ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/11228

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 527 del 23/11/2015
Firmatari
Primo firmatario: RAMPELLI FABIO
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Data firma: 23/11/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELL'INTERNO 23/11/2015
MINISTERO DELL'INTERNO 23/11/2015
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 24/12/2015
Stato iter:
06/10/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/10/2017
ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/10/2017

CONCLUSO IL 06/10/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-11228
presentato da
RAMPELLI Fabio
testo di
Lunedì 23 novembre 2015, seduta n. 527

   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   il 18 novembre 2015, in seguito ai fatti di Parigi, si è svolta a Cosenza una riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sulle misure di prevenzione del terrorismo islamico;
   tra i punti all'ordine del giorno vi era anche il carcere di Rossano, la struttura che ospita ventuno detenuti stranieri accusati di terrorismo, uno dei quali appartenente all'ISIS e uno all'ETA, oltre a diciannove integralisti islamici, tutti condannati con pena definitiva, al fine di analizzare le misure di sicurezza predisposte con riferimento allo stesso;
   si è, inoltre, discusso dell'episodio verificatosi nel carcere di Rossano all'indomani degli attentati di Parigi, quando almeno quattro dei terroristi islamici detenuti nella sezione speciale del penitenziario calabrese, dopo aver appreso la notizia della strage, avrebbero esultato inneggiando alla «liberazione» della Francia dagli «infedeli»;
   lo stesso giorno il segretario generale del SAPPE ha denunciato come nella sezione speciale del carcere di Rossano nella quale sono ristretti i terroristi islamici vi sia «un livello di sicurezza pari a zero» e come l'inadeguatezza della struttura determini un rischio altissimo per la sicurezza;
   la decisione presa nell'ambito del predetto vertice di innalzare il livello di sicurezza del carcere, unico in Italia a ospitare jihadisti, con un pattugliamento armato all'esterno della struttura, non appare all'interrogante sufficiente a garantire la messa in sicurezza della struttura detentiva e dell'intera città, mentre, invece, si dovrebbe provvedere al trasferimento dei terroristi in strutture site in località isolate, lontane dai centri abitati –:
   se siano informati dei fatti di cui in premessa e se non ritengano di disporre con urgenza il trasferimento dei detenuti di cui in premessa al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza sia all'interno della struttura carceraria sia al suo esterno. (4-11228)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 6 ottobre 2017
nell'allegato B della seduta n. 865
4-11228
presentata da
RAMPELLI Fabio

  Risposta. — Con l'atto ispettivo in esame l'interrogante, prendendo spunto dall'episodio, riportato dalla stampa, di manifestazioni di esultanza da parte di alcuni detenuti presso l'istituto penitenziario di Rossano una volta appresa la notizia degli attentati terroristici compiuti a Parigi il 13 novembre 2015, chiede di conoscere quali siano le misure di sicurezza adottate presso la stessa casa di reclusione e se non siano opportuni provvedimenti volti al trasferimento presso altri istituti penitenziari di detenuti accusati di terrorismo internazionale.
  Per quanto riguarda specificamente l'episodio del novembre 2015 e le conseguenti misure adottate nell'immediatezza presso il carcere di Rossano, è stato accertato come all'interno della casa di reclusione di Rossano effettivamente risultassero, in quei giorni, presenti 21 elementi detenuti per terrorismo, di cui 20 di matrice islamica ed uno appartenente al terrorismo spagnolo dell'ETA.
  Tra il 13 ed il 14 novembre 2015, si sono verificati due episodi di esultanza a seguito dell'attentato terroristico a Parigi, con protagonisti alcuni detenuti, identificati, che hanno manifestato esprimendosi in lingua araba.
  Con riguardo alle misure di sicurezza adottate, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che la prefettura di Cosenza, all'indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 ed in seguito alla diffusione delle riportate notizie, ha richiesto l'intervento del direttore dell'istituto di Rossano in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ed all'esito, nel dichiarare la struttura penitenziaria obiettivo sensibile, ha dapprima disposto un servizio di vigilanza armata interforze all'esterno del carcere, successivamente, affidato all'esercito fino al 7 novembre 2016, data a partire dalla quale il servizio è assicurato dalla polizia penitenziaria.
  Già prima dei tragici eventi di Parigi – riferisce l'articolazione ministeriale competente – erano state avviate le procedure per l'adeguamento del sistema di videosorveglianza della struttura e, in generale, per incrementare e rendere maggiormente efficienti i sistemi di sicurezza ed il parco automezzi in dotazione.
  Sul fronte delle risorse umane, inoltre, si deve segnalare che la competente direzione generale ha provveduto ad incrementare le risorse di polizia penitenziaria di 15 unità.
  Premesso che, secondo quanto comunicato dalla autorità giudiziaria competente, non pare vi siano stati seguiti preoccupanti all'episodio, presso l'istituto penitenziario di Rossano, alla data del 15 maggio 2017, erano ospitati un totale di 211 detenuti, dei quali 14 appartenenti al circuito cui sono destinati i soggetti maggiormente pericolosi.
  Ma oltre all'adozione di specifiche misure strutturali di sicurezza e controllo, l'argomento del monitoraggio e della prevenzione dell'estremismo e del contrasto alla sua diffusione è alla costante attenzione del Ministero su tutto il territorio nazionale.
  In linea generale, infatti, le analisi condotte sul fenomeno della radicalizzazione confermano, come dato ormai acquisito, che l'ambiente carcerario rappresenta un terreno potenzialmente fertile per la diffusione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista. Il carcere, infatti, è luogo ove alto è il rischio di isolamento e di esclusione, condizioni su cui il radicalismo fa leva per alimentare sentimenti di odio e di vendetta.
  Il patrimonio di conoscenze e di esperienze in materia ha portato ad attivare, già da alcuni anni, un piano articolato, volto alla prevenzione ed al monitoraggio del fenomeno.
  Una delle misure adottate attiene alla disposizione interna dei detenuti, quale elemento funzionale a ridurre i rischi di proselitismo o di pericolosi sodalizi con le altre consorterie criminali.
  Per questo motivo, i ristretti per reati di terrorismo internazionale sono inseriti in un circuito penitenziario che prevede la rigorosa separazione dalla restante popolazione detenuta.
  Ma la guardia non va abbassata neppure nei «circuiti» comuni.
  Vi possono essere integralisti di spessore, arrestati per reati minori, che si ritrovano circondati da una larga schiera di soggetti deboli facilmente influenzabili.
  Per tale ragione, il Nucleo investigativo centrale effettua una ricognizione capillare, al fine di rilevare alcuni degli indicatori elaborati a livello europeo per il rischio radicalizzazione: la pratica religiosa, i cambiamenti fisici, la routine quotidiana, l'organizzazione della stanza detentiva, le modalità di relazione sociale ed il commento sugli eventi politici e di attualità.
  I soggetti segnalati dagli istituti penitenziari, per aver mostrato in vario modo adesione o compiacimento per gli attentati, vengono immediatamente sottoposti a monitoraggio e, nei loro confronti, è modificata il tipo di custodia, da «aperta» a «chiusa».
  Le attività di monitoraggio in parola si articolano su tre livelli di intensità progressiva:

   soggetti segnalati: sono i detenuti sui quali occorre effettuare approfondimenti, al fine dell'eventuale inserimento nelle categorie di maggior allarme, ed in tal caso le direzioni degli istituti penitenziari sono tenute ad intensificare l'attività di osservazione e di vigilanza;

   detenuti attenzionati: sono quelli che, all'interno del penitenziario, hanno assunto concreti e ripetuti atteggiamenti che fanno ritenere la loro vicinanza all'ideologia jihadista e la loro inclinazione allo svolgimento di attività di proselitismo e reclutamento;

   soggetti monitorati: sono coloro nei confronti dei quali più stringente è il controllo, per la rilevazione degli elementi di rischio specifico.

  I dati raccolti, debitamente aggregati ed analizzati dal Nucleo investigativo centrale, sono utilizzati al fine di svolgere una puntuale attività di prevenzione.
  I risultati di tali attività sono condivisi, a tal fine, con il comitato di analisi strategica antiterrorismo (C.A.S.A.) e con la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
  L'inserimento dei detenuti tra i soggetti monitorati comporta che il loro trattamento rientri nel circuito dell'alta sicurezza, con la conseguente collocazione in apposite sezioni individuate presso le case circondariali di Sassari e di Nuoro e, per l'appunto, presso la casa di reclusione di Rossano. Trattasi di istituti che, nell'offrire adeguate opportunità trattamentali, assicurano
standard di sicurezza penitenziaria più elevati.
  Al fine di evitare possibili azioni di proselitismo nei confronti di detenuti più deboli e meno strutturati psicologicamente, i soggetti inseriti in tali reparti non possono avere alcun contatto con la restante popolazione detenuta e, nel caso di assegnazione temporanea ad altri istituti (per motivi di giustizia, avvicinamento per colloqui con i familiari, ragioni sanitarie, eccetera) che non dispongono di tali sezioni, gli stessi sono allocati in isolamento.
  Le politiche adottate dal Ministero della giustizia di monitoraggio e controllo, per quanto capillari, per risultare efficaci sul piano del contrasto alla radicalizzazione ed al proselitismo di impronta jihadista, devono essere inserite in un panorama di misure tese alla progressiva umanizzazione delle condizioni detentive: quanto più le strutture penitenziarie sono in grado di assicurare la dignità degli individui e i percorsi di sostegno, integrazione e recupero, tanto minori saranno i rischi per i detenuti di avvicinarsi a chi propone modelli fondati su odio, contrapposizione e fanatismo.
  Agli obiettivi del monitoraggio e della risocializzazione, tendono ulteriori misure funzionali alla prevenzione della radicalizzazione. In data 5 novembre 2015 è stato siglato un protocollo d'intesa fra il Ministero della giustizia e l'unione delle comunità ed organizzazione islamiche italiane (U.C.O.I.I.) con l'obiettivo di migliorare il modo di interpretare la fede islamica in carcere, fornendo un valido sostegno religioso e morale ai detenuti attraverso l'accesso negli istituti di persone adeguatamente preparate.
  Il progetto, attualmente in fase di sperimentazione presso otto istituti penitenziari, da un lato ha l'obiettivo di agevolare l'integrazione dei detenuti di fede mussulmana e garantire loro l'esercizio del diritto di culto, dall'altro stabilisce una connessione tra gli operatori volontari e gli organi deputati al contrasto alla radicalizzazione.
  Gli stessi scopi di monitoraggio e risocializzazione sono alla base della previsione di una dotazione organica di 67 unità, per il profilo professionale di mediazione culturale, nell'ambito delle procedure di rideterminazione delle dotazioni organiche del personale del comparto ministeri.
  Lo scorso mese di settembre, inoltre, è stato rivolto al presidente della conferenza dei rettori delle università italiane, alla luce della convenzione appositamente stipulata dal Ministero il 27 gennaio 2016, l'invito ad interpellare gli istituti di arabistica e di scienze islamiche delle università degli Studi della Repubblica per raccogliere la disponibilità di ricercatori e dottorandi di ricerca, ad operare, quali volontari, negli istituti penitenziari al fine di accrescere la comprensione e migliorare le relazioni umane con i ristretti di lingua e cultura araba.
  Allo specifico scopo di garantire la comprensione linguistica nelle attività di monitoraggio e controllo, infine, con circolare del 7 dicembre 2016 è stato stabilito che, non essendo prevista la figura professionale di «traduttore», per provvedere alle traduzioni degli scritti in lingua araba, rinvenuti in spazi comuni e non rientranti nel novero della corrispondenza epistolare, ovvero di scritte riportate sulle pareti delle camere detentive o negli spazi comuni, le direzioni penitenziarie e i provveditorati regionali possono attingere dagli apposti capitoli di spesa per la stipula di convenzioni con gli interpreti accreditati presso tribunali.
  Per consentire agli agenti di polizia penitenziaria di comprendere più a fondo le realtà che devono fronteggiare sono stati istituiti corsi di formazione specifici, indirizzati prioritariamente a quanti prestano servizio presso gli istituti penitenziari a più alto rischio di radicalizzazione.
  Sono stati, inoltre, presentati alla Commissione europea due progetti finalizzati ad ottenere sovvenzioni da destinare alle attività di prevenzione e contrasto della radicalizzazione violenta.
  In particolare, il progetto Rasmorad P&P (
Raising Awareness and Staff Mobility on violent RADicalisation in Prison and Probation Services), già approvato e finanziato dall'Unione, mira alla elaborazione di un protocollo condiviso sulla valutazione del rischio e alla costruzione di percorsi di deradicalizzazione.
  Il progetto T.R.A.
in Training (Transfer radicalisation approaches in training), invece, intende favorire la collaborazione tra tutti i soggetti istituzionali impegnati nelle attività di prevenzione della radicalizzazione violenta. Anche tale ultimo progetto, è notizia di questi giorni, è stato selezionato ed approvato a livello comunitario e sarà finanziato dalla Commissione europea.
  Nel medesimo quadro ricordo anche che il Ministero della giustizia prende parte al Progetto europeo denominato RAN (
Radicalisation Awareness Network), istituito dalla Commissione europea con lo scopo di creare una rete tra esperti e operatori coinvolti nel contrasto al fenomeno della radicalizzazione violenta.
  La sicurezza, infatti, si realizza in presenza di operatori capaci di conoscere i detenuti attraverso l'osservazione costante dei loro comportamenti che è tanto più efficace in quanto vengano riconosciuti ambiti di movimento, di vita di relazione e di libero esercizio dei diritti che permettono di individuare più facilmente specifici elementi di rischio.
  Quanto più le strutture penitenziarie sono capaci di assicurare il rispetto dei diritti, la dignità degli individui e i percorsi di sostegno, recupero ed integrazione, tanto inferiori saranno i rischi per i detenuti di avvicinarsi a chi propone modelli fondati sull'estremismo, sulla contrapposizione e sul fanatismo.

Il Ministro della giustizia: Andrea Orlando.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

terrorismo

trasferimento di detenuti

detenuto