ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13646

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 645 del 30/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: MURA ROMINA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 30/06/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 30/06/2016
Stato iter:
22/02/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/02/2017
ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/02/2017

CONCLUSO IL 22/02/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13646
presentato da
MURA Romina
testo di
Giovedì 30 giugno 2016, seduta n. 645

   MURA. — Al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   al 22 giugno del 2016 i detenuti morti, per varie cause, nelle carceri italiane sono 44, di cui ben 19 sono suicidi;
   dal 2000 a oggi l'Italia vanta il triste primato di decessi nelle strutture di detenzione, con 2538 morti di cui ben 906 sono suicidi;
   nelle carceri italiane i detenuti si tolgono la vita con una frequenza 19 volte maggiore rispetto alle persone libere e, spesso, lo fanno negli istituti dove le condizioni di vita sono peggiori, quindi in strutture particolarmente fatiscenti, con poche attività trattamentali, con una scarsa presenza del volontariato;
   in molti casi le persone che si sono tolte la vita erano affette da malattie invalidanti e ricoverate in centri clinici penitenziari: l'allocazione in un determinato reparto rappresenta spesso il principale fattore di rischio, più che la gravità della patologia;
   uno studio recente dice che il 35 per cento dei detenuti soffre di disturbi psichiatrici;
   il fatto di raggruppare i detenuti in base al loro stato di salute contribuisce a far perdere ogni speranza;
   negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 18 mila tentati suicidi ed impedito che quasi 133 mila atti di autolesionismo;
   gli istituti penitenziari hanno l'obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti e l'Italia è certamente all'avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici;
   malgrado i buoni propositi, nel campo della prevenzione c’è ancora tanto da fare: le leggi ci sono, ma sono insufficienti e, in ogni caso, spesso manca un attento esame sui trascorsi delle persone che si sono tolte la vita, per cercare di capire da dove nascesse la loro disperazione;
   l'elemento che accomuna la stragrande maggioranza dei suicidi (sia di quelli appena arrestati che di quelli che stanno per terminare la pena) è la mancanza totale di prospettive, seppure in situazioni molto diverse tra loro;
   non c’è nessuna prospettiva di riottenere la rispettabilità persa per chi, da detenuto, attende il processo per mesi ed anni: anche se fosse assolto, non potrà più liberarsi dal marchio del sospetto;
   non c’è nessuna prospettiva di poter trascorrere utilmente la detenzione per chi sa di dover scontare molti anni: in tante carceri, spesso proprio quelle dove sono più frequenti i suicidi, il tempo della pena è tempo vuoto, dissipato lentamente aspettando il fine pena;
   non c’è nessuna prospettiva di poter tornare a vivere «normalmente» per chi è entrato e uscito troppe volte dal carcere e si sente condannato (anche in libertà) ad una vita ai margini, di solitudine, di sofferenza fisica e psicologica;
   servono provvedimenti concreti perché la situazione nelle carceri resta allarmante;
   occorre maggior attenzione agli strumenti che le leggi offrono per una carcerazione alternativa, dai domiciliari alla libertà vigilata;
   con l'avvicinarsi del caldo torrido, il disagio psichico all'interno delle carceri è destinato ad aumentare –:
   se non ritenga opportuno individuare nuove misure per ridurre al minimo il rischio che un detenuto si uccida, pur nella consapevolezza che tante situazioni personali sfuggono ad ogni tentativo di comprensione;
   se non ritenga urgente definire un programma di prevenzione del suicidio e l'organizzazione di un servizio d'intervento efficace, come misure utili non solo per i detenuti ma anche per l'intero istituto dove questi vengono implementati;
   quali iniziative intenda adottare per assicurare la tutela della dignità sociale delle persone incarcerate nell'attesa del processo, sia sul versante della piena applicazione delle leggi in vigore sia per quanto riguarda la necessità di pervenire a nuovi interventi normativi che dettino tempi certi per il processo penale e limitino al massimo la custodia cautelare e ogni forma di detenzione in carcere, se non per i reati più gravi dove sia acclamata la pericolosità sociale dell'individuo sottoposto a forme di restrizione della libertà;
   quali iniziative intenda adottare per assicurare che il significato della pena non sia vanificato, da comportamenti carcerari, attivi e passivi, che possano indurre il detenuto, soprattutto quelli più fragili, a scegliere la via del suicidio come unica soluzione alla carcerazione, vanificando così la funzione rieducativa che la Costituzione assegna al carcere. (4-13646)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 22 febbraio 2017
nell'allegato B della seduta n. 746
4-13646
presentata da
MURA Romina

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante affronta il sensibile tema dei suicidi negli istituti carcerari, sollecitando l'adozione di tutte le misure, anche di carattere legislativo, in grado di prevenire il fenomeno e di ricondurre la restrizione carceraria al carattere di extrema ratio che la legge e i princìpi costituzionali le attribuiscono.
  Il tema, per la sua delicatezza ed importanza, è da tempo oggetto di un'approfondita analisi da parte di questo dicastero, sia sotto l'aspetto normativo, che sotto quello più strettamente amministrativo.
  Partendo da quest'ultimo profilo, nei mesi scorsi abbiamo indirizzato una direttiva al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, specificamente incentrata sul tema dei suicidi in carcere, con la quale è stata raccomandata l'elaborazione di un vero e proprio piano nazionale d'intervento per la prevenzione del suicidio. Sull'attuazione del detto piano di azione sarà realizzato poi un attento monitoraggio delle strategie adottate, attraverso la raccolta, l'elaborazione e la pubblicazione dei dati e delle esperienze condotte.
  L'imprescindibile necessità di innalzare il livello di attenzione, infatti, richiede un deciso potenziamento delle misure già attuate nei singoli istituti, anche nella prospettiva di ridurre il cosiddetto «rischio ambientale» che, in taluni casi, viene acuito dalla sorveglianza o dall'isolamento del detenuto a rischio. Per tale ragione è stato raccomandato di prestare particolare attenzione al disagio psicologico e mentale, nonché di avviare politiche che consentano più efficaci forme di controllo ma anche una approfondita conoscenza delle persone ristrette, con l'obiettivo di garantire la miglior comprensione e gestione delle situazioni di maggior disagio.
  Con la direttiva citata, la competente articolazione ministeriale è stata incaricata di sviluppare misure di osservazione del detenuto differenziate in relazione della fase trattamentale e specifiche per i soggetti tossico-alcool dipendenti. Inoltre, è stata evidenziata la necessità di individuare adeguati spazi detentivi per l'accoglienza dei soggetti a rischio, secondo criteri moderni e rispettosi della dignità della persona.
  Nella prospettiva di garantire la concreta attuazione di tutti i profili sottolineati, è stata anche raccomandata l'organizzazione di programmi formativi specifici per tutti gli operatori, evidenziando l'opportunità che gli stessi siano costruiti in modo da favorire l'interazione anche con i soggetti esterni che operano nell'Istituto.
  Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunicato che è in corso di elaborazione il piano nazionale d'intervento, che terrà conto anche della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia e delle linee guida elaborate dal Comitato nazionale di bioetica nel 2010, già ripreso dalla Conferenza unificata per i rapporti tra Stato-regioni nel 2012 nelle sue «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale». Preme, però evidenziare che la direttiva citata si pone nel solco di un'azione per la prevenzione dei gesti di autolesionismo, che era stata già tracciata, e mira proprio a rafforzarla e a strutturarla.
  Nel corso degli ultimi due anni, infatti, è stata emanata una serie di circolari che valorizza la conoscenza del detenuto e, conseguentemente, sensibilizza il personale a prestare la massima attenzione alle forme di disagio. Va in questa direzione la realizzazione di modalità organizzative della vita detentiva secondo forme, quale quella della custodia dinamica, più idonee a consentire l'osservazione del comportamento del detenuto e la sua capacità di relazione.
  La conoscenza del detenuto, imprescindibile nella prospettiva di prevenire il rischio di gesti di autolesionismo, risulta infatti molto ridotta quando il perimetro della sua vita è confinato nei pochi metri quadri della cella. Una diversa gestione ed utilizzazione degli spazi negli istituti mira anche a impegnare i detenuti nel corso della giornata, facendo loro trascorrere fuori dalla cella le ore non destinate al riposo notturno. Il cambiamento già avviato, infatti, mira a destinare la cella al solo pernottamento, prevedendo che le principali attività trattamentali (scuola, formazione, lavoro, tempo libero) si svolgano negli spazi comuni. Questo diverso impiego degli ambienti consentirà agli operatori di meglio valutare il detenuto, poggiando l'analisi sull'osservazione di elementi concreti, quali il senso di responsabilità rispetto agli impegni assunti con l'accesso al circuito aperto, le relazioni con i compagni e col personale. Tale tipo di osservazione offrirà, in buona sostanza, dati più attendibili anche ai fini della valutazione di atti di auto ed etero aggressività.
  Sulla stessa linea si collocano anche le successive circolari emesse il 23 dicembre 2015 ed il 4 febbraio 2016, anch'esse specificamente mirate alla prevenzione dei suicidi delle persone detenute, attraverso le quale i provveditorati regionali sono stati sollecitati ad adottare protocolli regionali e locali con l'obiettivo di alleviare le situazioni di ansia e stress dei detenuti. Inoltre, è stato raccomandato di non destinare a stanze singole i detenuti che presentino stati di ansia e stress, per evitare che la condizione di solitudine, oltre ad amplificare i pensieri negativi, crei concretamente l'occasione per porre in atto gesti che, in presenza di altre persone, sarebbe più difficile realizzare. Tali indicazioni sono state recentemente arricchite dalle previsioni di un'ulteriore recente circolare che raccomanda anche di evitare ogni forma di isolamento dei soggetti a rischio, individuando compagni di detenzione umanamente e culturalmente idonei ad instaurare rapporti costruttivi con la persona in difficoltà.
  Ai fine di offrire un sostegno concreto alle indicazioni contenute nelle circolari diramate in quest'ultimo anno, e per evitare scelte allocative fatte disapplicando le direttive impartite, è attualmente allo studio dei competenti uffici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un progetto per l'implementazione della banca dati SIAP/AFIS, che preveda un campo informatico specificamente dedicato all'indicazione dei motivi della dislocazione del detenuto in cella singola.
  Anche sotto il profilo legislativo il Governo ha profuso il massimo impegno, promuovendo diverse iniziative, tra cui l'Atto Senato 2067 (ex Atto Camera n. 2798, approvato alla Camera dei deputati il 23 settembre 2015 e assegnato all'esame del Senato in data 29 settembre 2015, attualmente all'esame della Commissione giustizia del Senato), il decreto-legge n. 78 del 2013 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94) e il decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 146 (ora convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10), ispirati – sia pur con diverse declinazioni – all'obiettivo di restituire dignità ai soggetti reclusi e di consentire loro di esercitare al meglio i diritti fondamentali numerosi strumenti normativi.
  Il disegno di iniziativa governativa, Atto Senato n. 2067, recante: «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena», agli articoli 29 e 31 mira a garantire l'effettività della funzione rieducativa della pena e contiene la delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario secondo i princìpi e criteri direttivi articolati sulla semplificazione delle procedure, la revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative, la necessaria osservazione scientifica della personalità, l'eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscono o ostacolano l'individualizzazione del trattamento rieducativo, la previsione di forme di giustizia riparativa, la valorizzazione del lavoro carcerario quale strumento di responsabilizzazione individuale e di reinserimento sociale, la valorizzazione del volontariato, l'attuazione del riordino della medicina penitenziaria disposto dal decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, il riconoscimento del diritto all'affettività delle persone detenute ed attenzione alle specifiche esigenze educative dei detenuti minori di età.
  Anche in tema di detenzione ante iudicium, la recente legge 16 aprile 2015, n. 47, recante «Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354», in materia di visita a persona affette da handicap in situazione di gravità, coerentemente con i diversi interventi in tal senso della Corte costituzionale, limita l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere.
  Già il citato decreto-legge n. 146 ha inteso introdurre diverse misure, che operano su due diversi piani: interviene con l'obiettivo di diminuire le presenze in carcere, attraverso misure dirette ad incidere sia sui flussi di ingresso in carcere che su quelli di uscita dal circuito penitenziario; rafforza gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute o comunque sottoposte a misure di restrizione della libertà personale, attraverso la previsione di un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza ed attraverso l'istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque private della libertà personale.
  L'istituzione della figura del Garante risponde ad una richiesta sollevata più volte a livello nazionale e soddisfa i princìpi che sono alla base del sistema di NPM – National Preventive Mechanism, previsti dagli articoli da 17 a 21 del Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002 (ratificato con la legge 9 novembre 2012, n. 195). In particolare, il Garante è organo autonomo e indipendente cui sono attribuiti compiti di vigilanza, di sollecitazione e di informazione, nonché di raccordo con le istituzioni, ivi compresa la magistratura.
  Infine, in quanto coerenti con la volontà di approntare efficaci misure per il superamento del grave problema del sovraffollamento carcerario, si deve anche rammentare l'intervento teso a potenziare l'organico degli uffici dell'esecuzione penale esterna, funzionale al maggiore impegno cui tali uffici saranno chiamati, stante l'ampliamento della platea di fruitori delle misure alternative alla detenzione.
  Ad ulteriore corredo, si ricorda che il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 117, recante «Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile», prevede una specifica modifica dell'articolo 97-bis delle norme di attuazione del codice di rito per regolamentare le modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari.
  Non può dunque allora revocarsi in dubbio come tale puntuale disciplina della materia costituisca un serio presidio a tutela delle esigenze di salvaguardia della sicurezza della collettività, proprio in relazione a quei soggetti che non offrono sufficienti garanzie in termini di autodisciplina nel rispetto delle prescrizioni.
  In ossequio alle medesime esigenze, si è cercato di garantire pienamente il funzionamento di tali strumenti, tanto che non risultano segnalazioni, se non sporadiche, di difficoltà nel loro utilizzo.
  Inoltre, con tale intervento normativo si è messo a punto un rimedio compensativo, riconoscendo il diritto a un indennizzo pecuniario o, in alternativa per quanti sono ancora detenuti, il diritto a una riduzione della pena detentiva ancora da espiare in misura percentuale pari al dieci per cento del periodo durante il quale il trattamento penitenziario è stato inumano o tale da violare la disposizione di cui all'articolo 3 Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

detenuto

suicidio

carcerazione