ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/07171

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 535 del 03/12/2015
Firmatari
Primo firmatario: COLLETTI ANDREA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 03/12/2015


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 03/12/2015
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 03/12/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-07171
presentato da
COLLETTI Andrea
testo di
Giovedì 3 dicembre 2015, seduta n. 535

   COLLETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   in data 8 agosto 2011, il Ministero degli affari esteri, di concerto con il Ministero dell'interno, adottava il documento avente ad oggetto la «maternità surrogata» e contrassegnato dal protocollo MAE02266642011-08-11, con cui impartiva precise indicazioni alle rappresentanze italiane all'estero sulla procedura da eseguire in ipotesi di maternità surrogata, ossia di casi in cui una coppia di cittadini italiani, affetta da sterilità o da altra patologia, e dunque impossibilitata ad avere un figlio naturalmente o secondo là tecnica della procreazione medicalmente assistita (PMA) di tipo omologo – la sola ammessa al tempo in Italia – si recavano all'estero per praticare la tecnica della maternità surrogata, ossia quella tecnica a cui si ricorre quando la donna non possa instaurare una gravidanza per patologie che impediscono l'attecchimento del feto nel proprio utero, per cui un'altra donna si surroga in tale compito;
   i casi disciplinati dal documento MAE02266642011-08-11 sono tutt'altro che sporadici al punto da portare gli osservatori a definire il fenomeno in termini di «migrazione procreativa», espressione coniata all'indomani dell'entrata in vigore della legge 19 febbraio 2004, n. 40 recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita» con cui l'ordinamento italiano ha vietato l'uso di alcune tecniche (tra le quali, per l'appunto, la maternità surrogata) con la conseguenza che molte coppie che versano nell'impossibilità di avere un bambino decidono di recarsi presso quei Paesi (Ucraina, Romania, Russia, Stati Uniti, Canada, Grecia, Gran Bretagna, solo per citarne alcuni) dove la tecnica della maternità surrogata non è vietata, essendo, al contrario, pienamente legittima in quanto prevista e disciplinata dall'ordinamento nazionale;
   circa il divieto di maternità surrogata, la legge n. 40 presenta dei contenuti ambigui in quanto, per espressa ammissione dello stesso Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, «pur ponendo un divieto assoluto alla maternità surrogata, non detta alcuna disciplina per i casi in cui vi siano bambini ormai nati e voluti dalla coppia» attraverso questa tecnica (cfr. MAE02266642011-08-11, punto 1). Ciò ha comportato in capo alle rappresentanze consolari e diplomatiche di quei Paesi destinatari di «migrazione procreativa» dubbi interpretativi e, per l'effetto, difficoltà applicative sui comportamenti da tenere. Per tali ragioni si è resa necessaria l'adozione della nota esplicativa MAE02266642011-08-11 prima richiamata che a tal proposito chiarisce al punto 2:
    a) «in presenza di tali atti di nascita formalmente validi» – in quanto correttamente e legittimamente formatisi in Paesi dove questa pratica è perfettamente legale – «il funzionario consolare, sebbene a conoscenza del fatto che la nascita derivi da “maternità surrogata” deve accettare gli atti e inoltrarli al Comune competente, dando tuttavia nel contempo opportuna informazione delle particolari circostanze della nascita al Comune e alla Procura della Repubblica. L'ufficiale di stato civile, ai sensi della normativa vigente, verificherà la sussistenza dell'ipotesi che la nascita derivi da maternità surrogata per il rifiuto motivato alla trascrizione dell'atto»;
    b) «al momento di ricevere l'atto di nascita, i funzionari consolari faranno presente agli interessati che il medesimo atto, prima di essere trascritto nei registri dello stato civile, sarà fatto oggetto di scrupolosa attenzione relativamente ad eventuali problemi di contrarietà all'ordine pubblico per violazione dei principi dell'ordinamento italiano in materia di “procreazione medicalmente assistita”. Dovrà essere altresì evidenziato da parte del funzionario consolare che, nel caso in cui dalle indagini dovesse emergere che la donna indicata come madre non ha donato l'ovulo né ha, portato avanti la gravidanza, l'ufficiale dello stato civile e gli interessati incorreranno nel delitto di cui all'articolo 567 c.p., che comporta per gli indagati, in caso di condanna, la pena accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale con evidenti conseguenze sui bambini ormai nati»;
    c) «che – d'intesa con il Ministero dell'interno – si è concordato che, nel supremo interesse del minore, allo stesso debba essere comunque rilasciato un documento di viaggio idoneo all'ingresso in Italia»;
   negli ultimi anni la materia in esame è stata oggetto di numerose pronunce di giudici, sia italiani che internazionali, i quali, ciascuno per il proprio ambito di competenza e di giurisdizione, sono ripetutamente intervenuti formando un consolidato filone interpretativo;
   esistono, infatti, numerose sentenze di giudici italiani (trib. Milano, Sez. V pen., 15 ottobre 2013 (dep. 13 gennaio 2014), est. Cernuto; trib. Napoli, GIP dott.ssa Iaselli, (dep. 17 luglio 2015); trib. Pisa, 10 aprile 2015, sent. n. 685 (dep. 19 giugno 2015); trib. Varese, GUP, 8 ottobre 2014 (est. Stefano Sala); trib. Trieste, GUP Guido Patriarchi, sentenza 6 giugno 4 ottobre 2013; trib. Napoli, I sez. civile, sentenza 1 luglio 2011; corte d'appello di Bari, 13 febbraio 2009; procure di Bologna, Catania, Venezia, Salerno, Pordenone e Caltagirone) che hanno pronunciato, a seconda dei casi, sentenze di assoluzione, di non luogo a procedere o decreti di archiviazione in ordine a procedimenti penali che vedevano imputati o indagati ai sensi degli articoli 110 e 567 c.p. coppie di genitori i cui figli erano stati partoriti all'estero mediante la tecnica della fecondazione eterologa. In particolare, la quinta sezione del tribunale di Milano (15 ottobre 2013 e dep. 13 gennaio 2014, est. Cernuto) ha stabilito che:
    «il rinvio alla lex loci operato dall'ordinamento interno funge da norma cardine del sistema, e impronta la disciplina degli atti dello stato civile formati all'estero in maniera conforme alla scelta – condivisa a livello internazionale – di individuarne la legge regolatrice in quella dell'ordinamento ove l'evento rilevante è avvenuto. È dunque la stessa legge italiana ad imporre ai cittadini italiani all'estero di effettuare le dichiarazioni di nascita all'ufficiale di stato civile straniero e secondo la legge del luogo ove l'evento è avvenuto». Dunque, il tribunale sostiene che quando l'atto di nascita è stato formato nel rispetto della legge del luogo ove il bambino è nato, all'esito di una procreazione medicalmente assistita conforme alla lex loci esso è pienamente valido anche nel nostro ordinamento – per cui non vi è alcuna alterazione di stato civile, e dunque non vi è integrazione del delitto di cui all'articolo 567 comma 2, c.p. – in omaggio a quanto prevede l'articolo 15 del regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile (decreto del Presidente della Repubblica 396 del 2000), a norma del quale le dichiarazioni di nascita effettuate da cittadini italiani all'estero «devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità competenti»;
    secondo la Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961, che sopprime la legalizzazione degli atti pubblici esteri (cui l'Italia ha aderito con la legge di ratifica 20 dicembre 1966, n. 1253), è sufficiente ai fini della legittimità dell'atto che lo stesso venga tradotto in lingua italiana ed apostillato, ovvero munito di un'annotazione che ne attesta sul piano internazionale l'autenticità e la qualità legale dell'autorità rilasciante, per cui l'atto di nascita risulta così perfezionato, valido, completo, di autenticità certificata sul piano internazionale e, dunque, suscettibile di divenire efficace anche nell'ordinamento italiano (cfr. il richiamo contenuto in Cass. 5 maggio 2008, Giusti, Foro it., Rep. 2009, voce Stato di famiglia, n. 2; 24 ottobre 2002, Poletti, id., Rep. 2003, voce cit., n. 2; ord. 14 giugno 1994), Ben Ayili, id., Rep. 1995, voce cit., n. 3 e la giurisprudenza ivi rispettivamente ed ulteriormente richiamata);
    il limite dell'ordine pubblico fissato dall'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 non attiene al momento di formazione dell'atto di nascita – unico rilevante ai fini della consumazione del delitto di cui all'articolo 567, comma 2, codice penale – ma riguarda il momento successivo del recepimento degli effetti dell'atto formato all'estero nel nostro ordinamento a seguito di trascrizione. L'eventuale contrarietà all'ordine pubblico non inciderebbe, dunque, sulla consumazione del reato di alterazione di stato, ma si limiterebbe a inibire la trascrizione in Italia dell'atto validamente formato all'estero. Per tali ragioni, «il richiamo all'ordine pubblico, formulato a sostegno della richiesta di condanna nel presupposto che l'atto di nascita con indicazione dell'imputata quale madre vi si ponga in contrasto insanabile, in violazione dei divieti di surrogazione di maternità e di fecondazione eterologa stabiliti in Italia dal combinato disposto degli articoli 4, 3o comma, e 12, 1o e 6o comma, l. 40/04, non vale ad integrare la ricorrenza di un'alterazione di stato»; (...) «la valutazione di non contrarietà all'ordine pubblico degli effetti della trascrizione, implicita in questa determinazione, è conforme alla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 22 agosto 2013, n. 19405, id.) secondo cui, ai fini del diritto internazionale privato, l'ordine pubblico che impedisce l'ingresso nell'ordinamento interno degli effetti di una norma straniera che vi contrasti si identifica con l'ordine pubblico internazionale, da intendersi come complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico fondati su esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo comuni ai diversi ordinamenti nazionali»; (...) «e che in tale accezione, è escluso che il divieto di diventare madre ricorrendo alla fecondazione eterologa possa rientrare tra i principi fondanti dell'ordine pubblico internazionale: a tacer d'altro, per la circostanza che questa forma di procreazione assistita è praticata e consentita dalla maggior parte dei paesi che aderiscono all'Unione europea (criterio adottato, tra l'altro, dalla Corte di Cassazione, sez. un., 5 luglio 2011, n. 14650, id., Rep. 2011, voce diritto internazionale privato, n. 18, per stabilire la compatibilità con l'ordine pubblico della norma inglese che ammette l'acquisto di un bene in conseguenza di un patto commissorio, in violazione del divieto contemplato dall'articolo 2744 c.c.) e di quelli che hanno sottoscritto la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, di cui l'Italia è uno dei promotori» (cfr. trib. Milano 15 ottobre 2013, punti 3 e 4);
    pur vietando la maternità surrogata, è la stessa legge n. 40 a impedire, all'articolo 9, comma 1, l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità a chi, nonostante la preclusione normativa, abbia prestato egualmente il consenso a praticare questa tecnica procreativa, e a stabilire al comma 3 (al pari dell'articolo 5, comma 2, decreto 771 del 2008 del Ministero della salute ucraino) che il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può fare valere nei suoi confronti alcun diritto o essere titolare di obblighi;
    per queste ragioni, si è concluso che «anche l'ordinamento interno, nel disciplinare gli effetti della fecondazione eterologa, valorizza il principio di responsabilità procreativa e ne fa applicazione in luogo di quello di discendenza genetica: il coniuge che abbia dato l'assenso (anche per fatti concludenti) alla nascita di un, bambino tramite fecondazione eterologa con l'utilizzo di gameti maschili estranei alla coppia non può esercitare l'azione di disconoscimento, per avere assunto la responsabilità di questo figlio, e ne diviene genitore nonostante lo stato civile del neonato venga così determinato in maniera estranea alla sua discendenza genetica; così come il donatore di gameti, che quella responsabilità non ha assunto, non può divenire genitore pur essendolo geneticamente» (cfr. trib. Milano, 15 ottobre 2013, punto 5);
   esistono anche pronunce della Corte di Strasburgo, ossia della Corte europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (cfr. Corte e.d.u. Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo, 28 giugno 2007; Corte e.d.u. Mennesson c. Francia, deciso il 26 giugno 2014, ric. n. 65192/11; Corte e.d.u. Labassee c. Francia, n. 65941/11), competente a pronunciarsi sulla corretta osservanza o meno della CEDU da parte del paesi firmatari (si ricorda che l'Italia, oltre ad essere Paese firmatario, ne ha presieduto a Roma i lavori che si sono conclusi nel 1950 con la sua ufficiale adozione) che si sono pronunciate sul tema e che, più in particolare, hanno condannato l'Italia (cfr., da ultimo, Corte e.d.u Paradiso e Campanelli c. Italia, sez. II, 27 gennaio 2015, ric. n. 25358/12) per violazione dell'articolo 8 rubricato «Diritto al rispetto della vita privata e familiare» e il cui testo recita: «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui»;
   la Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell'uomo, decidendo il 3 novembre 2011 in grado di appello il caso S.H. e altri contro Austria in tema di fecondazione eterologa ha, dapprima, ribadito che il diritto di una coppia di concepire un figlio mediante le tecniche di procreazione assistita rientra nella sfera di applicazione dell'articolo 8 della convenzione in quanto chiara espressione del diritto di libera determinazione nella vita privata e familiare; ha, inoltre, dato atto del progressivo allargamento del novero dei Paesi europei che consentono la donazione dei gameti per la fecondazione in vitro; ha, infine, messo in evidenza l'evoluzione particolarmente rapida nel campo della procreazione artificiale, destinata a riflettersi in un dinamismo normativo in cui, non solo è escluso che il divieto stabilito dall'ordinamento italiano costituisca un principio di ordine pubblico, ma è eventualmente prospettabile che sia tale divieto, per contro, a violare la convenzione europea dei diritti dell'uomo;
   la Corte europea nei casi Mennesson contro Francia e Labasse contro Francia, per quanto attiene la pratica della maternità surrogata, ha invece affermato (sempre ai sensi del citato articolo 8 convenzione) il diritto dei nati con tale tecnica di essere registrati nel registro dello stato civile, quali figli delle persone che sono ricorse a tale tecnica;
   la Corte europea ha poi nel corso del tempo specificato che il concetto di «vita privata» di cui all'articolo 8 è un concetto ampio comprendente, tra gli altri, il diritto dell'individuo ad allacciare e sviluppare rapporti con i simili (cfr. Niemietz contro Germania, 16 dicembre 1992, § 29, serie A n. 251-B), il diritto allo «sviluppo personale» (cfr. Bensaid contro Regno Unito, n. 44599/98, § 47, CEDU 2001-I) e, ancora, il diritto all'autodeterminazione (cfr. Pretty contro Regno Unito, n. 2346/02, § 61, CEDU 2002-III). A parere della Corte, tra i fattori che rientrano nella sfera personale tutelata dall'articolo 8, vi sarebbe anche il diritto al rispetto della decisione di diventare o di non diventare genitore (cfr. Evans contro Regno Unito ricorso n. 6339/05, sentenza del 7 marzo 2006, confermata dalla Grande Camera il 10 aprile 2007; A, B e C contro Irlanda, ricorso n. 25579/05, sentenza del 16 dicembre 2010, § 212; R.R. contro Polonia, ricorso n. 27617/04, sentenza del 26 maggio 2011, § 181);
   nell'applicazione dell'articolo 8 Convenzione, la Corte ha inoltre riconosciuto il diritto dei ricorrenti al rispetto della decisione di diventare genitori genetici (cfr. Dickson contro Regno Unito [GC], ricorso n. 44362/04, § 66, CEDU 2007-V, con i riferimenti ivi citati) concludendo per l'applicazione del suddetto articolo in materia di accesso alle tecniche eterologhe di procreazione artificiale a fini di fecondazione in vitro (cfr. S.H. ed altri contro Austria [GC], ricorso n. 57813/00, § 82, CEDU 2011);
   allo stato attuale, altri casi di contenzioso sullo stesso thema disputandum sono pendenti innanzi alla Corte: Laborie contro Francia (n. 44024/13); Foulon contro Francia (n. 9063/14); Bouvet contro Francia (n. 10410/14);
   in data 9 aprile 2014; sul tema della maternità surrogata e della fecondazione eterologa e, dunque, sulla legge n. 40 che ne vieta la pratica si è pronunciata anche la Corte Costituzionale che, adita dai tribunali di Milano, Firenze e Catania – che hanno sollevato, in riferimento agli articoli 3 Cost. (tutte e tre le ordinanze), 2, 31 e 32 Cost. (Milano e Catania), nonché (tribunale di Milano) agli articoli 29 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli articoli 8 e 14 CEDU, questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (tutte le ordinanze) e degli articoli 9, commi 1 e 3, limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3», e 12, comma 1, della legge 40 del 2004 (Milano e Catania) – ne ha sancito la parziale incostituzionalità (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 162/2014);
   nel nostro ordinamento, al pari di quello di altri Paesi in cui le pratiche della fecondazione eterologa e della maternità surrogata sono già da tempo consentite e disciplinate dalla legge, trova oggi pieno riconosciuto il principio della «responsabilità procreativa» che, posto prioritariamente a tutela dell'interesse prevalente del bambino (uno tra i principi sanciti dalla Convenzione internazionale di New York del 20 novembre 1989 sui diritti dell'infanzia), fonda le norme del codice civile che pongono limiti all'azione di disconoscimento della paternità (cfr. articoli 235 e 244 del codice civile) esperibile solo a determinate condizioni e soggetta a decadenza, e che determina in questi casi la preminenza del principio di autoresponsabilità su quello di derivazione biologica quale criterio di attribuzione della paternità;
   la procedibilità del delitto di «realizzazione della maternità surrogata» previsto e punito dall'articolo 12, comma 6, della legge, 40 del 2004, ammesso che sia contestabile alle coppie di genitori che si recano all'estero per avere un figlio con la tecnica vietata in Italia, necessita, in quanto «delitto comune commesso dal cittadino all'estero», della formulazione della richiesta del Ministero della giustizia in osservanza della previsione di cui all'articolo 9, comma 2, del codice penale;
   il suddetto reato risulta essere stato contestato, secondo recenti notizie di stampa, ad entrambi i componenti di una coppia (lui italiano, lei russa);
   alla luce dei dati e delle argomentazioni che precedono, le indicazioni contenute nel documento MAE02266642011-08-11 appaiono all'interrogante superate e contrastanti con i consolidati arresti giurisprudenziali sia nazionali che internazionali in precedenza richiamati che, al contrario, ne richiamati suggeriscono la revoca o, quantomeno, la rettifica dei contenuti;
   ciò è suggerito dalla necessità di evitare che il prescritto obbligo per le rappresentanze di dare opportuna informazione delle particolari circostanze della nascita al comune e alla procura della Repubblica si riveli una meccanica, indiscriminata e diseconomica apertura di indagini preliminari a carico di soggetti per i quali anticipatamente si conosce l'esito dell'archiviazione, di non doversi procedere o di assoluzione, nonché un ulteriore motivo di ingolfamento delle procure italiane che, in ultima analisi, espone lo Stato al rischio di disperdere incontrollatamente risorse economiche e umane, nonché di subire ulteriori condanne per violazione della CEDU e di risarcimento danni a favore delle coppie di cittadini coinvolti in tale pratiche –:
   se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia già provveduto a revocare o modificare il documento MAE02266642011-08-11;
   se il Ministro della giustizia sia a conoscenza del numero di istanze a procedere formulate ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del codice penale presentate per assolvere alla condizione di procedibilità per delitti di cui all'articolo 14, comma 6, della legge 40 del 2004 commessi dai cittadini italiani all'estero nonché delle risorse economiche e umane impiegate per lo svolgimento delle indagini preliminari e, ove celebrato, del successivo giudizio di merito;
   se il Governo non ritenga che la contestazione del reato a cittadini stranieri, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del codice penale, oltre ad essere impropria, possa provocare problemi di carattere diplomatico/internazionale;
   se il Ministero della giustizia abbia ponderato, per quanto di competenza, gli effetti dell'accoglimento di tali istanze ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del codice penale sulle coppie che hanno una gravidanza surrogata in corso, nonché sul concepito. (5-07171)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

procreazione artificiale

Convenzione europea dei diritti dell'uomo

violazione del diritto comunitario