ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09626

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 451 del 30/06/2015
Firmatari
Primo firmatario: MELILLA GIANNI
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 30/06/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 30/06/2015
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-09626
presentato da
MELILLA Gianni
testo di
Martedì 30 giugno 2015, seduta n. 451

   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico, all'epoca del Governo Berlusconi, stipulò un accordo con la Serbia per l'importazione di energia rinnovabile (fonte idroelettrica) da quel Paese. Secondo le informazioni risalenti al 2011 quell'energia costerebbe 155 euro/MWh, più del doppio dell'attuale prezzo di mercato. Per il progetto l'Italia sborserebbe circa 12 miliardi di euro in 15 anni;
   l'interconnessione, in gran parte sottomarina, di 415 chilometri fra le coste dell'Abruzzo e quelle del Montenegro, che con una portata di un GW in corrente continua, potrebbe spostare tra Italia e Montenegro circa 6 TWh di energia l'anno;
   la nuova linea, i cui lavori sono appena cominciati sul lato Abruzzo, costerà oltre un miliardo di euro (dai 760 milioni previsti nel 2010, gran parte dei quali verranno pagati dagli italiani con la bolletta elettrica), e dovrebbe servire a connettere ulteriormente le linee elettriche del continente, unendo i Balcani alla rete dell'Europa occidentale, e, soprattutto, a importare in Italia energia «economica e rinnovabile» proveniente dal Montenegro;
   l'idea di questa interconnessione parte dal 2005, quando venne pensata come utile a superare il grave deficit di capacità produttiva elettrica italiana, che rischiava di provocare gravi black-out al paese. Il progetto viene confermato dal Governo Prodi nel 2007 e nel 2008 viene completato lo studio di fattibilità. Ma intanto la situazione energetica italiana si capovolge: l’undercapacity, grazie alla costruzione di una valanga di centrali a gas, diventa overcapacity, e quindi, in teoria, della linea con il Montenegro si sarebbe potuto anche fare a meno;
   per «salvare» la grande opera messa in cantiere nel 2009 la ragione per cui si dovrebbe costruire la linea sotto l'Adriatico cambia: adesso importare elettricità dal Montenegro aiuterà a rispettare i vincoli europei sulle emissioni e sulle energie rinnovabili al 2020, perché, afferma il piano nazionale delle rinnovabili nel 2010, «l'Italia non potrà produrre al 2020 più del 26,8 per cento di elettricità rinnovabile sui propri consumi, e il resto lo dovrà importare». E così nel 2011 viene firmato l'accordo definitivo fra il Ministro pro tempore Paolo Romani e il suo omologo montenegrino per la realizzazione dell'opera;
   ma già allora, con la crisi che cominciava a far calare i consumi elettrici e il boom di fotovoltaico, bioenergie ed eolico, era chiaro che l'Italia non avrebbe avuto alcun bisogno di importare energia rinnovabile per rispettare il 20-20-20. E oggi se ne è ancora più consapevoli, visto che già quasi il 40 per cento della domanda elettrica italiana, è coperto da rinnovabili (dato 2014), e che il 20-20-20 si riuscirà a centrarlo. Volendo si è perfettamente in grado di andare ancora oltre con la produzione interna da solare, vento, geotermia e biomasse e non si intravede all'orizzonte nessuna miracolosa ripresa dei consumi elettrici;
   il 27 gennaio 2015, nel corso di una seduta alla commissione Attività produttiva della Camera il vice ministro dello sviluppo economico Claudio De Vincenti dichiara: «Il Governo, nonostante il cambiamento di scenario, continua a considerare valido il progetto di interconnessione e garantisce che non ci saranno ricadute sulla bolletta degli italiani, mentre ci sono senz'altro una serie di obblighi che il Governo italiano si è assunto e che andranno rispettati, ma che saranno compensati, a suo parere, dai vantaggi derivanti dall'interconnessione stessa». Successivamente, De Vincenti ha chiarito uno dei modi con cui l'investimento potrebbe fruttare: Montenegro e Serbia potrebbero anche importare elettricità dall'Italia. Un fatto altamente improbabile, visto che il kWh italiano costa fra 2 e 4 volte di più del loro;
   la AEM, società municipalizzata dell'elettricità milanese, oggi A2A, decise di espandersi all'estero. Dopo un tentativo infruttuoso di acquisire una società in Svizzera, essendo esperta di idroelettrico, ripiegò sulla Epcg, del Montenegro, acquisendone nel 2009 il 43,7 per cento per 436 milioni di euro. Ma l'affare si rivelò disastroso: il Montenegro è, con il Kosovo, uno degli Stati europei meno trasparenti, le tariffe elettriche sono decise dalla politica, buona parte della produzione elettrica va a una fabbrica di alluminio che la paga pochissimo e il non pagare le bollette è sport di massa;
    il risultato finanziario, infatti, non è stato brillante, come ammette la stessa A2A in una pagina realizzata appositamente nel suo sito nel 2012, in risposta a un'inchiesta di Report: la Epcg è costata ad A2A ingenti perdite (66 milioni di euro, solo nel 2011 a causa di «scarsa piovosità», e molti altri previsti per il 2012). E oggi l'azienda sta cercando di rinegoziare la sua presenza in Montenegro, se non chiuderla del tutto;
   al momento, il Montenegro produce solo il 60 per cento dell'elettricità che consuma. Quindi si finirà per importare energia da un Paese che non ne produce neanche abbastanza per i suoi 4,6 TWh annui di consumi. Fra i suoi vicini, la Serbia già esporta tutto il possibile in Montenegro e la Croazia è un importatore netto di elettricità: ci si chiede chi, senza nuove centrali, dovrebbe quindi fornire i 6 TWh massimi che possono passare sulla linea per l'Italia; ma non basta. L'elettricità montenegrina solo per il 60 per cento è idroelettrica, il resto deriva da una centrale a lignite. Da molti anni si annuncia l'inizio della costruzione di nuove centrali idroelettriche nel Paese, ma o per mancanza di finanziamenti, o per opposizioni ambientali, le opere sono ancora lontane dal concretizzarsi. Inoltre il 40 per cento di elettricità che il Montenegro importa viene dalla Serbia, che la produce per il 60 per cento con il carbone;
   facendo qualche semplice calcolo risulta, quindi, che al momento l'elettricità che l'Italia importerebbe dal Montenegro sarebbe al 64 per cento fornita da centrali a carbone. Visto che questa fonte fossile emette 1042 gr di CO2/kWh, oggi l'energia montenegrina sarebbe correlata a 666 gr CO2/kWh, contro i 385 gr CO2/kWh dell'attuale mix italiano –:
   se non ritengano necessario fare chiarezza:
    a) sul progetto di interconnessione Villanova (Pescara)-tivat e sulla reale utilità di un'opera così onerosa per lo Stato italiano;
    b) sulle regole per l'importazione di energia attraverso l'elettrodotto dall'estero, alla luce degli impegni europei in materia di clima e fonti rinnovabili. (4-09626)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

importazione

trasporto d'energia

esportazione comunitaria