ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/11210

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 525 del 19/11/2015
Firmatari
Primo firmatario: VENTRICELLI LILIANA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 19/11/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PINI GIUDITTA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
CULOTTA MAGDA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
MARCHI MAINO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
PORTA FABIO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
CHAOUKI KHALID PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
VALENTE VALERIA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
MAZZOLI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
COCCIA LAURA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
D'OTTAVIO UMBERTO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
CAMANI VANESSA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
BARGERO CRISTINA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
SANNA GIOVANNA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
PARIS VALENTINA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
MOSCATT ANTONINO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
MINNUCCI EMILIANO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
D'ARIENZO VINCENZO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
BOCCUZZI ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
MISIANI ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
ROSSOMANDO ANNA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
GRIBAUDO CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
MASSA FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
RIBAUDO FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015
GIULIANI FABRIZIA PARTITO DEMOCRATICO 19/11/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 19/11/2015
Stato iter:
21/03/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 21/03/2016
ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 21/03/2016

CONCLUSO IL 21/03/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-11210
presentato da
VENTRICELLI Liliana
testo di
Giovedì 19 novembre 2015, seduta n. 525

   VENTRICELLI, GIUDITTA PINI, CULOTTA, MARCHI, PORTA, CHAOUKI, VALERIA VALENTE, MAZZOLI, COCCIA, D'OTTAVIO, CAMANI, BARGERO, GIOVANNA SANNA, PARIS, MOSCATT, MINNUCCI, D'ARIENZO, BOCCUZZI, MISIANI, ROSSOMANDO, GRIBAUDO, MASSA, RIBAUDO e GIULIANI. — Al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   è cronaca recente, riportata in questi giorni dai maggiori quotidiani nazionali, il grave fatto che ha visto protagonista una donna di Genova che non avrà diritto a un indennizzo e nemmeno a un assegno di mantenimento dal marito che l'avrebbe picchiata per 24 anni. Secondo i giudici, l'ormai ex moglie ha sopportato troppo a lungo le violenze dando luogo al sospetto che ci fosse una sorta di passiva rassegnazione;
   secondo la sentenza, riportata dal quotidiano La Stampa: «Per un quarto di secolo ha subito percosse e violenze, ha visto un figlio finire in galera e una figlia portata via dai servizi sociali perché non poteva crescere con un padre così. Ha sopportato: per debolezza, per paura, perché non aveva scelta. Ma alla fine se ne è andata via: ha chiesto la separazione e ha chiesto che ciascuno fosse considerato responsabile delle sue colpe. Lei, di aver tollerato (forse) troppo a lungo. Lui, di averla spedita un'infinità di volte al pronto soccorso»; e, ancora, sempre a quanto riportato «non esiste un rapporto di causa evidente tra le ripetute violenze subite nel corso degli anni e la rottura del matrimonio, avendo peraltro essa stessa ammesso che tali condotte sono iniziate nell'anno 1991, subito dopo la celebrazione del matrimonio», scrivono i giudici. E aggiungono: «La signora ha dunque di fatto tollerato tali condotte»;
   la violenza contro le donne resta una delle forme più gravi di violazione strutturale dei diritti umani a livello mondiale, ed è un fenomeno che coinvolge vittime e aggressori di ogni età, livello d'istruzione, reddito e posizione sociale, e che costituisce sia una conseguenza che una causa della disuguaglianza tra donne e uomini;
   il Governo è fortemente impegnato, su impulso costante del Parlamento, a dotare forze dell'ordine, inquirenti, strutture di assistenza di tutte le risorse e gli strumenti necessari a combattere la violenza contro le donne e ad assistere le vittime di tali odiosi crimini –:
   se il Ministro non intenda valutare se sussistano i presupposti per avvalersi dei propri poteri ispettivi nei confronti degli uffici giudiziari interessati;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per rafforzare l'importante lavoro in atto per contrastare il fenomeno della violenza nei confronti delle donne;
   se il Ministro intenda intraprendere iniziative di sensibilizzazione culturale nei confronti degli operatori del settore miranti a creare una maggiore comprensione della gravità di fenomeni come la violenza contro le donne, lo stalking, il femminicidio. (4-11210)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Lunedì 21 marzo 2016
nell'allegato B della seduta n. 594
4-11210
presentata da
VENTRICELLI Liliana

  Risposta. – I gravissimi episodi ripercorsi nell'atto di sindacato ispettivo ripropongono il tema della violenza contro le donne e degli atti di persecuzione, che spesso si radicano nella incapacità di accettazione dell'epilogo di rapporti sentimentali logorati proprio dall'esercizio di forme di assoggettamento e maltrattamento. I caratteri, psicologicamente compositi, di queste forme di aggressione rendono estremamente problematica la materia sotto il profilo della prevenzione e della repressione.
  Proprio la consapevolezza di dover fronteggiare un fenomeno dai contorni incerti e dai caratteri insidiosi ha condotto alla progressiva adozione di una legislazione avanzata, sia sotto il profilo penale che sotto quello processuale.
  Né sarebbe potuto essere diversamente, considerato che, secondo una ricerca del dipartimento pari opportunità e dell'istituto nazionale di statistica, pubblicata il 5 giugno e relativa al quinquennio 2009-2014, il 31,5 per cento, delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita. Si tratta di circa 6 milioni e 788 mila persone, ossia di una donna su tre. È un dato certamente impressionante ma meno grave di quello registrato nel quinquennio precedente, quando la percentuale delle donne maltrattate era di due punti superiore. L'ampiezza e la serietà del problema hanno imposto lo studio e l'adozione di strategie efficaci, rivolte alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno in parola.
  Il codice penale già contempla numerose fattispecie di reato volte a reprimere in modo incisivo gli atti di violenza nei confronti delle donne e, più in generale, dei soggetti deboli, attraverso i delitti di maltrattamenti in famiglia e di violenza sessuale, nonché mediante le aggravanti previste per l'omicidio commesso in ambito familiare o nascente da atti persecutori.
  Anche la fattispecie nota come «femminicidio», pur non assumendo autonoma configurazione normativa, si riferisce ad una specifica forma di omicidio volontario, punita con la pena dell'ergastolo, laddove ricorrano le aggravanti della relazione familiare o della qualità della persona offesa.
  Ma la vera svolta nel rafforzamento della tutela è avvenuta con l'introduzione del reato di «atti persecutori» (cosiddetti stalking), che ha consentito di affrontare un fenomeno che, negli ultimi anni, ha manifestato una sempre più drammatica incidenza nel tessuto sociale.
  Per tale fattispecie sono state previste le pene più severe tra quelle stabilite per i delitti contro la libertà morale: il limite massimo della pena è stato, difatti, innalzato al preciso scopo di «allineare» la pena edittale alle condizioni di ammissibilità per l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Inoltre, per rispondere all'esigenza di colpire la violenza sulle donne nei contesti familiari, la pena è stata aumentata nei casi in cui lo stalker sia il coniuge legalmente separato (o divorziato) o sia stato legato da una relazione affettiva con la vittima. Un ulteriore aumento di pena è stato fissato per i casi in cui il fatto sia commesso in danno delle cosiddette fasce deboli (i minori, le donne in stato di gravidanza, le persone disabili) o con armi.
  Nella prospettiva di affinare ulteriormente il sistema di tutela, già nel 2013, dopo soli quattro anni dall'entrata in vigore della nuova fattispecie di reato, sono state introdotte misure di prevenzione finalizzate all'anticipazione della tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica ed è stato ulteriormente inasprito il trattamento punitivo. Inoltre, sono stati equiparati i fatti commessi in costanza di rapporto a quelli consumati successivamente al loro scioglimento, prevedendo aumenti di pena se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, ovvero da persona legata, anche in passato, da relazione affettiva, a prescindere da uno stato di convivenza.
  Si è poi aggiunta una ulteriore fattispecie aggravante per il caso in cui gli atti persecutori vengano commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
  Per potenziare nel massimo grado la tutela delle vittime di violenza nelle relazioni familiari, si è intervenuti anche sul versante processuale, attraverso l'introduzione di specifici provvedimenti cautelari, quali l'ordine di allontanamento dalla casa familiare – che consente l'adozione di modalità di controllo con strumenti elettronici – e, in sede civile, l'ordine di protezione contro gli abusi familiari. Tali incisive forme di protezione sono stati poi ulteriormente rafforzate con l'introduzione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (articolo 282-ter del codice di procedura penale) e degli obblighi di comunicazione di tali provvedimenti all'autorità di pubblica sicurezza, alla persona offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio.
  È stata resa obbligatoria l'informazione alla persona offesa della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga ai limiti ordinari fissati; gli atti persecutori sono stati inseriti tra i reati per i quali sono consentite le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni; è stato attribuito alla polizia giudiziaria il potere di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di maltrattamenti e di atti persecutori; sono state ampliate le ipotesi in cui si può ricorrere alla misura coercitiva dell'allontanamento dalla casa familiare (lesioni personali volontarie e minaccia grave); è stato stabilito che i provvedimenti relativi alle misure cautelari (dell'allontanamento dalla casa familiare, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, del divieto e obbligo di dimora, degli arresti domiciliari, della custodia cautelare in carcere, della custodia cautelare in luogo di cura), debbano essere immediatamente comunicati al difensore della persona offesa o, in mancanza, alla persona offesa stessa ed ai servizi socio-assistenziali del territorio; è stato previsto che la richiesta di revoca o di sostituzione dei provvedimenti restrittivi vada, a pena di inammissibilità, contestualmente notificata, a cura del richiedente (indagato/imputato o pubblico ministero), al difensore della persona offesa o, in mancanza, alla persona offesa per consentirle di predisporre eventuali cautele; è stata trasformata da facoltativa in obbligatoria l'adozione da parte del questore dei provvedimenti in materia di armi successivamente all'emanazione del provvedimento, che in precedenza era rimessa ad una mera valutazione discrezionale.
  In tale quadro è importante sottolineare che anche le modifiche normative più recenti, introdotte da questo Governo, hanno tenuto conto della specificità e della rilevanza dei reati in esame, proseguendo nella direzione già delineata dagli interventi sopra richiamati.
  Infatti la nuova disciplina in tema di misure cautelari, che non consente l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere quando il giudice ritenga che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni, non si applica ai delitti di maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori. Allo stesso modo, la recentissima norma che ha introdotto con fini deflattivi una causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto non è applicabile al delitto di atti persecutori, il quale, seppur punito con una pena edittale massima rientrante nella previsione normativa, è comunque caratterizzato dalla reiterazione di condotte moleste ed aggressive e dalla causazione alla persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, che fuoriescono dal contenuto della nuova disposizione.
  Sono state introdotte anche previsioni «acceleratorie», mirate specificamente a velocizzare i processi per i reati in esame. Si prevede, infatti, che la proroga per giusta causa del termine di durata delle indagini preliminari possa essere richiesta una sola volta e si è provveduto a definire i criteri di priorità nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, attribuendo canale preferenziale al delitto di maltrattamenti, ai delitti contro la libertà sessuale e al delitto di atti persecutori.
  È stata anche attentamente valutata la questione relativa alla procedibilità del reato, che è stata congegnata in moda da ridurre i rischi cui poteva essere esposta la vittima del reato, che spesso si traducono in ulteriori minacce e violenze finalizzate ad ottenere il ritiro della querela. Si è disposto, difatti, che la remissione della querela possa essere soltanto processuale e che la querela sia irrevocabile quando gli atti persecutori siano stati compiuti attraverso la reiterazione di minacce gravi.
  Infine, ad ulteriore dimostrazione di un sistema giuridico che dispone di una tutela avanzata in materia di violenza nei confronti delle donne, va dato atto del piano d'azione straordinario che è stato realizzato, in stretta sinergia tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti.
  Tali misure si articolano in una rete informativa in ordine ai centri antiviolenza tra forze dell'ordine, presidi sanitari ed istituzioni pubbliche; l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento delle pari opportunità – di un numero verde nazionale a favore delle vittime degli atti persecutori per un servizio di pronta e prima assistenza psicologica e giuridica; l'istituzione presso l'arma dei carabinieri di una apposita sezione con competenze specifiche; la creazione di fondi di solidarietà a livello territoriale e di sportelli di tutela.
  Anche sul versante internazionale il tema in oggetto ha ricevuto massima attenzione.
  Infatti la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, già ratificata con legge 27 giugno 2013, n. 77, aperta alla firma degli Stati (sia di quelli membri del Consiglio d'Europa che degli stati terzi) a Istanbul l'11 maggio 2011, è già entrata in vigore sul piano internazionale ed è stata ratificata da numerosi paesi.
  La convenzione intende assicurare che gli Stati parte adottino livelli avanzati (e comuni) di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne, di protezione delle vittime e di punizione dei responsabili.
  Oltre a definire le diverse forme di violenza, la convenzione prevede altresì che gli Stati dispongano di un adeguato sistema di prevenzione, protezione e sostegno delle vittime e di punizione degli autori delle violazioni e fissa una serie di impegni, di natura politica e sociale, che consistono in strategie integrate per il contrasto e l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica.
  L'ordinamento italiano, letto alla luce dei principi enunciati nella convenzione, si colloca, nella comunità internazionale, tra quelli che già assicurano un elevato grado di conformità alla convenzione stessa, anche sotto il profilo della tutela penale.
  La consapevolezza che la civiltà di un Paese si misura sulla capacità del sistema di tutelare i soggetti più deboli ha ispirato ulteriori e recenti iniziative normative del Governo, attraverso le quali si è inteso delineare un vero e proprio statuto delle persone vulnerabili.
  Sono state, inoltre, adottate azioni specificamente volte ad incoraggiare le vittime vulnerabili e, soprattutto, le donne, a denunciare i reati consumati in loro danno. In particolare, merita di essere ricordata l'adozione generalizzata del progetto codice rosa bianca che – già in corso di sperimentazione con il patrocinio dai Ministeri della giustizia e della salute e con la cooperazione istituzionale tra Asl, forze di polizia e procure della Repubblica – intende assicurare un accesso privilegiato alle cure sanitarie di quanti abbiano subito maltrattamenti ed abusi.
  Al fine di delineare un vero e proprio sistema di garanzie attraverso una disciplina generalizzata per la protezione, l'assistenza e la tutela di ogni persona offesa dal reato, nel Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2015 è stata approvato anche un disegno di legge che intende apprestare un adeguato apparato difensivo per tutte le vittime di reato, soprattutto le più vulnerabili, nella consapevolezza non solo di un doveroso adeguamento agli standard europei, ma, soprattutto, della necessità di assicurare posizione paritaria ai diritti di tutte le parti del processo.
  Il sistema di tutela troverà il suo perfezionamento attraverso l'istituzione di un fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime.
  Nel merito del tragico caso che ha dato origine all'atto di sindacato ispettivo, va rilevato come il Ministero non abbia, come noto, alcun potere di sindacato sull'esercizio della discrezionalità giurisdizionale, al di fuori delle ipotesi di violazione di legge e di abnormità. Il sindacato sul provvedimento giurisdizionale citato dagli organi di stampa e riportato nell'interrogazione, pertanto, esula dalle competenze del Ministero ma può essere censurato ricorrendo gli ordinari mezzi di impugnazione previsti dall'ordinamento.
  Il Ministero presta la massima attenzione all'evoluzione del caso segnalato, riservandosi ogni opportuno approfondimento ove emergessero profili di propria competenza.
  Si coglie l'occasione di rilevare infine che proprio l'estrema importanza attribuita al tema da questo Ministro si è recentemente tradotta anche nella indicazione data alla scuola superiore della magistratura – che, peraltro, l'ha prontamente recepita – nelle linee guida per predisposizione del programma delle attività formative per l'anno 2016, affinché la materia del contrasto alla violenza di genere, la prevenzione del cosiddetto «femminicidio» e la protezione delle vittime siano inserite nel programma didattico rivolto ai magistrati, che quindi frequenteranno corsi di formazione e approfondimento su questi temi.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

delitto contro la persona

violenza sessuale

aiuto alle vittime