ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/05529

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 422 del 06/05/2015
Firmatari
Primo firmatario: SOTTANELLI GIULIO CESARE
Gruppo: SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Data firma: 06/05/2015


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 06/05/2015
Stato iter:
07/05/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RINUNCIA ILLUSTRAZIONE 07/05/2015
Resoconto SOTTANELLI GIULIO CESARE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
 
RISPOSTA GOVERNO 07/05/2015
Resoconto ZANETTI ENRICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
REPLICA 07/05/2015
Resoconto SOTTANELLI GIULIO CESARE SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 07/05/2015

SVOLTO IL 07/05/2015

CONCLUSO IL 07/05/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-05529
presentato da
SOTTANELLI Giulio Cesare
testo di
Mercoledì 6 maggio 2015, seduta n. 422

   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
   il quadro «VC – Esportatori e operatori assimilati – Acquisti e importazioni senza applicazione dell'IVA», contenuto nel Modello della dichiarazione annuale IVA, deve essere compilato dai contribuenti che si sono avvalsi della facoltà, prevista per i soggetti che effettuano cessioni all'esportazione, operazioni assimilate e/o servizi internazionali e operazioni intracomunitarie, di acquistare beni o servizi e importare beni senza applicazione dell'IVA;
   il quadro va compilato secondo quanto previsto dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 2001, il quale prevede che i soggetti che si avvalgono della facoltà di effettuare acquisti senza applicazione d'imposta, in quanto esportatori abituali, indichino «... in un apposito prospetto della dichiarazione annuale Iva, autonoma o unificata, distintamente per mese l'ammontare delle esportazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, delle operazioni assimilate e delle operazioni comunitarie effettuate e quello degli acquisti e delle importazioni fatte senza pagamento dell'imposta ai sensi della lettera c) del medesimo comma primo dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, risultante dalle relative fatture e bollette doganali ...»;
   con consolidato indirizzo giurisprudenziale, in relazione alla rilevanza per l'erario del comportamento concludente tenuto dal contribuente, la Suprema Corte ha ormai accolto la tesi per cui la facoltà di esercitare l'opzione di determinati regimi in relazione alle imposte sui redditi o all'IVA, nonché delle modalità di tenuta delle scritture contabili, non è subordinata all'adozione di forme particolari, ben potendosi desumere dal contegno del soggetto, purché concretamente verificabile sin dall'inizio del periodo d'imposta (oppure dell'attività);
   non è dunque il solo dato testuale dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997 a tutelare la semplificazione dei rapporti fra Fisco e contribuente, ma anche la progressiva perdita di rilevanza di tutti gli adempimenti che, ancorché strumentali al corretto funzionamento del rapporto giuridico d'imposta, si rilevano puramente formali e, se omessi, non ostativi per l'attività di accertamento e verifica delle imposte, dato che, come anche rilevato dai Giudici di legittimità, «... in virtù dell'articolo 4, legge 21 novembre 2000, n. 342, l'articolo 1, decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, che ha radicalmente innovato la disciplina delle opzioni, dando esclusiva rilevanza al comportamento “concreto” del contribuente, è applicabile anche ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente stesso anteriormente all'entrata in vigore di detto decreto ...» (Cass., sent. N. 7011 dell'8 maggio 2003);
   inoltre, la Corte di Cassazione, in particolare, con l'Ordinanza n. 9028 del 2011, ha stabilito la legittimità degli acquisti non imponibili IVA oltre i limiti del plafond anche in mancanza della compilazione del quadro VC della dichiarazione IVA, qualora a contabilità obbligatoria dell'azienda sia uniforme al regime scelto, essendo il contribuente ammesso a esercitare le opzioni relative al regime dell'IVA anche attraverso comportamenti concludenti: è stata, così, accolta la tesi del contribuente secondo cui le opzioni riguardanti il regime dell'IVA possono essere manifestate mediante comportamenti concludenti, coerenti e adeguatamente uniformati alla tenuta della contabilità obbligatoria;
   sulla fattispecie risultano pendenti diversi contenziosi, non solo contro l'orientamento, ormai consolidato, della giurisprudenza di legittimità, ma anche contro la stessa prassi dell'amministrazione finanziaria che, con la circolare 27 agosto 1998, n. 209, esplicativa del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997, specifica le nuove modalità di esercizio delle opzioni e delle revoche di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili, chiarendo che, mentre prima la validità dell'opzione era basata esclusivamente sulla formalità della comunicazione fatta all'ufficio, in base alla nuova disciplina la comunicazione non rileva più ai fini della validità dell'opzione ma la sua omissione comporta riflessi esclusivamente ai fini sanzionatori: a tal fine viene data esclusiva rilevanza al comportamento concreto del contribuente, precisando che l'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente stesso o dalla modalità di tenuta delle scritture contabili e che la validità dell'opzione e della revoca è subordinata esclusivamente alla sua concreta attuazione sin dall'inizio dell'anno o dell'attività; a tale riguardo per «comportamento concludente» si intende l'effettuazione da parte del contribuente di adempimenti che presuppongono inequivocabilmente la scelta di un determinato regime, osservandone i relativi obblighi, in luogo di quello operante come regime di base, ferma ovviamente restando la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi per avvalersi del regime opzionale;
   per effetto dell'attuale normativa è dunque venuta meno la tesi, relativa alla precedente disciplina legislativa, in base alla quale le opzioni che il contribuente è chiamato ad effettuare nella dichiarazione fiscale, in ordine al regime contabile o di determinazione di un'imposta, hanno natura di negozio unilaterale e, in quanto tali, sono assoggettate, ai sensi dell'articolo 1324 del codice civile, alle norme sui contratti (con la conseguenza che l'errore commesso nel loro esercizio è rettificabile solo qualora sia essenziale e riconoscibile);
   successivamente all'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997 e alla sua norma di interpretazione autentica si sono infatti andati affermando, per la loro aderenza al nuovo assetto normativo, i principi, in base ai quali:
    a) l'opzione e la revoca di regimi speciali di determinazione delle imposte dirette e dell'Iva o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o le modalità di tenuta delle scritture contabili;
    b) la loro validità, in base all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997, è subordinata unicamente alla loro concreta attuazione sin dall'inizio dell'anno o dell'attività;
   con la citata ordinanza n. 9028/2011, la Cassazione ha chiarito che il giudice (e prima di lui l'amministrazione) deve rilevare l'effettiva ricorrenza dei comportamenti concludenti idonei ad asseverare l'intervenuta opzione per il regime di esportatore abituale e che dunque il beneficio in tema di esportazioni spetta anche se il contribuente non ha compilato il quadro VC della dichiarazione IVA, trattandosi di un mero inadempimento formale che non incide sul regime di esonero concretamente scelto ma determina, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, l'irrogazione di una sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.065;
   pur essendo l'omessa compilazione del quadro VC della dichiarazione IVA irrilevante ai fini dell'efficacia del regime di esonero dall'applicazione dell'imposta, occorre comunque che sul lato sostanziale, per la spettanza del regime di esonero, ricorrano le seguenti condizioni:
    a) che il contribuente goda effettivamente dello status di esportatore abituale, ovvero soddisfi i requisiti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, avendo effettuato, nell'anno solare precedente (plafond fisso), oppure negli ultimi dodici mesi (plafond mobile), un ammontare di esportazioni, o altre operazioni rilevanti con l'estero, superiore al 10 per cento del volume d'affari;
    b) che il contribuente abbia predisposto e inviato al proprio fornitore, prima dell'effettuazione dell'operazione, la dichiarazione di intenti, in duplice esemplare, su modello conforme a quello approvato con decreto ministeriale 6 dicembre 1986, al fine di attestare, sotto la propria responsabilità, la qualifica di cui al punto precedente, e richiedere la non applicazione dell'Iva, a norma dell'articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   inoltre, circa gli adempimenti che fanno carico al fornitore, l'articolo 1, commi 381/385, della legge n. 311 del 2004, ha istituito l'obbligo, per i soggetti che ricevono le dichiarazioni d'intento dai loro clienti «esportatori abituali», di comunicare in via telematica all'Agenzia delle entrate i dati delle dichiarazioni entro il giorno 16 del mese successivo e, in caso di inottemperanza, sono previste gravose sanzioni (dal 100 al 200 per cento dell'imposta non applicata), con responsabilità solidale per il pagamento dell'imposta eventualmente evasa dal cliente in conseguenza della dichiarazione d'intento infedele (articolo 7 del decreto legislativo n. 471 del 1997);
   l'Agenzia delle entrate dovrebbe sempre effettuare, prima di dar adito a defatiganti contenziosi, una valutazione di opportunità della prosecuzione dello stesso, con proiezione prospettica del probabile esito del contenzioso sulla base della giurisprudenza, in particolare di legittimità –:
   se, alla luce di quanto sopra esposto, considerato che il contenzioso tributario in esame, coltivato da molti uffici dell'Agenzia delle entrate è destinato alla soccombenza, con probabile condanna alle spese e dunque ulteriore danno per le casse erariali, l'Agenzia intenda finalmente abbandonare, con direttive espresse, la prosecuzione dei suddetti contenziosi, senza far rispondere di violazione sostanziale anche chi, oltre a godere di tutti i requisiti per il regime di esportatore, ha comunque trasmesso la dovuta dichiarazione e posto in essere comportamenti concludenti non contestati, né contestabili.
(5-05529)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 7 maggio 2015
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-05529

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame gli interroganti assumono che la facoltà di optare per determinati regimi in relazione alle imposte sui redditi o all'IVA non è subordinata all'adozione di forme particolari, ben potendosi desumere la scelta dal comportamento «concludente» del soggetto, purché concretamente verificabile.
  A conforto di quanto assunto gli interroganti rilevano che la Corte di Cassazione avrebbe chiarito che nel caso di cui trattasi gli adempimenti imposti al contribuente sono da ritenersi puramente formali e, quindi, l'eventuale omissione degli stessi non appare ostativa per l'attività di accertamento e verifica delle imposte.
  Al riguardo, viene evidenziato che la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 9028 del 2011 ha sancito la legittimità degli acquisti senza applicazione dell'IVA da parte dei soggetti che effettuano cessioni all'esportazione, operazioni assimilate e servizi internazionali ed operazioni intracomunitarie (c.d. esportatori abituali), oltre i limiti del plafond, anche in mancanza della compilazione del quadro VC, contenuto nella dichiarazione annuale IVA, qualora la contabilità obbligatoria dell'azienda sia conforme al regime prescelto.
  Gli interroganti rilevano, altresì, come sulla questione siano pendenti diversi contenziosi, aventi ad oggetto non solo la citata interpretazione giurisprudenziale delle Suprema Corte, ma anche quella fornita in proposito dalla stessa prassi dell'Amministrazione finanziaria, la quale, con circolare 27 agosto 2009, n. 209, esplicativa del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, ha specificato le nuove modalità di esercizio delle opzioni, precisando che, alla luce della nuova disciplina, la comunicazione della scelta all'Ufficio non assume più rilevanza ai fini della validità dell'opzione bensì a fini puramente sanzionatori, dovendosi, quindi, a tale scopo, attribuire rilievo esclusivamente al comportamento concludente del soggetto.
  Gli interroganti, infine, chiedono che l'Agenzia delle Entrate abbandoni il contenzioso pendente in materia.
  In proposito, sentita l'Agenzia delle Entrate, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, occorre far notare come per la fattispecie evidenziata vada valutato attentamente, caso per caso, anche il comportamento del fornitore dell'esportatore abituale.
  Secondo la disciplina in vigore prima del 1o gennaio 2015, infatti, il fornitore doveva comunicare i dati delle dichiarazioni d'intento ricevute dall'esportatore abituale.
  Quindi:
   a) se il fornitore aveva comunicato correttamente le dichiarazioni d'intento, l'Agenzia aveva effettivamente i dati necessari a controllare eventuali abusi e quindi si può effettivamente propendere per la prevalenza della forma sulla sostanza e non recuperare l'imposta (valutando l'applicazione delle sanzioni che, comunque, anche sulla base della giurisprudenza richiamata, non sembra essere messa in dubbio);
   b) se, invece, le dichiarazioni d'intento non erano state trasmesse, le operazioni poste in essere possono nascondere finalità elusive, se non addirittura fraudolente. In questi casi non sembrerebbe percorribile l'abbandono generalizzato del contenzioso, dovendosi propendere per una attenta valutazione di ciascun singolo caso.

  Dal 1° gennaio 2015, con l'entrata in vigore della nuova disciplina delle lettere d'intento dettata dall'articolo 20 del decreto semplificazioni (decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175), è operativa la seguente nuova procedura:
   l'esportatore che intende effettuare acquisti o importazioni usufruendo del regime di non imponibilità Iva deve, preventivamente, segnalare all'Agenzia delle Entrate i dati contenuti nella dichiarazione d'intento, che poi consegna al proprio fornitore di beni (o prestatore di servizi), assieme alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Amministrazione finanziaria;
   il fornitore, a sua volta, potrà effettuare l'operazione senza applicare l'Iva soltanto dopo aver riscontrato telematicamente l'avvenuta comunicazione alle Entrate, pena l'applicazione di una sanzione pecuniaria dal 100 al 200 per cento dell'imposta. Successivamente, nella dichiarazione annuale Iva, dovrà riepilogare i dati delle operazioni effettuate nei confronti dei singoli esportatori abituali.

  Quindi la nuova disciplina contempera due esigenze: semplificare le procedure per le imprese e assicurare un puntuale riscontro all'Agenzia di tutte le operazioni effettuate a fronte delle lettere d'intento. Al riguardo, è opportuno segnalare che consistenti frodi sono state effettuate utilizzando lettere d'intento emesse in violazione della vecchia normativa.
  In conclusione, anche a supporto di una scelta a favore di una valutazione caso per caso dell'abbandono del contenzioso pendente in materia, l'Agenzia rileva che non solo la Cassazione, ma anche la Corte di Giustizia EU (Corte di ultima istanza in materia di Iva), ha più volte ribadito il concetto che «la detrazione dell'IVA a monte dev'essere accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi. La soluzione può essere diversa se la violazione di tali requisiti formali abbia l'effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (vedere per analogia, sentenza del 29 settembre 2007, Collée, C-146/05, Racc. pag. 1-7861, punto 31)» (Sentenza del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria C-284/11).
  Per completezza, infine, l'Agenzia rappresenta che dall'esame della banca dati del contenzioso tributario è emerso un numero limitato di controversie pendenti sulla specifica questione e che, anche nella giurisprudenza di legittimità, non risultano ulteriori pronunce rispetto a quella citata dagli interroganti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

IVA

esportazione

contribuente