore a quella di sicurezza per la BSE. Tale temperatura è ricercata per la riduzione delle emissioni di NOx o di fuliggine se si utilizza il gasolio;
   tra le criticità, vi è anche quella della formazione di diossine; nell'impianto Inalca per esempio, con l'utilizzo di 31.000 t di SOA sarebbero necessarie 270 t circa di acido cloridrico e soda caustica, con la possibilità che importanti quantità di cloro finiscano in combustione insieme al materiale organico (la ricetta migliore per produrre diossine). A quasi 40 anni dall'incidente di Seveso manca ancora una normativa adeguata che garantisca la tutela da diossine e altri interferenti endocrini. La commissione veterinaria europea (nota 7015 della direzione sanità e salute alimentare europea – SANCO), consentì la modifica del regolamento (CE) n. 142 del 2011, prevedendo l'utilizzo in motori endotermici ma solo se era assicurata la natura di sottoprodotto e non rifiuto e se venivano rispettati i criteri di temperatura, approvando successivamente il regolamento (CE) n. 592 del 2014. Ma in questo regolamento vennero previste importanti misure cautelative, oltre alla temperatura di 850o C per 2 secondi a cui sottoporre i SOA di categoria 1, si stabiliva la necessità di un post-combustore a fonti fossili per trattare i fumi del cogeneratore a 1100oC, procedura che raffredderebbe eventuali entusiasmi meramente incentivo-acquisitori. Sono previsti anche controlli automatici delle temperature e delle emissioni;
   l'analisi delle categorie di SOA è esplicativa in merito alle criticità della categoria 1 (animali o parti di ’animali a rischio infettivo eccetera) e dell'utilizzo virtuoso della categoria 3 (utilizzo come mangimi per animali da affazione, come compost o fertilizzanti);
   nel luglio 2015, nella risposta congiunta a una interrogazione del parlamentare europeo (IT E-007261/2015 e E-008715/15) da parte del commissario Vytenis Andriukaitis, a nome della Commissione europea, si dichiarò che «Il trattamento dei materiali di categoria 1 ad una temperatura di 133o C per almeno 20 minuti ad una pressione di almeno 3 bar per trasformarli in grassi fusi, cui fa seguito nel caso di grassi di ruminanti una purificazione aggiuntiva a 0,15 per cento in peso delle impurità insolubili, riduce, secondo l'EFSA, il rischio di BSE nei grassi fusi rendendolo trascurabile. Nel suo parere concernente il processo oleochimico (1) l'EFSA ha valutato il rischio di TSE derivante dai grassi fusi prodotti come descritto sopra allorché sono sottoposti a un trattamento termico a 200oC per 20 minuti e alla pressione corrispondente. I prodotti derivati dai grassi fusi che abbiano subito il trattamento di cui sopra possono essere dichiarati come un punto finale nella catena di fabbricazione al di là del quale i prodotti non sono più soggetti a controlli veterinari, se destinati ad usi diversi da quelli nella filiera degli alimenti o dei mangimi o nei cosmetici, nei prodotti medicinali o nei fertilizzanti. La Commissione non ravvisa pertanto la necessità di un'ulteriore valutazione dell'EFSA sull'uso dei grassi fusi come combustibile in motori fissi a combustione interna se i grassi fusi da usarsi come combustibile sono stati trattati come descritto nel primo paragrafo e se le condizioni di combustione sono pari o superiori a quelle menzionate sopra. L'uso di grassi fusi per la combustione in motori fissi a combustione interna deve avvenire nel rispetto della legislazione dell'Unione in materia di protezione dell'ambiente. Per controllare le emissioni, comprese le diossine, è richiesta una temperatura di 1100oC o di 850oC mantenuta per un tempo determinato, a meno che l'autorità competente responsabile per l'ambiente non abbia autorizzato parametri di processo alternativi»;
   la nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 4 dicembre 2015 ha determinato come i grassi animali non possano essere utilizzati come combustibili, bensì come rifiuti, sancendo di fatto l'illiceità degli stabilimenti che effettuino «rendering» con cogeneratore; ma, in realtà, tale procedura, dopo il chiarimento del Ministero, appare, secondo gli interroganti, di dubbia legittimità già con le note ministeriali del febbraio 2012;
   è in atto, dopo numerose sollecitazioni degli operatori del settore, un'analisi della normativa per tentare di inserire i prodotti greggi o raffinati costituiti prevalentemente da gliceridi di origine animale nell'allegato X, parte II, sezione 4, paragrafo 1, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, nell'adunanza di sezione del 19 novembre 2015 (Numero Affare 01911/2015) ha affrontato il tema per quanto di sua competenza, per conto dell'ufficio legislativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, esprimendo un parere positivo con condizioni;
   si segnalano alcuni passaggi nel testo: «...in particolare, si intende inserire, con un unico articolo, nell'elenco di cui all'Allegato X i “prodotti greggi o raffinati costituiti prevalentemente da gliceridi di origine animale” e i relativi prodotti derivati, qualificati dalle norme regolamentari europee come sottoprodotti di origine animale,...». Le norme europee in realtà identificano i SOA, sottoprodotti di origine animale, e le norme sanitarie e ambientali, in base anche alla loro pericolosità e alla destinazione e li differenziano in rifiuti e sottoprodotti. Un secondo passaggio: «A tal proposito, anche in questa sede occorre rimarcare che la normativa comunitaria di riferimento (i richiamati Regolamento 2009/1069 e Regolamento attuativo 2011/142) è diretta a disciplinare, solo sotto il profilo sanitario, l'utilizzazione, inclusa la combustione, dei sottoprodotti di origine animale e relativi derivati, categoria nel cui ambito ricadono i grassi di origine animale di cui si discute. Tale disciplina non attiene, però, agli aspetti ambientali»;
   in tale interpretazione non viene citato, diversamente dal precedente parere della funzione pubblica, il regolamento (UE) n. 592 del 2014 che modifica il regolamento (UE) n. 142 del 2011, pubblicato il 15 luglio 2014, che ha modificato il regolamento (UE) n. 142 del 2011, inserendo la post combustione dei fumi, fissando le temperature di 850 e 1.100 gradi con i relativi tempi di passaggio, al fine di non causare la produzione di diossine; quindi la bozza 7015/2012 MK UE, che è stata modificata in sede di Unione europea dall'Envi, producendo il regolamento (UE) n. 592 del 2014, attiene alle norme in materia ambientale e non si comprende, per gli interroganti, per quale motivo il parere sopra richiamato non ne faccia riferimento. I grassi di origine animale non ricadono tutti nei sottoprodotti, quindi generalizzare in questo contesto è per gli interroganti errato, in quanto la categoria 1 è destinata allo smaltimento, considerato rifiuto dall'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 e quindi non può essere inserito in tale contesto;
   ma non solo, il regolamento (UE) n. 592 del 2014 ha trasferito i grassi animali trattati in motore endotermico dall'allegato IV del regolamento (UE) n. 142 del 2011, trasformazione, all'allegato III del regolamento (UE) n. 142 del 2011, smaltimento, di fatto identificandoli come rifiuti quindi obbligati a sottostare alle norme di smaltimento, e non possono essere mai qualificati come prodotti o sottoprodotti, come da nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 4 dicembre 2015 che afferma che i grassi animali non possono andare alla combustione;
   un altro passo del parere riguarda in particolare «come sono stati affrontati i profili di compatibilità ambientale e di quale tipologia di controlli si prevede di effettuare, al fine di evitare che la combustione anche di questa tipologia di sottoprodotti non si riverberi negativamente sui contesti ambientali interessati, a volte già gravemente compromessi»;
   la normativa di cui al regolamento (UE) n. 592 del 2014, appare chiara, come è stato anche evidenziato da un membro della Commissione europea che ha rilevato che se si vogliono incenerire i grassi animali occorre rispettare, per tutelare l'ambiente, le temperature volte alla riduzione delle diossine, già presenti nel regolamento (UE) n. 142 del 2011, nel quale non si specifica la tipologia dei grassi in base alla categoria, ma i grassi in senso totale;
   i regolamenti n. 1069 del 2009, n. 142 del 2011 e n. 592 del 2014, a fini di tutela sanitaria e della salute pubblica, prevedono una serie di criteri e condizioni di esercizio degli impianti che sono obbligatori in tutti i casi di combustione di materiali di origine animale;
   se occorre il rispetto di tali regolamenti, escluso la cat. 1 che è destinato in qualità di rifiuto all'incenerimento in termovalorizzatori o caldaie a 1.100 gradi, con la post combustione è possibile attuare il rispetto del parere europeo, in merito a cat. 3, che afferma che il regolamento (UE) n. 592 del 2014 deve essere rispettato per non avere diossine in uscita dai camini, quindi con la post combustione a metano, usando in pratica fonti fossili per incenerire i fumi di fonti rinnovabili, utilizzando un quantitativo di energia superiore di tre volte alla energia prodotta, per avere un 15 per cento di grassi e un 85 per cento di rifiuto che va smaltito in inceneritori a caldaia;
   in base alle precisazioni della stessa Unione europea il cat. 1 non è incluso nei sottoprodotti, nelle fonti rinnovabili, nelle biomasse ma solo nei rifiuti, come da articolo 184-bis del decreto-legge n. 152 del 2006, non può entrare nel novero degli incentivi del GSE, viene trasportato con certificazione sanitaria NERA destinata allo smaltimento, colorato con GHT in alcuni casi per il rischio di frode (incenerimento lontano dal luogo di trasformazione). Diversa è invece la destinazione del cat. 3 come petfood, sottoprodotto che diventa alimento per cani, in questo caso la destinazione lo identifica: «Preso atto di ciò e soprattutto, quindi, delle assicurazioni fornite dall'Amministrazione in relazione al non aggravio in termini di impatto ambientale, del tutto recessiva pare alla Sezione l'ulteriore argomentazione, pure dedotta, anche se – invero – non di caratura “tecnica”, secondo cui consentire il diverso utilizzo (come combustibile) di tali materiali, che – deve sottolinearsi anche in questa sede – possono essere oggi destinati alla combustione solo in quanto rifiuti, permette di sottrarli all'oneroso, dispendioso ed impattante circuito dello smaltimento e trattamento dei rifiuti medesimi (con evidenti vantaggi a partire dagli operatori del settore)»;
   va ribadito che dal cat. 1 trattato ricavo un 85 per cento di «ciccioli» che sono destinati all'inceneritore e solo un 15 per cento è destinato alla trasformazione in grasso che viene utilizzato per il motore a combustione interna (MCI), senza alcun vantaggio economico di tutto questo, l'inceneritore a caldaia continuerà a ricevere i ciccioli per incenerirli e smaltirli a 1.100 gradi come da norma trattamento rifiuti;
   ma non solo, il fatto che l'Unione europea con il regolamento (UE) n. 592 del 2014 non abbia ritenuto di fare approvare tale metodica nuova con l'applicazione dell'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1069 del 2009 ha creato di fatto per gli interroganti un precedente anomalo, in quanto il MCI non ha variazioni della caldaia a 1.100 gradi; la metodica legata a queste pressioni non è supportata da approvazione EFSA, e questo rende l'utilizzo del MCI una incognita, in quanto, proprio l'Efsa è la struttura deputata all'approvazione o bocciatura di nuova metodica, come per il regolamento (UE) n. 749 del 2009-2011 che ha modificato il regolamento (UE) n. 142 del 2011, nel quale tre metodiche con il cat. 1 sono state bocciate in quanto le temperature anche di 350 gradi e le pressioni anche di 12 bar non erano sufficienti a garantire la sicurezza per la salute pubblica;
   quindi, in questo caso, è stata inserita nel regolamento (UE) n. 142 del 2011 una metodologia per la prima volta non esplicata dettagliatamente come per le altre 4 presenti, (resta un forte dubbio su questo aspetto oggetto di interrogazioni in sede di Unione europea) ma che può avere ripercussioni negative su tutto l'ambiente, in quanto il MCI può presentarsi sotto diverse forme anche di piccola taglia ed essere disseminato ovunque superando le maglie delle AIA o ora delle AUA ed il prodotto grasso potrebbe anche arrivare da altre regioni o Stati, creando un mercato del grasso da energia;
   è risaputo che la metodica in questione è data da motori a 750 giri al minuto e 500 gradi di temperatura, quindi la temperatura ideale per la produzione di diossine, inoltre, lavorando con fosfolipidi gli stessi corrodono i motori con le ricadute emissive imprecisate e, a tal precauzione, il Ministro dell'Unione europea ha risposto il luglio 2015 chiarendo che occorre rispettare il regolamento (UE) n. 592 del 2014, cioè la post combustione dei fumi per tutelare la salute dei cittadini, con il rispetto di temperature e tempi di passaggio, cosa solo accennata in questo parere del Consiglio di Stato;
   dal sito del Ministero della salute si apprende che, al giugno 2015, erano attivi in Italia, per il trattamento dei SOA, 70 impianti di incenerimento, 53 impianti di combustione grassi in caldaie, 29 impianti di compostaggio, 86 impianti per la produzione di fertilizzanti, 119 impianti di trasformazione, 11 impianti oleochimici, 90 impianti di produzione dei mangimi per animali da compagnia, 410 impianti per produzioni diverse da quelle di mangimi, 171 impianti per usi ”specifici” (alimentazione per animali da pelliccia, animali selvatici, zoo, canili, gattili);
   dopo la nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (4 dicembre 2015) non è pervenuta alcuna notizia di sospensione dell'attività degli impianti di combustione dei grassi in caldaie, né sono stati emessi comunicati di smentita da parte di organi di comunicazione (come Report) che avevano affrontato il tema; per cui potrebbe essere in corso per gli interroganti una diffusa attività illecita e pericolosa per l'ambiente e la salute;
   non è nota l'evoluzione della normativa e se siano state assunte iniziative per l'eventuale modifica dell'allegato X del decreto-legge n. 152 del 2006 –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente delle criticità evidenziata in premessa;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano necessario assumere iniziative normative per garantire la tutela ambientale e sanitaria obbligando all'utilizzo del post-combustore, in caso di combustione con MCI di grassi animali e di adeguate temperature, in caso di utilizzo di materiale a rischio per BSE o altre patologie trasmissibili;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano assumere iniziative normative per garantire il monitoraggio e la riduzione delle emissioni di diossine e degli altri interferenti endocrini in tutti i casi dove è palese tale generazione, come nella combustione di sostanze organiche miste a cloro;
   se il Ministro dello sviluppo economico non intenda adoperarsi per far cessare le storture legate agli incentivi che risultano agli interroganti essere i più elevati al mondo per fonti energetiche opinabili che, a giudizio degli interroganti, stanno rischiando di determinare una filiera patologica e speculativa che potrà portare enormi quantità di rifiuti in Italia, e per vincolare l'incentivo alla tutela ambientale, al recupero di materia, alla valutazione delle condizioni ambientali preesistenti;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per quanto di competenza, mirate ad affermare la sovranità alimentare per la specie umana, per gli animali d'affezione e/o allevati. (5-07965)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prodotto animale

sottoprodotto agricolo

sottoprodotto