ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/11456

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 537 del 16/12/2015
Firmatari
Primo firmatario: BORGHESI STEFANO
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Data firma: 16/12/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 16/12/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 16/12/2015
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-11456
presentato da
BORGHESI Stefano
testo di
Mercoledì 16 dicembre 2015, seduta n. 537

   BORGHESI e BUSIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   molti presidenti, dirigenti e allenatori di società sportive di hockey su pista, nonché genitori di ragazzi che praticano tale disciplina nelle squadre giovanili, riferiscono che è stato recentemente fatto divieto di utilizzare la griglia protettiva di cui sono dotati i caschi, in applicazione del nuovo testo dell'articolo 74 del Regolamento Gare e Campionati, come modificato dalla delibera del Consiglio federale n. 49 del 29 maggio 2015 e recepito nell'ulteriore delibera del 2 ottobre 2015 (CU n. 25 del 7 ottobre 2015), nonché dall'articolo 4.2.5. delle «Norme per l'attività giovanile 2015-2016»;
   tale divieto espone gli atleti a rischi gravissimi, come già inutilmente rappresentato da più parti: da ultimo, anche in un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e ad altre Istituzioni;
   già nei primissimi tempi di applicazione si sono verificati gravi incidenti con danni alle parti del corpo in precedenza coperte dalla griglia del casco: solo per citarne uno, il 31 ottobre 2015, durante il «Trofeo del Mago» di Valdagno, un bambino dell'Hockey Breganze è stato colpito al volto dalla stecca di un avversario, riportando una profonda ferita all'interno dell'orbita oculare che ha reso necessari 7 punti di sutura e accertamenti alla vista tuttora in corso, per la vicinanza (solo pochi millimetri) con l'occhio. A parte il danno fisico, tutti i presenti hanno subito lo shock della scena terribile e la maggior parte dei bambini è scoppiata in pianti a dirotto e, probabilmente, non dimenticherà mai l'accaduto. Incidenti gravi risultano essersi verificati nelle scorse settimane anche su altre piste dove – secondo quanto riferito all'interrogante – almeno due bambini sono stati colpiti al volto dalla pallina, riportando gravi traumi;
   è appena il caso di rilevare che tali incidenti non si sarebbero verificati se, appunto, ai giovani atleti fosse stato imposto – come accadeva in precedenza – o perlomeno consentito l'uso della griglia protettiva; la norma suddetta, invece, detta un espresso divieto al riguardo, fatto che fa dubitare che l'emanazione di essa sia stata preceduta da una compiuta istruttoria (l'acquisizione di pareri da parte di medici pediatri, odontoiatri e oculisti avrebbe certamente confermato i gravi rischi di giocare senza protezioni); a parte ciò, essa appare vistosamente contrastante con altre norme – addirittura di rango costituzionale – che tutelano il diritto alla salute e che non già consentono, ma impongono ai cittadini (anche a costo di comprimere altri diritti fondamentali di pari rango, come quello all'autodeterminazione) di prevenire quanto più possibile danni a sé e agli altri: è il caso dell'obbligo di usare il casco alla guida dei motocicli o quello di indossare le cinture di sicurezza allorché si conducono automobili, per non parlare della normativa sempre più stringente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, la cui applicazione è stata espressamente estesa alle associazioni sportive dilettantistiche dal decreto-legge n. 69 del 2013, cosiddetto «del fare», convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 98;
   la censurabilità delle norme in parola è evidente, se è vero che in altri Paesi dove non sono utilizzati dispositivi di protezione si insegna ai bambini ad utilizzare la stecca facendo particolare attenzione a non farsi male e a non far male agli avversari, sin da quando iniziano a praticare la disciplina – cosa che avrebbe dovuto consigliare perlomeno una disciplina transitoria che consentisse ai piccoli atleti di abituarsi gradualmente alle nuove norme o, meglio, valutare l'utilizzo di protezioni diverse (ad esempio, le maschere in plexiglas);
   questa estrema superficialità contrasta con l'obiettivo che la FIHP (Federazione Italiana Hockey su Pista) afferma statutariamente di proporsi – quello di «propagandare» la diffusione della disciplina – mentre invece i provvedimenti in parola stanno determinando l'allontanamento da essa di un gran numero di praticanti – se è vero che molti genitori hanno ritirato i propri figli dalle squadre, pur di non esporli a rischi inaccettabili, il che, se elimina la possibilità di danni fisici, provoca tuttavia ugualmente un danno psicologico, quello di non poter svolgere la disciplina sportiva preferita, a cui magari i ragazzi hanno già dedicato anni di pratica e di assiduo impegno;
   esistono forti perplessità su altri aspetti non secondari della questione, come quello sulle conseguenze penali e gli obblighi risarcitori in caso di eventuali incidenti, che ricadrebbero su allenatori e dirigenti;
   la FIHP si è adeguata al regolamento internazionale e cioè che a hockey su pista si gioca senza proteggere il viso con casco e visiera, ma con le altre protezioni ammesse dal regolamento. Dal punto di vista tecnico, si toglie la visiera per un miglior apprendimento dei fondamentali di questo sport;
   la FIHP è un organismo sportivo e l'ordinamento sportivo è riconosciuto dall'ordinamento giuridico statale che gli garantisce piena autonomia normativa. Quindi questa scelta rientra nell'ambito della discrezionalità della Federazione, in pratica lo Stato riconosce che fare sport è salutare perché fa bene alla collettività dei cittadini e autorizza l'ordinamento sportivo (CONI e Federazioni) a darsi le proprie regole, ma questa autonomia trova un suo limite nel campo della giurisdizione penale. In base all'articolo 5 del Regolamento giustizia e disciplina della FIHP: «Resta salva la possibilità di adire l'autorità Giudiziaria in sedi penale per la tutela dei propri diritti»;
   quindi, se nell'esercizio della attività sportiva vengono commessi dei reati, le vittime per ottenere giustizia, possono, anzi debbono, rivolgersi alla magistratura. Supponiamo allora che un minore riporti lesioni al viso durante una gara o un allenamento di hockey pista, una volta stabilito che le lesioni si sarebbero potute evitare se la visiera fosse stata indossata, come accadeva fino al termine della scorsa stagione, chi risponderebbe di questo eventuale reato (potrebbero essere le lesioni colpose) e, conseguentemente, chi sarebbe tenuto a risarcire il danno. Si potrebbe invocare la prevalenza del principio dell'autonomia dell'ordinamento sportivo su quello statale per effetto della modifica all'articolo 74 del regolamento Gare e Campionati nel caso di lesioni? Fino a pochi anni fa la risposta era pacifica: si poteva e senza alcun dubbio; il rischio di farsi male durante l'attività sportiva era accettato e tollerato dall'ordinamento sportivo e da quello giuridico statale.
  L'atleta insomma accetta, per così dire le «regole del gioco» e acconsente al rischio di ferirsi perché vuole praticare uno sport. E lo Stato a ciò acconsente perché riconosce tutti i valori dello sport, anzi li ritiene meritevoli di tutela assoluta e se capita un infortunio scatta la cosiddetta «scriminante del consenso dell'avente diritto»;
   il decreto-legge n. 69 del 2013 (convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 98) ha imposto alle associazioni sportive dilettantistiche di applicare ai luoghi dove svolgono la loro attività la disciplina speciale sulla tutela della sicurezza dei lavoratori, contenuta nel decreto legislativo n. 81 del 2008;
   la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro individua e attribuisce precise responsabilità e obblighi di prevenzione degli infortuni al «datore di lavoro», e «al preposto»;
   secondo l'interpretazione prevalente il «preposto» in questo caso è l'allenatore che è tenuto a far indossare ai soggetti che con lui interagiscono i dispositivi di protezione dagli infortuni;
   il datore di lavoro è il presidente dell'Associazione sportiva dilettantistica che risponde in solido con il consiglio direttivo e cioè con il vicepresidente e gli altri consiglieri i quali potrebbero essere chiamati a rispondere di lesioni personali causate da infortuni «sul lavoro» che si aveva l'obbligo giuridico di prevenire. La legge ha di fatto parificato l'attività sportiva all'attività lavorativa se non altro ai fini di protezione dagli infortuni;
   alla luce dei fatti già accaduti, dell'assoluta probabilità che essi si ripetano e delle correlative responsabilità, nonché della posizione assunta da una parte davvero significativa di soggetti destinatari della norma regolamentare (famiglie, ma anche giocatori, allenatori e società sportive), sarebbe opportuno che la Federazione sospendesse, in via cautelare, con effetto immediato, la norma in questione, per poi modificarla, consentendo l'utilizzo di casco e griglia protettiva come in precedenza (o dispositivi di protezione equivalenti), considerato che molti genitori hanno già preannunciato di essere pronti a rifiutarsi di far giocare le partite ai propri figli se non con l'adeguata attrezzatura protettiva, cosa che potrebbe provocare – fra l'altro – il ritiro di diverse squadre dai campionati –:
   come si concili l'eliminazione della griglia protettiva di cui sono dotati i caschi dei giocatori di hockey con il rispetto della normativa in materia di tutela della salute e di sicurezza sul luogo di lavoro e se e quali iniziative, anche normative, intenda assumere per garantire l'incolumità degli interessati. (4-11456)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sicurezza del lavoro

dispositivo di sicurezza

sport