ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05441

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 259 del 08/07/2014
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 08/07/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI 08/07/2014
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 13/01/2015
Stato iter:
13/01/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 13/01/2015
PISTELLI LAPO VICE MINISTRO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE)
Fasi iter:

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 13/01/2015

RISPOSTA PUBBLICATA IL 13/01/2015

CONCLUSO IL 13/01/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05441
presentato da
RIZZETTO Walter
testo di
Martedì 8 luglio 2014, seduta n. 259

   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dai giornali di stampa che Marco Vallisa, 53 anni, tecnico specializzato italiano che lavora in Libia, è irreperibile da sabato 5 luglio 2014 insieme a due colleghi stranieri, uno bosniaco e l'altro macedone. I tre tecnici – tutti dipendenti della ditta di Modena «Piacentini Costruzioni» – sono scomparsi a Zuwara, nell'ovest della Libia;
   il Governo di Tripoli ritiene che gli scomparsi siano stati rapiti, come dichiara l'emittente panaraba Al Arabiya. La Farnesina, da parte sua, conferma che il connazionale Marco Vallisa è a tutt'oggi irreperibile e che le verifiche del caso sono ancora in corso;
   a parere dell'interrogante, come già più volte espresso in precedenti interrogazioni concernenti il rapimento di operai italiani in Libia, si ritiene che vi siano delle gravi responsabilità del Ministero degli affari esteri per la scomparsa di Marco Vallisa, poiché non sono stati adottati i necessari provvedimenti per tutelare la sicurezza dei dipendenti delle imprese italiane che operano in territorio libico considerando la situazione a rischio sicurezza che sussiste in tale Stato;
   il predetto Ministero è ben consapevole che molte imprese italiane operano in tale territorio e dei rischi a cui sono quotidianamente sottoposti i lavoratori, pertanto, la scomparsa di Marco Vallisa continua a confermare l'incapacità della Farnesina di adottare incisi provvedimenti per tutelare l'incolumità fisica di coloro che lavorano in tale Stato;
   inoltre, come già denunciato dall'interrogante, la situazione è resa più grave dal fatto che il Ministero degli affari esteri non si adopera adeguatamente per la liquidazione dei crediti delle imprese italiane in Libia successivi alla crisi dell'anno 2001;
   la mancata liquidazione di tali crediti, determinando la crisi delle aziende coinvolte, ha costretto, a rischio di vita, gli imprenditori e gli operai delle stesse a continuare ad operare in Libia pur di far «sopravvivere» tali attività;
   negli anni, tali fatti sono stati denunciati più volte dalle imprese, tra cui la friulana Bitumi International srl, al Ministero degli affari esteri, tuttavia, ad oggi, tali realtà risultano totalmente abbandonate dalle istituzioni, sia per quanto concerne la sicurezza dei lavoratori che rispetto alla liquidazione dei crediti di cui sono titolari le imprese italiane;
   su tale questione, con atto del 27 febbraio 2014, il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Mario Giro, ha fornito risposta all'interrogazione del 4 febbraio 2014 (4-03364), che non è stata ritenuta soddisfacente dall'interrogante, in particolare, relativamente alle misure predisposte per l'incolumità dei lavoratori italiani in Libia nonché i provvedimenti adottati per la liquidazione dei crediti –:
   se e quali provvedimenti siano stati adottati dal Ministro interrogato per rintracciare Marco Vallisa, tecnico dell'impresa «Piacentini Costruzioni» di Modena, scomparso in territorio libico;
   se e quali interventi siano stati posti in essere dal Ministro interrogato per tutelare i lavoratori delle imprese italiane che operano in Libia, considerando la situazione a rischio sicurezza che sussiste in tale Stato;
   se e quali concreti provvedimenti abbia adottato per risolvere la ben nota situazione che vede una moltitudine di imprese italiane in attesa, da molti anni, della liquidazione di crediti in Libia, costringendo le stesse, per stato di necessità, a continuare ad operare in territorio libico al fine di far sopravvivere le proprie attività. (4-05441)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 13 gennaio 2015
nell'allegato B della seduta n. 361
4-05441
presentata da
RIZZETTO Walter

  Risposta. — Il 13 novembre 2014 la vicenda del sequestro del signor Marco Vallisa (nato a Piacenza l'11 aprile 1961) si è conclusa positivamente con la liberazione del connazionale. Il raggiungimento di tale risultato è stato possibile soprattutto grazie all'efficace azione di tutti gli organi dello Stato che hanno lavorato tra di loro in stretta sinergia per restituire il signor Vallisa all'affetto dei suoi cari. È stata impiegata la stessa dedizione e professionalità già dimostrata in passato dal Ministero degli affari esteri che, in raccordo con le altre competenti articolazioni dello Stato, ha portato alla liberazione di 45 connazionali negli ultimi tre anni.
  Il connazionale era stato rapito assieme a due cittadini di nazionalità rispettivamente bosniaca e macedone (Petar Matic e Milasin Gafuri) nella località di Zwara, che si trova sulla costa occidentale della Libia. I due tecnici stranieri erano stati successivamente liberati (lunedì 7 luglio 2014) mentre il connazionale era rimasto nelle mani dei rapitori.
  A seguito della segnalazione della scomparsa fatta dall'Ambasciata d'Italia a Tripoli e dalla stessa ditta, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si era immediatamente attivato in coordinamento con le altre competenti articolazioni dello Stato, procedendo alle necessarie verifiche ed attivando gli opportuni canali di ricerca.
  Contestualmente, come di consueto avviene in tali circostanze, era stato stabilito un canale diretto con la famiglia per aggiornarla sulla situazione. I membri della famiglia sono inoltre stati ricevuti presso l'unità di crisi per un punto di situazione e con loro sono sempre stati mantenuti costanti e periodici contatti.
  Dalle verifiche effettuate è emerso che la predetta ditta, per cui lavorava il connazionale, non aveva segnalato la sua presenza alla nostra rappresentanza diplomatica, né a questo Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il tecnico non risultava infatti iscritto in alcuna lista istituzionale (AIRE e/o stabili presenze) e non aveva proceduto a registrarsi nemmeno sul sito dell'unità di crisi/Ministero degli affari esteri
www.dovesiamonelmondo.it, come suggerito dall'avviso sicurezza Libia presente nel portale www.viaggiaresicuri.it, da tutti fruibile. A tale proposito è opportuno ricordare che il predetto avviso, alla data in cui avveniva il sequestro, conteneva specifiche raccomandazioni per i connazionali che intendevano recarsi in Libia. In particolare, il sito citava che nella zona dove è avvenuto il rapimento «Le visite a carattere professionale, se motivate da necessità imperative e indifferibili, devono essere svolte adottando ogni possibile misura prudenziale. Gli alti rischi connessi a ulteriori possibili manifestazioni violente, ancorché non dirette contro cittadini stranieri, inducono a raccomandare estrema cautela negli spostamenti in città, che si invita a limitare quanto più possibile. Si raccomanda, in particolare, la puntuale programmazione degli incontri e dei movimenti sul territorio, che dovranno essere comunicati in anticipo all'Ambasciata e al Consolato generale a Tripoli».
  Tali raccomandazioni sono state pubblicate al fine di rendere tutti i nostri connazionali, che intendevano ed intendono recarsi in Libia, ben consapevoli del precario quadro di sicurezza in cui versa il Paese africano, con particolare riferimento ai lavoratori e agli operatori economici.
  Per quanto concerne la sicurezza degli operai italiani che lavorano in Libia, preme ricordare come l'Ambasciata d'Italia a Tripoli intrattenga uno strettissimo e costante contatto con tutti i connazionali presenti e con tutte le realtà imprenditoriali che ad essa si sono regolarmente notificate, destinatarie peraltro di regolari informative sulla situazione di sicurezza, recanti altresì istruzioni di comportamento in relazione a specifiche situazioni di rischio. Tale sistema di monitoraggio ed informazione, attivo 24 ore su 24 per 365 giorni l'anno, è peraltro particolarmente apprezzato dalla nostra comunità di affari presente nel Paese e si è rivelato di estrema utilità in molteplici circostanze proprio a tutela dell'incolumità dei nostri connazionali.
  La risoluzione delle pendenze relative ai crediti delle aziende italiane rimane una delle priorità dell'azione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in Libia, pur nel difficilissimo passaggio che il Paese sta attraversando, dopo le recenti elezioni parlamentari del 25 giugno 2014, sia sul piano della transizione politica, che in termini di recrudescenza delle violenze.
  Per quanto riguarda i crediti vantati da oltre 100 aziende italiane nei confronti della Libia e legati a contratti risalenti agli anni ’80-’90 (cosiddetti «crediti storici»), all'indomani della rivoluzione del 2011 le Autorità libiche hanno espresso disponibilità a riaprire le trattative. Benché si tratti di una problematica riconducibile a responsabilità del passato regime, le nuove autorità di Tripoli considerano il superamento di tale annoso contenzioso come un investimento per iniettare rinnovata linfa e fiducia nel rapporto bilaterale con l'Italia. Tripoli ha quindi ripresentato un'ipotesi «transattiva» finalizzata a chiudere il contenzioso e ritenuta ad un primo esame interessante e soddisfacente dalle tre associazioni rappresentative dei creditori; su tali basi si è svolta una serie di sessioni negoziali tra le parti.
  Il 7 giugno 2013 alla Farnesina è stato firmato un Verbale di riunione (cosiddetto
Meeting Summary) che chiude la contesa a livello politico, con la conferma del versamento da parte libica di una cifra transattiva di 233 milioni di euro a favore delle imprese creditrici.
  Nonostante l'impegno profuso personalmente dall'allora Primo Ministro Zidan, divergenze tra le parti su aspetti di natura tecnica e legale hanno impedito, in una prima fase, la finalizzazione degli accordi esecutivi tra il Governo libico e le associazioni rappresentative dei creditori. Proprio per superare gli ultimi scogli tecnici e chiudere definitivamente il contenzioso, alla vigilia della Conferenza di Roma sulla Libia del 6 marzo scorse, si è svolta una missione a Roma del Vice Ministro delle finanze Suleiman Gheit Mraja, in occasione della quale è stato definito il testo di un accordo tecnico-giuridico (
Settlement Agreement) tra il Governo libico e le tre associazioni dei creditori «storici» sulle modalità di pagamento, in applicazione dell'intesa politica del 7 giugno 2013; quest'ultima aveva definito, tra i tanti aspetti, l'ammontare dell'offerta libica e i creditori che ne sarebbero stati i destinatari. Tale risultato è stato raggiunto anche grazie all'approccio flessibile e costruttivo dei rappresentanti delle tre Associazioni, che hanno effettuato alcune importanti concessioni, anche rispetto a quanto convenuto nell'intesa politica.
  Il testo del
Settlement Agreement è stato firmato dai rappresentanti delle tre associazioni. Da parte sua, Mraja lo ha siglato rinviando la firma ad una decisione da parte del Consiglio dei ministri. Non è stata finora possibile l'adozione di tale decisione da parte del Governo, sul quale la Farnesina e l'Ambasciata a Tripoli continuano comunque a mantenere alta la pressione.
  In occasione di una riunione svoltasi prima dello scoppio dei nuovi scontri tra il Vice Ministro delle finanze Mraja e l'Ambasciatore Buccino, quest'ultimo ha ribadito la viva aspettativa del Governo italiano che il
settlement agreement possa essere quanto prima approvato da parte dell'Esecutivo libico, come ultimo passaggio formale richiesto alle Autorità di Tripoli prima della firma e dell'attuazione del documento. Il Vice Ministro, da parte sua, ha confermato di avere consegnato il settlement agreement all'ufficio del Primo Ministro con l'indicazione di approvarlo, ricordando tuttavia che l'approvazione del bilancio per il 2014 avrebbe costituito una precondizione per l'avanzamento di tale dossier. La legge di bilancio libica (il cui voto era stato rinviato per mesi, a causa della grave crisi istituzionale), è stata adottata dal Congresso il 22 giugno 2014 (invero senza una votazione formale e in virtù di una norma che ne prevede l'adozione se essa non viene discussa per tre mesi dopo la sua presentazione). Rimane peraltro da verificare se la Banca Centrale – che ha avanzato riserve sulla sostenibilità di molte previsioni finanziarie – consentirà l'attuazione pratica di tale legge e di tale decisione, sbloccando i pagamenti sospesi da tempo.
  L'Ambasciatore italiano ha consegnato una nota riassuntiva sul dossier anche al Primo Ministro attuale, Al Thinni, il quale ha mostrato di essere al corrente della questione ed ha assicurato la massima attenzione per una celere approvazione dell'accordo, che deve comunque scontare la complessità del momento che sta attraversando il Paese.
  Si era quindi ad un piccolissimo passo dalla soluzione. Purtroppo la crisi in Libia non ha fatto che aggravarsi e il Paese sta attraversando una nuova e delicatissima fase di instabilità.
  Più complessa è la questione dei crediti maturati dalle imprese italiane, in maggioranza di dimensioni piccole e medie, che operavano in Libia quando è scoppiata la rivoluzione (cosiddetti «crediti recenti»). Malgrado il costante impegno della Farnesina e della nostra Ambasciata a Tripoli, le aperture a tratti manifestate dalle autorità libiche, le difficoltà interne (il susseguirsi di vari Governi, i problemi di bilancio causati dall’
oil disruption e le ultime violenze) hanno finora impedito di addivenire a una soluzione definitiva (salvo pochissime eccezioni, con intese raggiunte caso per caso e riguardanti le aziende più grandi).
  Sono state tentate varie strade: dapprima si era pensato ad una commissione che avrebbe dovuto rivedere i contratti individuali per escludere il sospetto di corruzione delle autorità locali; successivamente si è valutata l'ipotesi di una ripresa dell'esecuzione dei progetti da parte delle nostre imprese a fronte del pagamento immediato del 50 per cento dei crediti maturati, cui avrebbe fatto seguito il pagamento dilazionato del restante ammontare con l'esecuzione completa del contratto. Nessuna di queste vie è stata effettivamente accolta dalle Autorità libiche, né nei confronti delle imprese italiane, né di imprenditori di altri Paesi. In sostanza, sia il precedente Governo Zidan che il successivo esecutivo Al Thinni, prima dell'attuale situazione di stallo politico, hanno dato prova di disponibilità e continuato a manifestare la volontà di sanare le situazioni sospese, anche se all'atto pratico pochi sono stati i risultati.
  Nel 2013 l'approvazione del bilancio dello Stato, che per la prima volta assegnava ai Ministeri parti significative delle risorse derivate dallo sfruttamento degli idrocarburi, ha lasciato intravedere qualche opportunità; in alcuni casi, la disponibilità di queste risorse ha in effetti consentito il pagamento sia pure parziale di alcuni crediti arretrati. Cruciale è stata, per l'ottenimento di tali risultati, l'azione della Farnesina e della nostra Ambasciata a Tripoli sui vertici dei vari Dicasteri libici coinvolti. Si tratta però di un numero limitato di aziende secondo l'approccio
case by case preferito da Tripoli.
  Nel 2014 i notevoli tagli effettuati dalla legge di bilancio rischiano di complicare il quadro. Malgrado la complessità dell'esercizio di recupero dei crediti, le incognite che pesano sull'attuazione della legge di bilancio e quelle che scaturiscono dalla escalation della violenza, sia il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che l'Ambasciata a Tripoli continueranno ad impegnarsi, passo per passo, per il superamento di tutte le difficoltà.
  L'Italia rimane in prima fila per favorire una soluzione politica alla crisi libica, favorendo il processo di mediazione a guida delle Nazioni Unite, come testimoniato dalla visita a Tripoli dell'11 ottobre 2014 della allora Ministro Mogherini assieme al segretario generale dell'ONU e sostenendo il lavoro dello SRSG/Capo di
United nations support mission in Libya, Bernardino Leon.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionaleLapo Pistelli.

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