ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16708

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 803 del 24/05/2017
Firmatari
Primo firmatario: FEDRIGA MASSIMILIANO
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Data firma: 24/05/2017


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA DIFESA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 24/05/2017
Stato iter:
02/08/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 02/08/2017
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 02/08/2017

CONCLUSO IL 02/08/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16708
presentato da
FEDRIGA Massimiliano
testo di
Mercoledì 24 maggio 2017, seduta n. 803

   FEDRIGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa . — Per sapere – premesso che:
   il progetto «Parco Navale di Trieste» si inquadra nell'ottica generale di sviluppo e rivalutazione dei fondali marini e la sua messa in opera, oltre che rappresentare un unicum in Italia, avrebbe conseguenze positive per quanto concerne l'ambito turistico, specie per il turismo naturalistico e scientifico, per la valorizzazione del patrimonio naturalistico sottomarino, nonché a beneficio della piccola pesca costiera;
   al fine di accogliere il crescente flusso di utilizzatori passivi (eco-turismo) e attivi (pescatori) delle risorse marine, quindi, il progetto comprende l'individuazione e bonifica di navi aventi valore storico, per poterle utilizzare come struttura di reef artificiale e per implementare l'offerta turistica in un'area già presente sulla mappa dei subacquei italiani; tale progetto punta ad essere sviluppato nella fascia di mare confinante con la «Zona B» della Riserva naturale marina di Miramare;
   un relitto, essendo una struttura sommersa adagiata sul substrato marino, rientra a tutti gli effetti nella definizione di reef artificiale (artificial reef-AF), secondo la European Artificial Reef Research Network (Baine 2001);
   studi scientifici hanno dimostrato che, sebbene le evidenti differenze tra le comunità marine sviluppatesi attorno ai reef artificiali rispetto ai reef naturali adiacenti, e nonostante le comunità del reef artificiale siano soggette a cambiamenti nel tempo, esse non si formano a scapito delle comunità presenti sul reef naturale. Le strutture artificiali vanno, invece, ad arricchire la produzione primaria locale, e a fornire nuovi rifugi atti all'aumento e non al trasferimento di biomassa marina (Carr & Hixon 1997, Grossman et al. 1997);
   come evidenziato nella valutazione di impatto ambientale del progetto Parco navale di Trieste «Basandosi sugli studi citati sopra, si ipotizza che l'affondamento di navi nella “Zona B” della Riserva Marina di Miramare causerà: 1- Un cambiamento circoscritto della meiofauna (organismi che occupano il fondale sabbioso), entro un raggio di 50 metri dal relitto, (...). 2- Una colonizzazione del relitto da parte di organismi bentonici con struttura ecologica differente da quella del reef naturale della riserva naturale marina di Miramare, (...). Questo comporta un ipotizzato aumento della biomassa e biodiversità locale, piuttosto che un trasferimento di organismi dal reef naturale a quello artificiale. (...) 4- Un aumento di presenza di specie ittiche ad alto valore commerciale, con possibilità di aumento dalla pesca locale. 5- Un aumento del flusso turistico nell'area circostante il Parco Navale con benefici economici per le strutture di ristorazione e alberghiere locali. In particolare, l'offerta di un sito per immersioni alternativo alla Riserva Naturale Marina di Miramare, può portare l'utilizzatore a passare più giorni sul territorio. 6- Un aumento dei progetti di ricerca sia nell'ambito della biologia marina che in ambito di economia, sociologia e gestione del territorio»;
   il predetto progetto ha avuto il via libera nel 2002 sia dello Stato maggiore della marina militare del WWF, oltre che il più completo appoggio della Federalberghi di Trieste ed il patrocinio della Confcommercio di Trieste nel 2004;
   ciononostante, il progetto si è arenato per un'interpretazione di legge, a parere dell'interrogante, impropria da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che considera l'affondamento di navi appartenenti alla Marina e la colonizzazione dei relitti come abbandono di rifiuti in acqua –:
   per quali motivi il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare interpreti le operazioni di colonizzazione dei relitti come forme di inquinamento marino e abbandono di rifiuti in acqua, con ciò ponendosi, secondo l'interrogante, in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, come la Croazia o Malta;
   se, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda assumere iniziative per permettere la realizzazione dell'importante progetto del «Parco navale di Trieste» di cui in premessa ed entro quali tempi;
   quali accordi in tale ambito si intendano avviare con la Marina militare per la cessione di eventuali relitti. (4-16708)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 2 agosto 2017
nell'allegato B della seduta n. 847
4-16708
presentata da
FEDRIGA Massimiliano

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al progetto riguardante il «Parco Navale di Trieste», sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell'ambiente, si rappresenta quanto segue.
  La Convenzione di Londra sull'immersione dei materiali in mare del 1975, adottata in ambito Organizzazione marittima internazionale (IMO), e il suo protocollo del 2006, ratificato dall'Italia con la legge n. 87 del 13 febbraio del medesimo anno, pur prevedendo la possibilità di poter procedere all'affondamento di unità navali, subordinatamente ad una autorizzazione rilasciata dalle competenti autorità nazionali, nelle specifiche linee guida considera questa possibilità solo qualora non risultino praticabili soluzioni alternative quali il riutilizzo della nave o di parti di essa o il riciclo dei materiali e non come scelta per la valorizzazione della pesca e del turismo.
  Si rappresenta inoltre che l'Italia, nel quadro degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Barcellona, ha firmato e successivamente ratificato, con legge n. 175 del 27 maggio 1999, il nuovo testo della Convenzione medesima, incluso il «Protocollo per la prevenzione e l'eliminazione dell'inquinamento del Mare Mediterraneo dall'immersione di rifiuti provenienti da navi e aerei o dall'incenerimento in mare», non ancora in vigore. Tale protocollo prevede espressamente il divieto di immersione in mare di navi, che ha avuto una deroga nell'ambito di un regime autorizzativo transitorio, terminata il 31 dicembre 2000. Pertanto, a partire da tale data, è vietata a tutti gli effetti l'immersione di navi in mare alle parti contraenti del protocollo e della convenzione in parola. Pur non essendo ancora entrato in vigore, il protocollo emendato, a seguito della ratifica da parte dello Stato italiano, con cui lo stesso ha manifestato il proprio consenso ad attenersi ed uniformarsi a quanto previsto, produce per esso l'obbligo di comportarsi in buona fede, per non porre nel nulla la sua futura entrata in vigore (ex articoli 24.4 e 18 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati).
  Si rappresenta, inoltre, che l'Italia ha firmato l'atto finale della Convenzione «Ships Recyding» dell'Organizzazione marittima internazionale, per la quale il riciclo dei materiali costituisce la migliore opzione per le navi che hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita.
  Si rappresenta, altresì, che l'affondamento di unità navali non rientra in alcun modo tra le tipologie di materiali autorizzabili all'immersione deliberata in mare, secondo quanto previsto all'articolo 184, comma 3, lettera l), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, laddove i «veicoli a motore, rimorchi e simili, fuori uso e loro parti», sono classificati come rifiuti speciali. Tali veicoli vanno pertanto conferiti ad un centro di raccolta «per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione» articolo 231). All'articolo 109, lettera b) del medesimo decreto, inoltre, è prevista la possibilità di immersione in mare solo di materiali inerti (quali tetrapodi in calcestruzzo o similari), materiali geologici inorganici e di manufatti al solo fine di utilizzo e solo ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale.
  In considerazione alla zona di realizzazione del progetto, si evidenzia che nell'AMP di Miramare non è presente una zona b, ma solamente una zona a e non è dunque chiaro quali siano le aree destinate dal progetto al parco navale. Esiste invece una zona buffer di rispetto, e ad essa forse si fa riferimento nell'interrogazione in esame, istituita dalla capitaneria di porto di Trieste, per una estensione di 400 metri dai limiti della stessa zona a dell'AMP, (ordinanza 28/98 della capitaneria di porto Trieste), dove è vietata la pesca ed è fatto obbligo ai natanti in transito di navigare a distanza di sicurezza dai segnalamenti marittimi, presso i quali è interdetto l'accosto, l'ancoraggio e l'ormeggio.
  All'interno dell'AMP ricade per intero il SIC IT3340007 denominato «Area marina di Miramare», le cui misure di conservazione, così come indicato nella delibera regionale n. 546 del 28 marzo 2013, sono rimandate a più specifiche misure riguardanti gli ambienti marini, che risultano contenute nel regolamento di esecuzione e organizzazione dell'AMP di cui al decreto ministeriale del 26 maggio 2009, recante le misure di protezione riferite alle numerose specie e agli habitat prioritari sottoposti a tutela riportati nel formulario approvato dalla regione Friuli Venezia Giulia, e pubblicato sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (inoltre l'AMP di Miramare è stata riconosciuta come area ASPIM, per le misure di salvaguardia destinate alla tutela delle specie minacciate e degli habitat).
  Pertanto l'eventuale presenza di un reef artificiale quale quello proposto, benché esterno all'AMP ma in quanto vicino, potrebbe creare un impatto sui fondali e sulle biocenosi circostanti, ponendosi in contrasto con quanto disposto agli articoli 3 e 4 del decreto ministeriale istitutivo dell'AMP Miramare del 12 novembre 1986, e presupponendo in ogni caso l'espletamento di una necessaria valutazione di incidenza, considerata l'immediata adiacenza all'AMP e quindi al SIC.
  Occorre, inoltre, evidenziare che l'effettiva e completa bonifica di scafi, che dovrebbe comunque avvenire in base ad uno specifico piano di esecuzione lavori ad opera dell'ISPRA, è da considerarsi, a tutt'oggi, come un'operazione non solo complessa ed estremamente costosa, ma dagli esiti incerti dal punto di vista ambientale. Si aggiunga che, sulla base delle conoscenze attuali non è possibile determinare se, e in che termini quali quantitativi, tali affondamenti possano comportare, anche nel tempo, un rilascio incontrollato di inquinanti che potrebbero compromettere lo stato di salute delle biocenosi preesistenti.
  Per quanto riguarda, infine, le finalità perseguite dal progetto in questione si osserva che la previsione di incentivare un'attività economica nel settore del turismo, non è di per se sufficiente a motivare una introduzione di mezzi navali nell'ambiente marino, considerato il fondato motivo che tale introduzione reca una significativa alterazione di quest'ultimo. Si evidenzia, inoltre, che il processo di colonizzazione dei relitti da parte di specie tipiche di substrati duri modifica i complessi equilibri ecologici in essere, in un ambiente caratterizzato da fondi mobili, con effetti difficilmente prevedibili, non per forza «benefici», sulla piccola pesca costiera. Da ultimo, si richiama la convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo del 2001 (ratificata dall'Italia con legge n. 157 del 23 ottobre 2009), che definisce «Patrimonio culturale subacqueo» «qualsiasi traccia di vita umana avente carattere culturale, storico o archeologico che sia stata sott'acqua parzialmente o completamente, periodicamente o continuativamente, per almeno 100 anni».
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

ambiente marino

fondale marino

parco nazionale