ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12233

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 576 del 24/02/2016
Firmatari
Primo firmatario: RICCIATTI LARA
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 24/02/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
DURANTI DONATELLA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
GREGORI MONICA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
NICCHI MARISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 24/02/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 24/02/2016
Stato iter:
08/04/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 08/04/2016
DE FILIPPO VITO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 08/04/2016

CONCLUSO IL 08/04/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12233
presentato da
RICCIATTI Lara
testo di
Mercoledì 24 febbraio 2016, seduta n. 576

   RICCIATTI, PALAZZOTTO, KRONBICHLER, COSTANTINO, DURANTI, GREGORI, NICCHI, PANNARALE e PELLEGRINO. — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, meglio noto come «decreto Lorenzin» si è proceduto all'individuazione e definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   tale decreto segue l'esito della conferenza Stato-regioni che ha proceduto ad individuare parametri e standard relativi ai servizi ospedalieri e nello specifico l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane sul documento concernente «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» del 16 dicembre 2010;
   per effetto di tale decreto, procede a chiusura dei «punti nascita» che non registrano un numero di parti su anno, pari o superiori al numero di 500; in tale situazione, con un numero di parti pari a 128 nel corso del 2014, si trova il punto nascite dell'ospedale Madonna dell'Alto nel comune di Petralia Sottana che serve l'intero comprensorio madonita in provincia di Palermo;
   da fonti di stampa si apprende che, in presenza di adeguato e moderno apparato tecnico e di una struttura moderna, il principale ostacolo per rientrare nei parametri riguarda il personale. Tale situazione, verificatasi già nei presidi di Corleone e Partinico, è stata risolta accorpando i due presidi e ricorrendo alla turnazione, garantendo così gli standard richiesti nelle more dell'assunzione del personale vincitore di concorso;
   a tal riguardo, è utile sottolineare la particolarità del territorio montano della Madonie, nonché la condizione della viabilità in direzione del punto nascite di Termini Imerese che, con la chiusura di Petralia, diventerebbe la struttura più vicina per numerosi comuni dell'area;
   tale situazione di particolarità comporta tempi di percorrenza vicini ai 90 minuti in condizioni meteorologiche buone o ottimali. Condizioni che, vista altezza e posizionamento geografico dei centri madoniti, sono da considerare situazioni non certo garantibili, soprattutto durante i mesi invernali;
   la particolarità del territorio è, per altro, evidente nella decisione di inserire l'area della Madonie nel percorso della strategia nazionale sulle aree interne. Ad evidenziarne una particolarità che poco si concilia con le scelte di chiusura e trasferimento dei servizi sanitari;
   nel corso del 2014, l'ospedale Madonna dell'Alto ha registrato circa 300 casi di interruzione volontaria della gravidanza e rimane l'unica struttura in grado di svolgere l'attività correlata alla legge n. 194 del 1978. Tanto da diventare struttura essenziale per garantire la reale applicazione della legge citata in una regione con circa l'80 per cento di medici «obiettori». A dimostrazione di ciò va registrato come le degenze relative alle procedure di interruzione volontaria della gravidanza registrate nell'ospedale di Petralia non siano riferibili solo alla popolazione residente nell'area delle Madonie;
   da notizie di stampa si apprende che altre strutture, pur in condizioni di parti su anno simili a quelle registrate a Petralia, otterranno una deroga per continuare ad operare;
   da tempo, nell'area madonita, amministratori locali e popolazione sono impegnati in una strenua difesa dei servizi sanitari, partendo proprio dall'ospedale Madonna dell'Alto;
   in data 8 gennaio 2016 i sindaci dei comuni di Gangi, Bompietro, Geraci Siculo, Alimena, Polizzi Generosa, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Blufi Castellana Sicula hanno manifestato al prefetto di Palermo i rischi gravissimi se si dovesse giungere alla chiusura del punto nascite di Petralia;
   la chiusura del punto nascite appare, così come percepita dagli abitanti del comprensorio madonita, come l'ennesimo atto di disinteresse per un territorio che conta circa 27 mila residenti e vive tutte le difficoltà (collegamenti stradali, rischio idrogeologico, fenomeni di spopolamento) a cui un'area montana è esposta; in analoga situazione si trova il punto nascite di Mussomeli, in provincia di Caltanissetta, ospitato dall'ospedale «Longo»;
   la struttura costituisce l'unico punto di riferimento per l'area cosiddetta «Vallone-Alto Platani», composta da numerosi comuni della Sicilia interna a cavallo tra le province di Palermo, Agrigento e Caltanissetta e nello specifico i comuni di Mussomeli, Acquaviva Platani, Sutera, Campofranco, Milena, Bompensieri, Villalba, Vallelunga, Marianopoli, Casteltermini, Cammarata, S. Giovanni Gemini, Roccapalumba, Castronovo, Lercara, Alia, Valledolmo;
   come nel caso dell'ospedale Madonna dell'Alto di Petralia, il centro di Mussomeli serve un'area caratterizzata da notevolissimi disagi derivanti tanto dalle condizioni generali, che dallo stato di dissesto delle arterie provinciali;
   le condizioni, pertanto, appaiono, come nel caso di Petralia, foriere di rischi negli spostamenti per raggiungere i punti nascita alternativi, con lunghi tempi di percorrenza;
   la decisione della regione Marche di eliminare il punto nascite del reparto materno infantile dell'ospedale Bartolomeo Eustachio di San Severino Marche ha mobilitato tutta la popolazione del territorio afferente alla struttura, unita nel protesta contro tale decisione;
   oltre alla preoccupazione espressa alla regione dalle assise comunali, dai primi cittadini e dai presidenti delle unioni montane di San Severino Marche, Camerino e San Ginesio, si è costituito un comitato per la salvaguardia del punto nascite che serve un territorio dell'entroterra in gran parte montano, molto vasto e disagiato per quanto riguarda la viabilità che, soprattutto nel periodo invernale, moltiplica i tempi di percorrenza;
   tale comitato ha dato, e continua a dare, vita a varie manifestazioni di protesta che riempiono le piazze (11 dicembre 2015); il comitato a portato la protesta presso la sede della regione Marche (15 dicembre 2015), in occasione della discussione delle mozioni, cercando di dialogare con il presidente della regione Marche. Inoltre, esso si accingerebbe, a quanto si apprende da notizie diffuse dalla stampa, a firmare un esposto. Tali iniziative sono finalizzate a ottenere una revisione della decisione da parte della regione Marche;
   qualora il punto nascite di San Severino Marche venisse chiuso, l'utenza delle aree, interne e montane, sarebbe costretta a rivolgersi al reparto di ostetricia più vicino, situato a Macerata. In tale ipotesi, una donna si troverebbe ad affrontare, durante il travaglio, lunghi viaggi con il rischio di neve, gelo, incidenti, strade impervie, raddoppiando in più casi i tempi di percorrenza ad oggi previsti per raggiungere l'ospedale di San Severino Marche. Ciò anche in situazioni d'emergenza, dove è fondamentale la vicinanza alla struttura ospedaliera, quali parti improvvisi o distacchi di placenta come verificatosi nella cittadina, in un caso risalente agli inizi di novembre 2015, dove solo un tempestivo cesareo ha salvato la vita ad una mamma e a suo figlio nato prematuramente;
   nel reparto di ostetricia dell'ospedale Bartolomeo Eustachio ci sono un numero di nascite superiori alle 500, ma si è chiesto comunque di applicare il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70 (cosiddetto «decreto Lorenzin»);
   la regione non ha infatti ritenuto sufficienti, per conservare il servizio, le oltre 515 nascite effettuate sino alla data odierna, motivando la decisione con una questione di sicurezza, non essendo in quel nosocomio presente il reparto di rianimazione neonatale;
   tale valutazione mette in realtà, ad avviso degli interroganti, in risalto proprio il necessario investimento da fare per offrire ai cittadini un adeguato servizio sanitario;
   il comitato «tutti uniti per l'ospedale di Osimo» è composto da padri, padri e nonni che si oppongono alla scelta politica di chiudere i punti nascita senza tenere in debito conto le esigenze delle persone che vivono in territori dove gli spostamenti risultano più difficili;
   l'accordo Stato-regione dichiara che vengano chiusi i reparti sotto i 500 parti;
   Osimo ne conta una media di 650. L'accordo Stato-regione indica la riduzione del ricorso ai cesarei, di cui Osimo è al primo posto nelle Marche, col 29 per cento dei casi, su una, media nazionale del 38 per cento, e tale dato va considerato anche rispetto ad altri ospedali marchigiani, come ad esempio il Salesi, con il 51 per cento. Quindi, di conseguenza, il punto nascita di Osimo è primo anche per parti fisiologici con il 71 per cento dei casi;
   l'accordo Stato-regione impegna le regioni a migliorare, sostenere e proteggere l'allattamento materno alla nascita e nel puerperio, al fine di incrementare i centri delle nascite classificati «amico del bambino», secondo i criteri Unicef e Oms e Osimo è ospedale amico del bambino, con certificazione Unicef e Oms;
   nel punto nascita di Osimo vengono mamme dall'Umbria, dall'Abruzzo, dal Molise proprio in quanto esso è considerato eccellenza Unicef;
   Osimo ha gli stessi parti di strutture come Jesi, Fermo e Senigallia. Al Salesi già ci sono madri appoggiate in altri reparti, in quanto non riescono a soddisfare tutti, quindi è facile immaginare cosa succederebbe se chiudesse il punto nascita di Osimo, visto che il punto nascita più vicino e quello di Jesi a più di un'ora di strada;
   pochi giorni fa una ragazza ha partorito in ambulanza perché non è riuscita a raggiungere l'ospedale;
   la Val Musone conta 100.000 abitanti ed è spontaneo chiedersi quante mamme partoriranno in ambulanza per raggiungere Jesi, e quali conseguenze si potrebbero verificare in presenza di problemi correlati al parto come un'emorragia;
   la decisione della regione Marche di eliminare il reparto di ostetrica e ginecologia dell'ospedale Profili di Fabriano ha mobilitato la cittadinanza alla protesta. Un coordinamento cittadino si è infatti costituito proprio per cercare di impedire che questa decisione diventi operativa e per chiedere alla regione di applicare il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, cosiddetto «decreto Lorenzin», della cui possibilità di attuazione il Ministro ha rassicurato direttamente il sindaco della città;
   nelle Marche altri punti nascita dell'entroterra saranno chiusi, San Severino Marche ed Osimo, salvaguardando, invece, gran parte dei punti nascita situati lungo la costa;
   Fabriano si trova in una zona montana, dove il clima è spesso avverso. Più volte, durante l'arco dell'anno, il traffico nell'unica strada che collega la città alla costa (e quindi all'ospedale di Jesi dove le donne dovranno andare a partorire, a partire dal 2016) viene interrotto a causa dei frequenti incidenti stradali che bloccano il traffico ogni volta per diverse ore. Le donne del comprensorio fabrianese dovranno intraprendere questo viaggio durante il travaglio, con il rischio di incontrare per strada neve, gelo, o di imbattersi in un incidente stradale;
   vi sono anche le situazioni d'emergenza come i parti improvvisi o i distacchi di placenta, solo per fare alcuni esempi, in cui la vicinanza della struttura ospedaliera è fondamentale;
   il coordinamento si è già mobilitato con tre manifesta ione a cui hanno aderito quasi 1.000 persone ed ha cercato di dialogare con il presidente della regione Marche, Luca Ceriscioli, al quale spetta la decisione, invadendo per giorni la sua bacheca Facebook, senza ottenere risposte affermative;
   la regione Marche ne fa un caso di sicurezza, in quanto manca la rianimazione neonatale sia ad Osimo che a San Severino, mentre a Fabriano è operativa, ma manca quella neonatale, mettendo in realtà in risalto proprio il necessario investimento da fare per offrire ai cittadini un adeguato servizio sanitario;
   va comunque sottolineato che vi sono ambiti territoriali più disagiati, dove, per peculiari caratteristiche di isolamento territoriale o difficoltà di trasferimento dei pazienti alle strutture ostetrico-ginecologiche più vicine, quali per esempio molte zone montane, è indispensabile mantenere punti nascita, seppur con un numero di parti annui inferiore a 500 o in deroga ad alcuni degli standard individuati dal suddetto accordo Stato-regioni –:
   quali siano i motivi per cui non si è inteso concedere alcuna deroga nei confronti dell'ospedale Madonna dell'Alto e dell'ospedale «Longo» di Mussomeli e quali siano i criteri in base ai quali detta deroga sia stata conosciuta invece alle strutture di Bronte e Licata;
   se la chiusura del punto nascite di Petralia non comporti, per quanto esposto, una ulteriore lesione del diritto alla scelta per le donne di cui alla legge n. 194 del 1978 riguardante l'interruzione volontaria della gravidanza;
   se non sia grave e foriero di pericolo costringere partorienti ad un viaggio verso la struttura di Termini Imerese con tempi di percorrenza superiori anche ai 90 minuti e con il rischio di fenomeni meteorologici quali neve, ghiaccio, nebbia soliti nelle aree montane nei periodi invernali;
   se le particolari condizioni dell'area su cui insiste l'ospedale Madonna dell'alto non siano tali da ritenere la struttura indispensabile per garantire i livelli essenziali di assistenza, il diritto alla salute e all'accesso alle cure;
   se il Ministro non ritenga, anche alla luce di quanto esposto in premessa, che le condizioni particolari delle aree interne della Sicilia meritino l'individuazione di un ulteriore parametro per la concessione del nulla osta operativo, oltre al criterio numerico dei parti registrati su base annua;
   se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, per le ragioni esposte in premessa, al fine di garantire la permanenza di punti nascita, seppur in deroga ad alcun parametri e standard individuati dall'accordo raggiunto in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 16 dicembre 2010;
   come si intendano garantire, per quanto di competenza, i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute, che trova tutela al più elevato rango dell'ordinamento, in considerazione degli oggettivi rischi per la salute delle mamme e dei nascituri causati dalla difficoltà, dovute a viabilità limitata e caratteristiche meteo-territoriali disagiate, di raggiungere il nosocomio designato dalla nuova proposta di organizzazione avanzata dalla regione Marche;
   quanti e quali siano attualmente le strutture ospedaliere che non rispettano i parametri e gli standard suesposti;
   se non si ritenga di assumere iniziative volte a garantire la permanenza di punti nascita seppure al di sotto di 500 parti/anno e in deroga ad alcuni parametri e standard individuati dall'accordo raggiunto in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 16 dicembre 2010, qualora ubicati in aree critiche quali quelle dei territori montani o quelle segnate da frammentazione territoriale, o da particolari caratteristiche orografiche, o distanti da altre strutture ostetrico/ginecologiche di livello superiore. (4-12233)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 8 aprile 2016
nell'allegato B della seduta n. 604
4-12233
presentata da
RICCIATTI Lara

  Risposta. — Con riguardo alla tematica in esame, si forniscono le seguenti valutazioni.
  In via preliminare si ricorda che l'accordo firmato il 16 dicembre 2010, tra il Governo e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane riferito alle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» ha impegnato tutte le regioni, comprese quelle cosiddette «in Piano di rientro» dal deficit sanitario, ad attuare 10 linee di azioni per la ridefinizione del percorso nascita.
  Tale accordo è scaturito dalla generale consapevolezza di dover implementare le misure fondamentali per garantire livelli accettabili di qualità e sicurezza per la madre e il nascituro.
  Di particolare importanza è, in tal senso, la definizione del volume minimo di parti, che, secondo la letteratura e le esperienze in materia, costituisce conditio sine qua non per configurare le condizioni organizzative, di competenza e di expertice, necessarie per la sicurezza del percorso nascita.
  In base a ciò, l'accordo ha previsto la chiusura dei punti nascita (PN) con un volume di attività inferiore a 500 parti/anno, in quanto non in grado di garantire sicurezza per la madre ed il neonato, nonché l'adozione di stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando il numero di almeno 1000 parti/anno quale parametro cui tendere.
  Va da subito chiarito che tale criterio non va ovviamente letto con accezione punitiva nei confronti della popolazione, poiché non scaturisce da mere finalità economiche di contenimento della spesa, bensì dalla necessità di fornire alla donna ed al neonato un'assistenza di livello elevato; tale garanzia può essere assicurata innanzitutto da adeguati standard operativi, tecnologici e di sicurezza, ma soprattutto dalla presenza, con livelli di operatività h24 intesa come guardia attiva, di personale qualificato che, potendo seguire una casistica numerosa, è in grado di effettuare un corretto inquadramento delle pazienti ed una corretta gestione della gravidanza, mantenendo ed accrescendo nel tempo la propria competenza. Ciò vale, ancor più, rispetto ad eventuali situazioni di emergenza che dovessero verificarsi durante il decorso della gravidanza, il parto e il post partum, che richiedono interventi appropriati, efficaci e tempestivi.
  Si sottolinea, peraltro, che il decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera» fa specifico riferimento agli standard operativi, tecnologici e di sicurezza contenuti nell'accordo del 16 dicembre 2010.
  L'accordo ha anche previsto la possibilità di persistenza dell'operatività di punti nascita in deroga al volume minimo di 500 parti/anno, esclusivamente in caso di reali situazioni orogeografiche critiche, ovvero in presenza di aree geografiche notevolmente disagiate, esclusivamente a condizione che in tali strutture siano garantiti tutti gli standard organizzativi, tecnologici e di sicurezza previsti per le unità operative ostetriche e neonatologico/pediatriche di 1o livello.
  In relazione a tale problematica, si sottolinea che il decreto ministeriale 11 novembre 2015, che integra i compiti e la composizione del Comitato percorso nascita nazionale (CPNn), ha demandato al predetto comitato il compito di esprimere un parere sulla richiesta, da parte delle regioni e delle province autonome, di deroghe per punti nascita con volumi di attività <a 500 parti/anno, sentiti anche i comitati percorso nascita regionali.
  Le richieste di deroga devono seguire un iter preordinato ed essere predisposte secondo un preciso «Protocollo metodologico» messo a punto dal Comitato percorso nascita nazionale.
  Fatte salve le valutazioni di carattere generale sopra formulate, nel merito di quanto rappresentato con gli atti ispettivi in esame, si forniscono le seguenti indicazioni.
  Da interlocuzioni con la regione Marche, si è appurato che effettivamente sono in via di predisposizione gli atti normativi di disattivazione di questi due punti nascita, in aderenza a quanto previsto dall'accordo del 16 dicembre 2010, che raccomanda «la razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l'abbinamento per pari complessità di attività delle unità operative ostetrico-ginecologiche con quelle neonato logiche/pediatriche».
  Si coglie l'occasione per ricordare che, a seguito delle modifiche al Titolo V della Costituzione, che ha demandato alle regioni la competenza legislativa in termini di organizzazione e realizzazione di risposte efficaci ai bisogni di salute di tutti i gruppi di popolazione, le scelte programmatorie e organizzativo/gestionali in tema di sanità sono di competenza delle regioni e delle province autonome. Il Ministero della salute non entra nel merito delle scelte strategiche adottate dalle regioni, ma verifica il rispetto dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), in termini di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse e la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal Servizio sanitario nazionale.
  La regione Marche con nota del 17 febbraio 2016, per quanto di sua diretta competenza, rispondendo ad una specifica richiesta del Ministero della salute, ha osservato quanto segue.
  Con deliberazione della giunta regionale n. 1345/2013, come modificata dalla deliberazione della giunta regionale n. 1219 del 27 ottobre 2014, la regione ha proceduto al riordino delle reti cliniche in coerenza con la riorganizzazione dell'offerta sanitaria regionale. Tale atto è stato predisposto con l'obiettivo di migliorare la qualità delle cure, garantirne l'omogeneità e migliorare l'efficienza del sistema ed ha tenuto conto delle indicazioni dell'Agenas e delle indicazioni contenute nel decreto ministeriale n. 70 del 2015, già sopra indicato, che ha definito le condizioni necessarie per garantire livelli di assistenza ospedaliera omogenei.
  Nelle richiamate deliberazioni della giunta regionale 1345/2013 e 1219/2014 sono stati fissati, tra l'altro, i criteri per la riorganizzazione dei punti nascita, introducendo i principi di gradualità, sicurezza, numero annuale dei parti, per orientare le scelte di riduzione dei punti nascita. Tra l'altro è raccomandato «di adottare stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale fissando il numero di almeno 1000 nascite/anno quale parametro standard a cui tendere, nel triennio, per il mantenimento/attivazione dei punti nascita; i punti nascita con un numero di parti inferiore a 500, privi di una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesiologica e medico pediatrica h24 andavano chiusi entro il 2011. Tali principi sono già stati recepiti dalla giunta con la chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti». Sono stati, pertanto, in quell'occasione chiusi i punti nascita al di sotto dei 500 parti (2 strutture del privato ed 1 struttura pubblica). La giunta, inoltre, ha esplicitato la volontà di «dare applicazione alle prescrizioni contenute nell'accordo Stato-regioni 16112/2010 in modo graduale, nei tempi necessari, in concertazione con il direttivo Anci; che tale gradualità sia legata al numero di parti nei singoli stabilimenti ospedalieri (dal più basso al più alto) e dalla presenza almeno della guardia medico-ostetrica, della guardia medico-pediatrica e anestesiologica H24».
  La gradualità dei tempi di riorganizzazione è stato, pertanto, rispettata e la data del 31 dicembre 2015 – come termine nel procedere alla chiusura dei punti nascita che non garantiscono le condizioni di qualità e sicurezza necessarie – sembra congruo con il percorso già avviato. Ulteriori deroghe non sono coerenti con le normative richiamate, esponendo la regione Marche al rischio di risultare inadempiente all'obbligo di erogare i livelli essenziali di assistenza in condizioni di sicurezza.
  Inoltre, al fine di garantire l'assistenza delle madre e dei neonati a rischio, con specifici provvedimenti regionali e aziendali, è stato attivato lo Stam (sistema di trasferimento sanitario della madre) per la centralizzazione delle donne, in procinto di partorire, con problematiche richiedenti un 2o livello assistenziale. In questo modo eventuali gravidanze con gravi prematurità (< alla 31 settimana), o con patologie congenite importanti, vengono centralizzate al Presidio Salesi dove e presente l'unica neonatologia di 2o livello, una terapia intensiva (DEA di 2o livello e la possibilità di effettuare interventi chirurgici (cardiologici, neurologici e di chirurgia generale) che si rendono necessari nell'immediato post nascita.
  Va anche detto che insieme allo Stam è attivo lo Sten (trasporto neonatale), che si attiva in caso di neonato con gravi patologie congenite o insorte alla nascita per le quali si rende necessario un ricovero nella neonatologia di 2o livello. L’equipe dell'ospedale Salesi (medico e infermiere) si reca al punto nascita interessato, per stabilizzare il neonato e trasferirlo al medesimo ospedale. Quando le condizioni lo permettono, la stessa equipe lo riconduce al punto nascita. Con queste modalità vengono garantite le urgenze emergenze legate al momento della nascita.
  Per quanto riguarda il punto nascita di Fabriano e di Osimo ci sono stati nel corso del 2015 rispettivamente n. 390 e n. 561; tali punti nascita rappresentano le sedi con minor numero di parti nel panorama regionale, insieme con l'ospedale di San Severino, dove nel corso del 2015, si sono registrati n. 537 parti, in diminuzione rispetto al valore del 2014 (n. 565) ma con il 45 per cento di parti cesarei: la media di parti oscilla tra i 7 e i 10 parti alla settimana, circa tra 1 ed 1,5 al giorno. Considerata la presenza di medici nei vari turni, si può dire che ogni medico assiste a circa un parto alla settimana e questo spiegherebbe il ricorso al parto cesareo e in ogni caso si traduce in una qualità assistenziale a rischio per le donne ed il nascituro.
  Peraltro, la mancanza di una guardia pediatrica in tutti e tre i nosocomi al momento del parto impedisce un intervento immediato per qualsiasi ipotetica complicanza che si possa verificare al momento o subito dopo il parto. È appena il caso di rammentare, che le ipossie perinatali rappresentano una delle più gravi cause di disabilità nel bambino con conseguenze socio-sanitarie per la famiglia e la società non valutabili.
  Inoltre, per quanto attiene al punto nascita di Osimo e di San Severino, si precisa che gli stessi sono allo stato operativi, in considerazione della pendenza di un giudizio amministrativo, in caso di rigetto delle istanze di sospensione dell'efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati, i suddetti punti nascita saranno chiusi.
  Alla luce di quanto sopra esposto, la chiusura dei punti nascita, partendo da quelli meno produttivi, quindi da subito Fabriano che non raggiunge neanche la soglia dei 500 parti anno e di seguito delle altre strutture con bassa numerosità di parti, porterà all'aumento volumetrico degli altri con raggiungimento degli standard di qualità che norme di accreditamento e società scientifiche dispongono.
  Per quanto attiene ai due punti nascita con parti ancora superiori ai 500/anno i tempi di percorrenza verso gli ospedali di riferimento sono inferiori ai 60 minuti.
  Inoltre, nelle situazioni particolarmente avverse la regione mette a disposizione i mezzi di soccorso straordinari mediante il Gores (Gruppo operativo regionale emergenze sanitarie) che in collaborazione tra sanità e protezione civile garantisce la salute di tutti i cittadini presenti sul territorio regionale.
  Per quanto attiene agli incidenti stradali sono ovviamente imprevedibili ed i mezzi di soccorso presenti sul territorio vengono attivati a seconda delle esigenze mettendo a disposizione tutte le risorse del 118 regionale compreso il servizio di elisoccorso.
  Si rappresenta che nella regione Marche sono presenti 2 elicotteri uno con sede base Fabriano e l'altro Ancona ed è attiva una convenzione regionale con il Soccorso Alpino.
  Da ultimo, la regione ha osservato che l'entrata in vigore dal 25 novembre 2015 della normativa europea sull'orario di lavoro, con l'obbligo non più eludibile, di garantire ai lavoratori (medici e personale del comparto) pause di riposo sufficienti tra un turno e l'altro e il divieto di superare un orario settimanale di 48 ore, rende di fatto oggettivamente impossibile mantenere l'attuale diffusione dei punti nascita per la mancanza di medici specialisti (ginecologi, anestesisti, pediatri) necessari a garantire la presenza per 24 ore.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteVito De Filippo.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

istituto ospedaliero

incidente di trasporto

maternita'