ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17070

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 820 del 26/06/2017
Firmatari
Primo firmatario: BERNINI PAOLO
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 26/06/2017


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA SALUTE
  • MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 26/06/2017
Stato iter:
06/10/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/10/2017
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/10/2017

CONCLUSO IL 06/10/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17070
presentato da
BERNINI Paolo
testo di
Lunedì 26 giugno 2017, seduta n. 820

  PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali . — Per sapere – premesso che:
   la carenza di piogge ha recato un danno e i cambiamenti climatici incombono. Non solo il Movimento cinque stelle lo sostiene, ma la Fao, i climatologi e gli scienziati internazionali;
   una delle principali cause di immissioni di Co2 sono proprio gli allevamenti, gli stessi nella filiera di produzione, richiedono disponibilità di immense quantità di acqua. Per ottenere un chilo di carne bovina occorrono, in media, 15 mila litri d'acqua;
   numerosi studi scientifici dimostrano le correlazioni evidenti tra il consumo di proteine animali e i cambiamenti climatici «il consumo di carni, latte e derivati è una delle principali cause del cambiamento climatico»;
   «l'allevamento e la produzione animale è la più grande fonte mondiale di metano e protossido di azoto»;
   l'acqua impiegata nella produzione di foraggi, farine e per abbeverare gli animali rappresenta fino l'87 per cento del consumo mondiale e la produzione di mangimi per animali assorbe il 70 per cento dei consumi di combustibili;
   è lo stesso consorzio del Parmigiano Reggiano a scrivere che per un chilogrammo di parmigiano occorrono 600 litri di latte, 1.530.000 litri di acqua per ottenere un chilogrammo di parmigiano;
   una mucca da latte ha bisogno di circa 200 litri di acqua al giorno, per ottenere un bicchiere di latte occorrono in media 255 litri di acqua. Ogni grammo di proteine contenute nel latte richiede circa 33 litri d'acqua. Una quantità sorprendente, se si considera il fatto che sono il triplo dei litri di acqua che servono per ottenere proteine vegetali;
   ovunque ci sono allevamenti industriali, i cittadini hanno l'acqua inquinata e non potabile. Per esempio sono preoccupanti i risultati di uno studio commissionato ad Arpa dalla provincia di Reggio e da 4 comuni interessati, sulle caratteristiche qualitative delle prime falde acquifere: «Per un anno sono stati monitorati 32 pozzi superficiali, da cui dunque non viene captata acqua potabile per le abitazioni, e lo studio ha evidenziato un impatto dell'inquinamento causato dagli allevamenti, ma anche da liquami fognari e attività produttive.»;
   inoltre, in Italia, moltissimi campioni di acqua sono risultati positivi ai pesticidi. In particolare: Non solo Pfas. Il Veneto è la terza regione, dopo Lazio e Sicilia, per contaminazione da pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee;
   le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici tendono a concentrarsi sul settore energetico, mentre il settore zootecnico riceve sorprendentemente poca attenzione, nonostante il fatto che esso rappresenta il 18 per cento delle emissioni di gas serra e per l'80 per cento del consumo totale di terreno di origine antropica; un allevamento bovino con 2500 mucche da latte produce la stessa quantità di rifiuti di una città di 411,000 persone –:
   se i Ministri interrogati, preso atto delle emergenze e dei danni causati dagli allevamenti sul clima, hanno intrapreso iniziative in materia e quali;
   se i Ministri interrogati, alla luce della portata degli impatti stimati rispetto a queste condizioni di sostenibilità, abbiano preso in considerazione di assumere iniziative per frenare la crescita di questo settore che dovrebbe essere la priorità nella governance ambientale;
   se e come il Governo stia agendo per rispettare gli obiettivi del Protocollo di Kyoto;
   se esista un quadro chiaro e completo sui danni causati degli allevamenti in Italia;
    se i Ministri interrogati non ritengano necessario incentivare un'alimentazione 100 per cento vegetale;
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative per promuovere consumi più sostenibili e per promuovere diversi sistemi di allevamento dato che gli attuali non possono più essere né finanziati né sostenuti, per la salvezza del pianeta, degli animali e dell'ambiente che ci circonda. (4-17070)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 6 ottobre 2017
nell'allegato B della seduta n. 865
4-17070
presentata da
BERNINI Paolo

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa all'incidenza idrica sui cambiamenti climatici, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre premettere che nel rapporto «Emissioni di gas serra dall'agricoltura, Edizione 2016» elaborato da Ispra, vengono descritte le emissioni di gas serra in atmosfera prodotte dal settore agricolo. Tali emissioni sono dovute principalmente alla gestione degli allevamenti e all'uso dei fertilizzanti. Tale indicatore permette di valutare il peso del settore agricolo rispetto al totale di emissione nazionale e il raggiungimento degli obiettivi di riduzione.
  Come noto, con riferimento alla riduzione delle emissioni di gas serra, l'Italia è impegnata a rispettare gli obiettivi di riduzione stabiliti nell'ambito del meccanismo di monitoraggio delle emissioni di gas serra dell'Unione europea (Regulation (EU) No 52 5 del 2013). Tali obiettivi stabiliscono la riduzione comunitaria (quindi complessivamente di tutti i paesi membri) del 20 per cento delle emissioni di gas serra al 2020 e del 40 per cento al 2030 rispetto a livelli di emissione del 1990. In particolare, considerando le sole emissioni derivanti dai settori non-ETS (trasporti, residenziale, rifiuti e agricoltura), gli obiettivi di riduzione per l'Italia sono -13 per cento al 2020 e -33 per cento al 2030 rispetto ai livelli del 2005.
  Dai studi Ispra, nel 2014, l'agricoltura è stata responsabile del 7,2 per cento delle emissioni totali di gas serra, corrispondenti a 30,3 Mt CO2 eq, un valore che segna una riduzione del 16,2 per cento rispetto a quello del 1990, il cui valore era pari a 36,2 Mt CO2 eq. Tale andamento è attribuibile fondamentalmente alla riduzione del numero di capi per alcune specie zootecniche, dell'uso di fertilizzanti azotati sintetici e delle superfici e produzioni agricole.
  Nell'ambito delle politiche e misure di riduzione delle emissioni di gas serra del settore agricoltura. La riduzione della quantità distribuita in agricoltura di fertilizzanti azotati sintetici ha comportato un conseguente calo dell'azoto complessivo in essi contenuto del 32 per cento nel 2015 rispetto alle quantità distribuite nel 1990.
  L'energia prodotta dai reflui zootecnici è aumentata notevolmente a partire dal 2009 grazie a diversi provvedimenti normativi e atti amministrativi. Nel 2015 la riduzione delle emissioni di metano da stoccaggio delle deiezioni è stata stimata pari a circa il 16 per cento grazie al recupero del biogas delle deiezioni avviate ai digestori anaerobici.
  L'Italia ha previsto la razionalizzazione dell'uso dei fertilizzanti azotati e il recupero energetico del biogas dallo stoccaggio dei reflui zootecnici nei digestori anaerobici.
  Altri sforzi vengono intrapresi nel settore dell'agricoltura per promuovere le buone pratiche di gestione agricola, quale il rispetto dei limiti di applicazione dei fertilizzanti e delle regole di spandimento degli effluenti, i metodi di stoccaggio degli effluenti, i limiti di densità del bestiame e le esigenze di rotazione delle colture, e inoltre la produzione integrata di prodotti agricoli e l'agricoltura biologica.
  Nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (United Nations Fraework Convention on Climate Change, UNFCCC) e in particolare del susseguente protocollo di Kyoto, l'Italia aveva l'impegno di ridurre le emissioni nazionali complessive di gas serra nel periodo 2008-2012 del 6,5 per cento rispetto all'anno base (1990).
  La 18a Conferenza delle parti di Doha (Qatar) nel 2012 ha approvato un emendamento al protocollo di Kyoto. Il cosiddetto emendamento di Doha istituisce un secondo periodo di impegno (2013-2020), aggiunge il trifluoruro di azoto all'elenco di gas a effetto serra contemplati dal protocollo e agevola un rafforzamento unilaterale degli impegni delle singole parti.
  Per quanto attiene al periodo post 2020, durante la conferenza sul clima di Parigi (COP21) del dicembre 2015, 195 paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale.
  L'accordo definisce un piano d'azione globale, inteso a mantenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2° C rispetto ai livelli preindustriali, e proseguire l'azione volta a limitare l'aumento di temperatura a 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali, riconoscendo che ciò potrebbe ridurre in modo significativo i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici.
  Va infine sottolineato come l'Italia ha messo in atto politiche e misure che le hanno consentito già nel 2015 di raggiungere tutti gli obiettivi previsti dal pacchetto clima-energia al 2020: l'obiettivo sull'efficienza energetica, quello sulle energie rinnovabili e il target nel settore non-ETS. Rispetto a quest'ultimo obiettivo, l'Italia, stante i dati forniti dalla commissione, supererà il proprio target al 2020 con un surplus di quote pari a 217 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, tale surplus è tra i più alti d'Europa. Di fatto dunque, l'Italia sta già ora contribuendo con il proprio surplus al raggiungimento dell'obiettivo EU al 2030.
  Con l'adozione delle conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 è stato definito il «Quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima». In particolare, sono state definite politiche e regole che l'Unione europea e tutti i suoi Stati membri dovranno seguire per conseguire l'obiettivo UE vincolante di riduzione delle emissioni nazionali di gas a effetto serra almeno del 4 entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
  L'obiettivo sarà raggiunto collettivamente dall'Unione europea nel modo più efficace in termini di costi, con riduzioni, da realizzare entro il 2030 sia nei settori coperti dal sistema ETS che in quelli non coperti da esso, pari rispettivamente al 43 per cento e al 30 per cento rispetto al 2005.
  Con riferimento ai settori non coperti dal sistema ETS, ed in particolare all'agricoltura e alla destinazione dei suoli, il Consiglio europeo ha invitato la commissione a esaminare i modi migliori per incoraggiare l'intensificazione sostenibile della produzione alimentare, ottimizzando al contempo il contributo del settore alla mitigazione degli effetti dei gas a effetto serra e al loro sequestro, anche attraverso l'afforestazione.
  A tal fine, la Commissione, nel luglio 2016, ha presentato una proposta di regolamento sulle modalità di inclusione delle emissioni e degli assorbimenti dei gas a effetto serra dalla destinazione dei suoli, dal cambiamento della destinazione dei suoli e dalla silvicoltura nel quadro degli impegni di riduzione delle emissioni a livello europeo per il 2030 (Proposta LULUCF).
  Si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prosegue nella sua azione costante di monitoraggio senza ridurre in alcun modo lo stato di attenzione su questa importante tematica.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Gian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

alimentazione animale

allevamento

cambiamento climatico