ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/02215

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 178 del 24/02/2014
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 24/02/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PRODANI ARIS MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2014
CRIPPA DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2014
MUCCI MARA MOVIMENTO 5 STELLE 24/02/2014
SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 04/03/2014


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 24/02/2014
Stato iter:
22/04/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/04/2014
Resoconto DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 22/04/2014
Resoconto RIZZETTO WALTER MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 24/02/2014

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 04/03/2014

DISCUSSIONE IL 22/04/2014

SVOLTO IL 22/04/2014

CONCLUSO IL 22/04/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-02215
presentato da
RIZZETTO Walter
testo presentato
Lunedì 24 febbraio 2014
modificato
Martedì 4 marzo 2014, seduta n. 182

   RIZZETTO, PRODANI, CRIPPA, MUCCI, SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
è noto che la normativa comunitaria e nazionale promuove lo sviluppo dell'energia da fonti rinnovabili prefiggendosi l'obiettivo di potenziare e razionalizzare il sistema per incrementare l'efficienza dell'energia alternativa, anche diminuendo gli oneri relativi alla realizzazione degli impianti da essa alimentati;
tuttavia, nell'ambito del settore delle energie rinnovabili, vengono adottati di frequente dei provvedimenti che invece di incentivare tali investimenti, come prevede la normativa, li scoraggia o addirittura, determina un danno attraverso l'addebitando di costi/oneri retroattivi per coloro che hanno già provveduto ad investire in queste tecnologie;
a riguardo, una questione sulla quale è necessario fare chiarezza concerne l'accatastamento degli impianti fotovoltaici;
da un articolo del Sole 24ore del 18 febbraio 2014, intitolato «Fotovoltaico sul tetto ? Per il Fisco vale come una stanza in più e va accatastato», si legge che in base alla circolare dell'Agenzia delle entrate, n. 36/E del 19 dicembre 2013, l'impianto fotovoltaico istallato sul tetto di un edificio è sottoposto all'obbligo di accatastamento se ha una potenza superiore ai 3,00 Kwp;
l'Agenzia delle entrate, dunque, sostiene che gli impianti devono essere considerati come una «appendice» dell'abitazione, il che ne comporta un aumento del valore e un aumento di tutte le imposte che hanno come base il valore catastale per chi procede al predetto virtuoso investimento;
i moduli fotovoltaici sono installati per abbattere i costi in bolletta ed il Governo pro tempore più volte aveva dichiarato di essere a favore della green economy, settore che va sostenuto anche per la creazione di nuovi posti di lavoro e il mantenimento di quelli attuali, tali fini è chiaro che si contrappongono al riconoscimento di ulteriori oneri, come quelli connessi all'accatastamento per gli impianti installati sulle coperture e/o pertinenze degli edifici al servizio di utenze domestiche o delle piccole e medie imprese;
generalmente, un impianto di 3,00 Kwp è quello che serve per coprire i consumi di una famiglia-tipo, tuttavia, molti proprietari hanno scelto di installare impianti più potenti, così da massimizzare i benefici, sicché, se l'estensione del tetto dell'abitazione lo consente, molti acquirenti hanno scelto potenze sino ai 6/12 Kwp di potenza installata (in media, 1,00 Kwp richiede circa 7 metri quadri di superficie);
nei predetti casi, ossia per gli impianti con potenza superiore a 3,00 Kwp, secondo l'Agenzia delle entrate, va verificato se la rendita catastale dell'unità immobiliare deve essere aggiornata ed, a riguardo, la circolare afferma che la variazione catastale è obbligatoria quando il valore dell'impianto supera il 15 per cento della rendita catastale;
l'Agenzia delle entrate, tra l'altro, nella circolare non ha chiarito attraverso quali procedure il proprietario dell'impianto possa accertare se il valore dello stesso superi o meno il 15 per cento della rendita catastale, posto che tale calcolo non può di certo essere effettuato dal proprietario stessa, ma da un tecnico abilitato, con l'aggiunta, quindi, di un'ulteriore spesa;
dunque, non solo non si specificano i criteri per valutare oggettivamente l'aumento della tariffa d'estimo catastale dovuta alla presenza dell'impianto fotovoltaico, ma, altresì, sul punto, non si considerano due ulteriori problematiche che renderebbero necessaria la rimodulazione della tariffa d'estimo al ribasso: innanzitutto la vita media di un impianto è convenzionalmente di circa 25-30 anni durante i quali la produzione di energia decresce e con essa anche la redditività dell'impianto, in secondo luogo, al termine della vita convenzionale dell'impianto, quando lo stesso non produrrà più un alto beneficio per l'utente, quest'ultimo dovrà, altresì, sostenere i costi per lo smaltimento;
orbene, quanto affermato dalla predetta circolare dell'Agenzia delle entrate è gravemente penalizzante per il settore del fotovoltaico, che, invece, andrebbe valorizzato così come previsto dalla normativa comunitaria e nazionale, anche considerando che la realizzazione di impianti da fonti energetiche rinnovabili presenta i caratteri di un servizio di pubblica utilità;
a parere dell'interrogante vi sono fondati dubbi sulla legittimità della circolare dell'Agenzia delle entrate rispetto all'accatastamento degli impianti fotovoltaici, pertanto, si deve fare chiarezza sulla questione, anche a fronte dello stato d'incertezza, su tale vicenda, in cui versano circa 312 mila impianti, con una potenza compresa tra 3,00 a 20,00 Kwp (dati GSE);
si ritiene che debbano essere esentati dalla rivalutazione della rendita catastale i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20,00 Kwp, trattandosi generalmente di utenze domestiche o quelle di piccole imprese, installati con finalità di risparmio energetico ed autoconsumo e non di investimento o mera speculazione, quindi, non soggetti a denuncia di apertura di officina elettrica ed installati sulle coperture e pertinenze degli edifici;
quanto meno, devono essere esentati dalla rivalutazione della rendita catastale gli impianti, della medesima taglia e caratteristiche a quelle predette, che non beneficiano delle tariffe incentivanti ai sensi di tutte le edizioni del Conto Energia e hanno optato per il regime di scambio sul posto –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sulla questione esposta in premessa;
se il Ministro non ritenga che il settore del fotovoltaico sia altamente penalizzato da quanto prevede la circolare dell'Agenzia delle entrate, n. 36/E del 19 dicembre 2013, rispetto ai profili catastali e fiscali ivi previsti per quanto concerne gli impianti domestici e quelli delle piccole imprese installati con finalità di risparmio energetico e non di investimento;
se non ritenga di adottare specifici provvedimenti per esentare dalla rivalutazione della rendita catastale i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20,00 Kwp trattandosi generalmente di utenze domestiche o di piccole imprese installate con finalità di risparmio energetico e non di investimento e, quanto meno, esentare gli impianti, con le medesime caratteristiche, che non beneficiano delle tariffe incentivanti ai sensi del Conto Energia e hanno optato per il regime di scambio sul posto;
se e quali provvedimenti ritenga di adottare, posto che la circolare in questione è comunque carente e, pertanto, inefficace poiché non precisa specificamente i criteri per valutare l'aumento della tariffa d'estimo catastale dovuta alla presenza dell'impianto fotovoltaico e, nello stabilire tale onere, non prende in considerazione che la vita media di un impianto è, convenzionalmente, di circa 25-30 anni durante i quali l'energia decresce e con essa anche la redditività dell'impianto stesso. (5-02215)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 22 aprile 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione X (Attività produttive)
5-02215

  Gli Onorevoli interroganti, premettendo come la normativa comunitaria e nazionale promuova lo sviluppo dell'energia da fonti rinnovabili, rilevano che vengono adottati di frequente dei provvedimenti che scoraggiano tale sviluppo ovvero, determinano danni attraverso la previsione di costi/oneri retroattivi per gli investitori, riferendosi in particolare alla circolare dell'Agenzia delle entrate, n. 36/E del 19 dicembre 2013 e all'accatastamento degli impianti fotovoltaici ivi regolato.
  Sostengono che gli oneri previsti per gli impianti installati sulle coperture e/o pertinenze degli edifici al servizio di utenze domestiche o delle piccole e medie imprese contraddicono il favore per la green economy, espresso dal Governo pro tempore, anche tenuto conto dell'esigenza di creazione di nuovi posti di lavoro e di mantenimento di quelli attuali.
  Rilevano poi, che molti proprietari hanno scelto di installare impianti di potenza maggiore di 3,00 kWp (sufficienti per coprire i consumi di una famiglia-tipo ed esonerati dall'obbligo di accatastamento, ndr) e che, in tali casi, secondo l'Agenzia delle entrate, la variazione catastale è obbligatoria quando il valore dell'impianto supera il 15 per cento della rendita catastale, senza inoltre che sia indicato con quali procedure il proprietario dell'impianto possa accertare il superamento di tale soglia, con la conseguenza di un'ulteriore spesa per l'ausilio di un tecnico abilitato.
   Oltre a ciò, la circolare non considera che la produzione di energia decresce progressivamente nel tempo e che, alla fine dell'esercizio, si dovranno sostenere i costi di smaltimento.
  Nell'atto in esame si osserva che la citata circolare, oltre a suscitare dubbi di legittimità, è gravemente penalizzante per un settore che, invece, andrebbe valorizzato, anche considerando che la realizzazione di impianti da fonti energetiche rinnovabili è considerata servizio di pubblica utilità, e che va fatta chiarezza per lo stato d'incertezza in cui versano circa 312 mila impianti, con una potenza compresa tra 3,00 a 20,00 kWp (dati GSE).
  In conclusione, si sostiene che i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20,00 kWp debbano essere esentati dalla rivalutazione della rendita catastale o, quanto meno, che debbano essere esentati dalla rivalutazione gli impianti, della medesima taglia e caratteristiche a quelle predette, che non beneficiano delle tariffe incentivanti ai sensi di tutte le edizioni del Conto Energia, e che hanno optato per il regime di scambio sul posto.
  Preliminarmente, sembra opportuno fare una premessa in merito a quanto affermato in via generale d circa la continua adozione di provvedimenti retroattivi o comunque, dannosi per la crescita del settore fotovoltaico.
  La dimensione quantitativa è abbastanza indicativa: il settore del fotovoltaico, grazie al sostegno pubblico, ha ricevuto tramite i vari Conti energia un'enorme e rapidissima diffusione in Italia, molto superiore a quella delle altre fonti rinnovabili, essendo stati installati al 2013 circa 530.000 impianti, per una potenza di circa 17.600 MW. La crescita conosciuta dal settore, tra l'altro in pochissimi anni, denota un chiaro favore che le norme varate dal Governo e dal Parlamento hanno accordato a questo settore, in coerenza con l'obiettivo della promozione delle fonti rinnovabili anche se con scarsa attenzione per l'economicità complessiva della manovra.
  Essendosi conclusa, con la fine degli incentivi di cui al DM 5 luglio 2012 (quinto conto energia) la fase di incentivazione diretta di tali impianti, le potenzialità di sviluppo del settore continuano oggi ad essere assicurate, in primo luogo, dalla caduta dei costi dei moduli e, in secondo luogo, dalla presenza di strumenti di sostegno indiretto, posti a carico della collettività o delle tariffe elettriche, sulle quali sono prelevati annualmente oltre 11 Mld euro (con previsione di competenza 2014 in crescita fino a 12 Mld euro) per incentivi alle energie rinnovabili, di cui 6,7 miliardi/anno solo per il fotovoltaico.
  Si sottolinea come la riduzione dei costi dei moduli consentirebbe il raggiungimento di una tendenziale autosufficienza del settore, anche al di fuori di incentivi pubblici, che si è ritenuto di mantenere per accompagnare la fase di transizione dai Conti energia ai modelli solo di mercato. Tra questi, va in particolare evidenziata la misura della detrazione fiscale in dieci annualità del 50 per cento delle spese sostenute per interventi di risparmio energetico, compresa l'installazione di impianti fotovoltaici a servizio degli edifici, prevista dal decreto legge n. 63 del 2013, convertito in legge n. 90 del 2013. Tale meccanismo è stato poi prorogato per un triennio dalla legge di stabilità 2014, ancorché con un valore dell'agevolazione progressivamente ridotto (articolo 1, comma 139, legge n. 147 del 2013), per poi stabilizzarsi al 36 per cento.
  Anche con riguardo ai costi di smaltimento citati va chiarito che i relativi oneri gravano essenzialmente sul produttore e non sui proprietari (v. articolo 40, comma 3, del decreto legislativo n. 49 del 2014 in materia di smaltimento rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, RAEE).
  Va infine evidenziato che nel nostro ordinamento la produzione di energia elettrica, sia essa da fonte convenzionale che da fonte rinnovabile, è attività economica libera di produzione di una merce, aperta pertanto, a tutti i soggetti in un mercato comunitario sempre più integrato. La produzione di energia elettrica, in sé considerata, non è quindi un «servizio» di pubblica utilità, o, più esattamente un servizio di interesse economico generale. Ciò non toglie che la costruzione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, data la loro valenza ambientale, sia assistita da garanzie procedimentali per assicurare la snellezza, rapidità e concentrazione del procedimento di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio dell'impianto, come lo è la qualificazione delle relative opere come di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti (articolo 12, comma 1, decreto legislativo n. 387 del 2003).
  Venendo ai quesiti posti, va osservato, in generale, che l'obbligo di accatastamento e di determinazione della rendita catastale deve ritenersi sussistente per tutte quelle componenti che, poste in rapporto con l'unità immobiliare cui appartengono, sono in grado di produrre un reddito temporalmente rilevante (1).

(1) Disposizioni per la salvaguardia finanziaria dei comuni.
  1. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell'articolo 10 del citato regio decreto-legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell'attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni di riferimento.
  Tale orientamento trova conferma in numerose pronunce della Corte di Cassazione, nell'intervento del legislatore con l'articolo 1-quinquies del decreto legge 31 marzo 2005, n. 44, convertito con modificazione dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, e nella sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 20 maggio 2008.
  In particolare, la Consulta, come accennato, già nel 2008, ha chiarito che «(...) tutte quelle componenti [...] che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad una unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo, sono da considerare elementi idonei a descrivere l'unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale».
  In tal senso, la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 36/E del 19 dicembre 2013, oggetto dell'interrogazione, nella parte in cui prescrive l'aggiornamento catastale degli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici, si limita a compendiare il suddetto principio essendo priva di elementi di natura discrezionale. Ciò consente di eliminare qualsiasi dubbio in ordine alla legittimità della suddetta circolare.
  Né è possibile sostenere che dall'intervento dell'Agenzia delle entrate possano discendere degli effetti penalizzanti per il settore fotovoltaico, dal momento che mediante la medesima circolare sono stati forniti solo dei chiarimenti a beneficio degli operatori per l'assolvimento di un onere che, come già rilevato, era da intendersi già sussistente.
  In merito alla rilevata necessità di salvaguardare quelle produzioni caratterizzate da una modesta potenza nominale e che rientrerebbero nella casistica riguardante gli impianti domestici e quelli delle piccole imprese, installati con finalità di risparmio energetico e non di investimento, si deve osservare che la soglia di potenza 3 kW indicata dall'Agenzia delle entrate è senz'altro idonea ad individuare quegli impianti che tipicamente vengono classificati tra le produzioni ad uso domestico (e non commerciale).
  Ai sensi della circolare in parola, inoltre, il requisito della potenza = 3 kW non determina automaticamente l'obbligo di aggiornamento catastale, essendo altresì necessario stabilire, come sopra riferito, se il valore dell'impianto superi il 15 per cento del valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) dell'edificio a cui accede. Detto parametro consente di escludere dall'obbligo di aggiornamento catastale quegli interventi realizzati prevalentemente, anche se non esclusivamente, a fini domestici e non commerciali. A titolo esemplificativo, si può infatti ipotizzare che anche un impianto di 20 kW non comporti l'obbligo della rideterminazione catastale se insistente su un edificio di elevato valore capitale, mentre un impianto di potenza notevolmente inferiore (ma in ogni caso = 3 kW) potrebbe determinare l'obbligo di aggiornamento se installato su un edificio di modesto valore capitale.
  Per quanto riguarda, infine, la mancata indicazione dei criteri e delle procedure per la verifica del rapporto del 15 per cento, si osserva che l'Agenzia delle entrate ha proceduto a dare delle indicazioni, richiamando la Determinazione Direttoriale dell'ex Agenzia del territorio del 16 febbraio 2005 (pubblicata in G.U. serie generale 18 febbraio 2005, n. 40).
  Si ritiene comunque opportuno assicurare l'impegno a verificare, insieme all'Agenzia delle entrate, se l'assetto fiscale venutosi a chiarire con la circolare 36/E del 2013 tenga in adeguato conto la diversa rendita ottenibile da impianti incentivati e non incentivati, anche in relazione alla tipologia di impianto e alla durata del diritto all'incentivo.
  Parimenti, si ritiene meritevole di attenzione un approfondimento in merito al trattamento fiscale degli impianti al servizio degli edifici, avuto riguardo della più incisiva finalità pubblica ad essi riconosciuta dalle norme sulle detrazioni fiscali.

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

AGENZIA DELLE ENTRATE

EUROVOC :

energia rinnovabile

energia dolce

risorse rinnovabili

piccola impresa

aiuto agli investimenti

industria energetica

ribasso dei prezzi