ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09379

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 437 del 08/06/2015
Firmatari
Primo firmatario: NICCHI MARISA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 08/06/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
PIRAS MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
QUARANTA STEFANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015
ZARATTI FILIBERTO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 16/06/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 08/06/2015
Stato iter:
04/02/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 04/02/2016
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IL 11/06/2015

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 16/06/2015

SOLLECITO IL 02/07/2015

RISPOSTA PUBBLICATA IL 04/02/2016

CONCLUSO IL 04/02/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-09379
presentato da
NICCHI Marisa
testo presentato
Lunedì 8 giugno 2015
modificato
Martedì 16 giugno 2015, seduta n. 443

   NICCHI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, ZACCAGNINI, MELILLA, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO, ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
come si apprende da fonti di stampa da aprile a settembre centinaia di grossi pullman si spostano carichi di lavoratrici tra le province di Brindisi, Taranto e Bari per la stagione delle fragole, delle ciliegie e dell'uva da tavola. Grottaglie, Francavilla Fontana, Villa Castelli, Monteiasi, Carosino, sono solo alcuni dei nomi della geografia del caporalato italiano che sfrutta le donne. Il nome del caporale è scritto in grande, stampato sulla fiancata dei bus, insieme al numero di cellulare. «E per questo che nessuno li ferma», dice Teresa, nome di fantasia dell'inchiesta giornalistica;
il potere del caporale si misura dal numero di pullman che possiede, perché questo è indice anche della quantità di lavoratori che riesce a controllare. Si va dalle cinquanta alle oltre 200 persone. Il caporale prende dall'azienda circa 10 euro a donna e sui grandi numeri guadagna migliaia di euro a giornata. «Nel magazzino per il confezionamento dell'uva da tavola dove lavoro ci sono mille operaie italiane, portate lì da più di dieci caporali diversi», racconta Antonio, bracciante della provincia di Taranto. In questi giorni i pullman percorrono quasi cento chilometri, dalla Puglia fino alle aziende agricole che producono fragole nel Metapontino, tra Pisticci, Policoro e Scanzano Jonico, in provincia di Matera;
questi proprietari conferiscono il prodotto a dei consorzi di commercianti con sede nel nord Italia che hanno magazzini in loco. L'intermediario prende una percentuale variabile, almeno del 2 percento, poi si aggiungono i costi delle cassette e la tariffa del 12 per cento pagata al «posteggiante», il personaggio che la espone in vendita ai mercati generali. Alla fine si arriva a un prezzo al consumatore anche di 7 euro al chilo nei supermercati di Milano;
gli orari di lavoro e la paga variano a seconda del tipo di raccolta. Ma la regola sono impieghi massacranti e sottosalario. Alle fragole si lavora per sette ore, ma se sono mature e vanno raccolte subito si arriva anche a 10 ore. Nei magazzini di confezionamento si arriva anche a 15 ore. Ogni donna deve raccogliere una pedana di uva pari a 8 quintali. Se ci mette più tempo la paga resta uguale, per cui alla fine il salario reale è meno di 4 euro l'ora. «C’è il pregiudizio che le donne iscritte negli elenchi agricoli siano false braccianti – spiega Giuseppe Deleonardis, segretario della Flai Cgil Puglia – invece vivono una condizione di sfruttamento pari agli immigrati. Nel sottosalario, a parità di mansioni con gli uomini, c’è un'ulteriore differenza retributiva: se la paga provinciale sarebbe di 54 euro e all'uomo ne danno in realtà 35, la donna non va oltre 27 euro»;
il salario ufficiale è di 50-60 euro. Ma vengono segnate la metà delle giornate di lavoro effettivamente lavorate. Le braccianti vengono costrette a firmare buste paga che rispettano i contratti, perché le aziende hanno bisogno di dimostrare che sono in regola per poter accedere ai finanziamenti pubblici. Di fatto continuano a pagare un terzo o al massimo la metà del salario dovuto, richiedendo indietro i soldi conteggiati in busta paga;
«In provincia di Taranto, con inquadramento minimo, posso avere una busta paga ufficiale di 47 euro lordi, però in realtà me ne arrivano 27, massimo 28 a giornata – racconta Antonietta – L'azienda ci dà il foglio di assunzione, noi dobbiamo portarlo con noi tutti i giorni nel caso ci dovesse essere un controllo. L'autista del pullman risulta essere un dipendente dell'agenzia di viaggio». I datori di lavoro mettono la paga del caporale sull'assegno che percepiscono le lavoratrici, le quali riscuotono e danno al caporale la sua parte in nero;
nei campi italiani succede di tutto, approfittando della disperazione e della crisi economica. C’è chi aspira a diventare una «fissa» della squadra del caporale come se fosse una specie di nota di merito in graduatoria. Chi subisce molestie sessuali o la richiesta di prostituirsi per poter lavorare. Ci sono donne caporali che sono anche proprietarie di pullman. Ma la figura più ambigua è quella che tutti chiamano «la fattora», una sorta di kapò al femminile con una funzione di ricatto. È lei la persona di fiducia del caporale che controlla le lavoratrici sul campo. «Il suo ruolo è di subordinare psicologicamente le braccianti, garantendo loro assunzioni se rinunciano ai diritti», spiega Deleonardis. «Alla minima protesta, rimostranza o insubordinazione si resta a casa per punizione – dice Teresa –. Anche se ti lamenti perché non vuoi viaggiare nel cofano del pulmino»;
il fenomeno del caporalato in Italia è una piaga sempre più profonda. E la novità è che negli ultimi due anni c’è stato un aumento costante della manodopera femminile: donne ghettizzate, violentate e sfruttate che vanno lentamente a sostituire i braccianti di sesso maschile: oggi – dicono i dati che sta raccogliendo la Flai Cgil e che si pubblicano in anteprima – le straniere schiavizzate in agricoltura sono 15 mila (contro i 5 mila uomini). Sono quasi sempre giovani mamme, ricattabili proprio perché hanno figli piccoli da mantenere. Un dato impressionante, che si somma ad un altro elemento preoccupante: il numero sempre crescente delle lavoratrici italiane, che, se non schiavizzate, sono comunque gravemente sfruttate; sempre secondo le stime del sindacato, in Campania, Puglia e Sicilia, le tre regioni a maggiore vocazione agricola, sono almeno 60 mila, in proporzione crescente rispetto alle straniere. Vengono pagate 3-4 euro l'ora, ma anche meno in alcuni territori, e costrette a turni massacranti;
i caporali che operano in Puglia vanno a reclutare le ragazze soprattutto nelle zone agricole della Romania, nelle campagne intorno a Timisoara o a Iasi, zona al confine con la Moldavia. Le imbarcano su pullman da 50 posti. Il viaggio dura un giorno e una notte. «Organizzano viaggi verso il sud Italia – racconta Concetta Notarangelo, coordinatrice del progetto Caritas in Puglia – ma sappiamo per certo che arrivano anche in Emilia Romagna. Ma nessuno ha il coraggio di denunciare. Qui non si tratta di caporali e basta, si tratta di organizzazioni criminali. Malavita. Il caporale è solo un anello della catena. Gli annunci per questi lavori escono addirittura su un giornale romeno. Non è solo un passaparola. E le donne hanno paura. Ma senza denunce nessuno viene punito. In tre anni che seguo il progetto Caritas abbiamo raccolto in tutto 15 denunce. E poi è comunque difficile provare il reato, ci sono alcuni processi in corso, ma per ora nessuna condanna»;
in Campania ad essere schiavizzate sono le donne africane. «Se non accettano di avere rapporti sessuali con il datore di lavoro (quasi sempre italiano, ndr) non vengono pagate – spiega Cinzia Massa, responsabile immigrazione Flai Campania –. Non hanno permesso di soggiorno, ed essendo clandestine sono le più ricattabili»;
secondo i dati della Flai Cgil solo in Puglia sono tra le 30 e le 40 mila le donne gravemente sottopagate, a cui vanno aggiunte diverse altre migliaia in Campania e in Sicilia. A volte partono alle tre di notte e tornano a casa di pomeriggio. I caporali intascano 12 euro per ogni donna che hanno «procurato». Anche se hanno un regolare contratto, vengono pagate 20-25 euro al giorno. Mentre sulla busta paga ne risultano 45. Succede soprattutto nel Casertano e nel Salernitano. «Mentre lavorano – denuncia ancora il sindacato – le donne vengono controllate da un guardiano, che grida continuamente di non distrarsi e di essere più veloci. Per andare in bagno hanno 10 minuti a turno. E se qualcuna si rifiuta di andare sui campi in un giorno di festa, come il 15 agosto, viene «punita»: per qualche giorno non la fanno lavorare». E se una ragazza è considerata troppo ribelle non viene scelta. Le donne selezionate vengono caricate sui furgoni o ammassate – anche in 30 – in camion telonati. Per questo «trasporto bestiame» ogni lavoratrice paga fino a 7 euro a viaggio;
gli addetti all'agricoltura in Italia sono un milione e 200 mila. Nel 43 per cento dei casi – è il dato dell'Istat – si tratta di lavoro sommerso. E il giro d'affari legato al business delle agromafie, secondo le stime della direzione nazionale antimafia, è di 12,5 miliardi di euro all'anno. «Il caporalato – spiega Stefania Crogi, segretario generale Flai Cgil nazionale – è stato riconosciuto come reato penale solo nell'agosto 2011, ed è punibile con l'arresto da 5 a 8 anni. Prima era prevista solo una sanzione pecuniaria. Ma non sempre si riesce a provarlo, anche a causa delle difficoltà che incontrano le vittime nel denunciare. Serve un percorso di protezione –:
se non ritengano di assumere un'iniziativa normativa al fine di prevedere che si completi e rafforzi l'articolo 12 del decreto legislativo n. 138 del 2011 che ha modificato il 603-bis del codice penale che individua il caporalato come reato penale, introducendo esplicitamente che tali reati sono applicabili alle aziende utilizzatrici della manodopera, oggetto di intermediazione illecita di manodopera, prevedendo altresì forme di sostegno e protezione a quanti denunciano i casi di violazione;
se non ritengano di recepire le proposte delle organizzazioni sindacali nazionali in materia di rete di qualità come già parzialmente previsto con le misure di (Campo libero) decreto legislativo n. 91 del 2014, articolo 6, e sollecitate recentemente anche dalle organizzazioni di rappresentanza sociale europea, circa l'introduzione e previsione di strumenti trasparenti pubblici d'incontro tra la domanda e offerte di lavoro (come le liste di prenotazioni), all'interno della rete di qualità, l'istituzione degli indici di congruità quale strumento di controllo e contrasto al lavoro nero e la certificazione etica d'impresa quale elemento premiale per l'accesso alla fiscalizzazione degli oneri sociali e altre agevolazioni;
se non ritengano di prevedere maggiori interventi ispettivi sia in campo che nei magazzini ortofrutticoli atteso che gli interventi ispettivi in Puglia, pari a 1818, di poco superiori agli interventi 2013, hanno accertato oltre l'80 per cento di violazione e inadempienze a vario titolo da parte delle aziende di cui oltre il 50 per cento solo per lavoro nero, con provvedimenti di revoca delle fiscalizzazioni degli oneri sociali e finanziamenti pubblici per le aziende inadempienti e se le aziende interessate dalle ispezioni e infrazioni siano state oggetto di tali misure di revoca. (4-09379)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 4 febbraio 2016
nell'allegato B della seduta n. 562
4-09379
presentata da
NICCHI Marisa

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, concernente il fenomeno del caporalato nel nostro Paese, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, occorre evidenziare che il Governo, insieme al Parlamento, è fortemente impegnato a contrastare questo deplorevole fenomeno, anche attraverso il coinvolgimento di tutte le istituzioni territoriali e nazionali, delle associazioni di categoria, nonché delle organizzazioni sindacali e dei cittadini stessi.
  Più in particolare, per quanto di competenza, si rappresenta che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito del documento di programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2015, ha pianificato una serie di interventi nel settore agricolo in specifici ambiti regionali, quali la Puglia, la Campania, la Calabria e la Basilicata.
  La vigilanza è stata programmata e svolta in sinergia con altri soggetti istituzionali (Arma dei carabinieri, ASL, Corpo forestale dello Stato, Guardia di finanza), consentendo, in tal modo, di verificare i rapporti di lavoro agricoli sotto diversi profili e valutando, tra l'altro, le possibili connessioni con fattispecie penalistiche (ad esempio il traffico di esseri umani).
  In tale quadro di sinergie interistituzionali, costantemente promosse dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato anche stipulato uno specifico protocollo d'intesa con l'Automobile Club d'Italia (ACI) così da consentire agli ispettori del lavoro di accedere alla banca dati del P.R.A. per poter verificare, in tempo reale, la titolarità dei mezzi di trasporto utilizzati e confrontare queste informazioni con altre raccolte durante le ispezioni o provenienti dalla consultazione di altre banche dati a disposizione.
  Nel mese di agosto 2015, partendo da una analitica mappatura delle aree geografiche che negli ultimi anni hanno fatto registrare la maggiore concentrazione dei fenomeni di irregolarità, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha dato ulteriore impulso alle attività di contrasto al caporalato ed al lavoro «nero» ed irregolare in agricoltura. L'attività ispettiva si è concentrata, in particolare, in quelle regioni del sud Italia dove tali problematiche sono più evidenti ed è stata realizzata, anche con il coinvolgimento delle Asl, al fine di verificare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
  A tal proposito, sono state realizzate attività di vigilanza straordinaria nelle aree geografiche interessate da lavorazioni a carattere stagionale e maggiormente colpite da tali fenomeni, mediante la costituzione di task force interprovinciali e interregionali.
  Rispetto all'anno precedente, si è registrato un sensibile aumento degli accertamenti in agricoltura: infatti nel 2014 sono state effettuate circa 5 mila ispezioni, mentre nei primi sei mesi del 2015 sono stati già effettuati oltre 3 mila accertamenti, all'esito dei quali sono stati riscontrati circa 2.300 lavoratori irregolari, di cui oltre 1.000 sono risultati in «nero» e, tra questi, 50 lavoratori extracomunitari privi di regolare permesso di soggiorno.
  Inoltre, per il 2016, è stato già predisposto un piano ispettivo mirato e capillare, concordato fra tutte le istituzioni centrali e locali, proprio per contrastare, in tutti i territori, il fenomeno in questione.
   Nell'ottica di un rafforzamento delle politiche di contrasto al fenomeno del caporalato, il decreto-legge n. 91 del 2014 ha istituito la «Rete del lavoro agricolo di qualità», con la quale si è introdotto un meccanismo che premia, con un minor carico di controlli nei loro confronti, le imprese che si contraddistinguono per la regolarità nei vari ambiti dell'attività da esse svolte.
  Alla «Rete del lavoro agricolo di qualità» sovraintende una cabina di regia composta da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, del Ministero dell'economia e delle finanze, dell'Inps e della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. La stessa è presieduta dal rappresentante dell'Inps.
  Tale struttura ha il compito di deliberare sulle istanze di partecipazione alla «Rete del lavoro agricolo di qualità», escludendovi quelle imprese che perdono i requisiti, di redigere e aggiornare l'elenco delle imprese che partecipano alla «Rete del lavoro agricolo di qualità» e, infine, di formulare proposte al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in materia di lavoro e di legislazione sociale nel settore agricolo.
  Si evidenzia, altresì, che, con il decreto legislativo n. 149 del 2015, è stato istituito l’«Ispettorato nazionale del lavoro» che integra in un'unica struttura i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell'Inps e dell'Inail, determinando, in tal modo, un'ulteriore razionalizzazione e una maggiore efficacia delle ispezioni, evitando una duplicazione di interventi ed una più meditata programmazione dell'attività di vigilanza.
  Si ritiene, inoltre, di notevole importanza la recente approvazione alla Camera dei deputati del testo – trasmesso al Senato per il relativo esame – delle disposizioni normative nell'ambito del codice antimafia che dispongono la confisca obbligatoria e allargata delle cose utilizzate per commettere il reato e di ciò che ne costituisce il prodotto o il profitto, con la finalità di colpire non solo i caporali, erogatori di servizi criminali alle imprese, ma anche gli imprenditori che illecitamente traggono ricchezza dallo sfruttamento e dalla riduzione in schiavitù.
  Inoltre – dopo l'approvazione in prima lettura al Senato – è attualmente all'esame della Commissione XIII della Camera dei deputati l'atto Camera (A.C.) n. 3119, recante: «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura» (cosiddetto collegato agricoltura) che, all'articolo 30, prevede l'introduzione di una serie di integrazioni e modifiche alla disciplina istitutiva della «Rete del lavoro agricolo di qualità».
  Nello specifico, tale atto prevede che alla «Rete del lavoro agricolo di qualità» possano aderire – attraverso apposite convenzioni – gli sportelli unici per l'immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l'impiego e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura.

  Si segnala ancora che, nella riunione del 13 novembre 2015, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge contenente disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni di lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura. Tale iniziativa legislativa mira a garantire una complessiva e maggiore efficacia dell'azione di contrasto, introducendo modifiche significative in diversi testi normativi al fine di prevenire e colpire in modo organico e mirato tale fenomeno criminale nelle sue diverse manifestazioni.
  Da ultimo, si precisa che il 2 dicembre 2015, sono state approvate nelle, Commissioni riunite XI e XIII della Camera dei deputati le risoluzioni in materia di caporalato, nell'ambito delle quali il Governo si è impegnato, tra l'altro:
   ad intensificare i controlli per l'emersione del lavoro nero e consolidare, al contempo, nuovi strumenti utili al contrasto permanente del fenomeno del caporalato;
   a dare piena attuazione alla «Rete del lavoro agricolo di qualità», implementando le iniziative elaborate dalla cabina di regia attraverso la promozione dell'offerta, da parte dei centri per l'impiego, pubblici di servizi adeguati alle peculiarità del lavoro agricolo prevedendo un ruolo attivo e collaborativo degli enti territoriali con le altre istituzioni preposte all'azione di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e del caporalato.
La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche socialiTeresa Bellanova.

(Risposta del Governo del 22 dicembre 2015)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

lavoro nero

manodopera agricola

lavoro femminile