ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/03495

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 284 del 05/09/2014
Firmatari
Primo firmatario: RICCIATTI LARA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 05/09/2014


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 05/09/2014
Stato iter:
15/10/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 15/10/2014
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO VICE MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 15/10/2014
Resoconto RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 05/09/2014

DISCUSSIONE IL 15/10/2014

SVOLTO IL 15/10/2014

CONCLUSO IL 15/10/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-03495
presentato da
RICCIATTI Lara
testo di
Venerdì 5 settembre 2014, seduta n. 284

   RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   i prodotti Made in Italy vengono indicati ormai da tempo come una delle risorse strategiche per rilanciare l'economia del nostro Paese;
   il nostro sistema produttivo, eccezion fatta per pochi grandi gruppi industriali, è principalmente costituito da piccole e medie imprese, soprattutto nel settore manifatturiero;
   la rilevante contrazione della domanda interna ha spinto moltissime delle nostre imprese manifatturiere – che come detto sono sovente di piccole o medie dimensioni – ad intraprendere la via dell'internazionalizzazione;
   diverse le insidie incontrate dalla nostra classe imprenditoriale nell'affacciarsi su mercati esteri: in primis l'instabilità nelle relazioni con alcuni Paesi che rappresentano mercati primari per l'esportazione, a causa delle complessità dell'attuale quadro geopolitico. In secondo luogo l'aggressiva attività di contraffazione di molti dei nostri prodotti, soprattutto in aree come il Far East;
   negli ultimi anni il Parlamento italiano ha sviluppato una intensa attività normativa in relazione alla tutela del Made in Italy, in particolare la legge n. 99 del 2009, meglio nota come «legge sviluppo» che ha introdotto importanti requisiti per la tutela della proprietà industriale e del Made in Italy, riformulando alcuni articoli del codice penale; il decreto n. 166 del 2009, che prevede l'uso della dicitura «interamente realizzato in Italia» o «100 per cento Made in Italy» solamente per quei prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano; la legge n. 55 del 2010, che ha introdotto disposizioni in materia di commercializzazione di prodotti tessili, di pelletteria e di calzature; la legge n. 8 del 2013 ha dettato le nuove regole per la definizione, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti di cuoio, pelle e pelliccia, e prevede che, per i prodotti ottenuti da lavorazioni in Paesi esteri che comunque utilizzano la dicitura italiana dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia», l'etichetta debba indicare lo Stato di provenienza; la legge n. 4 del 2011, che individua nell'indicazione in etichetta del luogo di origine del prodotto lo strumento idoneo ad informare correttamente il consumatore;
   nonostante tale attività legislativa, permangono diverse criticità nel raccordo tra le norme di diritto interno e quelle di diritto comunitario;
   il 13 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato due proposte di regolamento sulla sicurezza dei prodotti. La prima proposta riguarda la sicurezza dei prodotti di consumo ottenuti, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea, mediante un processo di fabbricazione e prevede norme volte ad assicurare la tracciabilità mediante l'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine. La seconda proposta riguarda la sorveglianza del mercato dei prodotti e punta ad un maggiore ed efficace coordinamento tra le autorità di sorveglianza;
   il Parlamento europeo, in data 15 aprile 2014, ha approvato le norme per rendere obbligatorie le etichette «Made in» sui prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario;
   tuttavia, come riporta l'autorevole quotidiano economico Il Sole 24 Ore – in un articolo del 5 agosto 2014, a firma della giornalista Laura Cavestri – «alcuni Paesi tradizionalmente contrari al “Made in” (tra questi vi sono Germania, Regno Unito e un pool di Stati nordici e scandinavi) avrebbero presentato alla Commissione Ue (precisamente alla Direzione generale Industria) una richiesta di valutazione di impatto su costi e benefici che deriverebbero dall'imposizione su tutti i prodotti europei di un'etichetta che ne identifica origine e provenienza», richiesta che dovrebbe avere l'effetto di un ulteriore slittamento della direttiva, ed in ogni caso oltre il semestre di Presidenza italiano della Ue;
   il 7 luglio 2014, la Camera dei deputati ha discusso ed approvato alcune mozioni relative ad «iniziative per la tutela del Made in Italy», tra le quali la mozione Fratoianni ed altri n. 1-00525, che impegnava il Governo ad adottare con urgenza una serie di provvedimenti volti ad aumentare gli strumenti di tutela e promozione del Made in Italy –:
   quali atti di propria competenza intenda adottare il Ministro interrogato, anche presso le competenti sedi europee, per potenziare i sistemi di vigilanza e di repressione dei fenomeni di contraffazione;
   quali iniziative intende promuovere, nel contesto della Presidenza italiana dell'Unione europea, per far approvare in via definitiva le disposizioni del regolamento del «Made in» già approvate dal Parlamento europeo in data 15 aprile 2014.
(5-03495)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 15 ottobre 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione X (Attività produttive)
5-03495

  Sulla tutela del made in Italy segnalo preliminarmente che l'obbligo di indicazione di origine (cosiddetto «Made in») per tutti i prodotti è disciplinato all'articolo 7 della proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo.
  Il Ministero dello Sviluppo Economico ha sempre sostenuto tale orientamento nella convinzione che l'indicazione di origine obbligatoria sia un tema cruciale per la sicurezza dei prodotti e per il corretto funzionamento del mercato interno andando a colmare un vuoto legislativo a livello europeo.
  Infatti, l'indicazione del Paese di origine contribuisce a:
   migliorare la tracciabilità del prodotto a beneficio delle autorità di sorveglianza del mercato;
   rafforzare la fiducia dei consumatori nei confronti del mercato interno;
   favorire il contrasto alle false indicazioni di origine;
   rafforzare la competitività delle produzioni europee;
   stabilire regole condivise e parità di condizioni tra gli operatori economici europei e non europei (level playing field), nel rispetto degli accordi WTO.

  La tracciabilità del prodotto nella catena di fornitura è un aspetto fondamentale del citato Regolamento sulla sicurezza. In ragione della complessità crescente della distribuzione delle produzioni nell'economia globalizzata, nonché per le crescenti importazioni dai Paesi emergenti, risulta urgente la messa in atto di meccanismi efficaci di tracciabilità di origine per poter garantire l'effettiva sicurezza dei prodotti.
  L'indicazione di origine facilita, infatti, l'identificazione del luogo effettivo di produzione in tutti quei casi in cui non è possibile rintracciare tale informazione (o perché il fabbricante non è contattabile o perché l'informazione non è reperibile – per esempio a causa dell'assenza della confezione del prodotto). Si tratta, inoltre, di un'informazione complementare a beneficio delle autorità di vigilanza del mercato che potranno rafforzare la loro azione attraverso la cooperazione con le autorità del Paese di origine nel quadro della cooperazione bilaterale o multilaterale, anche utilizzando il sistema Rapex – Sistema comunitario di informazione rapida sui prodotti non alimentari – (sull'esempio del Rapex China project).
  I consumatori, grazie all'indicazione di origine, potranno beneficiare di un'informazione che ne rafforzerebbe la fiducia: sia per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, che per quanto riguarda la trasparenza del mercato. Potranno, inoltre, trarre beneficio dai vantaggi associati alle produzioni europee in termini di elevati standard di sicurezza e qualità dei prodotti e di standard sociali e ambientali.
  Con riferimento alla competitività delle produzioni europee, occorre evidenziare anche che l'indicazione di origine è obbligatoria nelle legislazioni di diversi partner dell'Unione europea quali USA, Cina, Giappone e altri (che rappresentano grandi mercati per i prodotti europei). Pertanto, l'introduzione dell'indicazione di origine all'interno del citato Regolamento porrà l'Unione in linea con i modelli commerciali internazionali. In tal modo, sarà stabilita la parità di condizioni per gli operatori economici in un regime di reciprocità e sarà favorita una concorrenza basata su regole comuni (level playing field).
  La previsione di medesimi obblighi di indicazione di origine per i prodotti UE ed extra UE evidenzia la natura non protezionistica dell'articolo 7, rendendolo compatibile con le regole del WTO.
  L'indicazione di origine riveste, dunque, una valenza economica per la competitività dei prodotti europei che saranno chiaramente identificabili sui mercati – sia interni che esteri – e potranno essere scelti più agevolmente dai consumatori.
  Tale valenza è rafforzata dal fatto che l'indicazione di origine favorisce anche il contrasto alle false indicazioni di origine sui prodotti – fenomeno che colpisce duramente le produzioni europee e in particolare alcuni settori manifatturieri – attraverso controlli più stringenti legati alla verifica delle disposizioni normative e basati su un quadro legislativo chiaro e comune a tutti gli Stati membri. Si andrebbe così a colmare un'assenza di armonizzazione a livello europeo sul tema del controllo delle pratiche commerciali sleali in relazione al «Made in».
  La proposta di Regolamento ha ricevuto la sua approvazione dal Parlamento europeo nella Plenaria dello scorso 15 aprile, confermando così il voto della Commissione parlamentare Mercato Interno (IMCO) del 17 ottobre 2013.
  Nel corso dell'esame in Consiglio, si sono invece venuti a contrapporre due fronti diversi sul tema dell'articolo 7: i Paesi favorevoli (tra cui Italia e Francia) e i Paesi contrari (in primis la Germania).
  In questa sede, la Presidenza di turno greca non è riuscita a mediare una posizione di compromesso tra i due gruppi di Paesi.
  La proposta di regolamento, tornata ora al Consiglio per l'approvazione definitiva, rientra tra i temi di interesse primario del Governo italiano nel Semestre di Presidenza italiana dell'UE.
  Nel dossier «Pacchetto Sicurezza Prodotti», che ha, anch'esso, rilevanza prioritaria per il Governo italiano, l'articolo 7 costituisce un elemento di blocco per la sua definitiva adozione. Infatti, come sopra evidenziato, su tale articolo vi è una forte opposizione da parte della Germania alla quale si associano altri 16 Stati tra cui il Regno Unito; tra le motivazioni dell'opposizione tedesca vi è anche quella della mancata valutazione d'impatto che l'adozione dell'articolo 7 comporterebbe.
  A sostegno del forte interesse della Presidenza Italiana affinché il regolamento venga approvato nell'ambito del semestre a propria guida, il 16 settembre scorso la stessa Presidenza ha convocato – dopo quasi un anno – il Gruppo di lavoro Consumatori, che ha esaminato il testo approvato in prima lettura dal Parlamento.
  Per dare risposta alla richiesta unanime dei membri del Gruppo di acquisire nuovi elementi di analisi utili a facilitare la prosecuzione dei lavori a livello tecnico, la Presidenza ha chiesto alla Commissione europea uno studio di analisi sull'impatto dell'articolo 7, che la Commissione si è detta disponibile a realizzare in tempi stretti (cfr. Messaggio della Rappresentanza Permanente d'Italia presso la UE, prot. 9417 del 29/9/2014).
  L'auspicio è che il dibattito a livello Comunitario dia un esito positivo affinché le aziende che producono «Made in Italy», possano trarre beneficio dalla salvaguardia da imitazioni e contraffazioni, da parte di prodotti di qualità inferiore, prodotti all'estero.
  Sul fenomeno della contraffazione, invece, va sottolineato che è un fenomeno pervasivo, esteso ormai a tutti i settori produttivi e caratterizzato da una specializzazione territoriale e anche da flessibilità rispetto a mutevoli esigenze di mercato. È certamente un fenomeno globale, nella produzione e nei consumi, tanto che a livello internazionale si stima che il valore dei prodotti contraffatti commercializzati nel mondo possa arrivare entro il 2015 a 960 miliardi di dollari.
  Inoltre, va evidenziato che la contraffazione è dominata dalla criminalità organizzata. Ritengo che, anche alla luce di queste caratteristiche, si debba considerare che le conseguenze economiche e anche sociali del fenomeno sono rilevanti e conseguentemente cercare di mettere in campo tutti gli strumenti e le pratiche di contrasto.
  A questo scopo, nel 2011 è stato costituito, come noto, il Consiglio nazionale anticontraffazione, che ha sede presso il Ministero dello sviluppo economico, che riunisce tutti gli operatori del sistema anticontraffazione italiano.
  Il Consiglio nazionale anticontraffazione (CNAC), che è l'organismo interministeriale con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento strategico delle iniziative intraprese da ogni amministrazione in materia di lotta alla contraffazione, ha dodici membri, quindi è un Comitato interministeriale particolarmente ampio. Vi partecipano undici Ministeri – sviluppo economico, economia e finanze, affari esteri, difesa, politiche agricole, interno, giustizia, beni e attività culturali, lavoro e politiche sociali, salute e funzione pubblica – più l'ANCI, l'Associazione nazionale dei comuni italiani.
  Il CNAC ha predisposto un piano nazionale anticontraffazione che si sostanzia di un quadro strategico per la lotta a tale fenomeno e ne indica gli indirizzi per orientare anche l'azione delle amministrazioni.
  Il Piano nazionale anticontraffazione ha indicato sostanzialmente sei ambiti prioritari in materia di lotta alla contraffazione; comunicazione, informazione e formazione destinate ai consumatori: enforcement; rafforzamento dei presidi territoriali; lotta alla contraffazione via internet (segno dei tempi); formazione alle imprese in tutela della proprietà industriale; tutela del made in Italy dai fenomeni di usurpazione all'estero.
  Altro filone di ricerca riguarda il numero dei sequestri di prodotti contraffatti compiuti in Italia. Ad oggi ammontano a circa 335 milioni i prodotti sequestrati per contraffazione da Agenzia delle dogane e Guardia di finanza nel periodo 2008-2013, in circa 100 mila sequestri, per un valore stimato di quasi 3,8 miliardi. Attraverso la banca dati IPERICO (Intellectual Property – Elaborated Report of the Investigation on Counterfeiting), vista l'importanza di monitorare al meglio questo fenomeno attraverso una visione integrata a livello sia nazionale che europeo e globale, vengono raccolti e armonizzati i dati sulle attività di contrasto dei diversi corpi preposti, quindi Guardia di finanza. Agenzia delle dogane. Carabinieri, Polizia di Stato, polizie locali, e anche i dati relativi a diverse tipologie di illeciti, dalla contraffazione alla pirateria, alla violazione in materia di made in Italy, e la normativa sulla sicurezza dei prodotti.
  Infine, con un'apposita convenzione stipulata in data 6 dicembre 2013, il Mise ha affidato all'Agenzia ICE la costituzione di quattro desk per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e di assistenza per gli ostacoli al commercio.
  I desk sono entrati in funzione, a maggio di quest'anno, presso gli Uffici dell'Agenzia ICE di Pechino, Mosca, Istanbul e New York.
  Le sedi sono state individuate sulla base della rilevanza commerciale del mercato e della diffusione del fenomeno della contraffazione oltreché della particolare difficoltà di accesso al mercato stesso. Il personale incaricato ha il compito di prestare assistenza ad aziende e associazioni italiane sulle problematiche e criticità specifiche sia della contraffazione che della tutela dei marchi.
  Il contatto diretto con importatori e distributori di prodotti italiani consentirà di monitorare gli aspetti di maggiore interesse per le imprese italiane.
  Per quanto attiene al fenomeno del cosiddetto «italian sounding», tipico della contraffazione nel settore agro-alimentare, merita ricordare come nell'ambito del Piano promozionale straordinario «Made in Italy» di cui all'articolo 30 del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 133, viene prevista la realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti proprio a contrasto del fenomeno.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica delle importazioni

denominazione di origine

relazioni internazionali