ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00664

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 56 del 19/07/2013
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/00920
Firmatari
Primo firmatario: MARIANI RAFFAELLA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 18/07/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BORGHI ENRICO PARTITO DEMOCRATICO 18/07/2013
BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 18/07/2013
BRATTI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 18/07/2013
MARIANO ELISA PARTITO DEMOCRATICO 18/07/2013


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 18/07/2013
Stato iter:
17/09/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 17/09/2013
Resoconto CIRILLO MARCO FLAVIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
 
REPLICA 17/09/2013
Resoconto MARIANI RAFFAELLA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 19/07/2013

DISCUSSIONE IL 17/09/2013

SVOLTO IL 17/09/2013

CONCLUSO IL 17/09/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-00664
presentato da
MARIANI Raffaella
testo di
Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56

   MARIANI, BORGHI, BRAGA, BRATTI e MARIANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   la diffusione di un cortometraggio dell'associazione ambientalista Greenpeace sui danni alla salute delle persone provocati dalle centrali a carbone, ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica l'opportunità di mantenere nel nostro Paese una quota consistente della produzione elettrica attraverso l'utilizzo del carbone, in luogo dell'olio combustibile o di altre fonti energetiche, come il gas, meno inquinanti;
   secondo la tesi della citata associazione la produzione di energia dal carbone provocherebbe un decesso al giorno. La campagna che Greenpeace porta avanti, da anni, si basa sui dati forniti da un rapporto della fondazione olandese Somo e dallo studio della Eea (European environmental agency), l'agenzia per l'ambiente dell'Unione europea che individua i 20 impianti di produzione di energia più inquinanti in Europa. Per quanto riguarda l'Italia, al primo posto c’è la centrale a carbone dell'Enel «Federico II» di Brindisi, che causerebbe da sola 119 decessi all'anno, i cui costi esterni (calcolati dall'Eea) ammontavano a 707 milioni di euro nel 2009. Nel nostro Paese operano altre dodici centrali a carbone, tra le altre giova segnalare quelle di Fusina, Torrevaldaliga e La Spezia, fonti di non minori preoccupazioni tra le popolazioni residenti in quei luoghi. Nel rapporto diffuso dal gruppo ambientalista si legge: «I costi esterni delle centrali a carbone sono di 1,7 miliardi di euro, oltre il 40 per cento dell'utile che Enel ha ottenuto a livello consolidato, in tutto il mondo, nel 2011. Se alle attuali centrali si dovessero aggiungere quelle di Porto Tolle e Rossano Calabro – che potrebbero presto essere convertite da olio a carbone – i costi esterni potrebbero toccare i 2,5 miliardi di euro all'anno, suddivisi in costi per la salute, danni alle colture agricole, da inquinamento dell'aria e da emissioni di CO2»;
   contro questa campagna, Enel ha avviato più di una azione legale. L'azienda, che definisce le accuse frutto di dati «non basati su una effettiva analisi delle emissioni delle centrali termoelettriche italiane», ma «su un astratto fattore di rischio che non considera il reale contributo delle centrali rispetto a tutte le fonti di inquinamento che incidono sulla qualità dell'aria», ha precisato che: «le attività sono sottoposte alle norme e ai controlli delle istituzioni locali, nazionali e internazionali e si svolgono nel pieno rispetto delle leggi»;
   è necessario ricordare che sono attualmente in discussione in Italia, tra riconversioni e nuovi progetti, centrali a carbone per oltre 5mila megawatt, da Porto Tolle a Saline Ioniche, a Rossano. Iniziative che non sembrano corrispondere alle reali necessità del Paese. Dal 2002 ad oggi, infatti, l'entrata in funzione di nuove centrali a gas e la riconversione di centrali da olio combustibile a carbone ha portato, secondo i dati di Tema, il totale di centrali termoelettriche installate a 78mila megawatt, a cui si devono aggiungere almeno 45mila megawatt da fonti rinnovabili. Considerando che il record assoluto di consumi di elettricità in Italia è di 56.822 megawatt ore, richiesti complessivamente alla rete, si comprende come il tema della sicurezza, e quindi la necessità di valutare la realizzare nuove centrali, oggi in Italia appaia giustificata. Eppure le centrali in fase di realizzazione, secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico, sono 8, per 4.763 megawatt, e quelle in corso di autorizzazione, ben 38 tra gas, metano, carbone, per 23.810 megawatt;
   tale ultima considerazione, come ha recentemente sottolineato in uno specifico rapporto l'associazione «Legambiente», non sembra essere stata oggetto di adeguata riflessione in sede di elaborazione della Strategia energetica nazionale, emanata nel marzo 2013 dai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   la strategia energetica normale, invece, dovrebbe tenere in conto anche questi elementi «perché è interesse del nostro Paese ridurre le emissioni di gas serra, nell'ambito della strategia europea, ridurre i costi delle bollette e contemporaneamente la sovrabbondanza di centrali alimentate a carbone che già oggi comportano effetti rilevanti in termini di costi per i cittadini e per l'ambiente –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati su quanto esposto in premessa;
   se non reputino opportuno chiarire quale sia l'impatto delle centrali a carbone, attualmente in produzione nel nostro Paese, sull'ambiente e sulla salute dei cittadini; con quali strumenti tale impatto (o danno) sia rilevato, monitorato e valutatole se tale monitoraggio sia giudicato efficace ed attendibile e se tale rilevazione sia omogenea in tutte le aree del Paese che ospitano centrali a carbone;
   anche considerando l'evoluzione dello scenario europeo, che punta con chiarezza alla decarbonizzazione dell'economia e, in particolare, con riferimento agli obiettivi contenuti nella strategia energetica normale che vedono al 2020 un forte incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, fino al 35-38 per cento quota paragonabile a quella ottenuta con il gas, se non reputino doveroso avviare una riflessione, coinvolgendo pienamente il Parlamento, sul mix energetico italiano che, nel rispetto degli obiettivi di contenimento delle emissioni di CO2, consideri realisticamente l'evoluzione della domanda e dell'offerta e le conseguenze per la salute delle scelte produttive.
(5-00664)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 17 settembre 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente)
5-00664

  L'interrogazione presentata dall'onorevole Mariani riferisce di un cortometraggio commissionato da Greenpeace ad un istituto di ricerca indipendente ove vengono evidenziati i danni provocati all'ambiente e alla salute dalle centrali a carbone. Il metodo utilizzato da Greenpeace, sviluppato da un consorzio di imprese guidate dalla società britannica AEA Technology plc, è stato messo a punto per stimare gli impatti economici causati dall'inquinamento atmosferico generato dall'esercizio di impianti industriali.
  Senza entrare nel dettaglio del metodo si osserva che la complessità dei processi e dei fattori che concorrono alla produzione di eventuali danni alla salute umana è da ritenersi, in generale, un elemento che impone una forte cautela nel processo di individuazione di correlazioni affidabili tra le emissioni e i danni osservati. Inoltre, il metodo in questione è da ritenersi soprattutto orientato alla individuazione di criteri di comparazione dei costi ambientali associati su macroscala alle emissioni industriali, mentre nello studio richiamato esso viene utilizzato con riferimento ai singoli impianti, e per fini di quantificazione.
  L'Istituto Superiore di Sanità ha condotto un'apposita analisi sul rapporto della fondazione olandese SOMO, e ha prodotto un parere reso al Ministero della Salute – Dipartimento prevenzione e Comunicazione, (Protocollo ISS n. 8918 del 14 marzo 2013) pervenendo alla conclusione che l'impostazione dello studio SOMO risulta inadeguata per procedere ad una stima puntuale degli esiti sanitari attribuibili a uno o più impianti. La specificità che si perde passando dalla scala continentale, nazionale e quindi locale e da un processo decisionale stocastico basato sulla comparazione, ad una valutazione assoluta, è decisiva nel rendere insignificanti i risultati ottenuti.
  Sebbene la metodologia dello studio europeo sia articolata e complessa per produrre stime di impatto ambientale e sanitario in ognuna delle celle in cui è suddiviso il territorio europea e italiano, i parametri adottati nello studio SOMO fanno riferimento a valori medi di impatto calcolati per l'intero territorio nazionale in maniera indipendente rispetto alla tecnologia del singolo impianto o rispetto alle caratteristiche sito-specifiche.
  L'applicazione del metodo ivi effettuata risulterebbe così, secondo l'analisi dell'ISS, lacunosa perché adattata ad un contesto locale senza tenere conto, anche attraverso opportuni modelli, delle sue caratteristiche specifiche e inoltre perché il metodo stesso risulterebbe applicato in modo improprio, data la sua natura, soprattutto, di strumento di confronto tra situazioni eterogenee tra loro, piuttosto che di stima quantitativa assoluta degli indicatori di mortalità e degli stessi costi esterni.
  Quanto alla persistenza, sul territorio nazionale di impianti per la produzione di energia elettrica alimentati a combustibili fossili vi è da precisare che, la Strategia Energetica Nazionale non ha previsto un incremento della produzione a carbone quanto piuttosto un mantenimento dell'attuale quota, ben inteso nel rispetto delle norme ambientali e di tutela della salute che, nel nostro Paese, è assicurato da precise norme ed istituzioni nazionali e regionali.
  Tale previsione della Strategia Energetica Nazionale deriva dalla considerazione che adeguatamente combinato alle fonti rinnovabili e al gas, l'uso del carbone assicura un buon grado di stabilità e sicurezza in quanto garantisce un'apprezzabile autonomia di alimentazione e che un'adeguata diversificazione del mix energetico concorre fortemente a garantire la stabilità e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico.
  L'attuale mix produttivo italiano risulta decisamente orientato ad un mix gas – rinnovabili, con notevoli vantaggi sotto il profilo ambientale. Tale tendenza, tra l'altro, risulta incrementata negli ultimi anni anche a causa di una forte riduzione dell'uso dell'olio combustibile, il cui utilizzo non risulta più compatibile con gli standard ambientali richiesti.
  Relativamente alle preoccupazioni sulle ripercussioni sulla salute dei cittadini delle succitate scelte di politica energetica, si fa presente che negli ultimi anni è in corso di realizzazione un sostanziale ammodernamento del parco termoelettrico italiano. Nell'ambito della realizzazione di nuove centrali per la produzione di energia elettrica sono state adottate tecnologie che hanno consentito di raggiungere un'efficienza sempre maggiore con conseguenti notevoli benefici sotto il profilo delle emissioni di inquinanti atmosferiche, contenute entro i limiti sempre più stringenti imposti dall'Europa. In particolare, nell'ultimo decennio si è proceduto al rifacimento di impianti già in esercizio, al potenziamento di centrali esistenti e alla realizzazione di nuovi impianti. Nel caso di rifacimenti è stato ottenuto un effetto favorevole dal punto di vista dell'impatto ambientale poiché l'impianto realizzato in luogo dell'esistente ha presentato minori emissioni in atmosfera. Laddove, invece, sono stati realizzati nuovi impianti o si è proceduto al potenziamento di impianti esistenti è stato comunque prodotto un effetto positivo da punto di vista ambientale in quanto, sia per le maggiori performance raggiunte, sia per le ridotte emissioni specifiche, sia per il migliore rendimento energetico, alla messa in esercizio dei nuovi impianti è corrisposto un minor utilizzo di impianti meno performanti.
  Da ultimo, si fa presente che la realizzazione di nuovi impianti è stata spesso accompagnata da interventi compensativi sul territorio che hanno determinato favorevoli azioni anche per quanto concerne la riduzione dell'inquinamento atmosferico.
  Le emissioni in atmosfera dei prodotti della combustione, nella fattispecie derivanti dagli impianti per la produzione di energia elettrica, sono disciplinate da specifiche norme di settore e oggetto di accurata valutazione da parte delle Amministrazioni interessate alla tutela della salute e dell'ambiente, che nell'ambito dei procedimenti finalizzati al rilascio delle autorizzazioni per tali impianti vengono chiamati ad esprimere le propri valutazioni, nonché a verificare il rispetto dei limiti di legge da parte di tutti gli operatori.
  Al fine di chiarire il contesto normativo in cui operano tali impianti, si fa presente che il decreto legislativo n. 59 del 2005, oggi trasfuso nel decreto legislativo n. 152 del 2006, prevede per gli impianti industriali che comportano emissioni in atmosfera l'obbligo di ottenere un'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), soggetta ad un periodico rinnovo, nonché di rispettare limiti alle emissioni connessi con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili.
  Anche le centrali termoelettriche sono soggette alle disposizioni del menzionato decreto legislativo e, pertanto, negli ultimi anni ciascun impianto è stato oggetto di un procedimento per il rilascio dell'A.I.A., nell'ambito del quale sono state dettate specifiche prescrizioni ulteriormente condizionanti, tenuto conto delle situazioni ambientali che ne caratterizzano il contesto operativo.
  In particolare, il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per gli impianti a carbone, senza la quale all'operatore non è consentito di esercire il proprio impianto, comporta un'istruttoria da parte degli organi tecnici competenti, mirata a verificare che il livello emissivo della centrale permanga entro limiti tecnici tollerabili dal sistema ambientale-sanitario. La predisposizione di un Piano di Monitoraggio e Controllo, che impone verifiche tecniche sugli impianti e sulle modalità della loro conduzione, costituisce uno strumento affidabile per il controllo sistematico del processo produttivo e delle attività ausiliarie a supporto. Ciò con l'obiettivo principale di tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente.
  È intenzione di questo Ministero garantire tempistiche certe per il rilascio ed il rinnovo delle AIA, al fine di evitare pratiche dilatorie da parte dei richiedenti. Inoltre si ritiene che debba essere implementata la partecipazione dei cittadini delle località interessate da questo tipo di impianti nell'ambito delle procedure autorizzative, sia attraverso le loro rappresentanze istituzionali che coinvolgendo associazioni e comitati; ciò anche e soprattutto nelle fasi successive al rilascio o rinnovo delle AIA, al fine di socializzare e condividere sempre più i dati risultanti dai costanti monitoraggi sugli impianti, per ridurre il margine di diffidenza tra cittadino ed istituzioni in queste materie.
  Quanto poi alla tutela del diritto alla salute dei lavoratori addetti alla centrale, si fa presente che la normativa in materia di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro impone il rispetto di limiti di esposizione idonei ad una lunga permanenza presso i siti produttivi, senza effetti apprezzabili sulla loro salute.
  Infine, si ritiene che il rispetto della normativa ambientale di settore costituisca un valido strumento di modulazione della presenza delle unità produttive a carbone nel contesto più generale dell'ecosistema in cui esse si trovano ad operare. Riferisce l'ISS che i risultati emergenti da studi condotti anche in ambito europeo negli anni scorsi hanno evidenziato come non possa configurarsi con certezza la correlazione tra le emissioni delle centrali a carbone ed eventuali variazioni di indicatori sanitari riferiti a patologie associabili all'esposizione di sostanze inquinanti.
  In ogni caso si reputa necessario, fermo restando quanto previsto nella Strategia Energetica Nazionale, provvedere ad una maggior precisazione della politica energetica nazionale. Non si può rinunciare ad una politica che confermi la diffusione dell'utilizzo delle fonti rinnovabili così come bisogna rafforzare gli interventi e le misure che aumentino l'efficienza energetica riducendo le dispersioni, sia nelle reti che nelle utenze. D'altra parte gli impegni a livello comunitario di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, indicati chiaramente nella Delibera del CIPE n. 17 dell'8 marzo 2013 in merito all'aggiornamento del Piano nazionale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, contengono una valutazione del livello di emissioni al 2020 e le ipotesi di riduzioni previste dalla «roadmap» al 2050. Perciò sarà necessaria una progressiva riduzione dell'approvvigionamento da carbone che, senza peraltro creare scompensi alla stabilità degli approvvigionamenti energetici del Paese, porti ad un superamento delle attuali tecnologie. Tutto ciò si inquadra nell'ambito degli indirizzi della Strategia Europea di decarbonizzazione, sui quali tutti i paesi della Unione Europea stanno lavorando. L’ Italia dovrà fare la sua parte, anche anticipandone tempistiche, obiettivi e relative misure.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

politica energetica

produzione d'energia

riduzione delle emissioni gassose

gas naturale

protezione dell'ambiente

costo della salute

energia rinnovabile