ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/07387

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 548 del 15/01/2016
Firmatari
Primo firmatario: FREGOLENT SILVIA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 15/01/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
AMATO MARIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
BARUFFI DAVIDE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
BONOMO FRANCESCA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
CARLONI ANNA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
CIMBRO ELEONORA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
CRIVELLARI DIEGO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
D'INCECCO VITTORIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
DAL MORO GIAN PIETRO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
DI MAIO MARCO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
DI SALVO TITTI PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
FANUCCI EDOARDO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
GADDA MARIA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
GIORGIS ANDREA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
GRIBAUDO CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
GUERINI GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
IACONO MARIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
IORI VANNA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
LODOLINI EMANUELE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MALISANI GIANNA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MALPEZZI SIMONA FLAVIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MANFREDI MASSIMILIANO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MANZI IRENE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MARANTELLI DANIELE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MONGIELLO COLOMBA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MORANI ALESSIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MORETTO SARA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
MURA ROMINA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
PIAZZONI ILEANA CATHIA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
PICCOLO SALVATORE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
ROMANINI GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
SENALDI ANGELO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
SGAMBATO CAMILLA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
TARICCO MINO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016
VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2016


Commissione assegnataria
Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 15/01/2016
Stato iter:
16/06/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 16/06/2016
Resoconto DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
 
REPLICA 16/06/2016
Resoconto FREGOLENT SILVIA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 15/01/2016

ATTO MODIFICATO IL 03/02/2016

DISCUSSIONE IL 16/06/2016

SVOLTO IL 16/06/2016

CONCLUSO IL 16/06/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-07387
presentato da
FREGOLENT Silvia
testo presentato
Venerdì 15 gennaio 2016
modificato
Mercoledì 3 febbraio 2016, seduta n. 561

   FREGOLENT, AMATO, BARUFFI, BONOMO, BRAGA, CARLONI, CIMBRO, CRIVELLARI, D'INCECCO, DAL MORO, MARCO DI MAIO, DI SALVO, FANUCCI, GADDA, GIORGIS, GRIBAUDO, GIUSEPPE GUERINI, IACONO, IORI, LODOLINI, MALISANI, MALPEZZI, MANFREDI, MANZI, MARANTELLI, MONGIELLO, MORANI, MORETTO, MURA, PIAZZONI, SALVATORE PICCOLO, ROMANINI, SENALDI, SGAMBATO, TARICCO e VICO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
   secondo il 49o rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese sono 3.167.000 (il 5,5 per cento della popolazione) i non autosufficienti in Italia. Tra questi, le persone con non autosufficienza grave, in stato di confinamento, costretti quindi in via permanente a letto, su una sedia o nella propria abitazione per impedimenti fisici o psichici, sono 1.436.000;
   si tratta di dati che hanno anche gravi risvolti sociali ed economici non solo per la finanza pubblica: per fronteggiare questa grave situazione infatti il 50,2 per cento delle famiglie con una persona non autosufficiente ha a disposizione risorse scarse o insufficienti. Per fronteggiare il costo privato dell'assistenza ai non autosufficienti 910.000 famiglie italiane si sono dovute «tassare» e 561.000 famiglie hanno utilizzato tutti i propri risparmi, si sono indebitate o sono state costrette a vendere beni immobili;
   la maggior parte dei cittadini non autosufficienti del nostro Paese sono anziani: dai recenti dati emersi dal «5o rapporto l'assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia» sono circa 2,5 milioni gli anziani che hanno limitazioni funzionali che li rende parzialmente o totalmente non autonomi;
   si tratta di cifre destinate ad aumentare nel corso dei prossimi anni: se ad oggi infatti oltre il 21 per cento della popolazione italiana ha oltre 65 anni (13,2 milioni di anziani in termini assoluti) di cui la metà con oltre 75 anni, il progressivo invecchiamento della società raggiungerà il suo picco soltanto nella decade 2050-2060;
   l'assistenza sanitaria e socio-assistenziale degli anziani non autosufficienti rappresenta quindi una delle grandi sfide che la società italiana si trova ad affrontare;
   in questo contesto va puntualizzato come l'Italia sia ancora in ritardo, rispetto agli altri Paesi europei e non, rispetto ai servizi pubblici rivolti agli anziani (ed in particolare al cosiddetto «Longterm Care Ltc»: appropriata assistenza continuativa); basta infatti pensare alle riforme fatte in Germania (assicurazione obbligatoria sulla non autosufficienza), Francia (sussidio personalizzato per l'autonomia), Spagna (promozione dell'autonomia personale), Regno Unito («Care Act»). In Italia risultano invece ancora non pienamente attuate le norme vigenti che assicurano il sistema di continuità terapeutica (come sancito dalla legge n. 883 del 1978 e dalla legge n. 289 del 2002);
   in caso di non autosufficienza il principale intervento considerato è l'assistenza domiciliare integrata (Adi) fornita dalle aziende sanitarie locali (Asl) che ha l'obiettivo di assicurare un insieme integrato di trattamenti sanitari e sociosanitari, erogati a casa della persona non autosufficiente. La copertura del servizio, benché teoricamente assicurata su tutto il territorio nazionale, risente ancora di una forte frammentazione territoriale, solo parzialmente colmata negli ultimi anni. Secondo alcuni recenti dati infatti solamente il 5 per cento degli anziani invalidi usufruirebbe di servizi di assistenza domiciliare pubblica;
   tale opzione non ha solamente benefici sociali e terapeutici per i pazienti (accuditi in un ambiente familiare) ma anche risvolti positivi per le finanze pubbliche: l'importo delle prestazioni domiciliari sono infatti di gran lunga meno onerose delle stesse praticate in un'apposita struttura residenziale (mediamente 25 euro contro 50 euro);
   gli anziani non autosufficienti che ricevono prestazioni domiciliari, avendo la necessità in molti casi di essere assistiti 24 ore al giorno, vengono accuditi molto spesso anche da personale (badanti o familiari) non «professionista». Tale personale si occupa di prestazioni definite «di assistenza tutelare alla persona» che comprendono comunque anche interventi di natura sanitaria (come ad esempio medicazioni semplici, iniezioni o flebo). Fino ad oggi le regioni potevano erogare finanziamenti per le cure domiciliari di lunga assistenza anche per le prestazioni erogate da personale non professionale;
   il Consiglio di Stato con la sentenza n. 05538/2015 (smentendo peraltro quanto deciso precedentemente dal Tar del Piemonte) ha sancito che non spetta al sistema sanitario regionale coprire i costi per le prestazioni socio-assistenziali a domicilio dal momento che tali prestazioni non rientrano nei Lea (livelli essenziali di assistenza) stabiliti a livello nazionale e soprattutto quando le regioni interessate sono sottoposte ai «Piani di rientro»;
   il tavolo tecnico congiunto tra Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero della salute relativo alla spesa sanitaria regionale ha infatti disposto che dal primo gennaio 2014 le asl non potessero più iscrivere a bilancio risorse per prestazioni aggiuntive oltre i lea previsti a livello nazionale; le prestazioni non professionali di assistenza tutelare alla persona sono infatti attualmente al di fuori di tale categoria;
   moltissimi utenti saranno quindi obbligati a pagare ulteriori quote elevate di compartecipazione alle spese per sanità e servizi sociali locali;
   la Corte costituzionale ha ribadito, in numerose occasioni, come la tutela della salute, pur essendo condizionata dalle esigenze di finanza pubblica e da altri interessi costituzionalmente protetti, garantisce in ogni caso un «nucleo irriducibile» di diritti garantiti dalla Carta, come ambito inviolabile della dignità umana;
   in particolare nella sentenza n. 36 del 2013 la Corte Costituzionale ha precisato che «l'attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001» (decreto che definiva i Lea). Nella stessa sentenza la Corte Costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l'aiuto determinante di altri»;
   un finanziamento adeguato per garantire la reale e continua assistenza sanitaria e socio-sanitaria domiciliare, semiresidenziale e residenziale delle persone non autosufficienti, peraltro presente nei lea, è stata richiesta nel corso degli anni da numerose cittadini, associazioni di malati, da onlus, da enti locali, anche attraverso petizioni popolari;
   nelle ultime legislature anche il Parlamento si è espresso in tale direzione:
    nella XVIesima legislatura la Commissione XII affari sociali della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione (n. 8-00191) che impegna il Governo «anche ad assumere le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea, alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l'erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, concernente i livelli essenziali di assistenza»;
   nella XVIIesima legislatura l'Assemblea del Senato della Repubblica ha approvato una mozione (n. 1-00148) che impegna il Governo anche a definire nei tempi più brevi la revisione dei Lea e a promuovere la definizione di apposite linee guida per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento terapeutico e assistenziale dei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, al fine di migliorare la qualità delle prestazioni e uniformarne l'efficacia e l'efficienza;
   appare quindi evidente che l'obiettivo sia quello di riuscire a soddisfare la crescente complessità dei bisogni degli anziani non autosufficienti con adeguati interventi da parte del sistema sanitario e di protezione sociale, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, restando salvo in ogni caso quel nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come diritto individuale della dignità umana, nel quale rientrano le prestazioni sociosanitarie Lea;
   un obiettivo che sembra condiviso dallo stesso Governo. Il Sottosegretario di Stato alla salute, Vito De Filippo, rispondendo alla Camera dei deputati alla interrogazione n. 5-03543 il 12 novembre 2014 ha infatti dichiarato: Il «Ministero della salute è consapevole della rilevanza e della ineludibile necessità di garantire e potenziare l'assistenza sanitaria territoriale, ed in particolar modo, quella rivolta alle persone non autosufficienti, atteso che è oramai comunemente condivisa la centralità di un approccio multidisciplinare, integrato con prestazioni sociali, ed erogato in regimi assistenziali alternativi al ricovero ospedaliero. Tuttavia, l'attuale offerta socio-sanitaria territoriale, sia essa domiciliare che residenziale e semiresidenziale, è ancora disomogenea nel territorio nazionale, ed è maggiormente critica in quelle realtà regionali che patiscono un grave disavanzo economico e che il Ministero della salute sta sostenendo attraverso la sottoscrizione dei Piani di rientro. Per tale motivo il Ministero della salute, in accordo con le regioni, ha avviato, negli ultimi anni, una serie di attività volte a sostenere e monitorare l'implementazione e la qualità dell'assistenza agli anziani non autosufficienti, che di seguito si descrivono nei loro elementi essenziali»;
   lo stesso Sottosegretario ha inoltre aggiunto: «Emerge nelle regioni in disavanzo una scarsa offerta di assistenza territoriale, sia ambulatoriale che domiciliare e residenziale, che ha come conseguenza l'elevata inappropriatezza di molti accessi al pronto soccorso e di molti ricoveri di persone anziane e/o affette da patologie cronico-degenerative. Per tale motivo, i piani di rientro prevedono anche azioni di riorganizzazione delle attività sanitarie e socio-sanitarie, soprattutto per quanto riguarda: il potenziamento della rete territoriale, del ruolo dei distretti e delle unità di cure primarie, delle cure domiciliari (adozione di linee guida omogenee sul territorio); la ridefinizione e riorganizzazione della rete delle strutture extraospedaliere residenziali e semiresidenziali (nei termini di quota di posti letto, accreditamento, linee guida sui percorsi di cura, ruolo delle asl e delle Unità di Valutazione Multidisciplinare). Da ultimo, si rappresenta che il nuovo Patto per la salute 2014-2016, sancito con Intesa tra Governo, regioni e province Autonome il 10 luglio 2014, stabilisce all'articolo 1, comma 3, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si provveda, entro il 31 dicembre 2014, all'aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica. Per tale motivo, è stato attivato un gruppo di lavoro composto dai rappresentanti del Ministero della salute e del Ministero della economia e delle finanze, delle regioni e dell'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, appositamente dedicato alla revisione dell'assistenza socio-sanitaria e delle prestazioni in essa incluse, che devono essere garantite dal servizio sanitario nazionale –:
   a quali conclusioni sia giunto il gruppo di lavoro sopracitato dedicato «alla revisione dell'assistenza socio-sanitaria e delle prestazioni in essa incluse, che devono essere garantite dal Servizio Sanitario Nazionale»;
   quale sia posizione del Governo, in relazione a quanto esposto in premessa, e in particolare sulla opportunità di inserire tra i lea le prestazioni non professionali di assistenza tutelare alla persona, al fine di garantire pienamente i principi presenti nella Costituzione, migliorare la situazione degli anziani non autosufficienti e sostenere conseguentemente i nuclei familiari coinvolti;
   se il Governo non ritenga necessario promuovere, come già accaduto negli altri Paesi europei, un «longterm care», proprio in relazione al repentino invecchiamento della popolazione residente, che preveda comunque un adeguato finanziamento pubblico il quale consenta al servizio sanitario nazionale di assicurare prestazioni domiciliari socio-sanitarie e di assistenza tutelare ai pazienti non autosufficienti. (5-07387)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 16 giugno 2016
nell'allegato al bollettino in Commissione XII (Affari sociali)
5-07387

  Le attività del gruppo di lavoro, richiamato nell'atto parlamentare in esame, dedicato alla revisione dell'assistenza socio-sanitaria e delle prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale, si sono concluse nel dicembre 2014 con la stesura del Capo IV del nuovo schema di decreto ministeriale recante «Nuova definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria»; com’è noto, attualmente tale provvedimento è alle valutazione del MEF, la procedura avviata attua l'articolo 1, comma 3, del Patto per la Salute 2014-2016, e l'articolo 1, commi 553-554, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
  Nel nuovo schema di decreto, l'assistenza socio-sanitaria è declinata in maniera profondamente rivisitata rispetto al precedente provvedimento del 2001; le specifiche attività nell'assistenza domiciliare, territoriale (consultori familiari, servizi per le dipendenze, servizi per la salute mentale adulti e neuropsichiatria infantile, servizi per disabili), semiresidenziale e residenziale (per malati cronici, malati in fine vita, persone con disturbi mentali, minori con disturbi in ambito psichiatrico, persone con dipendenze patologiche, disabili), vengono puntualmente declinate per consentire una maggiore caratterizzazione dell'assistenza.
  Il provvedimento in questione articola l'assistenza secondo livelli di complessità ed impegno assistenziale crescente in relazione al bisogno di cura: le cure domiciliari alle persone con patologie croniche non autosufficienti sono state distinte in livelli di intensità progressiva (da cure domiciliari di «livello base» a cure domiciliari ad elevata intensità, che sostituiscono la c.d. «Ospedalizzazione domiciliare»), e l'assistenza residenziale agli stessi pazienti è articolata in trattamenti diversificati, in funzione delle caratteristiche delle strutture e della disponibilità del personale sanitario e sociosanitario, distinguendo trattamenti specialistici intensivi «di supporto alle funzioni vitali», trattamenti «estensivi» di cura, recupero e mantenimento funzionale, e trattamenti di lungo-assistenza e mantenimento per le situazioni stabilizzate che non possono essere trattate al domicilio per difficoltà familiari/sociali.
  Con riferimento alla ripartizione degli oneri tra il Servizio Sanitario Nazionale e il comune/utente, si conferma quanto previsto dal decreto del 2001, in quanto per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, ovvero le prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano distinguibili, una percentuale di costo non è attribuibile alle risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale.
  In particolare, si prevede che le cure domiciliari siano integrate da prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare professionale alla persona.
  Tali prestazioni, erogate da operatori socio-sanitari con specifica formazione professionale, secondo i modelli assistenziali disciplinati dalle regioni, sono interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale per i primi trenta giorni dopo la dimissione ospedaliera protetta, e per una quota pari al 50 per cento negli altri casi; il restante 50 per cento della quota è posta a carico del comune.
  Il decreto di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, dunque, non stabilisce la percentuale della quota sociale che il comune attribuisce all'utente (su base dell'indicatore della Situazione Economica Equivalente – ISEE).
  I comuni hanno la facoltà di chiedere all'utente di coprire con risorse proprie parte della quota a loro attribuita, secondo quanto previsto dalla normativa regionale e comunale.
  Il Servizio Sanitario Nazionale riesce oggi e riuscirà in futuro a garantire un'adeguata assistenza socio-sanitaria alle persone solo se sarà rafforzata l'offerta di servizi sociali e la quota di risorse dedicate a questo settore.
  Solo la presenza di un idoneo supporto al domicilio del paziente (assistente familiare) consentirà di evitare le ospedalizzazioni, così come solo una adeguata partecipazione dei comuni ai costi delle residenze consentirà alle persone prive di una famiglia disponibile, di accedere a servizi residenziali di qualità.
  Per gli aspetti di propria competenza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha precisato quanto segue.
  La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha istituito il Fondo Nazionale per le non autosufficienze.
  Al Fondo in questione sono stati assegnati 100 milioni di euro per il 2007, 300 milioni di euro per il 2008, 400 milioni per il 2009, 400 milioni per il 2010, 100 milioni per il 2011 (incentrati su interventi concernenti la SLA), 275 milioni per il 2013, 350 milioni per il 2014 e 400 milioni per l'anno 2015.
  In particolare, la legge 29 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015, all'articolo 17, comma 8, ha previsto che lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze sia incrementato di 400 milioni di euro per l'anno 2015 e di 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
  Detto Fondo, quindi, è stato reso strutturale dal 2015 in poi.
  Infatti, la legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità 2016, articolo 1, comma 405, ha disposto l'incremento del Fondo con 150 milioni di euro annui, a partire dal 2016, portando la disponibilità di risorse del Fondo a 400 milioni di euro.
  Tali risorse, ripartite tra le regioni e le province autonome, sono aggiuntive rispetto a quelle destinate a prestazioni e servizi per i soggetti non autosufficienti da detti Enti, nonché da parte delle Autonomie locali.
  Per l'anno 2013, una quota non inferiore al 30 per cento, e per gli anni 2014 e 2015, una quota non inferiore al 40 per cento, sono state destinate agli interventi a favore di persone in condizione di disabilità gravissima che necessitino, a domicilio, di assistenza continua nelle 24 ore.
  Il Fondo in esame finanzia le attività legate all'attuazione dei livelli essenziali di assistenza poste in essere dalle regioni in materia di non autosufficienza: le risorse erogate vengono ripartite a seguito di intese in sede di Conferenza Stato-regioni.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

assistenza agli anziani

economia pubblica

protezione del consumatore