ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06363

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 307 del 10/10/2014
Firmatari
Primo firmatario: DI VITA GIULIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 10/10/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIORDANO SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 10/10/2014
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 10/10/2014
GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 10/10/2014
MANTERO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 10/10/2014
CECCONI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 10/10/2014
DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 10/10/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 10/10/2014
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-06363
presentato da
DI VITA Giulia
testo di
Venerdì 10 ottobre 2014, seduta n. 307

   DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, CECCONI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 68 del 1999 per il diritto al lavoro delle persone disabili prevede, all'articolo 2 il collocamento mirato. Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione; la legge parte dal presupposto che non vi può essere una aprioristica esclusione dal mercato del lavoro perché non sempre ad una particolare tipologia o grado di disabilità corrisponde una diminuzione delle capacità lavorative;
   l'articolo 1 della legge n. 68 del 1999 prevede che le norme sul collocamento dei disabili si applicano alle persone «affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento. Le persone disabili che aspirano ad un lavoro conforme alle proprie capacità e sono in possesso di una invalidità superiore al 45 per cento devono dunque iscriversi nelle apposite liste tenute presso l'ufficio per l'impiego territorialmente competente che annota in una apposita scheda le capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura e il grado della minorazione e analizza le caratteristiche dei posti da assegnare, favorendo l'incontro tra domanda e offerta di lavoro ed il conseguente collocamento delle persone disabili»;
   tale collocamento può essere attuato con strumenti flessibili tendenti a considerare sia l'esigenza delle imprese che quelle delle persone disabili. Per le persone disabili che presentano maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro può essere stipulata una convezione di integrazione lavorativa che può prevedere per il datore di lavoro la facoltà di scelta nominativa e per la persona disabile alcune opportunità che possono agevolare l'assunzione come per esempio, lo svolgimento di un tirocinio con finalità formative e di orientamento, l'assunzione con contratto di lavoro a termine oppure un periodo di prova più lungo di quello previsto dal contratto di lavoro;
   questi strumenti sono, o meglio, dovrebbero essere ancora più importanti per agevolare l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica. Infatti, dall'esperienza maturata dalle cooperative sociali, ma anche da genitori, educatori, formatori è emerso che i giovani con disabilità psichica necessitano di supporto ed accompagnamento verso il lavoro attraverso attività di formazione professionale, tirocini di lavoro in azienda, esperienze di lavoro guidato. Per questo, la scuola, la formazione e i servizi socio-sanitari, insieme all'azione delle famiglie, hanno instancabilmente promosso iniziative propedeutiche all'inserimento lavorativo permettendo che si affacciassero al mercato del lavoro nuovi gruppi e categorie di disabili in particolare psichici ed attualmente auspicano la possibilità di un maggiore e più diffuso accesso alle opportunità offerte dalla legge n. 68 del 1999;
   relativamente alle modalità di assunzione delle persone con disabilità psichica si intende in questa sede evidenziare alcuni aspetti problematici della legge n. 68 del 1999;
   la disposizione dell'articolo 9, comma 4, della legge n. 68 del 1999 prevede che «I disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all'articolo 11»;
   l'intento del legislatore è stato quello di tracciare così un percorso di maggiore protezione per i disabili psichici che costituiscono una categoria particolarmente fragile prevedendo che le persone con disabilità psichica siano assunte esclusivamente mediante chiamata nominativa attraverso una convenzione tra il datore di lavoro ed il centro per l'impiego (articolo n. 11 legge n. 68 del 1999). Lo strumento della convenzione può infatti prevedere un percorso d'inserimento guidato e specificamente mirato rispetto alle possibilità del lavoratore e alle esigenze dell'impresa.
   a tale aspetto, però, ne corrisponde un altro problematico consistente nel fatto che le persone con disabilità psichica, in quanto soggetti particolarmente deboli del mercato del lavoro, avrebbero dovuto disporre di una molteplicità di strumenti per agevolarne l'integrazione lavorativa;
   con la formulazione dell'articolo 9, comma 4, invece, per i disabili psichici è stata prevista una unica ed esclusiva modalità di accesso al lavoro attraverso la chiamata nominativa e la stipula di una convenzione precludendo altre possibilità di avvio (per esempio chiamata numerica, chiamata con avviso pubblico);
   il dato è emerso anche dalle segnalazioni pervenute recentemente a questa interrogante da parte di alcune persone con disabilità psichica: secondo queste tale norma impedisce ai disabili psichici di partecipare all'avviamento al lavoro nelle richieste numeriche con avviso pubblico con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro. Ciò senza alcuna disamina sulle capacità psico-fisiche dell'inabile psichico rispetto alla mansione oggetto dell'offerta di lavoro, né sull'esperienza maturata dal disabile psichico rispetto a quella mansione;
   si ritiene opportuno richiamare in questa sede la sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2 febbraio 1990 in cui si sanciva l'illegittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, dell'articolo 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella parte in cui non considerava invalidi civili, ai fini della legge stessa, anche quei soggetti affetti da minorazione psichica con una capacità lavorativa tale da consentirne l'impiego in mansioni compatibili;
   proprio in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 1990, l'articolo 19 della legge 104 del 1992 ha stabilito che, in attesa di una riforma organica, le disposizioni del collocamento obbligatorio, contenute nella legge n. 482 del 1968, e successive modificazioni, devono intendersi applicabili anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l'impiego in mansioni compatibili. L'articolo 19 della legge n. 104 del 1992 prevede altresì che «ai fini dell'avviamento al lavoro, la valutazione della persona handicappata tiene conto della capacità lavorativa e relazionale dell'individuo e non solo della minorazione fisica o psichica. La capacità lavorativa è accertata dalle commissioni di cui all'articolo 4 della presente legge, integrate ai sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche»;
   la partecipazione al processo di integrazione comunitaria, si ricorda, impone all'Italia un vincolo a sviluppare le politiche antidiscriminatorie e di pari opportunità, particolarmente sentite dall'Europa. Nel nostro Paese, al contrario, in merito si registra in particolare il mancato, parziale o non corretto recepimento della direttiva 2000/78/CE (parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro). È ridondante, a tal proposito, dover ricordare che più volte il nostro Paese è stato richiamato dall'Europa, anche con atti ben precisi (procedure d'infrazione e sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo), anche relativamente alle quasi inesistenti politiche per l'inclusione delle persone disabili;
   appena nel mese di luglio 2014 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato di nuovo il nostro Paese per non aver adottato regole che garantiscono un adeguato inserimento professionale delle persone con disabilità. In particolare, secondo l'apparato accusatorio della Corte, le norme in vigore riguardano solo alcune categorie di disabili; differenziano – ad esempio – tra datori di lavoro pubblici e private; e infine non copre tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro. Sono insomma «parziali» e insufficienti. Se l'Italia non si adeguerà, la Commissione potrebbe avviare una nuova procedura di infrazione, dopo quelle del 2006 e del 2011, che potrebbe concludersi con pesanti multe;
   dal suo insediamento il Governo non ha nominato un Ministro delle pari opportunità e le deleghe sono rimaste nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri che ad avviso degli interroganti, per ovvie ragioni di ordine pratico, non può occuparsene come sarebbe dovuto e necessario;
   un pieno ed efficace contributo del dipartimento per le pari opportunità, e del relativo Ministro, che fronteggi ogni forma di discriminazione, in sinergia con il Comitato unico di garanzia (CUG), e sensibilizzi Ministeri competenti lavorando di concerto con loro, sarebbe invece oltremodo auspicato poiché altresì richiesto, in alcuni casi espressamente, dalle stesse linee di intervento del succitato programma di azione per le persone con disabilità, trattando queste di rilevanti tematiche quali lavoro, inclusione nella società, inclusione scolastica. Al momento, invece, il lavoro relativo alla realizzazione di tali linee di intervento non sembra esser stato neppure avviato;
   relativamente alle politiche inclusive e antidiscriminatorie per le persone con disabilità, si registra ancora la mancata realizzazione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, messo a punto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, adottato il decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2014. In particolare, nel contesto della presente interrogazione, preme sottolinearsi che con la linea di intervento 2 del piano, titolata «lavoro e occupazione», il legislatore si è impegnato a conseguire l'obiettivo di favorire il mainstreaming della disabilità all'interno delle politiche generali per il lavoro e nella raccolta dati, aggiornando la legislazione in vigore e renderla più efficace nell'offrire occasioni di lavoro, in particolare attraverso un miglior funzionamento del collocamento mirato di cui alla legge 68 del 1999. Per farlo lo Stato dovrà provvedere ad approvare sia modifiche normative per aggiornare la legislazione e renderla più efficace nell'offrire occasioni di lavoro, che azioni di politica attiva sul lavoro prevedendo strategie atte a favorire il miglior funzionamento del collocamento mirato di cui alla legge 68 del 1999;
   il disagio vissuto quotidianamente da molte persone con disabilità, dovuto nello specifico alla scarsa inclusione professionale, non è mancato di sfociare a più riprese nella protesta. In proposito si ricorda, tra le tante, la manifestazione del 3 luglio 2013 promossa dal Comitato genitori giovani disabili psichici, in occasione della quale si chiedeva che fosse rivisto il parere del dipartimento della funzione pubblica, che aveva sospeso l'obbligo di assunzione per le amministrazioni pubbliche previsti dalla legge;
   per tali fatti l'interrogante presentava il 4 luglio 2013 sia una mozione che una interrogazione al Parlamento, con cui, proprio tenendo conto del contesto economico e sociale, ma anche della ricaduta pesante nei confronti di cittadini che in particolare hanno il diritto costituzionale al lavoro, del quale la legge n. 68 del 1999 si fa interprete, veniva chiesta, in sintesi, sia la convocazione delle associazioni di categorie protette al fine di informarle e affrontare la questione in maniera corretta, invece del procedersi con atti burocratici incidenti sulla vita di migliaia di persone disabili e sul loro diritto al lavoro, che di rivedere la sospensione dell'obbligo avallata dalla nota del dipartimento della funzione pubblica;
   detta richiesta di sospensione dell'obbligo di assunzione, si ricorderà, era stata rivolta dall'Inps al dipartimento della funzione pubblica, che il 22 maggio aveva risposto (nota n. 23580) che «l'obbligo di coprire le quote di riserva per le categorie protette, con l'eccezione della disciplina relativa ai centralinisti non vedenti, è sospeso fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiano posti disponibili nella dotazione organica e, a fortiori ratione, laddove presentino posizioni soprannumerari»;
   molto critico in quella occasione fu il Comitato genitori giovani disabili psichici, le cui sole insistenti proteste riuscirono a far scampare il pericolo paventato da una politica mostratasi invero insensibile nella circostanza, che denunciava allora «la gravità delle conseguenze di quanto previsto nel parere, che prescinde anche dalla copertura delle quote di legge»;
   il problema proposto dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 68 del 1999 andrebbe oggi analizzato nuovamente con più attenzione da parte del Parlamento, tenendo conto che questo aspetto della legge n. 68 del 1999 ha suscitato non poche perplessità ed interrogativi sia tra gli operatori impegnati, a vario titolo, a promuovere l'inserimento lavorativo di persone disabili sollevando anche dubbi di incostituzionalità che sono stati evidenziati da alcuni studiosi e che ci sono stati segnalati da diverse persone disabili direttamente interessate al problema;
   l'articolo 9, comma 4, andrebbe infine rivisto alla luce della normativa antidiscriminazione: tale impedimento di cui sopra, sempre in base alle segnalazioni pervenute, costituisce una discriminazione illegittima (tra disabili psichici e disabili fisici) ai sensi del decreto legislativo n. 215 del 2003, della legge n. 67 del 2006, dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dell'articolo 38 della Costituzione che non fa distinzione o discriminazione tra inabili e minorati –:
   se non ritenga che la disposizione di cui all'articolo 9, comma 4, della legge n. 68 del 1999, sia discriminatoria per l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica e se e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda intraprendere al fine di ovviare al grave pregiudizio generato dalla citata disposizione, in osservanza della normativa antidiscriminazione di cui in premessa;
   se non intenda chiarire definitivamente se e quali somme il Governo abbia già stanziato, o abbia intenzione di stanziare, allo scopo di attuare il piano biennale d'azione sulla disabilità, e in che modo queste siano state ripartite, o saranno ripartite, in particolare, per l'attuazione della succitata linea di intervento 2, «lavoro e occupazione»;
   se possa fornire il dato relativo alle segnalazioni recepite dal Comitato unico di garanzia in relazione alla problematica citata in premessa, o comunque attinenti ad essa. (4-06363)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

disabile

diritto del lavoro

accesso all'occupazione