Legislatura: 17Seduta di annuncio: 550 del 19/01/2016
Primo firmatario: DA VILLA MARCO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/01/2016
Ministero destinatario:
- MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 19/01/2016
MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 19/01/2016
DA VILLA. —
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), istituito nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l'Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), allo scopo di studiare il riscaldamento globale, nel suo primo report, nel 1990, evidenziò il rischio di un riscaldamento globale con effetti sul clima a causa dell'aumento delle emissioni antropogeniche di gas serra, causato principalmente dall'uso di combustibile fossile. Da questo presupposto discende la necessità di ridurre le emissioni antropogeniche di gas serra, soprattutto per i Paesi più industrializzati;
in conseguenza di ciò, alla fine del 1990 l'Unione europea adottò l'obiettivo di stabilizzare le emissioni di anidride carbonica entro il 2000 al livello registrato nel 1990, richiedendo agli Stati membri di pianificare e implementare iniziative per la protezione dell'ambiente e per l'efficienza energetica. Gli obiettivi prefissati dall'Unione europea sono stati alla base delle negoziazioni della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC);
la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici è un accordo ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull'ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), informalmente conosciuta come «Summit della Terra», tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992;
la Convenzione, basandosi sull'acquisita consapevolezza dei cambiamenti climatici e dell'influenza delle attività antropiche su tali cambiamenti e sul riscaldamento globale in atto, aveva come obiettivo la stabilizzazione delle concentrazioni atmosferiche dei gas serra a un livello tale da prevenire interferenze antropogeniche pericolose con il sistema climatico terrestre. Tra i suoi principi cardine vi erano: la protezione del sistema climatico, e quindi la lotta ai cambiamenti climatici e ai loro effetti avversi; la consapevolezza dei bisogni e delle condizioni specifiche dei Paesi sviluppati, particolarmente vulnerabili nei confronti dei cambiamenti climatici; il presupposto che la mancanza di una piena certezza scientifica non fosse una ragione sufficiente per rinviare l'adozione di misure di prevenzione e mitigazione;
l'accordo fu aperto alle ratifiche a New York il 9 maggio 1992, ed entrò in vigore il 21 marzo 1994. L'Italia ratificò tale convenzione con la legge n. 65 del 15 gennaio 1994. Ai fini della comunicazione sull'implementazione della convenzione, i Paesi Annex I (Paesi industrializzati) sono tenuti a trasmettere regolari report in cui sono elencate le politiche e misure adottate per la riduzione delle emissioni di gas serra; devono altresì comunicare, annualmente, l'inventario nazionale delle emissioni e degli assorbimenti di gas serra non controllati dal protocollo di Montreal, con le stime ottenute con metodologie comparabili. In Italia, responsabile della redazione dell'inventario nazionale delle emissioni di gas serra, attraverso la raccolta, l'elaborazione e la diffusione dei dati, è l'ISPRA. Le metodologie utilizzate per la stima delle emissioni e degli assorbimenti sono quelle redatte dall'IPCC e ufficialmente approvate dall'UNFCCC, coerentemente con quanto richiesto dalla convenzione e dalle successive decisioni delle conferenze delle parti (COP);
l'accordo non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni; si trattava quindi di un accordo legalmente non vincolante. Esso includeva altresì previsioni di aggiornamenti (denominati protocolli) che avrebbero posto obiettivi di riduzione delle emissioni;
il protocollo di Kyoto, sottoscritto nel dicembre 1997 da oltre 160 Paesi in occasione della COP3 dell'UNFCC, ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005, è stato ratificato dall'Italia con la legge n. 120 del 1o giugno 2002;
con esso si stabiliscono obiettivi di riduzione delle emissioni per i Paesi riportati nell'Annex B del protocollo stesso (Paesi industrializzati e Paesi con economie in transizione). Per i Paesi membri dell'Unione europea, presi nel loro insieme, il protocollo di Kyoto stabilisce una riduzione dell'8 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. Con la decisione del Consiglio 2002/358/EC, l'Unione europea ha ripartito l'obbligo richiesto dal protocollo di Kyoto tra i diversi Stati membri, sulla base della loro struttura industriale, del mix energetico utilizzato e delle aspettative di crescita economica di ciascun Paese. A seguito di tale ripartizione, l'Italia si è vista assegnare, per il primo periodo d'impegno del protocollo di Kyoto (2008-2012) un obbligo di riduzione di emissioni di gas serra pari al 6,5 per cento rispetto alle emissioni del 1990;
già nel 2014, a seguito della pubblicazione del registro nazionale delle emissioni in atmosfera dei gas serra per il 2012 da parte dell'ISPRA, la stampa di settore evidenziava un quadro critico: «Considerando la media delle emissioni del periodo 2008-2012, la riduzione rispetto all'anno base è di 4,6 per cento a fronte dell'impegno nazionale di riduzione del 6,5 per cento nello stesso periodo». Nell'analisi dei dati relativi al confronto 1990-2012, disaggregati per settori, si sottolineavano le fortissime riduzioni di emissioni connesse a processi industriali (-26,5 per cento) e industria manifatturiera (-36,8 per cento), nonché quelle corpose (-16 per cento e -17,5 per cento) o discrete (-8 per cento) ottenute rispettivamente in agricoltura, gestione e trattamento dei rifiuti e produzione energetica, portando a un risultato globale di riduzione per l'anno 2012 pari all'11,2 per cento che, pur non bastando a risollevare i risultati medi del quinquennio, che si attestavano attorno al 4,6 per cento, metteva in luce come una parte assai rilevante del contenimento delle emissioni di CO2 derivasse non da un pur esistente efficientamento «carbon friendly» della tecnologia e dei metodi applicati, ma dal drastico calo di volumi delle attività indotto dalla crisi economica sviluppatasi dalla fine del 2008 e in particolar modo dalla gravissima crisi che ha colpito il settore manifatturiero italiano, e che ha toccato il suo culmine proprio nel finale del quinquennio preso in esame. Mediocri, infine, risultavano le performances dei settori residenziale e dei servizi (+8,2 per cento di emissioni di CO2), testimoniando le insufficienti qualità innovative del patrimonio immobiliare italiano, non interessato evidentemente da politiche abbastanza incisive;
anche a seguito del riesame indipendente effettuato dal segretariato dell'UNFCCC, uscivano confermati i dati ISPRA sopra sunteggiati, come peraltro ammesso dal Governo nell'allegato al documento di economia e finanza 2015 intitolato «Relazione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra» (Tabella I). In tale documento si esplicitava la necessità di coprire lo scostamento dell'Italia con quote di altri Paesi da «acquistare sul mercato internazionale del carbonio per “colmare” la distanza pari a 23,41 MtCO2 eq [milioni di tonnellate di CO2 equivalenti]», e si facevano presenti le sgradevoli conseguenze in cui il paese sarebbe incorso altrimenti: «In caso di mancato rispetto degli obblighi di riduzione delle emissioni l’Enforcement Branch applica le seguenti misure: 1) sottrae dalle unità assegnate di riduzione per il periodo di adempimento successivo (post-2012) un quantitativo pari all'ammontare di quote in eccesso aumentato del 30 per cento; 2) richiede alla Parte inadempiente l'adozione di un piano nazionale di adempimento idoneo a porre la Parte nella condizione di rispettare l'obiettivo; 3) sospende la possibilità per la Parte di trasferire le unità di riduzione generate attraverso i meccanismi flessibili». Infine, «poiché il Protocollo è stato sottoscritto anche dalla Comunità Europea che ne è Parte a seguito dell'adozione della decisione 2002/358/CE, qualora l'Italia non rispettasse il proprio obiettivo di riduzione sarebbe oggetto di una procedura di infrazione per mancato adempimento di obblighi comunitari»;
riportava Linkiesta in data 28 novembre 2015: «Lo scorso 5 ottobre a Varsavia il ministro dell'Ambiente Galletti ha firmato un accordo con il suo omologo polacco Maciej Grabowski: l'acquisto di poco più di 20 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, per 20 milioni di zlot, ossia 4,7 milioni di euro. Il motivo? L'Italia non ha raggiunto – almeno formalmente – gli obiettivi del Protocollo di Kyoto e se non avesse acquistato le quote che le mancavano entro il 18 novembre 2015, sarebbe incorsa in una serie di penalizzazioni, compresa una procedura di infrazione». Sebbene alcuni tecnicismi, ben spiegati nell'articolo citato, attenuino leggermente il significato questo mancato raggiungimento dell'obiettivo, il dato negativo rimane. Prosegue l'articolo: «La notizia sui giornali italiani non è comparsa [...]. Né ce n’è traccia sul sito del ministero dell'Ambiente, che pure il 5 ottobre riportava tre comunicati stampa e che viaggia sui 60 comunicati al mese. Si trova però sul sito di settore Carbon Pulse, su quello del Consolato polacco a Napoli e su altri siti polacchi. Si scopre, tra le altre cose, che la Polonia utilizzerà i soldi dalla vendita delle Assigned Amount Units (AAUs) di CO2 all'Italia per progetti di modernizzazione energetica sviluppati nelle scuole polacche». Ma c’è di più: «Parlando alla Camera per presentare l'impegno dell'Italia alla conferenza Cop21 di Parigi, il 26 novembre, Galletti ha preferito sorvolare» –:
se e quali iniziative intenda assumere o promuovere il Ministro interrogato anche nell'ambito del Consiglio dei ministri, affinché gli obiettivi di emissioni di CO2 e altri gas serra previsti dalla prosecuzione del protocollo di Kyoto, secondo quanto convenuto con l'accordo di Doha del 2012 (COP18, COP/MOP8) e in base ai relativi provvedimenti di ratifica e al cosiddetto «pacchetto clima-energia» (direttiva 2009/29/CE e decisione 406/2009/CE), nel futuro siano rispettati dal nostro Paese nei fatti, senza dover ricorrere al pur legittimo acquisto di quote presso altre nazioni.
(5-07411)
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):inquinamento stratosferico
riduzione delle emissioni gassose
politica ambientale