ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/14498

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 692 del 14/10/2016
Firmatari
Primo firmatario: MARCON GIULIO
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 13/10/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 13/10/2016
Stato iter:
31/05/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 31/05/2017
DELLA VEDOVA BENEDETTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 31/05/2017

CONCLUSO IL 31/05/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14498
presentato da
MARCON Giulio
testo di
Venerdì 14 ottobre 2016, seduta n. 692

   MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale . — Per sapere – premesso che:
   recentemente l'Unione europea ha intrapreso una strada che potrebbe segnare un grave precedente e un punto di non ritorno nelle politiche migratorie: rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Il riferimento è al recente nuovo accordo tra Unione europea ed Afghanistan, il « Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU» firmato a Kabul, al Palazzo presidenziale il 2 ottobre e il suo nesso con la Conferenza internazionale sull'Afghanistan che si è chiusa il 6 ottobre, con la promessa di nuovi sussidi economici al Paese (altri 15,2 miliardi di euro);
   per la prima volta infatti si fa un accordo di riammissione forzata con un Paese in una situazione di conflitto conclamato. Nello specifico, l'intesa dice che i cittadini afghani che non hanno base legale per restare in uno Stato membro dell'Unione, verranno rimpatriati nel loro Paese d'origine: si prediligerà il «ritorno volontario» altrimenti si procederà con i «rimpatri forzati» anche di massa;
   gli afghani sono il secondo gruppo per numero di richiedenti asilo giunti nell'Unione europea – sia nel 2015 che nei primi otto mesi del 2016, ora si trovano al centro di un accordo su rimpatri, riammissioni e reintegri;
   l'Afghanistan è classificato come quartultimo nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L'Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che sia secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del Paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell'Easo, dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati nel 2015 11 mila civili vittime di violenza. Prevedere in un Paese come questo un rimpatrio forzato è un pericolosissimo precedente e rischia di aggravare ulteriormente una situazione già di per sé drammatica;
   sebbene entrambe le parti neghino che vi sia un nesso diretto tra la firma dell'accordo e la concessione degli aiuti, osservatori e fonti giornalistiche rivelano che un collegamento in effetti vi sarebbe, e che sarebbe stata la Germania a imporre come condizione per l'elargizione di aiuti la firma dell'accordo. In due diversi sessioni parlamentari, il 29 settembre e il 2 ottobre 2016, autorevoli esponenti del Governo afghano come il Ministro degli affari esteri, Salahuddin Rabbani, e quello delle finanze, Eklil Hakimi, hanno fatto esplicito riferimento al legame tra la concessione degli aiuti e l'accordo sui rimpatri. Una condizionalità che di certo era nell'aria da tempo e che appare in linea con la tendenza europea dell'ultimo periodo ad esternalizzare la gestione di una crisi migratoria apparentemente senza soluzione, fornendo in cambio aiuti economici (si vedano il caso del recente accordo con la Turchia, nonché i processi di Rabat e Khartoum) –:
   quale sia la posizione del Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   se il Governo intenda firmare un accordo bilaterale e se questo prevedrà anche il rimpatrio forzato;
   se non ritenga una contraddizione quanto previsto nell'accordo in merito ai rimpatri, alla luce delle condizioni di sicurezza dell'Afghanistan e della circostanza che la cooperazione italiana non ha recentemente ammesso, sulla base di un giudizio dell'ambasciata, confermato anche dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale), due progetti sull'Afghanistan proprio a causa delle condizioni di sicurezza e delle norme internazionali che dispongono che si possono fare rimpatri solo se il Paese di rimpatrio è sicuro. (4-14498)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 31 maggio 2017
nell'allegato B della seduta n. 807
4-14498
presentata da
MARCON Giulio

  Risposta. — Vorrei innanzitutto precisare che il «Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU» è, per espressa previsione del testo in parola, un documento non giuridicamente vincolante che definisce alcune modalità operative per il rimpatrio dei cittadini afghani ai quali – solo a conclusione delle pertinenti procedure amministrative e giurisdizionali, incluse le eventuali misure sospensive – non venga riconosciuto il diritto a soggiornare legalmente nel territorio dell'Unione europea. Il documento ricorda inoltre che l'Unione europea finanzia (con fondi aggiuntivi rispetto a quelli di cooperazione allo sviluppo) programmi di reinserimento a favore dei rimpatriati. Si tratta dunque di linee guida generali che non puntano a sostituire un formale accordo di riammissione, tanto che fanno espressamente salva la possibilità che in futuro intervengano in proposito formali intese. In assenza di un accordo di riammissione, esse aspirano a stabilire dei criteri affinché l'attuazione di un principio di diritto consuetudinario, vale a dire l'obbligo di riammettere i propri cittadini che non abbiano diritto a soggiornare in un altro Paese, avvenga nel rispetto della dignità umana e in conformità con i principali strumenti relativi ai diritti umani.
  Si ritiene inoltre che tra il citato «Joint Way Forward» firmato a Kabul il 2 ottobre 2016 e la Conferenza di Bruxelles sull'Afghanistan del 5 ottobre non sussista un legame diretto e che non vi sia alcun nesso tra il rinnovato sostegno della comunità internazionale a favore dell'Afghanistan e la questione migratoria. Infatti, i nuovi impegni internazionali annunciati a Bruxelles, pari a 15,2 miliardi di dollari USA per i prossimi 4 anni, riguardano specificatamente l'assistenza all'Afghanistan per assicurare al Paese uno sviluppo autosostenibile e un ulteriore consolidamento democratico. In proposito, alla Conferenza di Bruxelles è stata ribadita, anche dall'Italia, la necessità che a fronte di tali rilevanti aiuti internazionali corrisponda da parte delle Autorità afghane un'efficace azione di governo, con l'attuazione di indispensabili riforme interne in settori quali la lotta alla corruzione, la riforma della giustizia, la riforma elettorale, i diritti umani, e in particolare i diritti delle donne, nonché la governance economica. Eventuali condizionalità sugli aiuti allo sviluppo per l'Afghanistan legate alla collaborazione in materia migratoria devono pertanto intendersi riferite a posizioni di singoli Paesi che le abbiano prospettate, tra i quali non figura l'Italia.
  Inoltre, non risulta alla Farnesina che vi siano negoziati in corso per la firma di un accordo bilaterale di riammissione con Kabul. Al contrario, nel quadro dell'azione Ue in materia migratoria, il Governo italiano ha sempre raccomandato prudenza rispetto alla possibilità di operare rimpatri in Afghanistan, in quanto le condizioni di sicurezza in quel Paese, particolarmente precarie in alcune aree, si traducono per l'Italia in un elevato tasso medio di concessione della protezione internazionale a cittadini afghani, tasso che varia notevolmente in base allo Stato membro. A tale proposito, si segnala che il 21 aprile 2016, anche con il sostegno italiano, il Consiglio ha incaricato l'Agenzia europea per il sostegno all'asilo (Easo) di avviare un progetto-pilota volto a condurre uno studio su quel Paese e a favorire un'armonizzazione delle prassi divergenti dei 28 Stati membri nella concessione della protezione internazionale ai cittadini afghani.
  Infine, con riferimento alla mancata autorizzazione dei due progetti di cooperazione in Afghanistan, si rappresenta che tali progetti rientrano nell'ambito delle iniziative promosse dai soggetti senza finalità di lucro, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26 della legge n. 125 del 2014, ai quali l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo può concedere contributi mediante procedure comparative pubbliche (cosiddetti avvisi pubblici) articolate in quattro fasi, comprendenti anche una valutazione politica e di sicurezza. Le proposte, infatti, sono presentate mediante una scheda informativa, da redigere secondo un modello suddiviso in quattro sezioni: pertinenza, fattibilità, sostenibilità e valore aggiunto, condizioni politiche e di sicurezza. Ne consegue che la non autorizzazione a procedere può dipendere da molteplici fattori di diversa natura, anche legati alla fattibilità della proposta, o meramente formali. A riprova di ciò, si consideri che nel 2016, su 203 proposte di iniziative da parte di organizzazioni della società civile in tutto il mondo, solo 56 sono state approvate. Pertanto, tenuto altresì conto della portata e delle finalità del « Joint Way Forward», non si ritiene che vi sia contraddizione tra quanto in esso previsto in merito ai rimpatri e la mancata approvazione dei due progetti di cooperazione in Afghanistan.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

firma di accordo

accordo CE

accordo bilaterale