ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/03185

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 259 del 08/07/2014
Firmatari
Primo firmatario: RUOCCO CARLA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 08/07/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VILLAROSA ALESSIO MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE 08/07/2014
CANCELLERI AZZURRA PIA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE 08/07/2014
PESCO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 08/07/2014
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 08/07/2014
BARBANTI SEBASTIANO MOVIMENTO 5 STELLE 08/07/2014
PISANO GIROLAMO MOVIMENTO 5 STELLE 08/07/2014


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 08/07/2014
Stato iter:
09/07/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RINUNCIA ILLUSTRAZIONE 09/07/2014
Resoconto RUOCCO CARLA MOVIMENTO 5 STELLE
 
RISPOSTA GOVERNO 09/07/2014
Resoconto ZANETTI ENRICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
REPLICA 09/07/2014
Resoconto RUOCCO CARLA MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 09/07/2014

SVOLTO IL 09/07/2014

CONCLUSO IL 09/07/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-03185
presentato da
RUOCCO Carla
testo di
Martedì 8 luglio 2014, seduta n. 259

   RUOCCO, VILLAROSA, CANCELLERI, PESCO, ALBERTI, BARBANTI e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
   dai dati contenuti nella Relazione sul monitoraggio dello stato del contenzioso tributario e sull'attività delle Commissioni tributarie per l'anno 2013, trasmessa dal Ministero dell'economia e delle finanze con il comunicato stampa n. 145 del 16 giugno 2014, emerge che il 30,66 per cento dei giudizi in primo grado ed il 37,11 per cento dei giudizi in secondo grado, svoltisi innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, si sono conclusi con un esito completamente sfavorevole per l'amministrazione finanziaria; a formare tali percentuali di insuccesso, concorrono le numerose pretese impositive manifestamente illegittime o infondate: spesso, invero, si sente parlare di errore nella persona del contribuente; errore materiale nella determinazione dell'imponibile e liquidazione dell'imposta; duplicazione dell'imposta richiesta, ovvero pretese relative a tributi già versati a tempo debito dal contribuente ma che per difficoltà tecniche dell'amministrazione finanziaria o per meri errori materiali compiuti dai contribuenti nella redazione delle deleghe unificate (erronea indicazione dell'anno, del codice tributo, dell'ente impositore, del codice regione, dei codici relativi all'eventuale ravvedimento operoso, e altro) non risultano acquisiti dai relativi sistemi informativi; in tutti questi casi, dunque, il contribuente si trova costretto ad adire l'autorità giudiziaria al fine di rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dall'atto impositivo;
   tuttavia, non mancano i casi in cui, nonostante l'evidente illegittimità e infondatezza della pretesa, il contribuente non sempre è in grado di attivare i rimedi giurisdizionali e amministrativi che l'ordinamento mette a disposizione per la tutela delle proprie ragioni: ciò accade a causa del fatto che tanto i ricorsi giurisdizionali quanto il ricorso ai vari istituti deflattivi del contenzioso (reclamo, istanza di adesione, e altro) prevedono dei termini perentori spirati i quali l'azione è preclusa con conseguente definitività degli atti impositivi illegittimi; situazioni di infermità, anzianità, cambio temporaneo della dimora o residenza, difficoltà nel reperire la documentazione probatoria a distanza di anni, indisponibilità monetarie per procacciarsi i servizi di un professionista; tutte queste cause possono oggettivamente rendere difficoltoso adire le vie giurisdizionali nei termini prescritti senza, tuttavia, che da questo possa ritenersi giustificato l'arricchimento dell'erario che espone una indebita pretesa;
   in verità, per ovviare a simili fattispecie, l'ordinamento giuridico tributario ha già predisposto l'istituto dell'autotutela o «jus poenitendi» di cui alla legge n. 656 del 1994; l'autotutela consiste in un riesame del provvedimento di primo grado volto all'annullamento dello stesso, ove ne sussistano i presupposti; con essa, dunque, si riconosce al contribuente il diritto a non essere leso nella propria sfera patrimoniale, per effetto di provvedimenti illegittimi o infondati, che impongono il pagamento di somme non dovute o neghino il rimborso di somme indebitamente versate; per quanto riguarda le ipotesi in cui è possibile ricorre all'autotutela tributaria bisogna riferirsi, invece, a quanto espresso dall'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37; si tratta dei casi di: errore di persona; evidente errore logico o di calcolo; errore sul presupposto dell'imposta; doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti d'imposta, regolarmente eseguiti; mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza; sussistenza di requisiti per usufruire di deduzioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall'amministrazione; in tutti questi casi l'Amministrazione finanziaria è tenuta d'ufficio all'annullamento in autotutela dell'atto impositivo, e ciò in quanto alla base dell'istituto dell'autotutela risiedono comunque ragioni di pubblico interesse; in particolare, il principio costituzionale della capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione, secondo il quale al contribuente deve pagare non più di quanto dovuto in base alla propria effettiva capacità contributiva, ed il principio del buon andamento della pubblica amministrazione stabilito dall'articolo 97, che impone, tra le altre cose, anche la regola dell'economicità dell'azione amministrativa;
   con lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998 il Ministero delle finanze ha osservato, con riferimento al rimedio dell'autotutela, che «non vi è dubbio che una attenta e sistematica correzione degli errori eventualmente riscontrati nell'ambito di tali attività rappresenta non solo un modo per evitare pericolose deviazioni nell'applicazione delle leggi e il conseguente deterioramento del rapporto di fiducia fisco-contribuente ma anche per diminuire i costi del contenzioso e aumentare l'efficienza dell'amministrazione», precisando altresì che «l'esercizio corretto e tempestivo dell'autotutela viene considerato dall'amministrazione non certo come una specie di “optional” che si può attuare o non attuare a propria discrezione ma come una componente del corretto comportamento dei dirigenti degli uffici e quindi, come un elemento di valutazione della loro attività dal punto di vista disciplinare e professionale»; dello stesso avviso è la Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale, in presenza di errori nella pretesa dell'amministrazione, lo sgravio in via di autotutela è obbligatorio, in quanto anche l'Agenzia delle entrate, come tutta la pubblica amministrazione, ha il dovere di uniformarsi alle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione (sent. Corte Cass. n. 6283 del 20 aprile 2012);
   è discusso in dottrina se al sistema dell'autotutela tributaria risulti applicabile l'istituto del «silenzio-assenso» di cui alla legge n. 241 del 1990, come modificata dalla legge n. 15 del 2005, stante il quale, trascorso il termine di 90 giorni decorrente dalla data di presentazione dell'istanza da parte del contribuente, essa deve considerarsi accolta anche in assenza di pronuncia da parte dell'ufficio;
   l'eventuale inerzia dell'amministrazione finanziaria nell'emettere un atto in risposta all'istanza presentata del cittadino, inibisce a quest'ultimo la possibilità di esperire il ricorso presso la competente commissione tributaria, in quanto, per consolidata giurisprudenza di merito e di legittimità (Cassazione, sentenze 16776/2005 e 7388/2007), in materia di autotutela tributaria non è ammessa l'impugnazione del silenzio-rifiuto, con la conseguenza che il cittadino deve intraprendere, per vedersi riconosciuti i propri diritti, azioni giudiziarie ben più onerose per se stesso e per lo Stato –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di implementare il dovere dell'amministrazione finanziaria di pronunciarsi sempre, e con atto motivato, in tutti i casi di istanza di autotutela ovvero di estendere il principio del silenzio-assenso anche al suddetto istituto, onde garantirne la piena efficacia in ossequio alle regole di imparzialità, correttezza e buona fede che sovraintendono l'azione amministrativa. (5-03185)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 9 luglio 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-03185

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti analizzano i dati contenuti nella Relazione sul monitoraggio dello Stato del contenzioso tributario e sull'attività delle Commissioni tributarie per l'anno 2013, soffermandosi in particolare sulle percentuali di soccombenza dell'Amministrazione finanziaria.
  Ciò premesso, a parere degli onorevoli interroganti, è opportuno valorizzare l'istituto dell'autotutela tributaria di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, quale utile strumento di deflazione del contenzioso che consente all'Amministrazione finanziaria di poter correggere quegli errori e vizi che rendono la pretesa impositiva manifestamente illegittima ed infondata.
  Pertanto, gli onorevoli interroganti chiedono al Governo opportune iniziative normative volte a introdurre il dovere di pronunciarsi sempre con atto motivato a fronte di un'istanza di autotutela tributaria, oppure di estendere il principio del silenzio assenso anche con riferimento all'autotutela tributaria al fine di garantire la piena efficacia in ossequio ai principi di buona fede, correttezza ed imparzialità dell'azione amministrativa.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si evidenzia quanto segue.
  Preliminarmente, giova precisare che i dati indicati nell'interrogazione fanno riferimento al contenzioso di tutti gli Enti impositori e della riscossione (Agenzie Fiscali, Agenti della riscossione, Enti locali, eccetera).
  Per quanto concerne il contenzioso proprio dell'Agenzia delle entrate, dalle appendici statistiche del suddetto «Rapporto annuale» emerge che, per gli Uffici dell'Agenzia, settore Entrate, gli esiti totalmente sfavorevoli rappresentano il 28,33 per cento in Commissione Tributaria Provinciale e il 38,23 per cento in Commissione Tributaria Regionale; per gli Uffici del settore Territorio tali percentuali passano rispettivamente al 44,64 per cento in Commissione Tributaria Provinciale e al 37,72 per cento in Commissione Tributaria Regionale. Complessivamente le pronunce sfavorevoli all'Agenzia delle Entrate rappresentano in Commissione Tributaria Provinciale il 29,1 per cento e in Commissione Tributaria Regionale il 38,2 per cento.
  Deve inoltre aggiungersi che gli esiti pubblicati dal Dipartimento delle Finanze riguardano tutte le decisioni depositate presso le Commissioni Tributarie senza distinguere se siano passate in giudicato o meno. In base alle pronunce definitive, l'indice di vittoria numerico registrato dall'Agenzia nel 2013 è pari al 64,8 per cento, così distinto per i tre gradi di giudizio: 67,5 per cento in Commissione Tributaria Provinciale, 57,9 per cento in Commissione Tributaria Regionale e 55,8 per cento in Corte di Cassazione.
  Si tratta di risultati ancora lontani da un giudizio di piena soddisfazione che tenga conto della natura comunque fisiologica di una residuale percentuale di sconfitte rientrante nella normale alea del giudizio tributario, fermo restando che bisogna però ricordare anche che solo una percentuale minima degli atti complessivamente notificati dall'Agenzia delle entrate viene impugnata.
  In relazione a quanto affermato dagli onorevoli interroganti circa la presenza di termini perentori per la contestazione degli atti che «renderebbe difficoltoso adire le vie giurisdizionali ... », deve osservarsi che i termini previsti dalla legge per l'impugnazione degli atti e per l'esperimento dei vari istituti deflativi del contenzioso (come l'accertamento con adesione, il procedimento di mediazione eccetera) rispondono all'esigenza di certezza dei rapporti giuridici connaturata al concetto stesso di diritto ed espressione, tra l'altro, del principio costituzionale di buon andamento ed imparzialità della Pubblica amministrazione.
  La stessa Corte di Giustizia, con numerose pronunce (sentenza 9 febbraio 1999, causa C-343/96; cfr. anche sentenza 15 settembre 1998, causa C-231/96; sentenza 15 settembre 1998, cause riunite C-279/96, C-280/96 e C-281/96; sentenza 17 novembre 1998, causa C-228/96) ha stabilito che la fissazione di ragionevoli termini di ricorso a pena di decadenza, che costituisce l'applicazione del principio fondamentale della certezza del diritto, è legittima a condizione di non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti.
  Peraltro, l'ordinario termine di 60 giorni per l'impugnazione può essere di fatto differito di 90 giorni con la presentazione di un'istanza di accertamento con adesione laddove ne ricorrano i presupposti.
  Va ancora ricordato che l'istituto della mediazione tributaria di cui all'articolo 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernente l'impugnazione di atti dell'Agenzia delle entrate di valore fino a 20.000 euro, impone a quest'ultima di rispondere al reclamo del contribuente entro 90 giorni, prima dell'instaurazione del giudizio.
  Con riferimento all'obbligo di provvedere in autotutela, deve ribadirsi l'orientamento, riaffermato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sentenza 27 marzo 2007, n. 7388, in base all'istituto dell'autotutela è, per sua natura, un rimedio di carattere discrezionale e non coercibile.
  In senso conforme si è pronunciato il Consiglio di Stato, da ultimo, con sentenza 7 gennaio 2014, n. 12, secondo cui: «L'istanza di un privato volta ad ottenere l'esercizio dei poteri di autotutela non fa sorgere alcun obbligo di provvedere in capo all'Amministrazione competente, in quanto tale richiesta è da considerarsi una mera denuncia, con funzione sollecitatoria».
  Lo stesso legislatore, con l'articolo 21-novies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel disciplinare l'annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi illegittimi, ha previsto la facoltà, non l'obbligo, di annullamento d'ufficio, collegando tale facoltà alla ricorrenza del presupposti di cui al precedente articolo 21-octies.
  Infine è opportuno rappresentare che l'Agenzia delle entrate ha fornito precise indicazioni agli Uffici volte alla diminuzione della conflittualità nei rapporti con i contribuenti mediante il diffuso ricorso agli istituti deflativi del contenzioso e, in particolare, all'autotutela.
  In particolare, in relazione all'autotutela con la circolare 20 maggio 2010, n. 26/E vengono fornite precise indicazioni che di seguito si riportano: «Per quanto riguarda la gestione del contenzioso tributario, l'azione delle strutture territoriali deve dunque favorire l'utilizzo – qualora ne ricorrano i presupposti – dell'autotutela e della conciliazione giudiziale... Prima della predisposizione delle controdeduzioni, va pertanto valutato, previo esame dei motivi del ricorso, il grado o rating di sostenibilità della controversia, al fine di verificare l'eventuale esistenza dei presupposti per l'autotutela o la conciliazione giudiziale, totali o parziali». Analoghe indicazioni sono state fornite con le successive circolari 26 maggio 2011, n. 22/E, punto 2, 11 giugno 2012, n. 22/E, punto 1.2 e con diverse altre direttive.
  Il Governo valuterà l'opportunità di monitorare i flussi informativi concernenti il numero di istanze di autotutela accolte in rapporto al numero di quelle complessivamente presentate con particolare attenzione a quelle non accolte relativamente a casi sfociati successivamente in un contenzioso con esito favorevole al contribuente.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

contribuente

amministrazione fiscale

doppia imposizione

applicazione della legge

azione giudiziaria

rimborso