ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/02127

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 171 del 11/02/2014
Firmatari
Primo firmatario: TURCO TANCREDI
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 11/02/2014


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 11/02/2014
Stato iter:
27/05/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 27/05/2014
Resoconto COSTA ENRICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
REPLICA 27/05/2014
Resoconto TURCO TANCREDI MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 11/02/2014

DISCUSSIONE IL 27/05/2014

SVOLTO IL 27/05/2014

CONCLUSO IL 27/05/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-02127
presentato da
TURCO Tancredi
testo di
Martedì 11 febbraio 2014, seduta n. 171

   TURCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), fu introdotto nell'ordinamento italiano il principio generale del divieto dell'uso personale di sostanze stupefacenti (articolo 72, comma 1);
   a seguito del referendum del 18-19 aprile 1993, la volontà popolare si è espressa in senso favorevole all'abrogazione di tale divieto;
   la legge «Fini-Giovanardi» n. 49 del 2006, di conversione del decreto-legge n. 272 del 2005, ha soppresso la distinzione tabellare fra droghe leggere e droghe pesanti, introducendo un'unica tabella delle sostanze stupefacenti;
   la contestuale detenzione di sostanze stupefacenti di tipo e natura diversi integra, quindi, un'unica fattispecie penale, sanzionata dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Cassazione penale, sez. IV, sentenza 17 giugno 2011, n. 33448);
   il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 232, nella sua formulazione originaria era un provvedimento sostanzialmente necessario e urgente poiché diretto a fronteggiare le spese e le esigenze di sicurezza delle Olimpiadi invernali di Torino 2006, tuttavia, conteneva in sè l'articolo 4, norma a giudizio dell'interrogante già eccentrica rispetto alla materia delle Olimpiadi invernali, inteso ad abrogare uno degl'iniqui automatismi normativi appena introdotti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, cosiddetta «Cirielli», prevedendo un'ipotesi speciale di sospensione dell'esecuzione di pene detentive nei confronti di tossicodipendenti recidivi, mirando così a favorirne il recupero;
   solo questo articolo del decreto prevedeva, quindi, una marginale affinità normativa con la disciplina sugli stupefacenti poiché trattava dell'esecuzione della pena per i tossicodipendenti recidivi;
   in sede di conversione in legge del decreto, lo stesso articolo 4, ha offerto un pretesto normativo per consentire ai parlamentari estensori, Fini-Giovanardi, d'inserire una riforma sistematica di tutt'altra portata;
   attraverso l'abusata tecnica del maxiemendamento con l'apposizione della questione di fiducia, il Governo otteneva così dal Parlamento la fiducia e quindi l'approvazione anche di un'inedita disciplina in materia di stupefacenti: venivano inseriti 23 nuovi articoli, a parere dell'interrogante punitivi e proibizionisti, introdotti sulla scorta di una scelta programmatica di equiparare sul piano sanzionatorio le sostanze stupefacenti «leggere» a quelle «pesanti», inasprendone l'unitaria cornice edittale che prende le forme dell'articolo 4-bis, legge 21 febbraio 2006, n. 49;
   così operando, il procedimento di conversione previsto dall'articolo 77 della Costituzione «viene utilizzato come escamotage per far approvare un'iniziativa legislativa del tutto nuova, di fatto inemendabile, eludendo le regole ordinarie del procedimento legislativo» (così la Corte di Cassazione, sez. III penale, nell'ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale);
   il Governo, pur avendo piena contezza della forzatura compiuta, procede ignorando numerosi rilievi critici emersi nel corso del dibattito parlamentare espressi anche in sede di Comitato per la legislazione della Camera dei deputati;
   lo stesso esecutivo travalica i limiti all'emendabilità di un decreto-legge posti dai regolamenti parlamentari e dalla legge, n. 400 del 1988, ponendo il Presidente della Repubblica innanzi ad una scelta obbligata;
   a parere dell'interrogante era impossibile esercitare il legittimo eventuale rinvio presidenziale, poiché le Camere erano sul punto di essere sciolte in vista delle future elezioni politiche del 2006, e si sarebbe potuta provocare la mancata conversione anche delle norme relative al finanziamento delle Olimpiadi invernali 2006, a ridosso del giorno dell'inaugurazione, mettendo in pericolo il regolare svolgimento dei Giochi Olimpici in condizioni di sicurezza;
   la legge Fini-Giovanardi, approvata con siffatti modi, viene quindi promulgata, in data 21 febbraio 2006, unitamente alle necessarie norme relative ai Giochi Olimpici invernali 2006;
   si ritiene perciò vi sia stata una vistosa forzatura dei poteri esercitati dal Governo mediante decretazione d'urgenza e, ad avviso dell'interrogante, dal Parlamento in sede di conversione in legge del decreto-legge;
   sul tema della decretazione d'urgenza e delle leggi di conversione si riprendono alcuni passaggi della più recente giurisprudenza della Corte costituzionale:
    a) l'assenza dei presupposti di necessità e urgenza quale vizio formale del decreto-legge e vizio in procedendo della legge di conversione, la cui evidente mancanza è censurabile dalla Corte costituzionale (sentenze nn.ri 171/2007 e 128/2008);
    b) l'incostituzionalità di emendamenti «non estranei» al decreto-legge inseriti in sede di conversione, se privi dei requisiti di cui all'articolo 77 della Costituzione (sentenza n. 355/2010);
    c) l'incostituzionalità degli emendamenti «estranei» al decreto-legge, per violazione del peculiare procedimento normativo stabilito dall'articolo 77 della Costituzione (sentenza n. 22/2012);
    d) il divieto per il decreto-legge di veicolare riforme ordinamentali, perché incomprimibili nella contingenza dei casi straordinari di necessità e urgenza (sentenza n. 220/2013);
    e) l'incostituzionalità di norme introdotte mediante decretazione d'urgenza se prive di immediata operatività (sentenza n. 220/2013);
   questi rilievi della Corte Costituzionale hanno indotto la Corte ad annullare le leggi di conversione di decreti-legge, di volta in volta oggetto del suo sindacato;
   anche le disposizioni del decreto qui in esame a parere dell'interrogante sono suscettibili di incorrere nell'annullamento in sede di giudizio di costituzionalità –:
   se sia a conoscenza della situazione prospettata;
   se sia in grado di fornire dati aggiornati, relativi al progressivo incremento di incriminazioni a seguito dell'introduzione della legge n. 49 del 2006 «Fini-Giovanardi» che ha provocato un sostanziale inasprimento del carico sanzionatorio delle fattispecie relative agli stupefacenti;
   se sia stato valutato l'effetto dell'applicazione di tale riforma ed in quale misura abbia contribuito al cronico sovraffollamento delle carceri;
   se sia stato quantificato il costo causato all'amministrazione della giustizia, dal punto di vista dell'aggravio di procedimenti per i tribunali e di spese per l'esecuzione delle pene a livello carcerario di detta riforma, tacciata d'incostituzionalità;
   se, indipendentemente dall'esito che potrà avere la decisione della Corte Costituzionale a seguito dell'udienza del 12 febbraio 2014, abbia valutato comunque l'opportunità di riformare, attraverso una apposita iniziativa normativa la previgente normativa in materia, cosiddetta legge n. 162 del 1990 «Iervolino-Vassalli», come modificata dai referendum dell'anno 1993;
   se siano stati calcolati i risparmi di spesa che si potrebbero verificare a seguito della deflazione del carico processuale e carcerario connesso al superamento della cosiddetta legge Fini-Giovanardi;
   se, in caso di declaratoria d'incostituzionalità della legge n. 49 del 2006 «Fini-Giovanardi», sia stato calcolato il conseguente impatto sulla deflazione carceraria in relazione agli effetti perseguiti con la conversione in legge del recente decreto-legge n. 146 del 2013. (5-02127)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 27 maggio 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione II (Giustizia)
5-02127

  Nel rispondere all'interrogazione dell'onorevole Turco osservo, in via preliminare, che con la sentenza n. 32 del 12 febbraio 2014 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 5 marzo 2014), la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito dalla legge cosiddetta Fini-Giovanardi n. 49 del 2006.
  La Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale in riferimento all'articolo 77, secondo comma, Costituzione, per difetto di omogeneità di materia tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte dalla legge di conversione.
  La Corte ha precisato che «trattandosi di un vizio di natura procedurale ... la declaratoria di illegittimità costituzionale colpisce per intero le due disposizioni impugnate e soltanto esse», restando impregiudicata la valutazione di legittimità in relazione ad eventuali ulteriori impugnative aventi ad oggetto altre disposizioni della medesima legge. Pertanto, «a seguito della caducazione delle disposizioni impugnate, tornano a ricevere applicazione l'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni impugnate».
  Il ripristino della previgente disciplina comporta la reintroduzione della distinzione giuridica e di pena tra droghe pesanti e leggere. Tale effetto si produce dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, nella specie avvenuta il 5 marzo 2014. La sentenza della Corte ha reintrodotto un regime sanzionatorio più afflittivo per le condotte criminose relative alle cosiddette «droghe pesanti», stabilendo la pena della reclusione da otto a vent'anni e della multa da 25.822 a 258.228 euro, e più favorevole per quelle relative alle cosiddette «droghe leggere», punite con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da 5.146 a 77.468 euro.
  Ciò richiamato, in ordine ai quesiti proposti dall'interrogante, i dati forniti dall'ISTAT indicano che, nel periodo dal 2006 al 2011, il numero di procedimenti per i quali è stata esercitata l'azione penale in relazione ai reati previsti dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, riferiti alla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, ha registrato un aumento di circa il 10 per cento, passando da circa 22.500 procedimenti nel 2006 a circa 25.000 procedimenti nel 2011, con un picco di 26.603 procedimenti nel 2008. Per quanto concerne il numero complessivo degli imputati, si è passati da circa 34.500 nel 2006 a circa 36.600 nel 2011, con un picco di 40.402 imputati registrato nell'anno 2009.
  Diverso è l'andamento statistico dei dati relativi alle persone detenute per i medesimi reati, forniti dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria alla data del 26 maggio 2014: dal 2006, data di approvazione della legge Fini-Giovanardi, il numero dei detenuti tossicodipendenti e il numero dei detenuti ristretti per i reati di cui all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sono andati progressivamente aumentando in misura anche sensibile, con una flessione a partire dal 2011.
  Si è infatti passati da un dato iniziale (riferito al 2006) di 8.363 detenuti tossicodipendenti e di 14.597 detenuti ristretti per uno dei delitti previsti dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 309 (dei quali 10.312 solo per i reati di detenzione o cessione previsti dall'articolo 73 e 4.285 anche per il reato associativo previsto dall'articolo 74), ad un dato finale di 14.879 detenuti tossicodipendenti (dato riferito al 31 dicembre 2013) e di 21.151 detenuti ristretti per uno dei delitti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 (dei quali 15.729 solo per i reati di detenzione o cessione previsti dall'articolo 73 e 5.422 anche per il reato associativo previsto dall'articolo 74; i dati sono riferiti al 26 maggio 2014).
  Dopo il 2011, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 199 del 2010 (sulla esecuzione delle pene detentive presso il domicilio) e del decreto-legge n. 211 del 2011 (sul sovraffollamento delle carceri, convertito dalla legge n. 9 del 2012), si è registrata una flessione degli insiemi relativi alla presenza di detenuti tossicodipendenti e di detenuti ristretti per il delitto previsto dall'articolo 73. Detti provvedimenti normativi hanno consentito di ridurre lo stato di tensione detentiva sia limitando il numero di persone che transitano nelle strutture carcerarie per periodi brevissimi, sia estendendo la platea dei detenuti ammessi alla detenzione domiciliare. La flessione è poi proseguita a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2013, convertito dalla legge n. 94 del 2013, e del decreto-legge n. 146 del 2013: al 26 maggio 2014, come si è detto, i detenuti ristretti per uno dei delitti previsti dall'articolo 73 risultano 15.729, mentre al 31 dicembre 2011 vi erano 21.094 detenuti ristretti per uno dei delitti previsti dall'articolo 73.
  Il citato decreto-legge n. 146 del 2013 sta producendo effetti positivi anche sul sovraffollamento degli istituti penitenziari, facendo registrare una graduale diminuzione complessiva della popolazione detenuta: alla data del 26 maggio 2014 negli istituti penitenziari risultano presenti 59.248 detenuti, a fronte delle 63.225 presenze alla data del 23 dicembre 2013.
  Non è possibile calcolare con precisione le ricadute sulla spesa derivanti dalla introduzione della legge Fini-Giovanardi sugli uffici giudiziari e sul sistema penitenziario dello Stato. A titolo meramente indicativo, si fa rilevare – sulla base dei dati forniti dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria – che il costo medio pro capite giornaliero dei detenuti ha fatto registrare significativi scostamenti nel corso degli anni, passando da 155 euro nel 2006 a 190 euro nel 2007, per poi diminuire a 116 euro nel 2010. Tale costo medio ammonta oggi a circa 124 euro.
  Sono invece allo studio del Ministero i risparmi che potrebbero derivare dalla declaratoria di illegittimità della Corte Costituzionale della norma sopra citata, non potendo allo stato valutarsi con precisione le ricadute sul lavoro per gli uffici giudiziari.
  In ordine al quesito tendente a conoscere se il Ministro della giustizia abbia valutato l'opportunità riformare la normativa in materia, osservo che già prima della decisione della Corte Costituzionale il Governo era intervenuto per modificare l'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Infatti, il citato decreto-legge n. 146 del 2013 (convertito recentemente dalla legge n. 10 del 2014) con l'articolo 2 aveva introdotto, mediante la sostituzione del comma quinto del citato articolo 73, un'ipotesi autonoma di reato in luogo della previgente circostanza attenuante ad effetto speciale, relativa alle condotte che «per i mezzi, le modalità o le circostanze dell'azione ovvero le qualità e quantità delle sostanze» si configurino come di lieve entità.
  La ratio dell'intervento era quella di ridurre la popolazione carceraria e, in particolare, di diminuire il numero dei detenuti ristretti in ragione della commissione di fatti «di lieve entità» legati alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti.
  Da ultimo, il 21 maggio 2014 è entrata in vigore la legge 16 maggio 2014, n. 79, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego dei medicinali meno onerosi da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
  La legge n. 79 del 2014, preso atto della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, contiene disposizioni volte ad armonizzare le previsioni incriminatrici reintrodotte per effetto della indicata sentenza, introducendo un sistema tabellare articolato in ragione della distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere, cui corrisponde una distinta partizione dei limiti edittali di pena. L'effetto immediato di tale regime sanzionatorio, derivante sia dall'intervento della Corte Costituzionale che dalla novella del sistema tabellare, è quello di una modifica al ribasso delle previsioni edittali per le condotte delittuose non di lieve entità relative alle cosiddette «droghe leggere».
  Con riferimento alle condotte delittuose di lieve entità di cui all'articolo 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, già previste quale ipotesi autonoma di reato (e non più mera circostanza attenuante) per effetto del decreto-legge n. 146 del 2013, la relativa previsione è stata oggetto di modifica al solo scopo di coordinarne le disposizioni sanzionatorie con quelle ora applicabili ai fatti non di lieve entità. In accoglimento di un emendamento del Governo, infatti, il nuovo testo della norma prevede che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329».
  Infine, la legge di conversione ha ripristinato la possibilità per il giudice del merito, a determinate condizioni, di applicare la pena del lavoro di pubblica utilità al soggetto tossicodipendente che abbia commesso fatti di lieve entità, in luogo della pena detentiva (articolo 73, comma 5-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), confermando altresì l'attuale applicabilità della predetta pena sostitutiva – a determinate condizioni anche ai fatti di non lieve entità (articolo 73, comma 5-ter, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990).
  Anche tale ultimo intervento normativo pare destinato ad avere significative conseguenze sull'entità e composizione della popolazione carceraria, in ragione del venir meno dei presupposti della custodia cautelare in carcere per fatti che il giudice riconosca di lieve entità e della possibilità, correlata al nuovo limite edittale massimo, di richiedere immediatamente la sospensione del processo con la messa alla prova ai sensi della legge 67 del 2014.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

stabilimento penitenziario

sospensione di pena

esecuzione della pena

sanzione penale