ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06396

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 309 del 14/10/2014
Firmatari
Primo firmatario: GIACHETTI ROBERTO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 14/10/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 14/10/2014
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 23/10/2014
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-06396
presentato da
GIACHETTI Roberto
testo di
Martedì 14 ottobre 2014, seduta n. 309

   GIACHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Governo italiano, al fine di far fronte alle intimazioni contenute nella nota sentenza cosiddetta Torreggiani della Corte europea dei diritti dell'uomo, col decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante «Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile» convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117 (in Gazzetta Ufficiale 20 agosto 2014, n. 192), ha introdotto l'articolo 35-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;
   detto articolo 35-ter così testualmente recita: (Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati). – 1. Quando il pregiudizio di cui all'articolo 69, comma 6, lettera b), consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio. 2. Quando il periodo di pena ancora da espiare è tale da non consentire la detrazione dell'intera misura percentuale di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza liquida altresì al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a euro 8,00 per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Il magistrato di sorveglianza provvede allo stesso modo nel caso in cui il periodo di detenzione espiato in condizioni non conformi ai criteri di cui all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sia stato inferiore ai quindici giorni. 3. Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che definisce il procedimento non è soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno è liquidato nella misura prevista dal comma 2.»;
   alcune ordinanze, pervenute in copia alla segretaria di Radicali italiani Rita Bernardini, evidenziano come alcuni magistrati di sorveglianza stiano rigettando le istanze avanzate da soggetti detenuti, per una ritenuta inammissibilità dei reclami, con riferimento non solo a detenzioni pregresse, seppur di fatto continuative rispetto a quella in essere, allorquando le stesse siano conseguenti all'applicazione di diversi titoli esecutivi, ma anche con riferimento a quelle detenzioni che, come accade praticamente sempre, si protraggono in diversi istituti;
   difatti, con motivazioni identiche e stereotipate, alcuni magistrati di sorveglianza affermano che: «Il riferimento portato dalla nuova disciplina del rimedio risarcitorio alla disposizione penitenziaria di cui all'articolo 69, comma 6, lettera B), costituisce un ulteriore limite alla competenza del magistrato di sorveglianza in relazione all'applicazione dello specifico rimedio risarcitorio in esame, poiché precisa per tabulas che la lesione accertata, per fondare una pronuncia di addebito a carico dell'amministrazione penitenziaria suscettibile di risarcimento, deve consistere in un pregiudizio «attuale e grave» della posizione soggettiva del soggetto detenuto o internato. Fuoriescono, pertanto, dal concetto di «attualità del pregiudizio» sia le eventuali violazioni del diritto convenzionale subite in relazione a detenzioni pregresse rispetto all'attuale vicenda esecutiva (sofferte, cioè, in forza di titoli esecutivi diversi da quello attualmente in esecuzione), sia le violazioni che, pur riferite a detenzione riferibile all'esecuzione in corso al momento della domanda, non siano tuttavia attuali poiché medio tempore venute meno (per l'intervento della magistratura o della stessa amministrazione penitenziaria nell'esercizio della propria sfera di discrezionalità organizzativa). Con riguardo a tale profilo» – si legge ancora nelle ordinanze – «si osserva, inoltre, che l'attualità del pregiudizio deve sussistere sia al momento della presentazione del reclamo (...) sia al momento della decisione del medesimo (...) Solo in questi precisi termini, infatti, la collocazione del rimedio risarcitorio in esame appare coerente con la natura propria della giurisdizione attribuita alla magistratura di sorveglianza, che viene attivata nei limiti in cui si tratti di intervenire a riparare un pregiudizio in atto nei confronti di un soggetto detenuto o internato, laddove, nei casi in cui tale pressante esigenza non sussista, viene meno ogni valida ragione per derogare alla competenza generale in materia di risarcimento del danno assicurata dalla giurisdizione del giudice civile (...);
   per effetto della sopra evidenziata interpretazione, delle norme vigenti, diventata in brevissimo tempo comune a molti uffici di sorveglianza, a prescindere dalla fondatezza o meno della tesi, il detenuto si trova sprovvisto, contrariamente a quanto voluto dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo, di qualsiasi tutela effettiva, posto che: – per lo stato di detenzione attuale il detenuto dovrebbe investire il magistrato di sorveglianza nella speranza che il provvedimento giunga prima di un eventuale trasferimento in altro istituto; – per le detenzioni precedentemente scontate in altri istituti dovrebbe invece, con tutte le insormontabili difficoltà connesse allo stato di detenzione, adire il giudice civile;
   è evidente che per un soggetto detenuto, adire autonomamente il giudice civile è materialmente impossibile, posto che si trova nell'impossibilità di svolgere tutte quelle incombenze necessarie ad incardinare un ricorso ai sensi degli articoli 737 e seguenti (codice procedura civile), il soggetto detenuto dovrebbe pertanto, necessariamente nominare un avvocato civilista per consentirne l'entrata in carcere, al fine di impostare il ricorso civile;
   nel corso della trasmissione Radio Carcere, in onda il martedì e il giovedì su Radio Radicale, il conduttore, avvocato Riccardo Arena, ha intervistato, giovedì 9 ottobre, sulla materia oggetto del presente atto, il presidente del tribunale di sorveglianza di Firenze, dottoressa Antonietta Fiorillo, e il presidente del tribunale di sorveglianza di Venezia, dottor Giovanni Maria Pavarin. La dottoressa Fiorillo ha fatto presente che in tutto il distretto, che comprende 18 istituti, sono state presentate 1.200 istanze e che fino a giovedì 9 ottobre una sola richiesta di risarcimenti era stata accolta dall'ufficio di sorveglianza di Livorno, mentre tutte le altre erano in fase istruttoria. Fin dal 24 luglio scorso la dottoressa Fiorillo si era fatta carico di diramare una circolare in tutti e 18 gli istituti affinché fosse spiegato alla popolazione detenuta le modalità per accedere ai risarcimenti perché le prime istanze giunte agli uffici erano prive di informazioni essenziali. La dottoressa Fiorillo ha rappresentato quanto sia complessa – se non addirittura impossibile se il detenuto che avanza la domanda risarcitoria ha avuto detenzioni precedenti in istituti diversi e risalenti molto indietro nel tempo – l'istruttoria per ogni singolo caso: occorre infatti raccogliere per ogni periodo di detenzione non solo la metratura della cella e con quanti detenuti essa fosse condivisa, ma anche le condizioni igieniche e di vivibilità e le attività trattamentali e di lavoro svolte. Da parte sua il dottor Pavarin ha fatto presente che per ricostruire le condizioni di precedenti carcerazioni le difficoltà sono immense soprattutto se riferite a molti anni fa in quanto il, DAP, per esempio dieci anni fa, nemmeno pensava di tenere in conto le dimensioni delle celle e il numero dei loro occupanti. Altro aspetto considerato nelle interviste di Riccardo Arena ai due magistrati di sorveglianza è quello riguardante i criteri di misurazione delle dimensioni delle celle: se i tre metri quadrati – considerati dalla Corte EDU come il limite pro/capite sotto il quale i trattamenti sono di per sé da considerare inumani e degradanti senza la necessità di valutare altri aspetti della detenzione debbano essere calcolati al netto o al lordo del mobilio. Ambedue i magistrati concordi sullo scomputo del mobilio – ravvisano la necessità di direttive precise in materia. Infine, a proposito del diverso orientamento interpretativo dei Tribunali di Sorveglianza sulla necessità dell'attualità del pregiudizio» per poter accedere ai risarcimenti, sia il dottor Pavarin che la dottoressa Fiorillo convengono sul fatto che l'intenzione del legislatore non possa essere stata altro che quella del riferimento a trattamenti detentivi del passato, altrimenti, non avrebbe avuto senso l'introduzione della nuova normativa;
   secondo la sentenza della Corte di cassazione - I sezione Penale n. 5728/2014, nel calcolo dello spazio vitale minimo che deve essere assicurato a ciascun detenuto, deve essere scomputata l'area degli arredi;
   la cosiddetta sentenza «Torreggiani» non si limitava alla sola questione del «sovraffollamento», ma per una detenzione «legale» secondo la Convenzione, richiamava come necessari anche altri importanti parametri: «in cause in cui il sovraffollamento non era così serio da sollevare da solo un problema sotto il profilo dell'articolo 3, la Corte ha notato che, nell'esame del rispetto di tale disposizione, andavano presi in considerazione altri aspetti delle condizioni detentive. Tra questi elementi figurano la possibilità di utilizzare i servizi igienici in modo riservato, l'aerazione disponibile, l'accesso alla luce e all'aria naturali, la qualità del riscaldamento e il rispetto delle esigenze sanitarie di base (si vedano anche gli elementi risultanti dalle regole penitenziarie europee adottate dal Comitato dei ministri)»;
   inoltre, la cosiddetta sentenza «Torreggiani», nel condannare lo Stato italiano per violazione accertata dell'articolo 3 della Convenzione, dichiarava altresì che «lo Stato convenuto (cioè l'Italia) dovrà, entro un anno a decorrere dalla data in cui la presente sentenza sarà divenuta definitiva in virtù dell'articolo 44, § 2, della Convenzione, istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi idonei ad offrire una riparazione adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario, e ciò conformemente ai principi della Convenzione come stabiliti nella giurisprudenza della Corte –:
   se il Governo intenda intervenire con una norma di interpretazione autentica che chiarisca la competenza del magistrato di sorveglianza per i reclami proposti da soggetti detenuti o internati, sia per la detenzione in essere al momento della presentazione del reclamo ex articolo 35-ter 1. n. 354 del 1975, sia per i periodi di detenzione pregressi, qualora la stessa sia ininterrottamente proseguita senza soluzione di continuità, a nulla rilevando che la detenzione sia conseguenza dell'applicazione del medesimo o di diverso titolo esecutivo o che la stessa sia stata eseguita in istituti diversi da quello ove il detenuto si trova al momento della presentazione del reclamo;
   se intendano intervenire attraverso le opportune iniziative, se del caso normative, per dare un'interpretazione univoca sulla questione della misurazione delle celle, cioè se la superficie «vitale» debba o meno comprendere gli arredi;
   se il Ministro della giustizia intenda convocare il DAP al fine di emettere direttive chiare per effetto delle quali in ogni istituto, per ogni singolo detenuto ristretto, sia favorita la presentazione della domanda, mettendo a disposizione degli stessi una ragionevole modulistica che comprenda non solo i parametri riguardanti il sovraffollamento ma anche le condizioni igienico-sanitarie e l'accesso alle attività trattamentali. (4-06396)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritti umani

Convenzione europea dei diritti dell'uomo

detenuto