ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/18547

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 888 del 20/11/2017
Firmatari
Primo firmatario: BENEDETTI SILVIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 20/11/2017


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 20/11/2017
Stato iter:
23/03/2018
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 23/03/2018
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 23/03/2018

CONCLUSO IL 23/03/2018

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-18547
presentato da
BENEDETTI Silvia
testo di
Lunedì 20 novembre 2017, seduta n. 888

   BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i Pfas, sostanze perfluoralchiliche, interferenti endocrine e cancerogene in classe IARC 2B, sono composti chimici prodotti artificialmente con funzioni olio e idro repellenti. Queste sostanze, che possono essere associate a forti rischi per la salute, sono state prodotte fin dagli anni Sessanta in Veneto e poi versate per decenni nelle acque superficiali;

   la contaminazione da Pfas delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha purtroppo raggiunto un livello allarmante nel Veneto, interessando un'area di più di 150 chilometri quadrati (dato ARPAV 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 350.000 persone coinvolte, ma vista la complessità di un fenomeno che continua a propagarsi, potenzialmente, i cittadini coinvolti potrebbero essere 800.000;

   il primo monitoraggio effettuato dalla regione Veneto sulle acque di rete o di pozzo ha riscontrato in 31 comuni valori di queste sostanze oltre la soglia;

   per tutelare la salute della popolazione, sono state emesse ordinanze per la chiusura o la limitazione dell'uso di pozzi in diversi comuni della zona interessata;

   nelle acque sotterranee sono stati rilevati valori di contaminazione maggiori o uguali a 100 ng/l in 21 comuni, 15 in provincia di Vicenza, 3 in provincia di Padova e 3 in provincia di Verona;

   un primo studio di biomonitoraggio dell'Istituto superiore di sanità concluso lo scorso anno su un campione rappresentativo della popolazione residente, esposta e non esposta, ha evidenziato che i livelli di Pfas nel siero degli esposti sono significativamente superiori ai livelli dei non esposti: oltre 70 ng/g siero nel siero degli esposti, concentrazione prossima allo zero nei non esposti;

   sempre l'Istituto superiore di sanità come evidenziato anche nell'interrogazione n. 4/15019, nella nota del 19 febbraio 2016, protocollo n. 4930, nel calcolare le stime di esposizione parziali alle sostanze perfluoroalchiliche, ha segnalato che i dati riferibili a uova di allevamenti familiari e di pesce di cattura indicano potenziali criticità meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti, attese le concentrazioni di Pfas che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, considerati i parametri tossicologici, potrebbero determinare il superamento delle dosi giornaliere accettabili;

   nel luglio 2016 il direttore dell'area generale sanità e sociale, dottor D. Mantoan, ha richiesto di svolgere una valutazione retrospettica della mortalità e dell'incidenza di patologie tra i dipendenti della ditta Rimar/Miteni, incaricando del suo svolgimento il registro regionale dei casi di mesotelioma, afferente al sistema epidemiologico regionale; da tale ricerca condotta sui lavoratori risultano valori alterati del sangue oltre che un tasso di mortalità superiore alla media;

   il Noe di Treviso, con nota 13 giugno 2017 inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo quanto riportato anche dagli organi di informazione, ha comunicato la presenza di contaminanti chimici pfoa-pfass nelle acque ed il conseguente allarmante inquinamento nelle falde e nei terreni, causato da Miteni di Trissino, produttrice di Pfass per decenni, inquinamento esteso nelle province di Vicenza, Verona e Padova, con effetti sanitari sui residenti;

   il 27 febbraio 2017 alcuni sindaci veneti e le delegazioni di otto comuni del Basso Vicentino e Bassa Veronese hanno sottoscritto una lettera inviata anche al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in cui si chiede un intervento immediato per la bonifica del territorio ed il riconoscimento del disastro ambientale;

   l'articolo 300 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, identifica il danno ambientale come: «qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima»; l'articolo 302 del suddetto decreto, al comma 9, classifica ed indica esattamente le caratteristiche del «ripristino» come: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, «il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie»; nel caso del terreno, «l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale»; l'articolo 305, comma 2, stabilisce che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di: «b) adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi» –:

   quali utili iniziative abbia adottato il Ministro interrogato, autorità competente e responsabile in materia di identificazione e valutazione del danno ambientale, ai fini del ripristino dei luoghi, ovvero della situazione precedente al danno verificatosi, e del risarcimento dello stesso, come previsto alla normativa vigente.
(4-18547)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 23 marzo 2018
nell'allegato B della seduta n. 1
4-18547
presentata da
BENEDETTI Silvia

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa all'inquinamento delle acque da sostanze perfluoroalchiliche in alcune province del Veneto, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Com'è noto, la problematica relativa alle sostanze perfluoralchiliche (Pfas) e le conseguenti azioni da porre in essere per mitigare e successivamente azzerarne la contaminazione, non sono un problema solo italiano bensì esteso anche a molti altri paesi europei. Il rimedio nasce non a caso da un impulso europeo, al quale hanno dato immediato seguito attività ed azioni nazionali che in modo coordinato e puntuale hanno toccato tutti i profili che attengono a queste sostanze che impattano
in primis sulla salute, sull'ambiente, ma anche sulle attività produttive e sull'agricoltura.
  In via preliminare, va precisato che le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) sono composti utilizzati da decenni in diversi settori industriali, formati da una catena alchilica di lunghezza variabile (totalmente fluorurata) e da un gruppo funzionale costituito da un acido carbossilico o solfonico.
  Le sostanze a catena lunga (più di sei atomi di carbonio) sono quelle che destano maggiori preoccupazioni sotto il profilo sanitario ambientale e quelle maggiormente utilizzate sono state l'acido perfluorottanoico (Pfoa) e l'acido perfluorottansolfonico (Pfos).
  L'attuale regolamentazione europea concernente i Pfas prevede il divieto di produzione, immissione sul mercato e uso del Pfos, ai sensi del regolamento (Ue) n. 757/2010, in attuazione della convenzione internazionale di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.
  Per quanto riguarda il Pfoa, la regolamentazione europea ha previsto nel 2014 il divieto di immissione sul mercato per la vendita al pubblico del Pfoa come componente di miscele, ai sensi del regolamento Ue n. 317/2014.
  Più recentemente, con il regolamento (Ue), 2017/1000 adottato nel giugno scorso, è stata approvata una nuova restrizione ai sensi del regolamento
Reach (votata dalla maggioranza degli Stati membri, con il voto favorevole della delegazione italiana) che prevede il divieto, entro tre anni (ovvero a partire dal 2020), della produzione e dell'immissione sul mercato di sostanze miscele e articoli che contengono più di 25 microgrammi/kg (µg/kg) di Pfoa.
  Oltre al Pfoa al Pfos, già oggetto di specifici divieti e restrizioni, altri Pfas a catena lunga risultano per il momento inclusi nell'elenco delle sostanze preoccupanti dal punto di vista sanitario e ambientale (le cosiddette
Substances of Very High Concern - SVHC). A questo riguardo, la Germania e la Svezia si sono impegnate a presentare, ai sensi del regolamento Reach, un dossier di dati per proporre una restrizione a livello europeo per altri Pfas a catena lunga.
  Dallo scorso luglio sono in corso degli approfondimenti scientifici da parte di Istituti di ricerca internazionali riguardo la tossicità dei Pfas a catena corta. Al termine di questa attività, l'agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) e gli Stati membri dell'Unione europea, stabiliranno se per queste sostanze occorre adottare specifiche misure di gestione del rischio o particolari restrizioni.
  Infine si segnala che anche l'Ocse si sta occupando del tema dei Pfas, avendo di recente intrapreso un'attività di raccolta dati sugli impieghi delle migliaia di sostanze perfluoroalchiliche utilizzate nei diversi settori industriali. Scopo dell'indagine dell'Ocse è quello di facilitare lo scambio di informazioni tra i soggetti interessati alla produzione e all'utilizzo di sostanze perfluoroalchiliche.
  A livello nazionale, nel 2013 a seguito della prima segnalazione della presenza delle sostanze Pfas nelle matrici ambientali dell'area del vicentino, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha istituito un gruppo tecnico di lavoro per i necessari approfondimenti della situazione di contaminazione da Pfas nelle acque sotterranee e superficiali. In tale gruppo di lavoro, tuttora operativo, sotto il coordinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono presenti gli esperti dell'Istituto superiore di sanità (ISS), dell'Irsa-Cnr, dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA).
  A seguito delle risultanze delle attività del Gruppo tecnico di lavoro, con decreto legislativo n. 172 del 2015 sono stati definiti gli Standard di qualità ambientale (SQA) per le sostanze prioritarie nelle acque superficiali, ivi inclusi alcuni composti perfluorurati.
  Con decreto ministeriale 6 luglio 2016 sono stati poi individuati i valori soglia (VS) per la definizione del «buono stato chimico» delle acque sotterranee, tra cui i valori soglia di alcuni composti perfluorurati.
  In parallelo con l'attività di supporto tecnico-scientifico, dall'inizio del 2016, il Ministero dell'ambiente ha riassunto un ruolo pro-attivo nella
governance di un accordo di programma con la regione Veneto, con gli enti territoriali e le associazioni industriali sottoscritto nel 2005, finalizzato alla realizzazione delle condizioni per il riequilibrio del bilancio idrico nel distretto vicentino della concia, anche attraverso interventi nel settore acquedottistico, fognario, e depurativo. Nell'ambito di tale accordo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha compiuto la scelta di lasciare le risorse ministeriali, ammontanti a 23 milioni di euro fino ad oggi non ancora spesi, 10 dei quali da destinare al settore conciario. Tenendo conto del nuovo quadro conoscitivo e dei nuovi obiettivi strategici risultanti dal Piano di gestione delle acque del 2016, sotto la guida del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato, inoltre, messo a punto un testo di accordo novativo che conferma la volontà di mantenere gli impegni finanziari assunti in coerenza con gli obiettivi individuati, e nel quale il Ministero si impegna a reperire ulteriori risorse per il perseguimento degli obiettivi legati alla problematica dei Pfas. Obiettivi, lo si ricorda, prima non previsti all'interno del precedente accordo ma che, grazie al Ministero, trovano la loro evidenza nell'accordo novativo, a dimostrazione della centralità attribuita dal Governo a questa emergenza. Tale accordo si è formalizzato il 6 luglio 2017.
  In seguito alla richiamata ricerca sperimentale sulla presenza di Pfas svolta nel 2013, l'Arpa Veneto ha individuato la principale area di contaminazione nella provincia di Vicenza. Ha, successivamente, esteso il controllo a tutto il territorio regionale, attraverso le reti di monitoraggio delle acque sotterranee e superficiali nonché, in stretto coordinamento con la regione del Veneto e l'Istituto superiore di sanità, ad altre matrici ambientali, quali acque marine e lagunari, fanghi e alimenti.
  A seguito di tale studio, Arpav rilevava un inquinamento sia delle acque di falda sotterranee, sia di quelle superficiali in un territorio più vasto, compreso nei comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova interessati da Pfas non solo nel corpo idrico di falda, ma anche nelle condotte di acqua potabile che nella provincia di Verona servono i comuni di Arcole, Veronella, Zimella, Pressana, Roveredo di Guà, Albaredo d'Adige e Cologna Veneta, in quanto dette condotte attingono dalla falda sita nel comune di Lonigo.
  Le autorità regionali procedevano a mettere in sicurezza l'acqua potabile della zona interessata, tramite l'utilizzo di filtri a carboni attivi, già nel 2013.
  L'analisi sul sistema degli scarichi fognari del territorio interessato ha messo in evidenza che le concentrazioni più alte provenivano dal depuratore di Trissino; tra le principali fonti da cui avevano origine le quantità di Pfas scaricate in fognatura vi era l'azienda chimica Miteni s.p.a. posta nel comune di Trissino.
  La Miteni opera dietro autorizzazione integrata ambientale da parte della regione Veneto, che ha autorizzato la produzione di determinate sostanze, che sono sottoposte a determinati limiti massimi entro i quali possono essere prodotte.
  Il procedimento amministrativo di caratterizzazione e bonifica del sito è seguito dagli Enti competenti per territorio in cui ha sede legale l'azienda Miteni ovvero nell'ambito della provincia di Vicenza.
  Con riferimento al quadro ambientale relativo all'inquinamento del sito industriale ove insiste l'impianto della Miteni s.p.a., a marzo 2017, il Noe, con l'ausilio dei tecnici dell'Arpav, ha iniziato una serie di attività investigative ed ispettive nei confronti dello stabilimento.
  Alla luce delle considerazioni esposte nella relazione del comando carabinieri nucleo operativo ecologico di Treviso ed in particolare, tenuto conto della notevole estensione e della gravità dello stato di inquinamento, della mancata rimozione della sua sorgente, peraltro a contatto o quasi con la falda, dei gravi rischi per la salute che il protrarsi della contaminazione potrebbe comportare, oltre all'aggravamento del danno ambientale ed infine dalla non totale efficacia della barriera idraulica presente presso lo stabilimento, si prevede un maggiore coinvolgimento dei soggetti istituzionali interessati.
  Nello specifico, si prevede la possibilità per la regione Veneto di autorizzare l'applicazione a scala pilota di tecnologie di bonifica innovative e di valutare l'opportunità di emanare un apposito provvedimento finalizzato a ricondurre il procedimento amministrativo di bonifica ad un ente amministrativo sovraordinato rispetto all'attuale Comune, dotato di adeguate capacità tecniche, come la stessa regione del Veneto. Si prevede, altresì, un l'approfondimento dei monitoraggi ambientali da parte di Arpav e un maggior coinvolgimento di Ispra su tali tematiche.
  Si segnala, inoltre, che i militari del Noe di Treviso, in collaborazione con il Noe di Milano e con il personale della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri di Vicenza, nel corso di una complessa attività info-investigativa, coordinata dalla procura della Repubblica di Vicenza, l'8 marzo scorso hanno proceduto ad alcune perquisizioni nelle sedi della ditta in questione e deferito 9 dirigenti, cui sono stati contestati i reati di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari ed inquinamento ambientale, nonché la violazione della normativa in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
  L'amministrazione provinciale di Vicenza ha comunicato, altresì, di aver attivato, il 18 gennaio 2017, il procedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale alla Miteni.
  Per quanto concerne la messa in sicurezza del sito, l'Arpav ha evidenziato che il monitoraggio delle concentrazioni al punto di conformità, realizzato a sud dello stabilimento, ha reso necessaria la richiesta, da parte degli enti, di ulteriori attività di miglioramento delle barriere presenti. Quanto richiesto è stato realizzato nel 2017, mediante attivazione di 3 nuovi pozzi in prossimità del torrente Poscola, 3 nuovi pozzi profondi fino ad intercettare il substrato fratturato nel lato sud dello stabilimento ed un ulteriore approfondimento di un pozzo nella parte centrale dello stabilimento. Sono state, inoltre, realizzate ulteriori verifiche di tipo idrogeologico per valutare le caratteristiche dell'acquifero. Complessivamente, fino a marzo 2017, sono stati estratti dalle due barriere presenti 26 chilogrammi di Pfoa, 6 chilogrammi di Pfos e 20 chilogrammi di altri Pfas, per un totale di 52 chilogrammi. Le acque emunte dalla barriera in parte vengono trattate con un sistema di filtri a carbone, in parte vengono inviate all'impianto di depurazione interno alla ditta. Il monitoraggio dell'efficacia della barriera viene verificato da Arpav tramite il controllo analitico di tre piezometri di valle.
  Come detto, il fenomeno di inquinamento da Pfas ha assunto nel tempo una valenza interprovinciale.
  Per quanto riguarda il territorio veronese interessato dalla contaminazione da Pfas, tali sostanze, attraverso gli scarichi della Miteni nel depuratore di Trissino, vengono poi immesse nel condotto consortile dell'A.Ri.C.A., dove confluiscono anche gli scarichi di altri depuratori della zona, sfociando nel fiume Fratta nel territorio di Cologna Veneta. Queste sostanze, grazie agli apporti idrici del canale LEB, subiscono altre diluizioni, venendo disperse nel reticolo irriguo che serve le aree coltivate di quelle zone, con il rischio della loro conseguente penetrazione nelle piante e negli animali e quindi nella catena alimentare.
  Per l'ambito veronese, gli enti pubblici competenti stanno procedendo, ai fini della tutela della salute dei cittadini e dell'integrità dell'ambiente, ad attenti e costanti monitoraggi dell'area, in adesione ad un programma di carattere regionale.
  Tutti i comuni interessati hanno emesso ordinanze adeguate al proprio contesto. La maggior parte ha obbligato i privati a dichiarare l'esistenza dei pozzi e ad effettuare delle analisi, disponendo in alcuni casi il divieto di utilizzo per uso potabile dell'acqua prelevata dai pozzi privati.
  La provincia di Verona ha reso noto di aver accertato superamenti di concentrazione di Pfoa nel comune di Soave, area di servizio «Scaligera Nord», riconducibili ad Eni s.p.a., nel 2014. La predetta contaminazione non risulta collegata né a quella di natura idrocarburica né a quella da Pfas ascritta alla ditta Miteni, ma sembra derivare da una sorgente posta all'interno dell'area di servizio ed essere sostanzialmente confinata alla stessa e ai terreni limitrofi. L'intervento di bonifica per la rimozione dei contaminanti idrocarburici attuato da Eni è pressoché giunto a conclusione, mentre permane la problematica ambientale legata alla presenza di Pfas e Btf, come attestano le più recenti analisi delle acque sotterranee fatte pervenire dall'Arpav di Verona.
  Il superamento delle CSC per il Pfoa era stato registrato nel 2016 anche nel comune di Pescantina ma, con successive analisi del marzo e giugno 2017, il superamento non è stato confermato.
  Per entrambi i casi il settore ambiente della provincia di Verona ha attivato procedimenti per l'identificazione del responsabile della contaminazione, che sono tuttora in corso. Risulta inoltre accertata da Arpav la presenza di Pfas, anche in concentrazioni sensibili, nel percolato di numerose discariche per rifiuti non pericolosi presenti sul territorio provinciale, senza però un corrispondente riscontro nelle acque sotterranee prelevate dalle relative reti di monitoraggio.
  Per quanto concerne la provincia di Rovigo, l'Arpav ha rappresentato che la contaminazione unica riscontrata in questa provincia, già evidenziata nello studio del CNR del 2013, riguarda alcune stazioni sul fiume Po ed è riconducibile a fonti di pressione situate a monte dell'ingresso del Po nel Veneto.
  Per tale provincia, l'azienda sanitaria polesana ha fatto presente che, a far data dal 2016 ad oggi, sono stati eseguiti un totale di 224 campionamenti per la ricerca Pfas, comprensivi di prelievi effettuati presso insediamenti del settore alimentare che utilizzano acqua proveniente da approvvigionamento autonomo dopo trattamento di potabilizzazione. I rapporti di prova della sezione laboratori Arpav, relativi ai prelievi effettuati dal 2016 ad oggi da personale dell'azienda medesima sull'acqua destinata al consumo umano presso le 9 centrali di potabilizzazione ed ai punti significativi delle reti di distribuzione, non hanno evidenziato superamenti dei valori di
performance fissati dall'Istituto superiore di unità. Tutti i valori riscontrati risultano inferiori anche ai recenti limiti più restrittivi stabiliti dalla regione Veneto.
  Sempre secondo quanto riferito dall'azienda sanitaria polesana, mentre l'acqua destinata al consumo umano proveniente da centrali di potabilizzazione che derivano acqua dal fiume Adige ha evidenziato valori di Pfas al di sotto del limite di rilevabilità dello strumento, l'acqua proveniente da centrali che derivano acqua dal fiume Po o da pozzi artesiani golenali ha evidenziato la presenza di Pfas ma non il superamento dei livelli di
performance fissati dall'Istituto superiore di sanità e dalla regione Veneto.
  Per quanto concerne il danno ambientale, a seguito di richiesta da parte del consiglio di bacino Bacchiglione e di dieci comuni interessati dalla contaminazione si è attivata la relativa procedura.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha da subito attivato Ispra per l'attività tecnica di competenza ed ha richiesto agli enti locali interessati dalla contaminazione di trasmettere notizie aggiornate in merito alle eventuali iniziative intraprese a seguito dell'emanazione del già richiamato decreto ministeriale del 6 luglio 2016 che fissa i valori soglia da considerare per la classificazione dello stato chimico delle acque sotterranee. È stato inoltre attivato un tavolo tecnico all'interno del sistema nazionale a rete (Snpa), finalizzato ad affrontare i seguenti aspetti: monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee; analisi delle pressioni e degli impatti; raccolta dei dati di monitoraggio delle Arpa (Sintai); regolamento
Reach; analisi di siti potenzialmente contaminati; valutazione del danno ambientale.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a svolgere le proprie attività mantenendo alto il livello di attenzione su questa delicata questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prevenzione dell'inquinamento

sanita' pubblica

principio chi inquina paga