ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06679

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 321 del 30/10/2014
Firmatari
Primo firmatario: AMODDIO SOFIA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 30/10/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 30/10/2014
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-06679
presentato da
AMODDIO Sofia
testo di
Giovedì 30 ottobre 2014, seduta n. 321

   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sistema penitenziario è da tempo interessato da un grave stato di emergenza, a causa del sovraffollamento delle carceri e, infatti, la Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), dell'8 gennaio 2013, ha condannato il nostro Paese, secondo la procedura della sentenza pilota, per la violazione dell'articolo 3 della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali», sentenza divenuta definitiva il 28 maggio 2013, data in cui è stata respinta l'istanza di rinvio alla Grande Chambre della Corte, presentata dall'Italia;
   l'Italia, il 5 giugno 2014, ha ricevuto la fiducia dei vertici del Consiglio d'Europa, ma, tuttavia, resta sotto osservazione dell'Europa ed a giugno del 2015 il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa accerterà l'adeguatezza dei provvedimenti del Governo;
   a fronte dell'impegno straordinario del personale della carriera dirigenziale penitenziaria per la gestione dell'emergenza, che ha consentito di far fronte agli impegni con l'Europa, tale personale è destinatario di un trattamento economico a dir poco modesto, benché la legge 27 luglio 2005, n. 154, preveda un trattamento non inferiore a quello della dirigenza contrattualizzata, privato della retribuzione di posizione di incarico, impegnato senza alcun riconoscimento economico nella direzione di più carceri e u.e.p.e., privato del riconoscimento alla ricostruzione di carriera per inapplicazione dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 63 del 2006, sottoposto al blocco degli stipendi, al contrario di magistrati e forze dell'ordine;
   nonostante la gravità della situazione carceraria italiana il Governo intende ridurre i già esigui organici del personale della carriera dirigenziale penitenziaria e del personale penitenziario che, invece, dovrebbero essere esclusi, a tutti i livelli dalla spending review delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni prevista dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, rientrando evidentemente l'amministrazione penitenziaria nel suo compresso nell'esclusione già prevista dal comma 7 del precitato articolo 2 per «le strutture e il personale del comparto sicurezza»;
   per converso, come se il sistema penitenziario non facesse parte del più generale sistema giustizia, si esclude dalle riduzioni di organico solo il personale giudiziario e, anzi, si manifesta la volontà di incrementare quest'ultimo, trascurando che una implementazione sarebbe indispensabile anche per il personale penitenziario. Si tratta di tagli di personale, quindi, per l'amministrazione penitenziaria, mentre già il Governo annuncia migliaia di assunzioni di personale docente;
   il Si.Di.Pe. (Sindacato direttori penitenziari) – che è l'organizzazione sindacale che raccoglie il maggior numero dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico ex decreto legislativo n. 63 del 2006 (del ruolo di istituto penitenziario e di quello di esecuzione penale esterna) ha più volte espresso ai vari Ministri della giustizia e ai vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria la forte preoccupazione per le disastrose conseguenze che ne discenderebbero per il sistema penitenziario;
   per questa ragione il Si.Di.Pe. ha inviato il 19 maggio 2014 al Ministro della giustizia una nota con la quale aveva chiesto un autorevole e deciso intervento presso il Governo affinché il personale della carriera dirigenziale penitenziaria e il personale penitenziario siano definitivamente esclusi, a tutti i livelli, dalla spending review delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni;
   le preoccupazioni del Si.Di.Pe. e dei dirigenti penitenziari erano state autorevolmente avallate anche:
    dalla Commissione giustizia del Senato, che aveva espresso parere favorevole all'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 solo a condizione che si fosse escluso il personale dell'amministrazione penitenziaria dalle ulteriori riduzioni delle dotazioni organiche;
    dal D.A.P. (come comunicato alle organizzazioni sindacali con nota GDAP-0276479-2012 del 25 luglio 2012), il quale aveva segnalato agli organi competenti che l'applicazione dei tagli di organico statuiti nel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, produrrebbero gravi conseguenze sull'organizzazione dell'amministrazione, più in particolare precisando che tale ulteriore riduzione rispetto alle precedenti comprometterebbe la tenuta del sistema penitenziario, sottolineando nel contempo che l'esecuzione della pena e delle misure cautelari detentive contribuisce ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica e che, quindi, costituendo l'amministrazione penitenziaria nel suo insieme articolazione appartenente alla complessiva struttura di sicurezza dello Stato, essa deve ritenersi implicitamente inserita dalla dizione della norma tra quelle destinatarie dell'esclusione di cui all'articolo 2, comma 7, del medesimo decreto-legge;
    dall'ordine del giorno, il n. 9/5389/53, approvato nella precedente legislatura dalla Camera dei deputati il 7 agosto 2012 e accettato dall'Esecutivo del tempo, che impegnava il Governo Monti «a valutare l'opportunità (...) interpretare l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nel senso che sono esclusi dalla riduzione di cui al comma 1 del medesimo articolo anche i dirigenti penitenziari ed in tal senso interpretare anche la deroga prevista per le forze di polizia già dal precedente provvedimento normativo (articolo 1, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre n. 148)»;
    il Governo Monti, per bocca di un suo Sottosegretario, che si espresse nel senso «che il sistema penitenziario costituisce nel suo insieme una struttura dello Stato deputata a contribuire al mantenimento della sicurezza pubblica ed è, quindi, parte integrante delle strutture di sicurezza della Repubblica», rendendo noto che il 4 ottobre 2012 aveva chiesto all'allora Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione un'interpretazione che escludesse il personale penitenziario dalle nuove riduzioni di organico (cfr. risposta del 29 novembre 2012 del Sottosegretario per la giustizia all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-08488;
   i dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria (dirigenti di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna), pur non essendo «poliziotti» rientrano pienamente nell'ambito del comparto sicurezza in quanto in capo al direttore discendono dall'ordinamento penitenziario, dal regolamento di esecuzione e dal decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, anche funzioni di garanzia dell'ordine e della sicurezza. Tra le altre norme si citano: A) l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230; il direttore si avvale del personale di polizia penitenziaria e ne è superiore gerarchico, così come il restante personale della carriera dirigenziale penitenziaria al quale ai sensi del decreto legislativo n. 63 del 2006 sono attribuiti anche gli altri incarichi di cui al comma 1 dell'articolo 9 della legge 15 dicembre 1990, n. 395 «Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria»; al personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, rientra pienamente nell'ambito del comparto sicurezza, essendo destinatario del trattamento giuridico ed economico del personale dirigente della Polizia di Stato;
   l'articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha prorogato al 15 ottobre 2014, il termine per l'adozione, con procedura semplificata, del regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia, che era scaduto il 15 luglio 2014;
   il Ministro della giustizia, con nota del suo Gabinetto prot. n. 0034381.U datata 15 ottobre 2014, ha inviato ai sindacati, a titolo di informativa, la nuova proposta di riorganizzazione ministeriale, ai sensi dell'articolo 2, comma 10-ter, del decreto-legge n. 95 del 2012 e successive modifiche, corredata delle prescritte relazioni illustrativa e tecnico-finanziaria, comunicando loro di averla già trasmessa in pari data 15 ottobre 2014 (data coincidente con la scadenza fissata dalla legge), alla funzione pubblica;
   la nuova proposta di riorganizzazione ministeriale non appare all'interrogante adeguata e coerente alle esigenze effettive dell'amministrazione penitenziaria e non supera sostanzialmente le forti contraddizioni e criticità già rappresentate al Ministro della giustizia da tutti i sindacati (dal Si.Di.Pe. con nota del 16 luglio 2014) in occasione dell'incontro dell'8 ottobre. Non sono state, infatti, affatto superate alcune importanti contraddizioni normative e organizzative che erano state rappresentate con la nota prot. n. 253/T/14.69 del 28 settembre 2014, relativamente all'ipotesi organizzativa illustrata nel documento di sintesi delle proposte redatte dai gruppi di lavoro istituiti per l'approfondimento dei principali temi rilevanti ai fini della predisposizione del regolamento in questione, che era stato inviato dal Gabinetto del Ministro con nota prot. n. 0031709.PU (Pos. 60367) del 23 settembre 2014;
   la nuova proposta di riorganizzazione ministeriale, ben lungi dal ricercare assetti organizzativi volti a semplificare ed efficientare il sistema penitenziario, secondo l'interrogante scardina e destruttura completamente il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per portare, presso altri dipartimenti, competenze e funzioni maturate, nel corso di decenni, all'interno del D.A.P. e attribuite per legge al personale della carriera dirigenziale penitenziaria, sopprimendo posti di funzione, per riprodurli, anche con la creazione di analoghe o altre direzioni generali, in altri dipartimenti;
   l'unico risultato che tali proposte produrrebbero non è la riduzione della spesa pubblica, che si può realizzare in ben altro modo, ma la sottrazione di posti di funzione, attribuiti dalla legge al personale della carriera dirigenziale penitenziaria (ex decreto legislativo n. 63 del 2006 concernente l'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, istituita con la legge n. 154 del 2005), a magistrati fuori ruolo che, notoriamente, occupano più posti di funzione negli altri dipartimenti, e che, ovviamente, hanno maggiore difficoltà a giustificare l'esercizio di funzioni amministrative al D.A.P. perché demandate espressamente dalla legge a dirigenti di diritto pubblico, cioè ai dirigenti penitenziari;
   la sottrazione di magistrati alla giurisdizione spesso comporta tempi troppo lunghi di comprensione del complesso sistema penitenziario rispetto alle necessità di azioni operative urgenti e, peraltro, contribuisce al triste primato che il nostro Paese ha in Europa, cioè quello del più alto numero di condanne inflitte dalla Corte di Strasburgo per violazioni dell'articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, divenute più frequenti dopo l'introduzione nell'articolo 111 della Costituzione del principio della «ragionevole durata» del processo;
   se a tutto ciò si aggiungono le allarmanti notizie di stampa relative a proposte di un altro gruppo di lavoro presso Palazzo Chigi, coordinato da un noto pubblico ministero e del quale farebbero parte anche altri noti magistrati, che avrebbe prospettato la soppressione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, la trasformazione del Corpo di polizia penitenziaria in una «polizia della giustizia» presente, oltre che in carcere che sul territorio, il reclutamento dei dirigenti direttamente tra gli attuali commissari della polizia e il collocamento degli attuali direttori in un ruolo ad esaurimento, il quadro che ne discende è davvero allarmante;
   a tali notizie di stampa si accostano alcune circostanze oggettive, quali: il fatto che l'ultima immissione nei ruoli di direttori di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna risale al 1997, il fatto che adesso si intende ridurre il personale della carriera dirigenziale penitenziaria attraverso la spending review, che, parimenti, da anni non si assume personale pedagogico e che, anzi, si vuole ridurlo nella corsa alla diminuzione della spesa pubblica. Tutto ciò in contrasto con l'articolo 27 della Costituzione che impone, invece, che la pena debba avere anche una funzione rieducativa e in difformità alla raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei ministri agli Stati membri del Consiglio d'Europa sulle regole penitenziarie europee (adottata dal Consiglio dei ministri l'11 gennaio 2006, in occasione della 952a riunione dei delegati dei Ministri) che nella PARTE V «Direzione e Personale – Il servizio penitenziario come servizio pubblico», al n. 71 , stabilisce che «Gli istituti penitenziari devono essere posti sotto la responsabilità di autorità pubbliche ed essere separati dall'esercito, dalla polizia e dai servizi di indagine penale»;
   la ragione di questa norma sta, evidentemente, nella dualità di finalità ed esigenze istituzionali del carcere, quella legata alla sicurezza e l'altra alla rieducazione del condannato, dualità per la quale la vigente normativa, espressione di un orientamento preciso presente negli altri Paesi democratici europei ed extraeuropei, ha voluto nel sistema penitenziario una figura professionale, quella del dirigente penitenziario, non poliziotto e non pedagogo, al quale attribuire la delicatissima funzione di governo dell'esecuzione penale. Tanto sia all'interno delle carceri quanto fuori di esse, per l'esecuzione delle misure alternative alla detenzione, attraverso un'azione costante di contemperamento di quelle finalità trattamentali (rieducative e di reinserimento sociale) e di sicurezza, con la finalità di riportare ad unità di obiettivi e di azione la molteplicità professionale presente nel sistema dell'esecuzione penale;
   il nuovo schema di riorganizzazione del Ministero della giustizia che depaupera e destruttura il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, tra l'altro portando fuori da esso l'esecuzione penale esterna, rischia di agevolare processi rivolti a fare sempre più del carcere un luogo di mera sicurezza cioè sempre più un «carcere di polizia»;
   lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri proposto:
    è secondo l'interrogante contra et ultra legem, perché non trova supporto nelle norme vigenti relative alla riduzione delle dotazioni organiche, la cui applicazione porterebbe al massimo a 16 i posti di funzione di livello dirigenziale generale e perché quest'ulteriore riduzione neppure potrebbe giustificarsi a mente dell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, atteso che le riduzioni in «compensazione» devono ragionevolmente riguardare categorie dirigenziali omogenee, sicché non è ipotizzabile una riduzione di personale della carriera dirigenziale penitenziaria di diritto pubblico ex decreto legislativo n. 63 del 2006 in favore di posti dirigenziali di diritto privato ex decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
    intende ridurre da 16 a 11 i provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, sopprimendo i provveditorati di Abruzzo, Basilicata, Liguria, Marche, Umbria, alterando l'assetto funzionale dell'amministrazione in sede territoriale periferica. I PRAP, infatti, hanno in tutti i settori di competenza dell'amministrazione, una funzione essenziale di indirizzo, coordinamento e controllo degli istituti e servizi della regione di competenza, grazie alla diretta conoscenza del territorio, delle sue peculiarità storiche e socio-culturali e delle realtà periferiche, e sono, per questo, essenziali organi di prossimità rispetto agli istituti e ai servizi penitenziari. Ragione per la quale, eventuali macro accorpamenti ne snaturerebbero il ruolo e la funzione e ne pregiudicherebbero la funzionalità, nell'ambito di un sistema già in crisi anche per l'insufficienza delle risorse, a fronte di una situazione emergenziale;
    intende eliminare la direzione generale del bilancio alla direzione generale dei beni e dei servizi, trasferendo la competenza complessiva alla istituenda direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie presso il Dipartimento sull'organizzazione giudiziaria e mantenendo al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nell'ambito della direzione generale del personale, ridenominata direzione generale del personale e delle risorse, la gestione dei beni demaniali e patrimoniali, dei beni immobili, dei beni mobili e dei servizi, dell'edilizia penitenziaria e residenziale di servizio e la formulazione dei relativi pareri tecnici. A tale scelta consegue, quindi, un disfunzionale smembramento delle competenze tra due dipartimenti (DAP e DOG), a fronte di una complessità e specificità del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che rende indispensabile un'autonomia gestionale e finanziaria che gli consenta di valutare direttamente le proprie necessità complessive, per l'evidente alto carattere tecnico delle valutazioni sottese;
   tra l'altro trasferire queste competenze al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria determinerebbe la creazione ex novo di una struttura organizzativa elefantiaca, che dovrebbe far fronte alle molto diverse esigenze di tutti i differenti dipartimenti, è in sé disfunzionale e necessiterebbe di un impianto organizzativo da crearsi ex novo presso il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria che non ha, al contrario del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, una struttura in grado di sostenere questo gravoso impegno. Ma tutto questo non ha senso sotto il profilo dell'organizzazione, così come non ha senso, in termini di riduzione della spesa, eliminare la direzione generale dei beni e dei servizi al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per crearne un'altra presso il dipartimento sull'organizzazione giudiziaria;
   intende trasferire la direzione generale dell'esecuzione penale esterna del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria al dipartimento per la giustizia minorile (D.G.M.), in aperto contrasto con la normativa di settore attualmente vigente ed al solo scopo di mantenere in vita il dipartimento della giustizia minorile il cui assorbimento all'interno del DAP sarebbe più funzionale ed assicurerebbe un effettivo risparmio di spesa;
   il trasferimento della direzione generale dell'esecuzione penale esterna dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria al dipartimento per la giustizia minorile contrasta con la vigente normativa che vuole l'esecuzione penale interna ed esterna come sistema unitario; in particolare tale ipotesi contrasta:
    a) con quanto previsto dall'articolo 30 della legge n. 395 del 1990 che, nell'istituire il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria stabilisce che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria «provvede, secondo le direttive e gli ordini del Ministro di grazia e giustizia: a) all'attuazione della politica dell'ordine e della sicurezza degli istituti e servizi penitenziari e del trattamento dei detenuti e degli internati, nonché dei condannati ed internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione; b) al coordinamento tecnico-operativo e alla direzione e amministrazione del personale penitenziario, nonché al coordinamento tecnico-operativo del predetto personale e dei collaboratori esterni all'Amministrazione;
    b) con il decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 44 (articoli 2 e segg.) che attribuisce, ai provveditorati specifiche competenze in materia di gestione, di formazione e aggiornamento del personale di servizio sociale, di rapporti con gli enti locali, le regioni ed il servizio sanitario nazionale, nonché di misure alternative alla detenzione e di gestione contabile e finanziaria dei servizi sociali dipendenti;
    c) con l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica, 30 giugno 2000, n. 230, che prevede, inoltre, che alla direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale (oggi U.E.P.E. ex articolo 72 della legge n. 354 del 1975 per come sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera b) della legge 27 luglio 2005, n. 154) è preposto personale dei rispettivi ruoli dell'amministrazione penitenziaria e che il direttore dell'istituto e quello del centro di servizio sociale (U.E.P.E.) rispondono dell'esercizio delle loro attribuzioni al provveditore regionale e al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
    d) con l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 che, al fine di garantire l'integrazione ed il coordinamento degli interventi di tutti gli operatori, dispone: 1) che gli istituti penitenziari e i centri di servizio sociali dislocati in ciascun ambito regionale, costituiscono un complesso operativo unitario, i cui programmi sono organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità locale; 2) che i direttori degli istituti e dei centri di servizio sociale indicono apposite e periodiche conferenze di servizio;
   l'ipotesi di riordino prevede, inoltre, che gli UEPE siano sottratti alla competenza dei PRAP per essere assegnati ai centri per la giustizia minorile, creando uno scollamento tra esecuzione penale interna ed esterna per gli adulti, mentre è notorio che esiste, e deve esistere, un rapporto sinergico e costante tra l'attività di osservazione intramuraria e quella extramuraria, ed una dicotomia a livello periferico che si tradurrebbe in una incomunicabilità ed in una perdita di efficienza del sistema dell'esecuzione nel suo complesso;
   infine, si deve evidenziare che la soluzione proposta, secondo cui il dipartimento della giustizia minorile dovrebbe mantenere la gestione del proprio personale, aggiungendo «la gestione del personale dei servizi sociali adulti, la cui competenza verrà ceduta dalla Direzione generale del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria», non è affatto praticabile;
   la nuova proposta di organizzazione, infatti, dimentica che gli U.E.P.E. sono diretti da dirigenti di diritto pubblico, cioè da personale della carriera dirigenziale penitenziaria, di cui al decreto legislativo 63 del 2006, del ruolo di esecuzione penale esterna. Questo personale, però, è di diritto pubblico, inserito nell'ambito della stessa carriera dei dirigenti penitenziari del ruolo di istituto penitenziario; ruoli, che si unificano a livello del ruolo di dirigente penitenziario generale. Si tratta, cioè, di ruoli che appartengono ad una carriera unitaria incardinata nel dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
   diversamente, il personale minorile e gli stessi direttori dei centri per la giustizia minorile sono dirigenti di Area 1, cioè dirigenti di diritto privato, ex decreto legislativo n. 165 del 2001; ne conseguirebbe, quindi, non solo una gestione promiscua del personale, ma anche una discutibile dipendenza dei dirigenti penitenziari di esecuzione penale esterna da dirigenti di seconda fascia di altra carriera e con altro ordinamento giuridico;
   peraltro la proposta di passaggio del personale al dipartimento della giustizia minorile è assolutamente contraddittoria anche rispetto ad altri provvedimenti adottati dal Governo, quali la recente introduzione all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito dalla legge n.10 del 21 febbraio 2014, n. 10, del comma 1-bis che recita: «In attesa dell'espletamento dei concorsi pubblici finalizzati alla copertura dei posti vacanti nell'organico del ruolo dei dirigenti dell'esecuzione penale esterna, per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in deroga a quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna possono essere svolte dai funzionari inseriti nel ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario»;
   la logica dei numeri, cioè dei carichi di lavoro vorrebbe, semmai che fosse il dipartimento della giustizia minorile ad essere assorbito dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, perché, a fronte dei suoi costi, la sua ridotta mole di lavoro ben potrebbe essere gestita all'interno delle competenti direzioni generali dello stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, (la direzione generale dei detenuti e del trattamento e la direzione generale dell'esecuzione penale esterna) attraverso la creazione di due uffici specifici di livello dirigenziale non generale dedicati, rispettivamente, all'esecuzione penale interna e a quella esterna per i minori, così come era già in passato, prima della creazione del dipartimento della giustizia minorile. Ciò sarebbe non solo più funzionale, ma determinerebbe, pure, un'effettiva e consistente riduzione della spesa pubblica;
   in conclusione sul punto occorre rilevare che alla luce delle vigenti disposizioni normative di rango primario sopra citate e in assenza di un qualunque riassetto normativo di pari livello non pare possibile né è coerente al sistema dell'esecuzione penale, complessivamente considerato, il trasferimento dell'esecuzione penale esterna dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria al dipartimento della giustizia minorile;
   il nuovo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede ben due tagli di dirigenti penitenziari non generali (n. 39, ex decreto-legge 138 del 2011 e n. 8, ex decreto-legge 95 del 2013) per un totale di ben 47 posti di funzione, che vanno ad aggiungersi alle riduzioni precedenti (n. 68 e ex decreto-legge 112 del 2008 e n. 38 e ex decreto-legge 194 del 2009) di ben n. 106 posti. Complessivamente, tali riduzioni porterebbero la dotazione organica dei dirigenti penitenziari non generali da una situazione iniziale, prevista dal decreto legislativo n. 63 del 2006, di n. 539 dirigenti (476 del ruolo di istituto penitenziario e 63 del ruolo di esecuzione penale esterna), a solamente n. 334 dirigenti (300 del ruolo di istituto penitenziario e 34 del ruolo di esecuzione penale esterna), con la cancellazione di complessivi 205 posti; i dirigenti del ruolo di istituto penitenziario passano a soli 300 (poiché dall'indicazione finale del numero dei dirigenti non generali di carriera penitenziaria DAP sono stati scomputati i 34 dirigenti UEPE di carriera penitenziaria traslati al DGMC perché rientrerebbero nella direzione generale dell'esecuzione penale esterna);
   la riduzione ulteriore dei dirigenti penitenziari finirebbe con il privare ulteriormente molte carceri del loro direttore in sede, situazione questa gravissima perché il direttore è il primo garante dei principi di legalità nell'esecuzione penale, essendo armonizzatore delle esigenze di sicurezza e di quelle trattamentali, in quanto responsabile dell'ordine e della sicurezza penitenziaria ma anche del trattamento rieducativo dei detenuti. A ciò si aggiunga che gli UEPE assorbirebbero le competenze degli attuali uffici minorili che si occupano delle misure alternative relative ai minori, atteso che il nuovo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede l'accorpamento degli uffici territoriali, con conseguenti macro aree di competenza;
   una riduzione della dirigenza penitenziaria e del personale penitenziario, inoltre, sarebbe contraddittoria rispetto tanto alle misure che Governo e Parlamento hanno già adottato quanto alle misure che stanno approntando;
   in altri termini, una spending review dei dirigenti penitenziari e del restante personale penitenziario non solo contrasterebbe con gli obbiettivi di politica penitenziaria delineati dal Governo ma inficerebbe anche la tenuta del sistema, poiché un ulteriore depauperamento delle risorse umane inciderebbe negativamente sul perseguimento dei fini istituzionali, di sicurezza e di trattamento rieducativo, che sono demandati all'amministrazione penitenziaria, alterando i delicati equilibri del complesso sistema penitenziario e indebolendo significativamente il generale sistema della sicurezza dello Stato, a discapito dei cittadini;
   il numero dei detenuti nelle carceri rimane ancora altissimo rispetto al personale penitenziario in organico –:
   se il Governo, alla luce di quanto illustrato in premessa, in particolare della pacifica appartenenza al comparto sicurezza del personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, anche alla stregua del trattamento giuridico ed economico applicato nonché dei compiti, ruoli e funzioni la cui natura è propria di quelli del menzionato comparto non ritenga:
    a) di rivedere l'ipotesi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e di applicare al predetto personale della carriera dirigenziale penitenziaria l'esclusione dalla riduzione delle dotazioni organiche, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 ed in tal senso di applicare al medesimo personale della carriera dirigenziale penitenziaria anche la deroga già prevista per le forze di polizia dall'articolo 1, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito della legge 14 settembre n. 148;
    b) di mantenere l'esecuzione penale esterna, per coerenza al vigente assetto normativo complessivo che vuole l'esecuzione penale interna ed esterna come un sistema unitario e sinergico, all'interno del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
    c) di rassicurare l'interrogante ed il Paese sull'assenza di qualunque volontà del Governo di promuovere riforme, per la collocazione in un ruolo ad esaurimento del personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo n. 63 del 2006 e per l'attribuzione degli incarichi di direzione delle carceri a personale reclutato tra i commissari di polizia;
    d) di prevedere giusti riconoscimenti giuridici ed economici per il personale della carriera dirigenziale penitenziaria nonché una sua valorizzazione professionale da perseguire, tanto eliminando la mortificazione di una continua sottrazione di posti di funzione (che, ai sensi del decreto legislativo n. 63 del 2006, gli competerebbero) in favore di esterni all'amministrazione (siano essi magistrati o dirigenti), quanto favorendo l'implementazione dei ruoli ed il necessario rinnovamento. (4-06679)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

esecuzione della sentenza

soppressione di posti di lavoro

personale carcerario