ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13765

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 652 del 12/07/2016
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 2/01343
Firmatari
Primo firmatario: LACQUANITI LUIGI
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 12/07/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CHAOUKI KHALID PARTITO DEMOCRATICO 12/07/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELL'INTERNO 12/07/2016
MINISTERO DELL'INTERNO 12/07/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER GLI AFFARI REGIONALI E LE AUTONOMIE delegato in data 25/08/2016
Stato iter:
06/12/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/12/2016
COSTA ENRICO MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/12/2016

CONCLUSO IL 06/12/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13765
presentato da
LACQUANITI Luigi
testo di
Martedì 12 luglio 2016, seduta n. 652

   LACQUANITI e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la Costituzione sancisce all'articolo 19, tra i diritti fondamentali dei cittadini, la libertà di professare «la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto» e, all'articolo 20, stabilisce che le associazioni religiose «non possono essere causa di speciali limitazioni legislative»;
   la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite all'articolo 18 indica come fondamentale la «libertà di religione» e tutela «la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
   il consiglio regionale Veneto, nella seduta del 4 aprile 2016, ha approvato modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio) introducendo l'articolo 31-bis «Edifici e attrezzature di interesse comune per servi-religiosi» e l'articolo 31-ter «Realizzazione e pianificazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi»;
   in particolare, si prevede che le nuove strutture religiose o di preghiera possono sorgere solo «nelle zone territoriali omogenee F» (comma 4, capoverso b), articolo 31-ter), classificate per infrastrutture e impianti di interesse pubblico, nella maggior parte dei comuni previste solo in periferia, e a patto che dispongano (comma 1, dell'articolo 31-ter) di «strade di collegamento, parcheggi e opere di urbanizzazione primaria, servizi igienici adeguati», e che «se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione o l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti»;
   si applicano tali norme anche per (comma 2 articolo 31-ter) «le aree scoperte destinate o utilizzate per il culto, ancorché saltuario»;
   inoltre (comma 3 dell'articolo 31-ter) «il richiedente sottoscrive con il comune una convenzione contenente anche un impegno fideiussorio adeguato a copertura degli impegni assunti. Nella convenzione può, altresì, essere previsto l'impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto»;
   queste richieste di natura urbanistica si configurano chiaramente come una «speciale limitazione legislativa» alla libertà di culto; la norma rende di fatto irrealizzabile la previsione di nuovi luoghi di culto in grandi città densamente urbanizzate quali Verona, Vicenza, Padova, Venezia ove più forte si sente la necessità degli stessi; si scarica sui richiedenti l'obbligo di sostenere direttamente ed in toto a proprio onere opere di urbanizzazione a servizio dell'intera comunità; si prevede l'obbligo di sottoscrizione di una fidejussione anche per l'utilizzo saltuario di aree scoperte;
   ad avviso degli interroganti, non si può declassare una questione rilevante come la sfera religiosa delle persone a norma urbanistica. Non è corretto assimilare il luogo di culto a un centro commerciale o a un distributore di benzina. La religione si deve poter esprimere pubblicamente e la politica non può artificiosamente separare la vita della comunità religiosa dalle strutture di cui si serve;
   la nuova legge, tra l'altro, introduce, secondo gli interroganti, una inaccettabile discriminazione tra i centri di culto cattolici e quelli delle altre confessioni. Infatti, le norme (articolo 31) «non si applicano» agli edifici e alle attrezzature «esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge», «nonché agli interventi di ampliamento delle predette attrezzature qualora lo stesso non superi il 30 per cento del volume o della superficie esistente». Riguarda gli edifici di culto comprese (comma 2 dell'articolo 31-bis) «l'area destinata a sagrato» delle chiese, le abitazioni dei ministri del culto o del personale di servizio, strutture adibite ad attività educative, culturali, sociali e ricreative. Insomma, le scuole paritarie e gli oratori;
   non possono godere della deroga (comma 2, lettera d), dell'articolo 31-bis) «gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone, in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali». Cioè le moschee che oggi, tra i divieti dei comuni, proliferano improvvisate in capannoni dismessi, sottoscala di condominio, garage riattati. E per lo stesso motivo sono state escluse le aree D (zone industriali) dall'ambito di applicazione della legge;
   per ultimo, non certo per importanza, viene introdotta (comma 2, dell'articolo 31-ter) «la facoltà per i Comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale». Cioè si sottopone, ad avviso degli interroganti incredibilmente, il diritto di esercitare la libertà di culto in luoghi adeguati sancita dalla Costituzione, alla volontà di consultazioni popolari;
   la disciplina urbanistica, come modificata, anziché favorire l'esercizio di un diritto fondamentale dei cittadini, quale la professione pubblica del proprio culto e l'osservanza dei riti, sembra porre delle sostanziali limitazioni allo stesso, ad avviso degli interroganti senza che se ne ravvisi una reale necessità;
   in Veneto esiste una forte necessità di nuovi edifici da adibire al culto, in quanto molte sono le realtà religiose presenti sul territorio che attualmente celebrano i propri riti in sistemazioni necessariamente precarie, proprio in attesa di poter costruire adeguati luoghi di culto;
   il fanatismo religioso trova terreno fertile proprio nelle divisioni, nella strumentalizzazione, nelle contrapposizioni ideologiche e nelle situazioni irregolari, mentre lo strumento migliore per contrastarlo, a giudizio degli interroganti, risiede certamente nel dialogo, nel confronto e nella convivenza civile;
   il Veneto è caratterizzato da una società fortemente multiculturale e multireligiosa, sia per motivazioni storiche, sia per la forte attrattiva migratoria nonché per le mutate sensibilità della popolazione autoctona –:
   in ragione degli elementi riportati in premessa, se il Governo ritenga che sussistano i presupposti per impugnare la legge n. ... del ... della regione Veneto che ha apportato modificazioni alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, per salvaguardare concretamente il diritto di libertà di religione e di culto sul territorio veneto, come sancito dagli articoli 19 e 29 della Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu;
   quali politiche intenda porre in essere per promuovere il dialogo inter-religioso, unico e vero antidoto ad un fanatico e violento estremismo religioso. (4-13765)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 6 dicembre 2016
nell'allegato B della seduta n. 711
4-13765
presentata da
LACQUANITI Luigi

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale si rappresenta al Governo l'opportunità di impugnare la legge regionale del Veneto n. 12 del 2016, recante «Modifica della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio” e successive modificazioni», si fa presente che la legge regionale è stata esaminata dal Consiglio dei ministri dello scorso 31 maggio 2016. Il Governo, condividendo la proposta da me formulata, ha deliberato l'impugnativa di fronte alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, dell'articolo 2 della legge regionale in esame che inserisce nella legge regionale n. 11 del 2014 (norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio) gli articoli 31-bis (edifici e attrezzature di interesse comune per servizi religiosi) e 31-ter (realizzazione e pianificazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi), prevedendo quanto segue.
  L'articolo 31-
bis prevede che la regione Veneto e i comuni della regione Veneto individuano i criteri e le modalità per la realizzazione di attrezzature di interesse comune per servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della chiesa cattolica, delle confessioni religiose, i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, e delle altre confessioni religiose.
  L'articolo 31-
ter prevede che lo strumento urbanistico comunale, per le aree e per gli immobili da destinarsi alla realizzazione di attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, garantisce: «a) la presenza di strade di collegamento adeguatamente dimensionate o, se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione o l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti; b) la presenza di opere di urbanizzazione primaria o, se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione o l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti; c) la presenza di distanze adeguate tra le aree o gli edifici da destinare alle diverse confessioni religiose; d) spazi adeguati da destinare a parcheggio pubblico; e) la realizzazione di adeguati servizi igienici, nonché l'accessibilità alle strutture da parte di disabili; f) la conformità e la congruità con le previsioni degli strumenti territoriali sovraordinati ed in particolare con riferimento al loro inserimento nel contesto urbano e paesaggistico». Il comma 2 estende tale disciplina anche alle aree scoperte destinate o utilizzate per il culto, ancorché saltuario. Il comma 3 prevede che per la realizzazione delle attrezzature suddette, nonché per l'attuazione degli impegni assunti, il richiedente sottoscrive con il comune una convenzione contenente un impegno fideiussorio. Nella convenzione può essere previsto l'impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto.
  Le disposizioni sopra riportate sono state impugnate innanzi alla Corte costituzionale per i seguenti profili di incostituzionalità:
   1) l'articolo 31-
bis della legge regionale n. 11 del 2004, come introdotto dall'articolo 2 della legge regionale n. 12 del 2016, contrasta con gli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione nella parte in cui riconosce alla regione e ai comuni del Veneto la potestà amministrativa di individuare i criteri e le modalità per la realizzazione di attrezzature di interesse comune per i servizi religiosi.
  Il Consiglio dei ministri ha ritenuto la disposizione regionale in contrasto con i suddetti parametri costituzionali in quanto richiamando con formula generica e ambigua ”i criteri e le modalità” da individuare per la realizzazione delle attrezzature di interessi: comune per i servizi religiosi, si presta ad applicazioni ampiamente discrezionali, potenzialmente discriminatorie nei confronti di alcuni enti religiosi. Sotto altro profilo, l'incostituzionalità sussiste in quanto la norma consente che la regione e i comuni effettuino una valutazione differenziata dei criteri e delle modalità di realizzazione delle suddette attrezzature per le diverse confessioni religiose. Ciò in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, secondo cui «il legislatore non può operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola circostanza che esse abbiano o meno regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese» (sentenza n. 63 del 2016).
   2) l'articolo 31-
ter della legge regionale n. 11 del 2004, come introdotto dall'articolo 2 della legge in esame, contrasta con gli articoli 2, 3, 8, 19 e 117, comma 2, lettera c) ed h), della Costituzione.
  Il comma 3 dell'articolo 31-
ter prevede una convenzione tra il comune e il soggetto richiedente la realizzazione di attrezzature di interesse comune per i servizi religiosi e stabilisce che nelle convenzioni può essere previsto «l'impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per i servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto».
  Al riguardo, si osserva che le convenzioni dovrebbero rispondere alla finalità, tipicamente urbanistica, di assicurare lo sviluppo equilibrato e armonico dei centri abitati, pertanto, le stesse dovrebbero unicamente consentire la previsione in forma concordata e negoziale degli impegni strettamente connessi all'ottenimento da parte dell'ente interessato del rilascio delle necessarie autorizzazioni urbanistiche per la realizzazione di attrezzature di interesse comune per servizi religiosi. In questa prospettiva, appare irragionevole la previsione che consente di inserire, nel contesto pattizio della convenzione, l'impegno ad utilizzare la lingua italiana.
  La norma così formulata viola la competenza legislativa esclusiva statale in materia di rapporti tra la repubblica e le confessioni religiose, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera
c), della Costituzione. Si rileva, al riguardo, che spetta allo Stato il compito di garantire, sia ai singoli, sia alle formazioni sociali, il godimento effettivo e sostanziale del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, adottando le pertinenti misure per favorirne l'esercizio nel senso più ampio possibile, cioè non strettamente legato al solo svolgimento delle pratiche rituali di culto, bensì fino a ricomprendere anche le attività collaterali, come quelle ricreative, aggregative, culturali, sociali, educative, nell'ambito delle quali la libertà religiosa trova la sua pienezza di espressione.
  La disposizione regionale, inoltre, contrasta con il principio di libertà di associazione culturale e sociale e con la libertà di religione di cui agli articoli 2, 3 e 19 della Costituzione. Da ultimo, il Consiglio dei ministri ha ritenuto che la norma regionale, nella parte in cui persegue una finalità di controllo delle modalità con cui in concreto è esercitata l'attività sociale e culturale svolta nelle attrezzature di interesse comune per i servizi religiosi, per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, invade la potestà legislativa esclusiva statale e viola l'articolo 117, comma 2, lettera
h) della Costituzione (cfr. la sentenza n. 55 del 2001).
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieEnrico Costa.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

religione

applicazione della legge

Carta dei diritti dell'uomo