ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12010

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 565 del 09/02/2016
Firmatari
Primo firmatario: SARTI GIULIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 09/02/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SPADONI MARIA EDERA MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
FERRARESI VITTORIO MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
DELL'ORCO MICHELE MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
BERNINI PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
MANNINO CLAUDIA MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
MICILLO SALVATORE MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016
VIGNAROLI STEFANO MOVIMENTO 5 STELLE 09/02/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 09/02/2016
Stato iter:
19/07/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 19/07/2016
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 19/07/2016

CONCLUSO IL 19/07/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12010
presentato da
SARTI Giulia
testo di
Martedì 9 febbraio 2016, seduta n. 565

   SARTI, SPADONI, FERRARESI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, PAOLO BERNINI, TERZONI, MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   dal 30 gennaio 2016 è stata posizionata, immediatamente davanti alla costa di Cesenatico (a circa 4 chilometri dalla riva su un fondale di 10 metri di profondità), la piattaforma galleggiante GSF «Key Manhattan» (tecnicamente un impianto Jack-Up Drilling Unit di circa 600 tonnellate, con tre torri alte circa 150 metri) della società Transocean, nei pressi del pozzo Morena 1 di: Eni S.p.A., appartenente alla concessione di coltivazione «A.0 28 EA»;
   la concessione di coltivazione, per l'estrazione di gas, del pozzo Morena 1, perforato nel 1994, prorogato nel 1997, ed in produzione fino al 2008, scade fra meno di un anno, il 1o gennaio 2017, ma è stata presentata, in data 2 marzo 2012, istanza di proroga decennale della concessione di coltivazione «A.0 28.EA» della Società Eni S.p.a. pubblicata sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse (BUIG) Anno LVI – n. 6 del 30 giugno 2012;
   non risulta nessuna attività preventiva di informazione e partecipazione rivolta alla cittadinanza, né tanto meno, di valutazione dei possibili impatti ambientali (ma anche economici);
   Eni ha già fatto sapere che l'attività prevista rientra nelle «normali attività di manutenzione di un pozzo... finalizzata all'adeguamento tecnologico necessario al miglioramento continuo della sicurezza degli impianti, attraverso l'inserimento nel pozzo di una tecnologia avanzata denominata Sand Control che limita il trasporto in superficie della sabbia, consentendo così la produzione selettiva del solo gas metano»;
   la stessa Eni descrive diversamente, nei suoi documenti, la tecnologia di « Sand Control»: «le tecniche di Sand Control previste sono quelle in foro tubato (lnside Casing Gravel Pack) e, in particolare, l’High Rate Water Pack ed il Frac Pack. Nell’High Rate Water Pack, la sabbia viene trasportata mediante brine, con pressioni di trattamento ben inferiori alla pressione di fratturazione e con elevate portate. Nel Frac Pack, invece, vengono realizzate delle vere a proprie fratture che vengono riempite di proppant a granulometria controllata per mantenerle aperte nel tempo e consentire di avere una produttività del livello più elevata. Le tipologie di «Sand Control» da adottare vengono scelte di volta in volta sulla base delle caratteristiche della formazione, distanza dalla tavola d'acqua, numero di livelli produttivi presenti, distanza tra gli stessi, presenza di livelli di argille o strati impermeabili» (citazione dallo Studio di Impatto Ambientale del progetto Clara NW di ENI, anno 2012);
   sulla rivista AB Oil così viene descritta la stessa tecnologia: «Eliminare le infiltrazioni di sabbia è stata una delle sfide più ardue mai affrontate dagli ingegneri sin dall'inizio delle attività gas-petrolifere in mare». Le tecnologie di controllo della sabbia si sono evolute negli anni, prima di tutto con il processo di completamento gravel pack, che funge da filtro nel pozzo al livello di formazione produttiva per impedire le infiltrazioni di sabbia. Quando gli operatori si sono resi conto che più grande e spesso era il filtro, migliori erano le prestazioni del pozzo, hanno combinato la tecnologia di fatturazione idraulica con il completamento gravel pack, dando vita a quello che oggi è chiamato processo Frac Pack e migliorando così l'efficienza operativa e il recupero del petrolio e del gas»;
   appare chiaro secondo gli interroganti come nulla c'entri la sicurezza del pozzo in questione quanto, piuttosto, la volontà di aumentare dei profitti, tornando a sfruttare un pozzo giudicato in precedenza esaurito;
   allo stesso modo appare difficile credere a giudizio degli interroganti anche per gli ingenti costi connessi, che questa operazione sia destinata a rimettere in produzione un singolo pozzo per un intervallo temporale di poco più di 8 mesi;
   le operazioni sopra descritte sono più simili ad una nuova perforazione che alla manutenzione ordinaria di un pozzo già esistente;
   nel decreto di attribuzione ad Eni S.p.A., emesso in data 18 giugno 1998, della concessione «A.C. 28 EA» per venti anni, fino al 1o gennaio 2017, oltre a prevedere «la sola prosecuzione dell'attività con il pozzo e gli impianti esistenti e con il trattamento del gas presso la Centrale «Rubicone», erano previsti «lavori di ulteriore ricerca» riguardo ai due prospetti denominato «Cesenatico Mare Nord» e «Cesenatico Mare Est» consistenti: nella interpretazione del rilievo 3D Adria, nella perforazione, entro 6 anni dall'attribuzione, di un sondaggio esplorativo della profondità di 2500 metri, per l'accertamento dei prospetti individuati e, subordinatamente ai risultati del suddetto sondaggio, nella perforazione di un ulteriore pozzo esplorativo»;
   il rischio idrogeologico, con subsidenza di oltre 5 centimetri all'anno, erosione delle spiagge, pericolo di ingressione anche nelle acque di falda, rischio di allagamenti nella zona di Cesenatico, è già abbastanza elevato senza la ripresa di un'estrazione di metano a pochi chilometri dalla riva;
   dalla metà del ’900 la subsidenza della fascia costiera emiliano-romagnola ha subito un forte incremento per ragioni strettamente dipendenti dalle attività umane. In questo caso la cause sono: la bonifica di vaste aree paludose nell'area ravennate e ferrarese, l'estrazione di acqua dalle falde mediante migliaia di pozzi e la coltivazione di decine di giacimenti di metano a terra e in mare nell'area compresa tra Cesenatico e Porto Garibaldi; queste attività hanno decuplicato la velocità di abbassamento del suolo, a Cesenatico, nella seconda metà degli anni ’80, la subsidenza ha raggiunto picchi di 5 centimetri/anno, tra il 1950 e il 2000, Rimini si è abbassata di circa 63 centimetri e l'intero territorio costiero a nord di Cesenatico ha perso 1 metro di quota rispetto al medio mare;
   poiché gli abbassamenti non si limitano alla terraferma, ma interessano anche la spiaggia sommersa, si stima in circa 100 milioni di metri cubi la quantità di sedimento necessaria per riportare il profilo di spiaggia e del fondale alle condizioni dei primi anni ’50; infatti, la perdita in 50 anni di un metro di quota rispetto al medio mare di una fascia costiera, già di per sé poco elevata, ha aumentato moltissimo il grado di vulnerabilità di terre e abitati;
   è possibile fare delle stime fondate sui costi del ripascimento causato dalla subsidenza; infatti, l'abbassamento di un centimetro all'anno comporta, nello stesso periodo, una perdita di un milione di metri cubi di sabbia sui circa 100 chilometri di costa regionale ed assegnando alla sabbia il costo di 13 euro al metro cubo, ogni anno andrebbero spesi 13 milioni di euro per rimpiazzare la sabbia persa, quindi poiché nella fascia costiera, tra il 1950 e il 2005, per via dell'abbassamento di circa 1 metro, sono andati perduti circa 100.000.000 di metri cubi di sabbia, si potrebbe così stimare un danno di 1,3 miliardi di euro –:
   se la società Eni S.p.A. o una società terza da essa incaricata abbia presentato richieste autorizzatorie per i lavori in corso o di prossima esecuzione;
   se i lavori in corso si muovano nell'ambito del decreto di attribuzione ad Eni S.p.A., emesso in data 18 giugno 1998 della concessione di coltivazione «A.C 28 EA» ed, in particolare, se pur essendo scaduti i termini dei lavori di ulteriore ricerca (sei anni) le operazioni di questi giorni facciano riferimento a quelle possibilità;
   se risulti accordata la proroga richiesta da Eni S.p.A. per la concessione di coltivazione «A.C 28 EA» dal 1o gennaio 2017 al 1o gennaio 2027;
   se il Governo disponga di elementi circa il prolungamento della vita utile, oltre il 2016, del suddetto pozzo, oltreché riguardo ad analoghi lavori in altri pozzi in zone adiacenti;
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative di competenza per la formalizzazione di una procedura di impatto ambientale, con le necessarie garanzie per cittadini e l'ambiente e, in mancanza di questa, come pensi di tutelare entrambi;
   se il Governo abbia proceduto ad una stima sia dei danni diretti (ripascimento, rischio allagamenti), sia indiretti (presenze turistiche, appetibilità della zona per i tour operator) che una simile attività potrebbe comportare;
   se il Governo abbia avuto una qualche forma di consultazione da parte del proponente Eni S.p.A. prima dell'inizio dei lavori;
   se il Governo non ritenga necessario assumere informazioni dettagliate su quanto stia avvenendo nel mare di Cesenatico, in particolare sul tipo di tecnologia di controllo delle sabbie utilizzata da Eni S.p.A, al fine di verificare se si stia adoperando una tecnologia di Frac Pack e quali garanzie Eni S.p.A. sia disposta a fornire sull'impatto di queste operazioni (gestione dei fanghi, reflui e rifiuti).
(4-12010)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 19 luglio 2016
nell'allegato B della seduta n. 657
4-12010
presentata da
SARTI Giulia

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alle problematiche afferenti la piattaforma « Key Manhattan» sita in mare Adriatico di fronte al comune di Cesenatico, in provincia di Forlì-Cesena, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si rappresenta quanto segue.
  Si evidenzia, in via preliminare, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è l'autorità competente a svolgere le procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) per tutte le attività inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare e a terra su tutto il territorio nazionale. L'autorizzazione finale all'avvio di tali attività spetta invece al Ministero dello sviluppo economico, preposto appunto alla finale valutazione comparativa dei diversi interessi pubblici incisi o comunque interessati da dette attività, comprese le vocazioni territoriali e i modelli di sviluppo di volta in volta da promuovere.
  Si segnala, inoltre, che la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha ripristinato il limite delle 12 miglia dalla costa per le perforazioni petrolifere in mare. La disposizione stabilisce che i titoli, abilitativi già rilasciati siano fatti salvi dall'estensione del limite alle 12 miglia per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. La norma ha vietato nuove attività di trivellazione entro le 12 miglia salvaguardando così le vocazioni proprie delle coste italiane e non vanificando gli investimenti, messi in atto da soggetti pubblici e privati, a volte molto consistenti, per lo sviluppo e la promozione del turismo.
  Riguardo la predetta normativa, lo scorso 17 aprile si è tenuto il referendum per decidere se abrogare o meno la parte della disposizione che permette a chi ha già ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, di poter proseguire le attività fino all'esaurimento del giacimento, che ha avuto esito negativo per il mancato raggiungimento del quorum.
  Con riferimento alle attività sul pozzo «Morena 1» nell'ambito della concessione di coltivazione A.C. – 28 della Società ENI, si comunica che agli atti della competente direzione di questo dicastero risulta che il pozzo in questione non è stato assoggettato a VIA in quanto realizzato prima dell'entrata in vigore della normativa VIA relativa a dette attività (decreto del Presidente della Repubblica 526 del 1994).
  Si fa presente, tuttavia, che le piattaforme per le quali non è stata svolta la valutazione di impatto ambientale, in quanto installate precedentemente all'entrata in vigore della relativa normativa, sono comunque sottoposte, qualora aventi più di uno scarico emissivo, all'autorizzazione integrata ambientale (AIA).
  In particolare, secondo quanto previsto dall'articolo 29-decies del decreto legislativo n. 152 del 2006, la verifica del rispetto dei valori limite di emissione stabiliti dalle AIA per le piattaforme di produzione a mare, viene effettuata dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) in coordinamento con gli uffici territoriali competenti del Ministero dello sviluppo economico.
  In ogni caso, sulla base delle informazioni fornite dal viceministro allo Sviluppo economico lo scorso 23 febbraio, rispondendo ad una interrogazione sull'argomento in commissione attività produttive alla Camera, è stato evidenziato che il detto pozzo «Morena 1», perforato ed in produzione già dal 1994 e facente parte delle concessioni in esclusiva dell'ENI, ai sensi della elegge n. 136 del 1953, è stato autorizzato a continuare la produzione con provvedimento del Ministero delle attività produttive del 18 giugno 1998 per la durata di 20 anni. Per tale titolo minerario, in scadenza al 2017, è stata presentata dalla società istanza di proroga decennale attualmente oggetto di istruttoria da parte del competente Ministero dello sviluppo economico.
  Sempre secondo quanto riferito dal viceministro allo sviluppo economico, la ripresa della produzione del pozzo è quindi attualmente solo ipotizzata dall'Eni S.p.A., in base alle risultanze degli interventi che la società sta portando a compimento sugli impianti. La ripresa delle attività potrà essere autorizzata solo nel caso in cui l'operatore sia in grado di ripristinare la produzione del pozzo in condizioni di massima sicurezza anche ambientale, nell'ambito di un titolo già vigente nelle 12 miglia e nel pieno rispetto della normativa attualmente in vigore.
  Alla luce delle informazioni esposte, questo dicastero, per il tramite della competente direzione generale, continuerà a svolgere le valutazioni in materia con il massimo grado di attenzione, tenendosi costantemente informato anche attraverso gli altri Enti istituzionali competenti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

gas naturale

tecnologia

impatto ambientale