ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/02795

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 228 del 14/05/2014
Firmatari
Primo firmatario: CAPARINI DAVIDE
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE
Data firma: 14/05/2014


Commissione assegnataria
Commissione: IX COMMISSIONE (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 14/05/2014
Stato iter:
02/07/2014
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 14/05/2014

RITIRATO IL 02/07/2014

CONCLUSO IL 02/07/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-02795
presentato da
CAPARINI Davide
testo di
Mercoledì 14 maggio 2014, seduta n. 228

   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Rai spa è una società per azioni a totale partecipazione pubblica il cui capitale è detenuto per il 99,56 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 per cento dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE);
   l'articolo 2, comma 2, della legge n. 223 del 1990 «Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato» ha disposto che il servizio pubblico generale radiotelevisivo fosse affidato mediante concessione a una società per azioni a totale partecipazione pubblica identificata nella RAI – Radio audizioni italiane spa – riconoscendo, quindi, «preminente interesse generale» l'attività di diffusione di programmi radiofonici e televisivi, in linea con l'assetto normativo precedente;
   l'11 giugno 1995 un referendum abrogativo, proposto dalla Lega nord e dai Radicali, con il 54,9 per cento dei sì è stata disposta l'abrogazione del comma 2 del suddetto articolo 2 limitatamente alle parole «a totale partecipazione pubblica» e dell'articolo 1 del decreto-legge 19 ottobre 1992 n. 408, convertito, con la legge n. 483 del 1992 il quale attribuiva soltanto allo Stato il possesso delle azioni Rai. Di fatto, trasformando la natura stessa della RAI-Radiotelevisione italiana spa e aprendo al possibile ingresso dei privati nel capitale sociale dell'azienda e decretando così la fine di quanto previsto dalla legge del 1990;
   la Corte costituzionale, nella sentenza n. 7 del 1995 che ha dichiarato l'ammissibilità del referendum, ha ammesso che una partecipazione privata al capitale azionario della RAI non si porrebbe in contrasto «con la natura pubblica del servizio radiotelevisivo ovvero con il carattere di società di interesse nazionale riconosciuto, ai sensi dell'articolo 2461 del codice civile, alla concessionaria di tale servizio»;
   ad avviso della Corte, «Tali elementi possono, infatti, operare indipendentemente dalla qualità pubblica o privata dei soggetti titolari del capitale azionario, riguardando, invece, la specialità del complessivo regime giuridico del servizio pubblico esercitato tramite concessionaria: specialità connessa al raggiungimento di quei fini di interesse generale cui, in ogni caso, non può non ispirarsi lo svolgimento di tale servizio»;
   inoltre, nella sentenza n. 284 del 2002, la Corte costituzionale ha ribadito che il venir meno del monopolio statale non comporta il venir meno della giustificazione costituzionale del servizio pubblico radiotelevisivo, che risiede nella sua funzione specifica, volta a soddisfare il diritto all'informazione ed i connessi valori costituzionali, primo fra tutti il pluralismo, nonché a diffondere la cultura per concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese;
   la volontà popolare espressa con il referendum del 1995, finalizzata ad evitare la creazione di un monopolio pubblico nel settore del servizio pubblico radiotelevisivo, veniva successivamente recepita con la legge 3 maggio 2004, n. 112, la cosiddetta «legge Gasparri» – in attuazione della quale fu emanato il Testo unico della radiotelevisione – che ha previsto una serie di passaggi per trasformare la RAI in una public company ad azionariato diffuso, lasciando lo Stato come azionista di maggioranza;
   l'articolo 21 della suddetta legge n. 112 del 2004 intitolato «dismissione della partecipazione dello Stato nella Rai» stabiliva al comma 1 che «entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è completata la fusione per incorporazione della Rai spa nella società Rai-holding spa», specificando poi, al comma 2 che «per effetto dell'operazione di fusione di cui al comma 1, la società Rai-holding spa assume la denominazione sociale di Rai Radiotelevisione Italiana spa»;
   la medesima norma ha altresì sancito al comma 3 che «entro 4 mesi dalla data di completamento della fusione per incorporazione di cui al comma 1 è avviato il procedimento per l'alienazione della partecipazione dello stato nella Rai – Radiotelevisione italiana spa»;
   il 17 novembre 2004 è avvenuta la fusione per incorporazione della Rai holding spa con la Rai Radiotelevisione Italiana spa assumendo la denominazione sociale di «Rai Radiotelevisione Italiana spa»;
   il processo di privatizzazione non si è mai concluso e attualmente la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo è affidata, fino al 2016, alla RAI-Radiotelevisione italiana spa, così come stabilito dal comma 1 dell'articolo 49 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 «Testo unico della radiotelevisione»;
   il mancato inserimento della Rai nelle aziende da privatizzare di fatto finisce per eludere la gara obbligatoria per la concessione del servizio pubblico con le conseguenti responsabilità civili, patrimoniali e penali;
   è necessario intervenire sul mercato televisivo liberandolo dalle costrizioni e dalla regole ormai superate, cominciando a demolire quelle strutture politicizzate che difendono gli interessi di pochi a scapito della popolazione;
   da anni si chiede di mettere fine all'incomprensibile scelta di finanziare con soldi pubblici un'emittente che, nei fatti, opera in concorrenza con l'altra televisione generalista per scelte di programmazione, di audience e di vendita di contenuti;
   secondo l'interrogante occorre liberarsi del vecchio concetto che il servizio pubblico è della RAI. Il servizio pubblico è altra cosa, non è collegato al soggetto che lo fa, ma è l'oggetto stesso, quindi il contenuto –:
   per quale motivo la società pubblica Rai non sia stata inserita nell'elenco delle società da privatizzare, nonostante il popolo italiano si sia espresso in tal senso ed una legge dello Stato abbia previsto come obbligatoria tale privatizzazione;
   se non sia concorde che l'attuale trasformazione tecnologica deve necessariamente essere accompagnata anche da una trasformazione normativa, che renda il servizio radiotelevisivo italiano più efficiente e al passo con i tempi, anche intervenendo sull'assetto organizzativo e gestionale della concessionaria RAI, partendo proprio da una privatizzazione dell'azienda;
   se non ritenga che l'obiettivo debba essere quello di ripensare al ruolo che la televisione pubblica dovrebbe svolgere, alla sua missione e alle specifiche modalità di funzionamento. (5-02795)

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 1990 0223, RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA SPA

EUROVOC :

televisione

servizio pubblico

holding

intervento sul mercato

trasformazione tecnologica

societa' per azioni

referendum

capitale sociale