ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13248

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 628 del 20/05/2016
Firmatari
Primo firmatario: MORETTO SARA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 19/05/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PELILLO MICHELE PARTITO DEMOCRATICO 19/05/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 19/05/2016
Stato iter:
11/10/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 11/10/2016
CASERO LUIGI VICE MINISTRO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 11/10/2016

CONCLUSO IL 11/10/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13248
presentato da
MORETTO Sara
testo di
Venerdì 20 maggio 2016, seduta n. 628

   MORETTO e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze . — Per sapere – premesso che:
   con la Risoluzione n.11/E del 17 gennaio 2014, l'Agenzia delle entrate in risposta ad un interpello ha fornito chiarimenti in merito all'aliquota IVA applicabile all'acqua di sorgente in bottiglia destinata al consumo umano;
   in particolare, l'Amministrazione finanziaria, pur riconfermando in via preliminare la sostanziale differenza delle acque minerali naturali dalle acque di sorgente, ne ha stabilito la completa equiparabilità economica, ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA ordinaria, anche alle acque di sorgente destinate al consumo umano, precisando che l'aliquota agevolata è applicabile alla sola acqua potabile e non potabile erogata ai titolari di contratti di fornitura sottoscritti con i Comuni, mediante l'allacciamento alla rete idrica comunale;
   il medesimo interpello richiama in ultimo lo Statuto del contribuente, con riferimento all'articolo 10, che tutela la buona fede del contribuente in presenza di norme di dubbia interpretazione, riconoscendo al caso l'esimente di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, recante le cause di non punibilità per l'autore della violazione, quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono e richiamando la non irrogabilità di sanzioni in caso di errata applicazione dell'aliquota per il tempo pregresso;
   la portata innovativa della risoluzione prodotta dall'Agenzia delle entrate ribalta integralmente, sino al momento della sua pubblicazione, la possibile e unanime interpretazione delle disposizioni di legge e la conseguente prassi commerciale di un intero settore, consolidatasi negli anni;
   l'intera categoria di soggetti passivi IVA che distribuiscono l'acqua di sorgente, comunemente confezionata in recipienti da 18/20 litri di capacità, i cosiddetti «boccioni», risulterebbe essersi tempestivamente uniformata a quanto previsto dall'Amministrazione finanziaria a seguito del richiamato chiarimento;
   a distanza di qualche anno dall'emanazione della Risoluzione, si ha notizia di verifiche effettuate dagli organi di controllo nel corso delle quali, pur osservando la non i applicabilità delle sanzioni, in ossequio alle conclusioni della risoluzione, si è proceduto alla contestazione di erronea emissione di fatture con applicazione di imposta ad aliquota agevolata e di relativa presentazione di dichiarazione annuale IVA infedele, con la conseguente richiesta di recupero della maggiore IVA (differenza tra il 10 ed il 22 per cento) per gli anni non prescritti precedenti all'adozione della citata risoluzione;
   l'asserita incertezza interpretativa della fattispecie, nei periodi che hanno preceduto il chiarimento amministrativo, dovrebbe, in considerazione del principio della tutela dell'affidamento e della buona fede; escludere ogni efficacia retroattiva;
   la sola esimente di cui al citato articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, non può fornire tutela adeguata a salvaguardare il contribuente verificato dal danno economico/finanziario e di immagine commerciale che un'applicazione retroattiva della norma può produrre;
   la possibilità, poi, di ricorrere all'articolo 60, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che prevede per i contribuenti il diritto di rivalsa sulla maggiore imposta IVA relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni, si rivela pressoché vana, amministrativamente complicata ed onerosa, nonché commercialmente dannosa, considerata l'estrema numerosità della clientela, nonché la vetustà delle operazioni poste in essere;
   da ultimo va rilevato che l'IVA, oggetto di contestazione da parte degli organi di controllo, interessando nella stragrande maggioranza dei casi soltanto soggetti passivi, non produrrebbe alcun effetto finanziario per l'erario, traducendosi in una semplice «partita di giro», ma finirebbe per gravare ingiustificatamente sul soggetto accertato, che ne rimarrebbe definitivamente inciso, con la conseguenza che il tributo perderebbe la propria natura neutrale e si trasformerebbe in una sanzione impropria –:
   come intenda chiarire la portata della citata normativa al fine di escludere il recupero della maggiore IVA per gli anni non prescritti precedenti all'adozione della richiamata risoluzione, evitando in tal modo che il tributo IVA perda la propria natura neutrale, data l'impossibilità dell'applicazione del meccanismo della rivalsa e della detrazione. (4-13248)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 11 ottobre 2016
nell'allegato B della seduta n. 690
4-13248
presentata da
MORETTO Sara

  Risposta. — Con il documento in esame gli interroganti pongono la questione dell'aliquota IVA applicabile alle cessioni di acqua di sorgente in bottiglia, destinata al consumo umano.
  In particolare, gli interroganti richiamano la risoluzione 17 gennaio 2014, n. 11/E dell'Agenzia delle entrate con cui è stato chiarito che alla stessa si rende applicabile l'aliquota ordinaria del 22 per cento, in quanto l'aliquota agevolata del 10 per cento, di cui al n. 81 della Tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, trova applicazione unicamente per l'erogazione di acqua «potabile» e «non potabile» ai titolari di contratti di fornitura sottoscritti con i comuni (o con le società autorizzate all'erogazione del servizio), mediante l'allacciamento alle condotte idriche della rete idrica comunale.
  Gli interroganti lamentano che successivamente ai chiarimenti contenuti nella cennata risoluzione, sono state effettuate verifiche da parte dell'Agenzia delle entrate in esito alle quali è stata contestata agli operatori l'erronea emissione di fatture con applicazione di imposta ad aliquota agevolata con la conseguente richiesta di recupero della maggiore IVA (differenza tra il 10 ed il 22 per cento) per gli anni non prescritti precedenti all'adozione della citata risoluzione.
  A parere degli interroganti, l'incertezza interpretativa in merito alla fattispecie in argomento, nei periodi che hanno preceduto il chiarimento amministrativo, dovrebbe escludere ogni efficacia retroattiva, in considerazione del principio della tutela dell'affidamento e della buona fede.
  Pertanto, gli interroganti chiedono al Governo iniziative volte a chiarire la portata della citata normativa al fine di escludere il recupero della maggiore IVA per gli anni non prescritti precedenti all'adozione della richiamata risoluzione, evitando in tal modo che il tributo IVA perda la propria natura neutrale, data l'impossibilità dell'applicazione del meccanismo della rivalsa e della detrazione.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  La risoluzione 17 gennaio 2014, n. 11/E dell'Agenzia delle entrate trae origine da risposte a diverse istanze di interpello formulate ai sensi dell'articolo 11, della legge 212 del 2000 (Statuto del contribuente).
  L'Agenzia delle entrate, con la citata risoluzione, ha precisato che l'aliquota agevolata del 10 per cento (di cui al n. 81) della Tabella A, parte III, allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972), è applicabile ai soli corrispettivi dovuti per la erogazione di acqua «potabile» e «non potabile», erogata ai titolari di contratti di fornitura sottoscritti con i comuni (o con le società autorizzate all'erogazione del servizio), mediante l'allacciamento alle condotte idriche della rete idrica comunale.
  Trattasi, in altre parole, del servizio generale di erogazione idrica, il cui corrispettivo – determinato applicando il regime tariffario in uso – è commisurato ai consumi (misurati tramite contatori intestati ai singoli utenti).
  L'aliquota ridotta consente, infatti, di ridurre i costi a carico della collettività per ottenere un servizio primario quale è l'erogazione dell'acqua.
  Lo stesso trattamento fiscale agevolato non si può, invece, estendere alle cessioni di acqua di sorgente, chimicamente simile all'acqua potabile, ma commercializzata al pari delle acque minerali, alle quali, a norma dell'articolo 5, comma 3, del decreto legge 15 settembre 1990, n. 261, va applicata l'aliquota ordinaria, attualmente del 22 per cento.
  Inoltre, a seguito dell'emanazione del decreto legislativo n. 176 del 2011, è venuta meno la norma (articolo 10, comma 4, decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105) che limitava la commercializzazione dell'acqua minerale in contenitori di capacità fino a 2 litri, consentendo, invece, l'utilizzazione di contenitori di capacità superiore (ad es. i cosiddetti «boccioni» da 18/20 litri) per la sola acqua di sorgente.
  In conformità alla disciplina comunitaria, trattandosi di applicazione di aliquote ridotte, è stata adottata un'interpretazione restrittiva.
  L'Agenzia precisa che lo stesso Allegato III consente agli Stati di applicare l'aliquota agevolata per le cessioni di «Prodotti alimentari (incluse le bevande, ad esclusione tuttavia delle bevande alcoliche) destinati al consumo umano», tuttavia il nostro legislatore, con il citato articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 261 del 1990, ha stabilito di assoggettare ad aliquota ordinaria le cessioni di acqua minerale e tale trattamento si estende anche alla commercializzazione, in tutte le sue forme (dalla bottiglia da 0.5 ai boccioni da 18/20 litri) dell'acqua di sorgente o acqua da tavola, che pur se chimicamente simile all'acqua potabile viene commercializzata al pari delle acque minerali.
  Per quanto concerne, il richiamo degli Onorevoli interroganti all'impossibilità per gli operatori di ricorrere all'articolo 60, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si osserva che in base alla citata norma, «Il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione».
  La predetta disposizione, introdotta nell'ordinamento giuridico dall'articolo 93, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, al fine di sanare la procedura d'infrazione europea in relazione alla previgente disciplina che non consentiva la rivalsa dell'imposta o maggiore imposta accertata, nel riconoscere il diritto del cedente/prestatore, seppur condizionato nel suo esercizio alla circostanza che l'imposta accertata sia effettivamente versata all'erario, assicura la neutralità dell'IVA coerentemente all'obiettivo dell'imposta: che è quello di «incidere» sul consumo finale e non, invece, di gravare sull'operatore economico.
  Con riguardo al meccanismo della rivalsa dell'imposta accertata con la circolare n. 35/E del 2013 l'Agenzia delle entrate ha precisato che «L'esercizio della rivalsa dell'IVA, ai sensi dell'articolo 60, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, presuppone la riferibilità dell'imposta accertata a specifiche operazioni e la conoscibilità del cessionario/committente».
  In particolare, con il predetto documento di prassi, è stato chiarito anche che «la maggiore imposta possa essere addebitata in via di rivalsa, a seguito del relativo pagamento, anche quando sia stata calcolata su una base imponibile determinata in via forfetaria, laddove sia comunque riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati cessionari o committenti. Si pensi, ad esempio, all'ipotesi in cui, in sede di accertamento, le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto – considerate esenti da IVA – siano ripartite forfetariamente tra operazioni imponibili ed operazioni esenti. Diversamente va esclusa l'applicazione della rivalsa, ai sensi dell'articolo 60 settimo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, laddove l'imposta recuperata, non sia riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati soggetti (cfr. trattasi, ad esempio, dell'IVA dovuta a seguito di accertamento induttivo)».
  Tale soluzione interpretativa è necessitata dal meccanismo di funzionamento dell'IVA, disciplinato da norme sovranazionali (diritto dell'UE), di attuazione nazionale, che per assicurare la neutralità dell'imposta, ricollegano la rivalsa dell'IVA all'effettività dell'operazione cui si riferisce.
Il Viceministro dell'economia e delle finanzeLuigi Casero.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

consumo alimentare

alimentazione umana

IVA