ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/07887

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 576 del 24/02/2016
Firmatari
Primo firmatario: PILI MAURO
Gruppo: MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO
Data firma: 24/02/2016


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
  • MINISTERO DELLA DIFESA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE 24/02/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 11/10/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 24/02/2016

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 11/10/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-07887
presentato da
PILI Mauro
testo di
Mercoledì 24 febbraio 2016, seduta n. 576

   PILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa . — Per sapere – premesso che:
   in queste settimane si registra un reiterato e sibillino appello all'Italia perché intervenga direttamente e sul terreno del teatro di guerra in Libia;
   tale esortazione pubblica e subdola appare come una chiamata alle armi su uno scenario che Francia, Inghilterra e Stati Uniti hanno reso impraticabile per gli interventi a terra;
   un report riservato in mano agli stati maggiori della Difesa fa emergere che in grandi parti della Libia risulta presente l'effetto dei missili Tomhawk e, in particolar modo, il rilascio in grandi quantità di uranio impoverito, letale per l'uomo;
   il 30 gennaio 2016 il New York Times ha divulgato un documento riservato inviato dal capo del Pentagono al Ministro della difesa Pinotti nel quale si esprime apprezzamento per l'impegno nella lotta all'Isis, ma nel contempo si sottolinea che c’è ancora molto lavoro da fare;
   nel report riservato pubblicato dal New York Times, Ash Carter, capo del Pentagono, ha scritto al Ministro italiano della difesa Roberta Pinotti sollecitando i partner a fare di più nella lotta all'Isis;
   nella lettera ufficiale il responsabile della difesa Usa Ash Carter spiegava come gli italiani, che hanno guidato l'addestramento delle forze di polizia irachene poi impiegate nel prendere il controllo delle città riconquistate dallo Stato islamico, possano aiutare la coalizione inviando più addestratori e personale aggiuntivo per aiutare nelle operazioni di sorveglianza, intelligence e di ricognizione;
   nella stessa comunicazione si chiede di rafforzare l'impegno nella lotta allo Stato islamico con più forze speciali, più aerei per raid e per operazioni di ricognizione, più armi e munizioni, più assistenza nell'addestramento;
   nelle dichiarazioni rese dallo stesso responsabile della Difesa Usa emerge, a giudizio dell'interrogante, un richiamo e una chiamata alle armi per l'Italia;
   il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest rispondendo a domande sui possibili passi in Libia nell'ambito della lotta all'Isis ha dichiarato: «Paesi come l'Italia hanno esperienza in Libia. E noi attingeremmo alle loro risorse, le loro capacità, per portare avanti i nostri obiettivi in quella regione»;
   il 26 gennaio 2016 sempre il New York Times in un editoriale riferiva che gli Usa sono «pronti a intervenire con Italia, Regno Unito e Francia»;
   il portavoce del Pentagono Peter Cook ha spiegato: il dipartimento Usa della difesa sta analizzando e prefigurando scenari bellici sull'altra sponda del Mediterraneo; gli Stati Uniti studiano sia «opzioni militari» che «una serie di altre opzioni», per far fronte alla «seria minaccia» rappresentata dall'Isis nel Paese nordafricano;
   secondo gli analisti ed esperti militari in Libia si continuano a giocare due partite diverse e contrapposte: da una parte, Italia e Nazioni Unite che puntano alla formazione del Governo di unità nazionale e a una missione di caschi blu, a guida italiana, volta a mettere in sicurezza Tripoli e ad addestrare le nuove forze armate libiche; dall'altra, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti che – a differenza dell'Italia – avrebbero già dispiegato forze speciali sul terreno e preparano raid aerei anti-Isis insieme al generale Khalifa Haftar, l'uomo forte del Governo di Tobruk ostile alla nascita dell'esecutivo unitario;
   il Ministro della difesa ha dichiarato: «Non possiamo immaginarci di far passare la primavera con una situazione libica ancora in stallo nell'ultimo mese abbiamo lavorato più assiduamente con americani, inglesi e francesi. Non parlerei di accelerazioni, tanto meno unilaterali. Ma c’è un lavoro più concreto di raccolta di informazioni e stesura di piani possibili di intervento sulla base dei rischi prevedibili»;
   in Libia ci sono interessi energetici – in particolare il terminal petrolifero Eni di Mellitah – che secondo fonti governative l'Italia è pronta a proteggere, solo in caso di seria minaccia, con gli assetti militari già schierati in ambito dell'operazione «Mare Sicuro»: gli incursori della Marina imbarcati sulle navi militari che incrociano davanti alla Libia e i quattro cacciabombardieri Amx recentemente rischiarati a Trapani;
   da settimane gli analisti militari italiani sono impegnati in analisi dirette sul teatro militare della Libia;
   non esisterebbero date precise sul possibile intervento italiano in Libia;
   secondo gli osservatori si tratterà di un intervento militare mirato a proteggere non solo gli interessi economici, ma un Paese dalla destabilizzazione politica e dal caos che ne potrebbe derivare;
   l'intervento militare su cui si sta lavorando prevederebbe una prima fase di bombardamenti e raid con l'obiettivo di distruggere le installazioni militari dell'ISIS e, successivamente, l'intervento militare con gli uomini che si troverebbero in azione sul terreno;
   tale ipotesi, a quanto risulta all'interrogante, verrebbe silenziosamente e riservatamente avversata con report dai quali si evince un dato inequivocabile: mandare uomini in Libia significa esporli a morte sicura;
   nel 2011, infatti, ai tempi dell'attacco aereo al regime di Gheddafi, sono state utilizzate armi all'uranio impoverito;
   dalle analisi emerge un dato inquietante: sul territorio libico sono stati fatti esplodere almeno 100 missili Tomhawk al giorno;
   uno studio del professore ordinario Massimo Zucchetti, del politecnico di Torino, che ha pubblicato ricerche proprio su questo fatto fanno emergere le caratteristiche letali di questo missile;
   si tratta di armi che contengono quantità variabili da 30 a 400 chilogrammi di uranio impoverito (Depleted Uranium: DU), un componente estremamente efficace che garantisce un alto potere di penetrazione, ma dagli effetti devastanti sulla salute dell'uomo;
   dopo l'esplosione degli ordigni vengono rilasciate polveri che una volta inalate o assimilate in qualsiasi modo causano tumori e linfomi, come il linfoma di Hodgkin;
   si tratta di malattie e tumori mortali che già in Bosnia ai tempi della guerra hanno causato e Che continuano a causare vittime tra militari e civili;
   in un'eventuale missione il rischio derivante dall'uranio impoverito per militari e civili italiani sarebbe elevatissimo;
   i raid si concentrerebbero soprattutto a Tripoli e dintorni e dato che la Libia è un Paese ventoso, le particelle radioattive verrebbero sospinte anche in territori più lontani –:
   se ritengano di dover escludere ogni possibile intervento militare in Libia, con particolare riferimento all'invio di militari italiani sul posto;
   se non ritengano di dover fornire la mappa esatta del grado di inquinamento da uranio impoverito nel teatro libico;
   se non ritengano di dover e evitare ogni possibile coinvolgimento di militari in scenari di guerra dove sia stato fatto uso di armi a uranio impoverito. (5-07887)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

intervento militare

uranio

personale militare