ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12685

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 598 del 30/03/2016
Firmatari
Primo firmatario: COLONNESE VEGA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 30/03/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FICO ROBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 30/03/2016
SIBILIA CARLO MOVIMENTO 5 STELLE 30/03/2016
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 30/03/2016
TOFALO ANGELO MOVIMENTO 5 STELLE 30/03/2016
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 30/03/2016
GALLO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE 30/03/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO delegato in data 30/03/2016
Stato iter:
03/08/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 03/08/2016
CESARO ANTIMO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (BENI, ATTIVITA' CULTURALI E TURISMO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 03/08/2016

CONCLUSO IL 03/08/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12685
presentato da
COLONNESE Vega
testo di
Mercoledì 30 marzo 2016, seduta n. 598

   COLONNESE, FICO, SIBILIA, SILVIA GIORDANO, TOFALO, MICILLO e LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
   il parco di Capodimonte, già Real parco di Capodimonte, è un parco cittadino di Napoli, ubicato nella zona di Capodimonte, antistante l'omonima reggia. Il parco di Capodimonte ha un'estensione di 134 ettari protetto in parte da una cinta muraria realizzata negli anni ’20 del XIX secolo, con circa 400 entità vegetali classificabili in 108 famiglie e 274 generi ed è senz'altro lo spazio verde più grande dell'intera città di Napoli, unico polmone verde. All'interno del suo perimetro si contano sedici architetture tra residenze, casini, fabbriche artigiane, depositi e chiese, oltre a fontane e statue, dispositivi per la caccia, orti e frutteti ed un cimitero, quello dei Cappuccini dell'Eremo. La storia del Parco con la Reggia inizia con l'ascesa al trono di Carlo di Borbone, il 10 maggio 1734 e con il suo ambizioso programma di un sistema di possedimenti direttamente amministrati dalla Corona denominati «siti reali». Capodimonte, alto e ventilato, dominante l'intero golfo e visibile da gran parte della città fu ritenuto luogo idoneo ad accogliere la residenza reale. I lavori di perimetrazione della tenuta di caccia risultarono già ultimati nel 1736. L'accesso avveniva dalla Porta di Mezzo che conduceva al grande emiciclo dal quale prendeva avvio il ventaglio dei viali. La tradizione storiografica ha sempre assegnato a Ferdinando San Felice e Domenico Antonio Vaccaro il disegno di questo scenografico impianto, ma ipotesi più recenti lo attribuiscono al romano Antonio Canevari. Scenografie naturalistiche, statue, fontane insieme a giardini murati non potevano mancare in un bosco reale dove però la zonizzazione vegetale era funzionale alle tipologie di caccia praticate dal re, per cui a zone densamente arboree con lecci, castagni, carpini ed olmi seguivano zone arbustate con il mirto, l'olivella ed il lauro regio, oltre a radure e ragnaie. Tra il 1836 ed il 1837 vengono eseguiti dei lavori di riqualificazioni sotto la guida del botanico Friedrich Dehnhardt: questi introduce il classico giardino all'inglese, in particolare nelle aiuole che circondano la reggia, e pone a dimora essenze arboree, alcune delle quali rare ed esotiche, come la Thuja e l'eucalipto;
   nel parco si contano oltre quattrocento varietà di alberi secolari come querce, lecci, olmi, tigli e castagni: accanto a queste, in passato, erano presenti coltivazioni di alberi da frutta, in particolar modo agrumi; inoltre, quando la zona era adibita a riserva di caccia reale, si incontravano tortore, beccafichi, tordi, fagiani di importazione boema, lepri, conigli e cervi;
   il parco di Capodimonte nel 2014 è risultato vincitore della XII edizione del concorso che premia «il Parco più bello d'Italia». In seguito alla procedura di selezione internazionale per i direttori dei 20 principali musei italiani prevista dalla «riforma Franceschini», allo storico dell'arte francese Sylvain Bellenger è stata affidata la direzione del museo con annesso parco e del Bosco di Capodimonte;
   in seguito a segnalazione degli abitanti della zona, gli interroganti sono venuti a conoscenza che nel sito di Capodimonte era in atto il taglio di molti alberi. La prima firmataria del presente atto si è subito attivata chiedendo informazioni alla segreteria del direttore: ha risposto il direttore amministrativo del museo di Capodimonte, che alla precisa e puntuale richiesta di informazioni riguardo a tagli, comunicava che gli interventi in essere si erano resi opportuni in seguito ad una tempesta che si era abbattuta sulla città nella notte tra il 28 e 29 febbraio. L'intervento, secondo quanto riferito, sarebbe stato «diffuso» e avrebbe interessato solo le piante malate e/o danneggiate dal maltempo garantendo la messa in sicurezza e permettendo la riapertura del sito che per l'occasione era stato chiuso dal 29 febbraio al 7 marzo 2016. All'uopo e dietro richiesta di documentazione, il direttore trasmetteva copia della nota trasmessa alla prefettura dove il museo comunicava la riapertura del sito in seguito all'avvenuta messa in sicurezza degli alberi ed eliminazione del pericolo, con l'elencazione degli interventi eseguiti:
    rimozione di alberi divelti o parti di essi (rami e ramuli) che ostruivano il passaggio;
    rimozione di rami pericolanti rimasti in quota;
    abbattimento di alberi in prossimità dei viali che presentavano fonti di rischio per i fruitori del parco (sollevamento della zolla radicale);
    potatura e alleggerimento della chioma e rimonda del secco;
   da fonti di stampa gli interroganti venivano invece a conoscenza che gli interventi effettuati sono stati ben diversi: si sarebbe effettuata una «capitozzatura» degli alberi lungo i crinali della zona retrostante il corpo di fabbrica del Museo che affaccia direttamente su Via Ponti Rossi;
   la «capitozzatura» è una tecnica di potatura che consiste nel taglio dei rami sopra il punto di intersezione con il tronco o altro ramo principale, in modo che rimanga solo quest'ultimo o una parte della chioma, dopo una rimozione molto drastica, dal 50 al 100 per cento. È pratica arboricola molto criticata e deprecata perché dannosa agli alberi, anche quando praticata su piante ornamentali. Con l'eliminazione della chioma, l'albero attiva le gemme latenti sottostanti, che determinano la crescita di nuovi germogli attorno al taglio. Soprattutto nelle piante ad alto fusto, questo richiede un enorme sforzo produttivo, oltre ad alterare la forma naturale dell'albero e la sua estetica, può creare futuri problemi alla stabilità della pianta con eventuali rischi di rotture, e indurre un probabile aumento dei costi a medio e lungo termine delle opere di arboricoltura;
   lo scenario che si è presentato ai fruitori del sito in questi giorni è stato davvero impressionante: una distesa di alberi falcidiati e monchi, una potatura così invasiva effettuata a quanto pare, solo per aprire uno spiraglio di panorama sulla città. Alle proteste dei cittadini e delle associazioni, tra cui Legambiente, il direttore Bellenger ha risposto in un'intervista che sono stati tagliati 100 alberi e che non ci sarebbe assolutamente l'intenzione di ripiantare gli alberi tagliati: «il parco è di nuovo bello»;
   naturalmente il concetto del «bello» è quanto mai opinabile: oltre la bruttezza della distesa di tronchi disadorni, c’è anche da mettere in conto la riduzione di uno dei polmoni di verde della città. Intervenire in tal modo significa amputare una riserva d'ossigeno immersa in una metropoli ad alto tasso di inquinamento. Al di là dell'impatto visivo, la scelta non è comunque piaciuta a molti napoletani;
   la legge 11 giugno 1922, n. 778 (legge Croce), introdusse il concetto che sarà caposaldo della successiva evoluzione della tutela: l'equiparazione tra bene artistico (divenuto poi bene culturale) e le bellezze naturali (oggi beni ambientali). Il 29 giugno 1939 con la legge n. 1497 fu promulgata la prima fondamentale norma «paesistica», di «protezione delle bellezze naturali», con la quale si sancì definitivamente l'equiparazione tra le bellezze naturali ed il patrimonio storico-artistico;
   la legge 8 agosto 1985, n. 431, che istituì il vincolo di tutela su tutto il territorio nazionale avente particolari caratteristiche naturali e dispose inoltre «la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriale» per la gestione e valorizzazione degli ambiti tutelati ai sensi della legge n. 1497 del 1939;
   le categorie di beni che la legge n. 431 del 1985 (articolo 1) sottoponeva a tutela (oggi tutelati dall'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004) sono tra gli altri i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi e i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2 commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 122;
   il codice dei beni culturali, nella parte terza, definisce il paesaggio come «parte omogenea del territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle reciproche interrelazioni» (articolo 131) e sottolinea il ruolo imprescindibile della cooperazione tra le amministrazioni pubbliche al fine di pervenire ad «una definizione congiunta degli indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione; recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei relativi interventi» (articolo 132) –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quale sia il motivo oggettivo per cui si sia effettuato l'intervento sul crinale del terrazzamento della cosiddetta «Spianata» descritto in premessa e quali specie arboree abbia interessato, a quale ditta sia stato commissionato e secondo quale criterio;
   se non ritengano che l'intervento effettuato contrasti con quanto riferito dalla segreteria del museo e con quanto comunicato alla prefettura, essendo stato secondo gli interroganti un intervento massivo e non diffuso come dichiarato nella nota di comunicazione alla prefettura e secondo quale studio agronomico si sia optato per tale intervento;
   se non ritengano di intervenire, per quanto di competenza, anche con iniziative normative, al fine di evitare che un unico soggetto, sia esso anche competente in virtù di un incarico istituzionale, possa decidere di intervenire in maniera tanto incisiva sul patrimonio naturalistico equiparato dalla legge n. 1497 del 1939 a patrimonio storico artistico;
   se non ritengano che intervenire in tal modo abbia significato amputare una riserva d'ossigeno di una metropoli ad alto tasso di inquinamento. (4-12685)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 4 agosto 2016
nell'allegato B della seduta n. 667
4-12685
presentata da
COLONNESE Vega

  Risposta. — Nell'atto ispettivo in esame, l'onorevole interrogante riferisce di aver ricevuto una segnalazione di cittadini secondo la quale nel sito di Capodimonte era in corso il taglio di molti alberi. Interpellati dall'interrogante, gli uffici del museo di Capodimonte hanno precisato che si trattava di interventi su piante malate o danneggiate dalla tempesta abbattutasi sulla città di Napoli, nella notte tra il 28 e il 29 febbraio, effettuati per consentire la riapertura del parco al pubblico in condizioni di sicurezza. Da fonti di stampa l'interrogante veniva a sapere, invece, che era stato effettuato un intervento ben diverso, consistente in una «capitozzatura» degli alberi posti lungo i crinali della zona retrostante il corpo di fabbrica del museo affacciato direttamente su via Ponti Rossi, il quale avrebbe provocato proteste di cittadini e associazioni, in quanto invasivo ed effettuato al solo scopo di aprire un panorama sulla città.
  Pertanto, l'interrogante chiede di conoscere il motivo e le modalità dei lavori effettuati sul crinale del terrazzamento; e, inoltre, se non si ritenga che via sia contrasto con quanto riferito dagli uffici del museo e secondo quale studio agronomico si sia optato per tale intervento; se non si ritenga di operare, per quanto di competenza, anche con iniziative normative, al fine di evitare che un unico soggetto, sia esso anche competente in virtù di un incarico istituzionale, possa decidere di intervenire in maniera tanto incisiva sul patrimonio naturalistico equiparato dalla legge n. 1497 del 1939 a patrimonio storico artistico; se non si ritenga che «intervenire in tal modo abbia significato amputare una riserva d'ossigeno di una metropoli ad alto tasso di inquinamento».
  In merito ai quesiti posti dall'interrogante, la direzione del museo e del parco di Capodimonte ha inviato un esauriente rapporto che illustra i lavori eseguiti sulla vegetazione del parco e del quale qui si da conto.
  Nel rapporto si precisa in via preliminare che, diversamente da quanto ritenuto nell'atto ispettivo, il parco di Capodimonte è stato oggetto di due diversi e distinti interventi, rispondenti ciascuno a finalità specifiche.
  Il primo intervento è stato messo in opera a causa dell'evento meteorologico verificatosi nella notte tra il 28 e il 29 febbraio 2016.
  La direzione del Museo, a seguito degli ingenti danni causati dalla tempesta, ha reputato di dover tempestivamente intervenire e ha quindi ordinato alla ditta Euphorbia, già operante in situ e accreditata nelle White List della prefettura di Napoli di effettuare il giorno 29 febbraio un sopralluogo congiunto con la direzione lavori del museo, all'interno del parco e del bosco di Capodimonte per verificare i guasti e i danneggiamenti al patrimonio arboreo e riscontrare le situazioni ad alta pericolosità per la pubblica incolumità, al fine di predisporre, in via cautelativa, un'eventuale chiusura del bosco ed il transennamento di alcuni viali del parco.
  Al termine del sopralluogo ricognitivo è stato stilato un verbale di somma urgenza ai sensi dell'articolo 176, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 (regolamento di attuazione del Codice degli appalti) per avviare immediatamente i lavori volti ad eliminare il pericolo per la pubblica incolumità e provvedere alla riapertura, nel minor tempo possibile, del parco e del bosco di Capodimonte, di cui il giorno stesso era stata ordinata l'immediata chiusura, previa comunicazione alla prefettura di Napoli.
  Il team tecnico della ditta Euphorbia, costituito da agronomi e architetti paesaggisti, ha eseguito un accurato accertamento e stima dei danni subiti dal patrimonio boschivo, in accordo con la direzione dei lavori, per valutare le priorità d'intervento.
  La ricognizione è stata effettuata attraverso un «esame speditivo massale» (ESM) sulle aree a minore fruibilità e un «esame speditivo puntuale» (ESP) sulle aree a maggiore fruibilità, al fine di individuare i fattori di rischio e pericolo per i visitatori e per i dipendenti.
  Nell'ambito dell'esame speditivo massale sono stati presi in considerazione determinati fattori al fine di attribuire un giudizio di stabilità del popolamento arboreo.
  Nell'ambito dell'esame speditivo puntuale sono stati presi in considerazione determinati fattori di criticità finalizzati alla presenza di sintomi macroscopicamente evidenti, riconducibili a possibile instabilità della pianta o parti di essa, senza utilizzo di strumentazioni.
  Al termine degli esami, sono stati individuati gli interventi urgenti da eseguire sul patrimonio arboreo nel suo insieme e sul singolo esemplare (abbattimento o potatura o segnalazione di ulteriori approfondimenti, senza attribuire nessuna categoria di propensione al cedimento come richiesto dalla metodologia VTA – Visual tree assessment).
  In considerazione del carattere di somma urgenza degli interventi da effettuarsi e della necessità di contenere al massimo i tempi di chiusura del parco e bosco di Capodimonte, si è optato per una metodologia di indagine più speditiva, rinviando ad una fase successiva l'adozione della metodologia VTA e soltanto per quegli esemplari arborei monumentali che non denunciassero sintomi di pericolosità imminente.
  I lavori eseguiti per eliminare lo stato di emergenza sono stati i seguenti: rimozione di alberi divelti o parti di essi (rami e ramuli) che ostruivano il passaggio; rimozioni di rami pericolanti rimasti in quota; abbattimento di alberi in prossimità dei viali che presentavano fonti di rischio per i fruitori del parco (sollevamento della zolla radicale); potatura di alleggerimento della chioma e rimonda del secco; pulizia dei viali da foglie, rami, frascame e altri residui vegetali a seguito dell'evento meteorologico avverso.
  Per i lavori effettuati nel bosco la maggiore concentrazione degli interventi ha interessato le alberature prospicienti lo Stradone della Porcellana e il viale rettilineo adiacente all'istituto Caselli, che conduce a Porta di Miano, e in particolare esemplari di Laurus nobilis alti in media 8 metri con diametro medio di 30 cm e di Quercus ilei alti in media 12-15 metri con diametro medio di 40 cm.
  Nelle aree adiacenti al museo, le attività sono consistite principalmente nella soppressione di branche pericolanti e nella rimozione del secco dalle alberature isolate o a macchia vegetanti sulle praterie e/o adiacenti ai percorsi. La pulizia dei viali ha riguardato la totalità delle aree ad alta fruibilità del parco e del bosco di Capodimonte. La quasi totalità dei lavori è stata ultimata il 7 marzo, giorno della riapertura al pubblico del parco e del bosco.
  Il parco e il bosco sono stati oggetto anche di un altro autonomo intervento, cui l'interrogazione fa riferimento quando parla di «“capitozzatura” degli alberi lungo i crinali della zona retrostante del corpo di fabbrica del Museo che affaccia direttamente su via Ponti Rossi», confondendolo, però, con i lavori prima descritti.
  Anche in questo caso si è trattato di un intervento di somma urgenza, anch'esso ai sensi dell'articolo 176, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, il cui verbale è stato redatto l'11 gennaio 2016, e che ha riguardato la messa in sicurezza del patrimonio arboreo lungo il muro di cinta (da Porta Grande a Porta Piccola) e sulle scarpate del cosiddetto Spianato nonché delle masse arboree ai margini delle praterie e lungo i viali, nonché la garanzia e il ripristino di adeguate condizioni igienico sanitarie. Tutto ciò a garanzia della pubblica incolumità e della fruibilità del parco in sicurezza e in condizioni igienico-sanitarie idonee.
  La zona in questione rappresenta quella parte del parco intorno al Museo, il cosiddetto Spianato, maggiormente fruita dal visitatori nella quale, oltre a passeggiare, si preferisce sostare e riposare.
  I lavori come, anch'essi per la gran parte ultimati, per i quali e per le medesime motivazioni precisate è stata incaricata la ditta Euphorbia, già operante nel parco, hanno riguardato principalmente: contenimento e messa in sicurezza del patrimonio arboreo lungo il muro di cinta e le scarpate tra Porta Grande e Porta Piccola, fattore di pericolo per la sottostante sede stradale, sia in relazione allo schianto di rami pesanti e cariati, sia in relazione allo squilibrio aero/radicale riscontrabile sugli esemplari e in considerazione della forte pendenza del declivio (in questa categoria ricade anche l'intervento eseguito sulla Veduta di Napoli di cui si riferirà più diffusamente in seguito); messa in sicurezza delle masse arboree poste ai margini delle praterie e lungo i viali che richiedono un costante monitoraggio per salvaguardia della pubblica incolumità per i gravi problemi fitopatologici (carie del legno e marciumi radicali) di cui sono affetti e per l'appesantimento delle chiome, con rischio di schianti improvvisi sotto sollecitazioni dei venti; attività di monitoraggio e di riduzione del rischio di diffusione del Punteruolo rosso (come richiesto anche dalla profilassi del servizio fitosanitario della regione Campania), micidiale parassita che, da circa un decennio, falcidia il patrimonio di Aracaceoe ed in particolare di Phoenix delle zone adiacenti al museo, ampiamente depauperato, nonostante i provvedimenti adottati da anni (trattamenti fitosanitari a basso impatto, abbattimenti di esemplari morti, rimonda del secco e altro); manutenzione straordinaria (potatura di contenimento e scerbatura da specie infestanti) delle siepi miste, in particolare di quelle presso l'area di parcheggio di Porta Piccola, costituite principalmente da Pittosporum tobiria (specie introdotta verso gli anni settanta); pulizia generalizzata delle aree pavimentate e rifilettatura dei cordoli, inclusa raccolta dei rifiuti solidi urbani dai cestini, per garantire condizioni igienico-sanitarie e di salubrità al gran numero di visitatori del parco; ripristino di alcune aree prative sia per ragioni di decoro sia per evitare che possano essere colonizzate da specie infestanti con incremento di rischi allergeni; sistemazione di alcuni viali con presenza di buche, in corrispondenza delle parti pavimentate in cubetti di porfido, che potrebbero causare incidenti ai podisti e ciclisti che frequentano il parco; bonifica e sanificazione della fontana monumentale a mezzogiorno del museo, da alghe, mucillagini, residui vegetali e rifiuti solido-urbani, per ragioni di natura igienico-sanitaria.
  Chiarita la diversa natura dei due interventi, è opportuno descrivere più nel dettaglio l'intervento che, a detta dell'interrogante, avrebbe causato le proteste di cittadini, di associazioni e di Legambiente e che «avrebbe significato amputare una riserva d'ossigeno di in una metropoli ad alto tasso di inquinamento».
  L'area a mezzogiorno del Palazzo reale di Capodimonte, oggi museo nazionale, è storicamente conosciuta come la Veduta di Napoli, per l'estensione del panorama che si gode da questa posizione: la vista spazia dal Colle di S. Martino al Golfo di Napoli, fino a Punta Campanella e a Capri.
  Tale veduta, decantata da tutti i viaggiatori del Grand Tour e dalle guide d'epoca, dopo l'unità d'Italia, durante il regno dei Savoia, risulta ulteriormente enfatizzata da alcuni interventi quali: il riadattamento e sistemazione sullo Spianato della monumentale e antica fontana del Giardino Torre, che rafforza l'asse prospettico del palazzo verso mezzogiorno, la realizzazione di un piccolo belvedere con ringhiera ombreggiato da un esemplare di leccio, la piantumazione in questa parte del giardino, secondo il gusto del tempo, di specie vegetali quali varietà di palme, Cycas cinte da rose e variopinte fioriture, una bassa bordura di Viburnum lantana, verso l'affaccio panoramico.
  Ciascuno di questi episodi naturali e artificiali dialoga armonicamente senza interporsi con la Veduta di Napoli, unica ed assoluta protagonista di questa parte del parco.
  È solo a seguito dell'incuria, dell'abbandono e dell'inselvatichimento, a partire dalla Grande guerra, che affligge e depaupera il parco, che la natura prende il sopravvento e specie spontanee, ma anche infestanti, soppiantano e alterano alcuni luoghi emblematici della «Reale Delizia di Capodimonte»; usi sconsiderati e devastazioni prodotti dai campi militari degli alleati durante il secondo conflitto, dai campi profughi del dopoguerra, successivamente occupati da abusivi e dismessi solo agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, dalle cooperative di ex-detenuti, costituiscono la storia recente del parco.
  Ovviamente, ci sono parti del parco dove valori come ecologia, biodiversità, rinaturalizzazione, attenzione ai cambiamenti climatici, contenimento delle spese manutentive, debbono necessariamente essere tenuti in grande considerazione, non potendo solo aspetti di natura storica o culturale condizionare e governare un corretto piano di manutenzione di un parco di così grande estensione quale quello di Capodimonte.
  Nessuno può o vuole ignorare che questo parco rappresenti il più grande polmone di ossigeno di una città a bassissimo indice di verde per abitante.
  Tuttavia il genius loci di quella parte del parco denominata la Veduta di Napoli deve restare il paesaggio della città, come lo era per tutti i casini e ville che punteggiavano la collina di Capodimonte, sebbene le alterazioni dei tessuto urbano possano averne in parte pregiudicato il fascino.
  Questo non solo o non tanto per una concezione estetica del paesaggio inteso come «quadro naturale», ma come manifestazione culturale, antropica, naturale che lega una comunità al suo spazio geografico.
  Già a partire dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso, con l'avvio delle opere di riqualificazione del parco, anche la Veduta di Napoli era stata oggetto di restauro; tuttavia la scarsità di finanziamenti non ha mai consentito di intervenire in maniera risolutiva sulla scarpata che degrada a mezzogiorno e quindi non si sono eseguite, se non in minima parte, opere di ingegneria naturalistica o opere di reimpianto e di progressiva sostituzione dei Quercus ilex che, probabilmente, a partire dagli anni ’40 e spontaneamente, hanno colonizzato e preso il sopravvento su specie più idonee a carattere arbustivo che contenevano l'erosione della scarpata.
  I tagli che oggi si rilevano sulle alberature di leccio testimoniano che sono ormai molti decenni che periodicamente, ogni quinquennio, si operano drastici tagli, per recuperare la vista sul panorama della città, senza effettuare altro tipo d'intervento.
  Nell'ultimo decennio la Veduta di Napoli, a causa della mancanza di fondi, era stata nuovamente occultata dallo sviluppo patologico delle chiome delle alberature, rispetto alle quali l'unica pratica possibile è stata quella di effettuare un taglio drastico.
  La documentazione fotografica, prima e durante l'intervento, evidenzia lo stato di abbandono dei circa settanta esemplari di leccio vegetanti sulla scarpata, risultato di lavori eseguiti in passato sempre con carattere di provvisorietà e non risolutivi. In un paesaggio così fortemente antropizzato occorre una gestione integrata da parte dell'uomo affinché progredisca una vegetazione priva di elementi inquinanti che in altre situazioni potrebbero prendere il sopravvento su quella «potenziale».
  Per la riqualificazione ed il ripristino della Veduta di Napoli e per ristrutturare la vegetazione ormai abbandonata da anni, che storicamente ha caratterizzato l'area a mezzogiorno del museo e non semplicemente «per aprire uno spiraglio di panorama sulla città», è stato necessario intervenire con potature drastiche, che hanno permesso di ovviare alla caduta accidentale di branche e delle stesse piante di leccio ormai malate e invase da carie, costituenti punti deboli e cause eventuali di cedimenti strutturali, essendo prive di controlli periodici fitosanitari e fitostatici.
  Gli esemplari arborei (Quercus ilex, Ulmus minor e sporadici esemplari di Laurus nobilis) insistono su una scarpata a forte inclinazione, adiacente a una strada pubblica e trafficata (via Capodimonte); pertanto, oltre al recupero del valore storico della veduta, la modalità d'intervento è stata fortemente condizionata dal dover garantire la salvaguardia della pubblica incolumità.
  Gli alberi che vegetano sulla scarpata non sono in buono stato vegetativo, ma presentano ferite aperte mai cicatrizzate e con evidenti carie; pertanto si è preferito eseguire una potatura di risanamento sui succhioni malati, con inserzione debole e cariati, e una potatura più drastica sulle piante con problematiche strutturali e fitosanitarie gravi.
  Il taglio è stato compiuto leggermente sopra quello precedente, in modo tale da evitare di danneggiare il legno vecchio leggermente ingrossato e per ridurre il rischio di problemi fitosanitari. Tutti i tagli sono stati disinfettati con soluzioni fungistatiche e la loro inclinazione è tale da favorire la minore superficie a contatto con l'aria, per limitare l'attacco fungino.
  L'intervento di potatura è stato eseguito in un periodo tra fine inverno e inizio primavera, affinché la pianta abbia buone riserve nutritive e non ci sia rischio di stress da disidratazione.
  La potatura degli esemplari di Quercus ilex è stata effettuata prevedendo un controllo programmato da effettuarsi con piani pluriennali di ristrutturazione della chioma, selezionando i germogli ed arieggiando la chioma, nonché ipotizzando il reintegro della vegetazione esistente con nuove piante della stessa specie o preferibilmente con specie più idonee a carattere arbustivo, procedendo anche alla sostituzione degli esemplari più compromessi.
  L'intervento di valorizzazione della Veduta di Napoli, eseguito per ottemperare ad esigenze contingenti, costituisce, peraltro, il primo passo di un lavoro progressivo che ambisce nel medio-lungo termine a obiettivi di riqualificazione integrale: manutenzione e cura delle piante sane; rimozione delle piante malate e progressiva sostituzione con specie qualitativamente equivalenti o più idonee a scarpate; ripristino in corrispondenza dell'affaccio, dove è presente una staccionata in legno, della antica bordura con specie a basso grado manutentivo e con ricche fioriture stagionali; riposizionamento della staccionata esistente dietro la siepe per la messa in sicurezza della scarpata; interventi di ingegneria naturalistica con rimodellamento dei terrazzamenti; posa in opera di palizzata a secco e messa a dimora di specie arbustive autoctone e storicizzate per il consolidamento della scarpata e la riduzione dell'erosione superficiale del terreno determinata dallo scorrimento delle acque meteoriche.
  La direzione del parco, pertanto, nell'ambito dei propri poteri istituzionali, reputa di aver operato nell'assoluto rispetto della legislazione che tutela il paesaggio e le bellezze naturali, da ultimo il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, che all'articolo 132, comma 4, recita: «La tutela del paesaggio, ai fini del presente Codice, è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime. I soggetti indicati al comma 6 (Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell'esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale) qualora intervengano sul paesaggio, assicurano la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari».
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoAntimo Cesaro.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

tasso di inquinamento

albero

rischio sanitario