ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17353

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 836 del 18/07/2017
Firmatari
Primo firmatario: FANTINATI MATTIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 18/07/2017


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 18/07/2017
Stato iter:
22/12/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/12/2017
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/12/2017

CONCLUSO IL 22/12/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17353
presentato da
FANTINATI Mattia
testo di
Martedì 18 luglio 2017, seduta n. 836

   FANTINATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, un articolo di stampa riferiva che ad un quindicenne di Montagnana, comune in provincia di Padova, nel corso di un esame del sangue sono stati riscontrati 294,7 nanogrammi Pfoa per millilitro di sangue contro il limite fissato tra 1,15 e 8;
   le analisi del ragazzo, uno dei 76 soggetti tra i 14 e i 65 anni sottoposti allo screening regionale, hanno mostrato uno sforamento di oltre 35 volte il limite consentito dalla legge;
   questo è solo l'ultimo, in ordine di tempo, dei tanti casi di ragazzini esposti alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche in Veneto;
   il 12 luglio 2017, una delegazione delle famiglie che hanno fondato il «Comitato Zero Pfas Montagnana», ha portato le analisi del sangue dei loro figli alla sede di Treviso dei carabinieri del Noe;
   la caratteristica che rende pericolose queste sostanze è il fatto che si accumulano non nel grasso, ma nel sangue e nel fegato, rendendosi così biologicamente più disponibili, con lunghi tempi di escrezione dall'organismo; ciò favorisce l'insorgenza di neoplasie renali, al testicolo, oltre al diabete, alle malattie cardiovascolari e all'Alzheimer, e rappresenta un grave rischio anche per le gestanti;
   l'attuale direttiva 1998/83/CE sull'acqua potabile è oggetto di valutazione e in Italia il Ministero della salute ha stabilito un livello massimo di Pfas nelle acque ad uso umano di 500 nanogrammi/litro, mentre in altri Paesi esso è decisamente inferiore: in Germania, ad esempio, è di 100ng/l, in New Jersey (USA) 40ng/l. Sono allarmanti i dati emersi dai biomonitoraggi sui residenti dell'area contaminata in Veneto, con valori preoccupanti soprattutto nei ragazzi quattordicenni rispetto ai loro coetanei residenti in altre aree;
   sono trenta i comuni distribuiti tra le province di Vicenza, Verona e Padova interessati dall'inquinamento delle acque superficiali e delle falde acquifere, alcune di queste destinate anche alla produzione agroalimentare e zootecnica –:
   quali iniziative di competenza si intendano adottare, anche di concerto con la regione Veneto, per affrontare questa emergenza e favorire una soluzione strutturale del problema, localizzando e vietando tutti gli scarichi di Pfas nelle aree colpite da fenomeni di contaminazione, nonché individuando, contestualmente, altre fonti di approvvigionamento idrico potabile. (4-17353)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 22 dicembre 2017
nell'allegato B della seduta n. 903
4-17353
presentata da
FANTINATI Mattia

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla presenza di Pfas a Montagna in provincia di Padova, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre evidenziare, in via preliminare, che le sostanze perfluoroalchiliche sono, come è noto, composti formati da una catena alchilica di lunghezza variabile totalmente fluorurata e da un gruppo funzionale costituito da un acido carbossilico o solfonico.
  Le sostanze a catena lunga appartenenti a questa famiglia chimica destano particolari preoccupazioni di ordine ambientale e sanitario, benché siano state largamente utilizzate a partire dalla seconda metà del secolo scorso in diversi settori produttivi. Le sostanze maggiormente rappresentative di questa grande famiglia chimica sono l'acido perfluorottansolfonico (Pfos) e l'acido perfluorottanoico (Pfoa).
  Il Pfos è stato inserito nel 2010, con il regolamento (Ue) n. 757/2010, nell'allegato I al regolamento (CE) n. 850/2004 che attua la Convenzione internazionale di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti. A seguito di tale inserimento la produzione, l'immissione in commercio e l'uso del Pfos sono stati vietati in tutti i Paesi dell'Unione europea.

  Per quanto riguarda il Pfoa, il regolamento (Ue) n. 317/2014 ha stabilito il suo inserimento nell'allegato XVII al regolamento (Ce) n. 1907/2006 («Regolamento Reach») con il relativo divieto di immissione sul mercato per la vendita al pubblico come componente di miscele.
  Più recentemente, nel giugno del 2017, con il regolamento (Ue) n. 2017/1000 è stata approvata una nuova restrizione che prevede il divieto, entro tre anni, della produzione e dell'immissione sul mercato di sostanze, miscele e articoli che contengono più di 25 µg/kg di Pfoa.
  Come tutte le restrizioni adottate ai sensi del regolamento Reach, questa restrizione costituisce un provvedimento di portata generale: si applica cioè a tutte le imprese europee che producono, utilizzano o importano miscele e articoli contenenti Pfoa.
  Riguardo ai Pfas a catena corta, solo una sostanza risulta inserita nella lista delle Svhc (il perfluoro esan sulfonato). Al momento non sono in vigore restrizioni specifiche per Pfas a catena corta, benché si preveda che maggiori informazioni sull'eventuale pericolosità di tali sostanze possano essere messe a disposizione delle autorità nazionali e dell'Echa quando risulterà conclusa la fase di registrazione delle sostanze chimiche presenti sul mercato dell'Unione europea prevista dal regolamento Reach.
  Anche l'Ocse ha avviato una specifica attività di indagine sui Pfas raccogliendo dati sui diversi tipi di impiego delle diverse centinaia di sostanze perfluoroalchiliche utilizzate nei settori industriali interessati. Scopo dell'indagine dell'Ocse è quello di facilitare lo scambio di informazioni tra i produttori, gli utilizzatori e le autorità nazionali, anche al fine di individuare sostanze alternative di comprovato minore impatto sanitario e ambientale, che offrano analoghe prestazioni a costi sostenibili.
  Un elenco delle sostanze censite dall'Ocse è già disponibile sul portale
https://www.oecd.org/ehs/pfc: accedendo a tale portale possono essere condivise informazioni riguardanti gli aspetti regolamentari dei Pfas, le politiche nazionali, gli aggiornamenti scientifici, le nuove tecnologie e le alternative ai Pfas.
  A livello nazionale, nel 2013 a seguito della prima segnalazione della presenza delle sostanze Pfas nelle matrici ambientali dell'area del vicentino, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha istituito un gruppo tecnico di lavoro per i necessari approfondimenti della situazione di contaminazione da Pfas nelle acque sotterranee e superficiali. In tale gruppo di lavoro, tuttora operativo, sotto il coordinamento del Ministero, sono presenti gli esperti dell'Istituto superiore di sanità (Iss), dell'Irsa-Cnr, dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra). Il gruppo di lavoro aveva in origine anche il mandato di definire per i Pfas gli Standard di qualità ambientale (Sqa) per i corpi idrici superficiali e i Valori soglia (VS) per la valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee. Entrambi da inserire, rispettivamente, nello specifico allegato del codice dell'ambiente (acque superficiali), in attuazione della direttiva 2013/39/Ue nell'allegato del decreto legislativo n. 30 del 2009 (acque sotterranee), in recepimento della direttiva 2014/80/Ue della Commissione.
  A seguito delle risultanze delle attività del gruppo tecnico di lavoro, con decreto legislativo n. 172 del 2015 sono stati definiti gli standard di qualità ambientale (Sqa) per le sostanze prioritarie nelle acque superficiali, ivi inclusi alcuni composti perfluorurati.
  Con decreto ministeriale 6 luglio 2016 sono stati poi individuati i valori soglia (Vs) per la definizione del «buono stato chimico» delle acque sotterranee, tra cui i valori soglia dei composti perfluorurati PFPeA, PFHxA, Pfbs, Pfoa, Pfos.
  Nel 2016 il gruppo tecnico di lavoro, a seguito degli sviluppi della situazione di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee del vicentino, è stato integrato con rappresentanti delle regioni interessate dalla contaminazione da Pfas, in particolare con i rappresentanti della regione Veneto, dell'Arpa Veneto e della provincia di Vicenza, e dei responsabili delle altre Arpa, delle regioni e delle autorità di distretto idrografico interessate.
  Nel corso del biennio 2016-2017, nell'ambito della gestione delle attività del gruppo tecnico di lavoro è stata condotta una intensa collaborazione, scambio di informazioni e dialogo tra i rappresentanti delle regioni, in particolare della regione Veneto e provincia di Vicenza, delle agenzie regionali per l'ambiente e degli istituti di ricerca coinvolti nel gruppo tecnico Iss, Ispra, Irsa-Cnr per l'attivazione da parte della regione Veneto di piani di misure a breve, medio e lungo termine per fare fronte alla situazione di contaminazione da Pfas nelle acque del vicentino.
  «Le autorità di bacino, le regioni e le province autonome dovranno elaborare, entro il 22 dicembre 2018, un programma di monitoraggio supplementare e un programma preliminare di misure relative a tali sostanze e li trasmettono al Ministero dell'ambiente ed al Sintai (Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane) per il successivo inoltro alla Commissione europea. Le autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, entro il 22 dicembre 2021, un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, che è attuato e reso operativo entro e non oltre il 22 dicembre 2024. Qualora, invece, gli esiti di monitoraggi pregressi, anche condotti a scopo di studio, abbiano già evidenziato la presenza di tali sostanze in concentrazioni superiori agli standard di qualità ambientale di cui alla tabella 1/B, le autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano e riportano nei piani di gestione, entro il 22 dicembre 2015, i programmi di monitoraggio ed un programma preliminare di misure relative a tali sostanze, immediatamente operativi...». I predetti Sqa sono stati calcolati seguendo la linea guida n. 27 della Comunità europea per la definizione degli standard di qualità ambientali per le acque. Il limite scelto per definire lo standard di qualità ambientale è stato sempre quello più basso.
  Il Ministero dell'ambiente, dunque, sin dal 2013, anno della prima rilevazione dei composti Pfas nelle acque potabili e nelle matrici ambientali dell'area del vicentino, si è attivato per affrontare la situazione di contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) delle acque superficiali e sotterranee nella provincia di Vicenza.
  Il Ministero, nell'ambito delle proprie funzioni di indirizzo e coordinamento ha evidenziato la necessità di estendere a livello nazionale gli approfondimenti per valutare l'estensione e l'entità del fenomeno di contaminazione delle acque da Pfas e individuare le eventuali fonti di inquinamento necessarie per la predisposizione di programmi di monitoraggio
ad hoc.
  Nel luglio 2016, ha formalmente richiesto ad Ispra, con il coinvolgimento del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (Snpa), di formulare le proprie valutazioni e proposte per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei corpi idrici superficiali e sotterranei così da permettere alle regioni la programmazione dello stesso nell'ambito delle attività dei Piani di gestione dei distretti idrografici. In particolare è stato richiesto di:

   1) validare tutti i metodi non ufficiali utilizzati dai laboratori delle Arpa nel monitoraggio dei corpi idrici e quindi nella determinazione analitica delle sostanze prioritarie;

   2) definire, con il Sistema nazionale a rete, l'avvio di un monitoraggio sulle sostanze polifluoroalchiliche (Pfas), in tutte quelle situazioni che, a seguito di un'analisi sulle pressioni antropiche che incidono sui corpi idrici superficiali e sotterranei, diano luogo a potenziali esposizioni a tali composti.

  Al fine di dare risposta alle richieste del Ministero, Ispra si è attivata sia per la definizione di criteri concordati di identificazione dei requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi sia per l'avvio del richiesto monitoraggio. A tale scopo è stato anche attivato un tavolo tecnico all'interno del predetto Sistema nazionale a rete (Snpa), finalizzato ad affrontare i seguenti aspetti: monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee; analisi delle pressioni e degli impatti; raccolta dei dati di monitoraggio delle Arpa (Sintai); regolamento Reach; analisi di siti potenzialmente contaminati; valutazione del danno ambientale.
  Sul territorio nazionale i primi monitoraggi delle due sostanze Pfos e Pfoa sono stati effettuati nelle regioni Piemonte e Veneto, con la predisposizione di specifiche stazioni di monitoraggio (65 per il Pfos e 65 per il Pfoa in Piemonte; 347 per il Pfos e 347 per il Pfoa in Veneto).
  In data 17 ottobre 2016, Ispra ha comunicato che solo 4 regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Lazio) hanno predisposto programmi di monitoraggio per i Pfas. A inizio 2017 il Ministero ha sollecitato le regioni alla predisposizione dei piani di monitoraggio dei composti Pfas nelle acque superficiali, sotterranee e negli scarichi e ad assumere tutte le iniziative di competenza volte a controllare i corpi idrici.
  Attualmente, oltre alle predette regioni, hanno predisposto programmi di monitoraggio per i Pfas: il Friuli-Venezia Giulia, l'Umbria, la Val d'Aosta, la provincia autonoma di Bolzano, la Puglia, l'Emilia-Romagna e la provincia autonoma di Trento.
  Con specifico riferimento alla problematiche riscontrate nelle province venete, si ritiene opportuno, inoltre, segnalare che l'Istituto superiore di sanità, operando in costante coordinamento con il Ministero della salute, ha coadiuvato e sorvegliato costantemente le misure di analisi e mitigazione di rischio di contaminazione causato da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in Veneto, ed ha redatto una prima nota informativa (parere 7 giugno 2013) finalizzata ad attivare molteplici azioni multidisciplinari, orientate a garantire la mitigazione sostanziale di ogni esposizione a Pfas della popolazione, e di valutare eventuali effetti sulla salute dovuti ad esposizioni pregresse.
  L'Istituto superiore di sanità ha coinvolto le «
expertise» necessarie, che hanno un ruolo di primo piano nelle valutazioni di rischio a livello internazionale, inclusa la definizione dei valori limite di inquinanti nelle linee guida mondiali dell'Organizzazione mondiale della sanità per la qualità delle acque potabili, e dei «panel» dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare-Efsa per contaminanti della catena alimentare.
  L'istituto sta svolgendo, insieme ad un «
team» multi-istituzionale regionale e territoriale del Veneto, il Piano di sicurezza dell'acqua nella filiera idro-potabile della contaminazione, secondo i criteri di prevenzione sanitaria più avanzati elaborati dalla Oms.
  Al riguardo, si precisa che il Ministero della salute ha più volte richiamato l'attenzione della regione Veneto sui contenuti del decreto ministeriale 14 giugno 2017, adottato dallo stesso Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che recepisce la direttiva (Ue) 1787/2015, la quale introduce l'attuazione dei piani di sicurezza sull'intero sistema idro-potabile, e costituisce la più innovativa metodologia di prevenzione e controllo degli inquinanti potenzialmente presenti nei sistemi idropotabili, elaborata e promossa dall'Oms (
Water safety plan). Con il predetto decreto è stata, dunque, introdotta la valutazione del rischio nelle filiere idropotabili secondo il modello dei piani di sicurezza dell'acqua, per il controllo di possibili contaminazioni legate a circostanze specifiche che possono interessare la filiera idropotabile, richiedendo che la valutazione del rischio comprenda «dati di monitoraggio per elementi chimici sostanze non oggetto di ordinario controllo sulla base di elementi di rischio sito specifici».
  Tale metodologia consente un «cambio di passo» nelle attività di prevenzione, permettendo di monitorare tutto il sistema di captazione e adduzione delle acque, analizzando e censendo ogni rischio di contaminazione. L'attuale sistema di controlli, in effetti, si limita alla verifica periodica di parametri al rubinetto, insufficiente per comprendere l'intero e complesso sistema di gestione dell'acqua.
  Si ricorda, inoltre, che le regioni in base allo spirito della direttiva quadro sulle acque sono chiamate a valutare le «pressioni e gli impatti» che si esercitano nel proprio territorio sui corpi idrici e, sulla base degli esiti di tale analisi, definiscono combinazioni di misure di tutela idonee disciplinando, per esempio nelle autorizzazioni allo scarico, specifici limiti a sostanze non contemplate nell'ordinamento europeo e/o nazionale.

  L'evidenza di una situazione di potenziale pericolo ecologico e sanitario nel bacino del fiume Po ha portato nel 2011 alla stipula di una convenzione tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Istituto di ricerca sulle acque Cnr per la realizzazione di uno studio sperimentale su potenziali inquinanti «emergenti» e sul rischio ambientale e sanitario associato alla contaminazione da queste sostanze nel bacino del Po e nei principali bacini italiani. Tale studio, nel maggio 2013, è stato condiviso con il Ministero della salute e con l'Istituto superiore di sanità, oltreché notificato all'Arpa Veneto e alla provincia di Vicenza al fine di coinvolgere fin da subito il territorio.
  A far data dalla nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 29 maggio 2013, indirizzata ad una pluralità di amministrazioni centrali e periferiche, veniva richiesto di «effettuare gli accertamenti necessari all'individuazione delle fonti di immissione delle sostanze» perfluoroalchiliche e «all'attivazione delle conseguenti iniziative di tutela delle acque». Da ciò traeva avvio una fitta interlocuzione tra la regione Veneto e tutte le amministrazioni competenti, allo scopo di individuare un percorso condiviso e coordinato di prevenzione e tutela.
  Riguardo alle fonti alternative di approvvigionamento idrico potabile e ai fondi statali a disposizione per la realizzazione di nuovi acquedotti, si riporta quanto segue.
  In parallelo con l'attività di supporto tecnico-scientifico, dall'inizio del 2016 il Ministero ha riassunto un ruolo pro-attivo nella governance di un accordo di programma con la regione Veneto, con gli enti territoriali e le associazioni industriali sottoscritto nel 2005, finalizzato alla realizzazione delle condizioni per il riequilibrio del bilancio idrico nel distretto vicentino della concia, anche attraverso interventi nel settore acquedottistico, fognario e depurativo. Nell'ambito di tale accordo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha compiuto la scelta di lasciare le risorse ministeriali, ammontanti a 23 milioni di euro fino ad oggi non ancora spesi, 10 dei quali da destinare al settore conciario. Tenendo conto del nuovo quadro conoscitivo e dei nuovi obiettivi strategici risultanti dal piano di gestione delle acque del 2016, sotto la guida del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato, inoltre, messo a punto un testo di Accordo novativo che conferma la volontà di mantenere gli impegni finanziari assunti in coerenza con gli obiettivi individuati, e nel quale il Ministero si impegna a reperire ulteriori risorse per il perseguimento degli obiettivi legati alla problematica dei Pfas. Tale accordo si è formalizzato il 6 luglio 2017.
  Nel comitato di sorveglianza tenutosi il 25 settembre 2017 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato una prima interlocuzione per gli adempimenti previsti dall'articolo 3 dell'accordo in parola, per finalizzare le risorse rese disponibili dal Ministero dell'ambiente, nell'ambito della propria programmazione a valere sulle risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 140 della legge n. 232 del 2016, ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017, per la risoluzione della problematica Pfas.
  Sempre in occasione del comitato, è stato formalizzato il progetto preliminare di Veneto Acque riguardante l'approvvigionamento da fonti alternative per la soluzione della problematica dei Pfas.
  Si ricorda inoltre che, in coerenza con gli impegni assunti dal Ministero, saranno destinate a tale riguardo risorse per l'importo di 80 milioni a valere sul «Fondone» di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, ripartite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017. Non appena sarà conclusa l'istruttoria tecnica relativa alla fattibilità del progetto e sarà chiara la concorrenza delle risorse regionali per far fronte al quadro economico, si potrà procedere alla sottoscrizione dell'accordo attuativo per rendere operativi gli interventi.
  Per quanto concerne i costi ambientali, i tre consigli del Bacino Bacchiglione, del bacino Valle del Chiampo e del bacino Veronese, che regolano il servizio idrico integrato nelle aree interessate da inquinamento da Pfas, affermano che servono almeno 180 milioni di euro per risolvere in via definitiva, con interventi sulle reti degli acquedotti, il problema dell'inquinamento da sostanze perfluoro-alchiliche emerso nel vicentino già nel corso del 2013. La soluzione prospettata è quella di sostituire le fonti e interconnettere gli acquedotti. A tal fine, è stato stilato un accordo che detta le linee guida per prevenire e abbattere gli inquinanti, monitorare la diffusione nell'ambiente di tale sostanze, intervenire per l'abbattimento delle stesse, e sostituire la fonte di approvvigionamento di Almisano.
  Con riferimento ai profili connessi ad un eventuale danno ambientale, si rappresenta di seguito l'attività svolta dal Ministero dell'ambiente, in collaborazione con Ispra, gli enti locali e il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, Nucleo operativo ecologico di Treviso.
  A seguito della richiesta di adozione di provvedimenti, ai sensi della parte VI del decreto legislativo n. 152 del 2006, presentata dal Consiglio di bacino Bacchiglione e da dieci dei 140 comuni che ne fanno parte, unitamente a una nota tecnica di sintesi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto a Ispra, in data 7 dicembre 2016, di redigere una «relazione tecnica di individuazione, descrizione e quantificazione del danno ambientale con indicazione delle necessarie misure di riparazione primaria, complementare e compensativa» anche alla luce del procedimento di bonifica/messa in sicurezza della falda sotterranea attivato dalla Miteni S.p.a. presso il comune di Trissino.
  Ispra è stata altresì incaricata di verificare, in collaborazione con l'Arpa Veneto e gli enti locali competenti, la coerenza delle misure di riparazione previste dal progetto di messa in sicurezza rispetto a quanto disposto dall'allegato 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed eventualmente di individuare le misure più appropriate per garantire la riparazione del danno ambientale.
  Contestualmente è stato chiesto alle amministrazioni locali di trasmettere notizie aggiornate in merito alle eventuali iniziative intraprese a seguito dell'emanazione del citato decreto ministeriale del 6 luglio 2016, che fissa i valori soglia da considerare per la classificazione dello stato chimico delle acque sotterranee.
  L'Ispra in data 23 febbraio 2017 ha trasmesso i primi elementi di valutazione relativamente alla problematica ambientale in argomento rappresentando la necessità di avviare una precisa interlocuzione con le autorità locali e con gli enti di controllo sia al fine di acquisire informazioni sia al fine di verificare le possibili azioni di riparazione.
  Sulla vicenda è, inoltre, intervenuto il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, Nucleo operativo ecologico di Treviso che, in data 13 giugno 2017, ha trasmesso il quadro ambientale relativo all'inquinamento del sito industriale ove insiste l'impianto Miteni S.p.a. di Trissino, redatto a seguito delle indagini condotte a partire dall'8 marzo 2017.

  La succitata documentazione trasmessa dai Noe di Treviso è stata inoltrata a Ispra, in data 19 giugno 2017, per le valutazioni di competenza.
  Il set completo degli elementi che perverrà all'esito di tali attività, rappresenterà il presupposto indispensabile per definire il quadro aggiornato della situazione e rapportare le attuali condizioni delle risorse ambientali con la condizione di
baseline, da ricostruire sulla base di dati pregressi.
  Una volta individuati i profili di danno ambientale aventi rilievo ai sensi della vigente normativa, la scelta delle misure di riparazione del danno richiederà, in prospettiva, un confronto sistematico con le autorità locali, attesa la complessità dei vincoli e delle procedure autorizzative e di controllo che condizionano, sul territorio, la concreta fattibilità di tali misure.
  Si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prosegue nella sua azione costante di monitoraggio senza ridurre in alcun modo lo stato di attenzione su tale importante questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

approvvigionamento

prodotto agricolo