ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04943

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 233 del 26/05/2014
Firmatari
Primo firmatario: REALACCI ERMETE
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 26/05/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 26/05/2014
Stato iter:
24/09/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 24/09/2015
GALLETTI GIAN LUCA MINISTRO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 05/06/2014

SOLLECITO IL 02/07/2014

SOLLECITO IL 01/08/2014

SOLLECITO IL 01/09/2014

SOLLECITO IL 03/10/2014

SOLLECITO IL 05/11/2014

SOLLECITO IL 05/12/2014

SOLLECITO IL 08/01/2015

SOLLECITO IL 02/02/2015

SOLLECITO IL 05/03/2015

SOLLECITO IL 01/04/2015

SOLLECITO IL 05/05/2015

SOLLECITO IL 11/06/2015

SOLLECITO IL 09/07/2015

SOLLECITO IL 03/08/2015

RISPOSTA PUBBLICATA IL 24/09/2015

CONCLUSO IL 24/09/2015

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-04943
presentato da
REALACCI Ermete
testo di
Lunedì 26 maggio 2014, seduta n. 233

   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   già ne primi anni Duemila il dipartimento di epidemiologia dell'Asl RM/E, nel corso di un'analisi volta ad accertare lo stato di contaminazione causato dai rifiuti tossici degli insediamenti industriali esistenti nella Valle del Sacco, verificò che almeno cinquecento cittadini residenti a ridosso del fiume Sacco, tra le province di Roma e Frosinone, presentavano livelli nel sangue di beta esaclorocicloesano di molto superiori alla media. Delle 440 persone individuate e contattate, secondo le stime del tempo, il 55 per cento dei casi risultava contaminato in maniera praticamente irreversibile;
   il beta esaclorocicloesano (β-HCH) è un prodotto di sintesi del lindano, un fitofarmaco bandito nel 2001 perché potenzialmente nocivo per la salute umana e animale e altamente inquinante. Il β-HCH ha una vita lunga, è solubile nei grassi e non può essere metabolizzato dal corpo umano. Pare che nelle donne possa venire espulso ma solo durante l'allattamento mettendo a rischio la salute del bambino. Un'acuta esposizione al β-HCH sia negli uomini che negli animali può provocare gravi danni al sistema nervoso centrale e molti studi correlano l'esposizione a questa sostanza tossica all'insorgere di diabete, di problemi funzionali alla tiroide e all'apparato riproduttivo. Lo stesso dipartimento dell'Asl RM/E rilevò allora un aumento del tasso dei tumori per quei lavoratori dell'area industriale di Colleferro, esposti a sostanze tossiche quali prodotti chimici e amianto;
   quella che emerse nella Valle del Sacco fu una vera e propria emergenza ambientale. Da qui, nel 2006, fu dichiarato lo «stato di emergenza socio-economico-ambientale» per la Valle del Sacco, e, in  particolare, per  i  comuni  di Colleferro, Gavignano, Segni, Paliano, Anagni, Sgurgola, Morolo, Supino, Ferentino, poi prorogato a più riprese fino ad oggi;
   il dato più preoccupante che emerge dallo studio citato è che la contaminazione non riguarda più solo le popolazioni che vivono a ridosso del fiume, si pensa che ancora avvenga anche attraverso la catena alimentare (carni, latte, verdure, formaggi), facendo temere così, a distanza di anni, un notevole aumento della popolazione contagiata o a rischio di contagio;
   fin dai primi del Novecento la zona della Valle del Sacco ha avuto uno sviluppo industriale non adeguatamente controllato, aiutato a partire dagli anni ’50 dal suo inserimento nelle aree finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno. Il grande afflusso di capitali e finanziamenti verso quelle aree indusse molte imprese chimiche e farmaceutiche a costruire impianti in quella zona. Già prima un'antica industria nazionale, la Snia Bdp, aveva lì il proprio stabilimento dove si mescolavano al fine di produrre esplosivi per le guerre mondali, pesticidi e altro, sostanze chimiche molto dannose e amianto. Nel 1990 la procura di Velletri ordinò la perimetrazione e il sequestro dell'area industriale ex Bpd di Colleferro, scoprendo centinaia di fusti tossici interrati nelle discariche Arpa 1, Arpa 2 e Cava di Pozzolana. Nel 1992 inizia il processo a carico della Bpd Difesa e Spazio e della Chimica del Friuli con l'accusa di «stoccaggio e smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali», unito al timore che le sostanze tossiche interrate potessero aver contaminato la falda acquifera. Il procedimento si concluse con la condanna alla bonifica della zona. Dopo la chiusura della Snia Bpd, diverse altre industrie catalogate come pericolose sulla base della direttiva europea Seveso 2 hanno continuato ad operare nella zona;
   una testimonianza interessante fu quella di Luigi Mattei, operaio della zona di Colleferro dal 1962 al 1981, che raccontò come rifiuti di ogni tipo venivano condotti nelle discariche Arpa 1 e 2. Ricorda di avere lui stesso portato alle discariche fusti contenenti materiali liquidi tossici – fusti non sigillati, in molti casi arrugginiti e lesionati che venivano usati come semplici contenitori al solo scopo di trasportare i rifiuti di lavorazione – ma anche amianto, piombo, rame, zinco e resina. Il tutto veniva poi coperto da terreno preso dalle colline circostanti. Ricorda inoltre che molti rifiuti interrati venivano anche da altre fabbriche. Il signor Mattei sostiene, inoltre, che almeno fino al 1981 accanto ad ogni reparto di produzione (ad esempio, il reparto insetticida, agricolo, delle resine, dell'amianto) esistevano piccole discariche a cielo aperto dove venivano buttati i rifiuti di quella singola produzione. Oggi pare che quelle aree siano state coperte da nuove costruzioni, ma il signor Mattei, intervistato, non si sente di escludere che lì sotto possano trovarsi ancora resti di quei materiali tossici;
   sono numerosi, inoltre, i fattori di pressione antropica sull'importante via d'acqua rappresentata dal fiume Sacco. Sono 52 i comuni che consegnano i loro scarichi nel fiume Sacco o in qualche suo affluente, 27 completamente ed i restanti solo per una parte. Ed è subito evidente come sia fortissimo, eccessivo, il carico inquinante industriale: sul corpo idrico principale sono ben 88 gli scarichi industriali non trattati su un totale di 163 comprendendo quelli civili, oltre la metà quindi. È il più alto numero in assoluto per i 38 macro-bacini individuati dal recente piano di tutela delle acque della regione Lazio, con 663.458 gli abitanti equivalenti (AE) trattati da scarichi industriali, per un refluo annuo di oltre 17 milioni di metri cubi. Un altro primato del Sacco è quello relativo ai fondi necessari per l'ammodernamento degli impianti industriali: oltre 100 milioni di euro, la cifra più alta a livello regionale;
   a questi dati si aggiungono quelli relativi agli scarichi urbani e civili: sono 75 gli scarichi, 251.076 gli abitanti equivalenti, scarsamente depurati, visto che il 32,15 per cento della popolazione scarica direttamente nel fiume senza trattamento, e solo il 74,28 per cento della popolazione è servita da fognature. Visti questi dati non c’è da stupirsi nel trovare che in quattro stazioni sulle cinque monitorate i livelli degli indici di qualità delle acque siano davvero pessimi: l'IBE (indice biotico esteso), il LIM (livello inquinamento espresso da macrodescrittori) e il SECA (stato ecologico corsi acqua) sono sempre a valori elevatissimi, tra 4 e 5 che è il valore massimo;
   inquietanti sono anche i metri di schiuma bianca che più volte gli operatori dei telegiornali nazionali e regionali hanno filmato, anche nelle scorse settimane, nel fiume Sacco e che riportano alla mente i gravissimi fatti di inquinamento che hanno pesantemente colpito i cittadini, gli agricoltori e gli allevatori di quell'area, sin dal 2005;
   la prima segnalazione recente della presenza quest'anno di schiuma bianca sul fiume Sacco nella città di Ceccano risale al 23 marzo 2014, con il letto del fiume ricoperto da uno strato esteso di schiuma biancastra, che nel tratto del «Ponte Berardi» verso valle appariva ancora più visibile e compatto, tanto da nascondere quasi completamente il fluire dell'acqua del fiume. Da allora, nel mese di aprile e maggio 2014, quasi tutti i fine settimana si riscontra uno stato oleoso che galleggia sul fiume, con odori nauseabondi, l'ultima volta domenica, 18 maggio 2014. I sopralluoghi, le segnalazioni e gli esposti non sono riusciti fino ad ora a fermare il fenomeno, che sarebbe connesso direttamente, così come hanno accertato anche gli agenti della polizia municipale, a sversamenti industriali che si ripetono puntualmente nella notte tra sabato e domenica. Sono stati peraltro coinvolti gli agenti della municipale, che si sono attivati allertando l'Arpa, la polizia provinciale, la forestale ed i carabinieri;
   appartenente all'acquifero del sistema dei monti Lepini – gruppo dei monti Simbruini, Ernici, Cairo e delle Mainarde – acquifero minore del fiume Sacco, il bacino presenta un significativo indice di vulnerabilità dal punto di vista idrogeologico: il 29 per cento è infatti a vulnerabilità molto elevata, ponendo così il Sacco tra i primi 10 bacini maggiormente vulnerabili sui 38 complessi individuati, per il 16 per cento l'indice è elevato, per l'1 per cento alto, per il 31 per cento medio, per l'8 per cento basso e per il 15 per cento molto basso. Sono 157 le sorgenti presenti, con una portata abbastanza interessante: 32 maggiori di 20 litri/secondo, 108 minori di 20 litri/secondo, 17 senza dati, sono 46 le captazioni di pozzi ad uso idropotabile e 9 le captazioni di sorgenti ad uso idropotabile, per quanto riguarda i prelievi idrici acque sotterranee. Ma anche 28 le aree destinate ad attività estrattive, le cave, nel bacino;
   dai risultati di una passata indagine svolta dall'ARPA Lazio, nell'ambito di un monitoraggio nazionale sul latte, si apprende che sui suoli agricoli lungo tutta l'asta del fiume Sacco e in particolare nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano, in provincia di Roma, Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino, in quella di Frosinone, fu trovato β-HCH. In particolare, una concentrazione altissima fu rilevata in una zona del comune di Ceccano la quale, stranamente, aumenta man mano che ci si allontana dalle sponde del fiume Sacco – contrariamente a quanto avviene nelle altre zone interessate dall'indagine – e ci si avvicina a un'area sbancata ai tempi dei lavori della TAV. Pare infatti che la movimentazione dei terreni per la costruzione della linea ferroviaria veloce Roma-Napoli abbia comportato la movimentazione di grandi quantità di terreno disperdendo nell'aria le sostanze tossiche custodite nel terreno;
   molte sono le testimonianze riguardo alla pericolosità dei terreni movimentati durante la costruzione della Tav. Ad esempio il coltivatore Paolo Speziali ricorda: «Ci hanno chiesto se potevano darci terreno vegetale per un rinterro. Io ho chiesto alla Tav di fare delle analisi per controllare che non ci fossero sostanze inquinanti». Le analisi effettuate dalla Tecnoprogetti srl mostravano che la terra era non contaminata. «La Tav aveva incaricato un laboratorio privato – continua a spiegare Paolo Speziali – che ha analizzato i campioni di terra presa dai cantieri. Mi hanno portato la terra assieme alle analisi negative, e invece c'era il β-HCH»;
   è utile ricordare anche il noto episodio del 2005 che ha riguardato la morte di mucche a causa di arsenico presente in uno degli affluenti del fiume Sacco. A seguito di tale accadimento è stato dichiarato lo stato di emergenza socio-economico-ambientale, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2005, per il territorio che comprende i comuni di Colleferro, Segni e Gavignano in provincia di Roma, e i comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino, in provincia di Frosinone. Di questo territorio si è occupato l'ufficio commissariale per l'emergenza nel territorio del bacino del fiume Sacco tra le province di Roma e Frosinone, commissario lo stesso presidente della regione Lazio, con tutte le azioni necessarie: caratterizzazione siti, eradicazione allevamenti e coltivazioni, avvio bonifica;
   nel dicembre del 2005 l'area della Valle del Sacco colpita dall'emergenza venne inserita nel piano delle bonifiche di interesse nazionale (SIN). In quell'occasione venne anche nominato un commissario straordinario per la Valle del Sacco. In seguito in forza del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, datato 11 gennaio 2013, le bonifiche della Valle del Sacco sono passate di competenza regionale, trasferendo l'azione ai comuni interessati dalla precedente perimetrazione;
   con il decreto 31 gennaio 2008 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «Perimetrazione del sito di interesse nazionale del bacino del fiume Sacco», pubblicato Gazzetta Ufficiale n. 100 del 29 aprile 2008, si definì una perimetrazione provvisoria del sito di bonifica di interesse nazionale del «Territorio del bacino del fiume Sacco» (diverso dal precedente). Nello stesso decreto si stabiliva che entro 120 giorni dalla pubblicazione del decreto, l'ARPA Lazio «valida le aree all'interno del perimetro provvisorio di cui al precedente punto 1 da sottoporre ad interventi di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale, riguardanti: le aree inserite nel piano regionale di bonifica articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”, le aree oggetto di attività potenzialmente inquinanti, individuate nell'allegato 1 del decreto ministeriale 16 maggio 1989, le aree oggetto di notifiche ai sensi della normativa in materia di bonifiche, le aree interessate da rilasci incidentali o dolosi di sostanze pericolose, le aree industriali dismesse, le aree, anche a destinazione agricola, interessate da spandimento non autorizzato di fanghi e residui pericolosi, nonché le aree oggetto di contaminazione passiva causata da ricaduta atmosferica di inquinanti, ruscellamento di acque contaminate, abbandono o seppellimento di rifiuti, in relazione all'inquinamento comportante, tra l'altro, potenziali conseguenze ambientali per le quali è oltremodo urgente e indifferibile procedere ai necessari accertamenti al fine di porre in essere i citati adeguati interventi delle aree inquinate interessate, così come risultanti dalle documentazioni pervenute da ogni singolo comune. Inoltre, sulla base dei medesimi criteri e negli stessi termini l'ARPA Lazio individua le aree da sottoporre ad interventi di messa in sicurezza d'emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale per i comuni di Arcinazzo Romano, Artena, Carpineto Romano, Cave, Ceccano, Genazzano, Gorga, Labico, Olevano Romano, Pastena, Piglio, Rocca Massima, Rocca Priora, Torrice e Valmontone, che non hanno fornito alcun riscontro alle richieste delle citate Conferenze di Servizi sull'argomento»;
   attualmente sono 117.084 gli ettari da bonificare nel sito della Valle del Sacco: un azione ancora in corso che vede da parte della regione Lazio un nuovo stanziamento di fondi per estendere il programma di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica ad un ulteriore campione di 600 residenti nell'area di Colleferro e Ceccano. Allarmati dal perdurare di questa situazione di emergenza, liberi cittadini hanno promosso una raccolta firme affinché «il sito inquinato della valle del Sacco» torni ad essere SIN «sito di interesse nazionale»;
   l'area della Valle del Sacco dal 2006 ha poi cambiato nome, diventando Valle dei Latini. Lo scopo della delibera sul fondo unico di investimento approvata dalla giunta regionale del Lazio è di riqualificare l'area attraverso il rilancio e lo sviluppo della filiera agroenergetica. L'intento è quello di unire sostenibilità ambientale e sviluppo ecocompatibile dando nuovo vigore a un luogo devastato dalla mancanza di controlli;
   la Valle dei Latini, infatti, ha una fortissima vocazione agricola e zootecnica, come dimostrano i dati: con ben 60.411 ettari di superficie agricola utilizzata (SAU), il 39,4 per cento su un totale di 153.459 ettari di superficie totale, il bacino del fiume Sacco è secondo solo al medio corso del Tevere per numero di ettari dedicati all'agricoltura e alla zootecnia;
   nell'ambito delle attività di bonifica occorrerebbe, tra l'altro, verificare il funzionamento del depuratore di Anagni sequestrato nel gennaio 2014 dai carabinieri del NOE, posto che la situazione della depurazione nella Valle del Sacco è tuttora insoddisfacente;
   da ultimo sarebbe opportuno concentrare le risorse sul consolidamento delle misure previste dalla creazione del distretto rurale e agroindustriale puntando sullo sviluppo ecocompatibile della Valle del Sacco e sulla costruzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in modo da riqualificare il territorio e renderlo competitivo a livello nazionale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e se, per quanto di competenza e per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente e delle agenzie territoriali specializzate afferenti al suo dicastero, non intenda verificare l'attuale stato del livello di inquinamento della Valle del Sacco, inclusi gli sversamenti di inquinanti filmati in «schiuma bianca» dalla stampa recente;
   se il Ministro non intenda poi acquisire elementi sui risultati ottenuti dalle procedure di bonifica fino ad oggi e monitorare come siano state investite le risorse ad essa destinate e se non intenda valutare l'opportunità di reinserire la Valle del Sacco nei siti inquinati di interesse nazionale; se risulti che si sia proceduto alla completa rimozione dei fusti interrati illegalmente e del terreno contaminato che la gestione commissariale avrebbe dovuto avviare da subito per limitare i gravi danni alla salute dei cittadini e all'ambiente che il dipartimento di epidemiologia dell'Asl RM/E ha rilevato delle ultime settimane;
   se non si intenda altresì avviare immediatamente nuove indagini epidemiologiche in quei comuni prospicienti il fiume Sacco che continuano a praticare attività agricole e di allevamento;
   se non si intenda avviare, per quanto di competenza, un capillare monitoraggio dell'impatto dei molti fattori antropici sul territorio della Valle del Sacco, operando controlli sulle imprese ivi esistenti e sugli scarichi, ben 88, che attualmente si riversano nel fiume Sacco, reprimendo gli abusi. (4-04943)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 24 settembre 2015
nell'allegato B della seduta n. 489
4-04943
presentata da
REALACCI Ermete

  Risposta. — In merito alle problematiche ambientali segnalate dagli interroganti, riguardanti il Sito di interesse nazionale Valle del Sacco, si rappresenta quanto segue.
  Il SIN del bacino del fiume Sacco è stato inserito tra i Siti di interesse nazionale da bonificare di competenza del Ministero dell'ambiente con la disposizione introdotta all'articolo 11-
quaterdecies, comma 15 della Legge n. 248 del 2005.
  L'area in questione è quella interessata dall'emergenza ambientale ricadente all'interno del territorio del bacino del fiume Sacco. Il sito è stato perimetrato con decreto ministeriale n. 4352 del 31 gennaio 2008. L'emergenza ambientale è scaturita dalla presenza di isomeri di esaclorocicloesano riscontrati nel latte di alcune aziende zootecniche e, successivamente, riscontrati nelle aree prospicienti l'argine fluviale del citato fiume. La contaminazione sarebbe dovuta alla percolazione dei suddetti agenti chimici situati nell'area del comune di Colleferro, occupata fino a trenta anni fa da un'industria chimica, dove sono stati rinvenuti fusti interrati e scarti di lavorazioni.
  Si evidenzia che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 maggio 2005 è stato dichiarato lo stato di emergenza socio-economico-ambientale nel territorio del bacino del fiume Sacco e con successiva Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2005, n. 3441 è stato nominato un Commissario per gli interventi urgenti finalizzati al superamento della fase dell'emergenza nel territorio dei comuni di Colleferro, Segni e Gavignano della provincia di Roma, e dei comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino della provincia di Frosinone.
  Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale dell'11 gennaio 2013, il Ministero dell'ambiente ha comunicato alla regione Lazio di aver effettuato la necessaria ricognizione «attraverso la quale è stato accertato che il SIN “Bacino del Fiume Sacco” e “Frosinone” non presentano tutti i requisiti (attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie) di cui al comma 2 dell'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006, così come modificato dall'articolo 36-
bis della Legge n. 134 del 2012».
  Il decreto ministeriale dell'11 gennaio 2013 non ha limitato la necessità di procedere alla bonifica all'interno dei siti, ma ha trasferito alla Regione Lazio, che subentra nella titolarità dei procedimenti, le risorse finanziarie, la competenza per le necessarie operazioni di verifica nonché l'eventuale bonifica all'interno del sito.
  Con sentenza n. 7586 del 2014 del 17 luglio 2014, il TAR Lazio ha annullato il decreto ministeriale Ambiente Prot. n. 0000007 dell'11 gennaio 2013 nella parte che escludeva dai Siti d'interesse nazionale la valle del Sacco. Pertanto, a partire da quella data, la titolarità del procedimento veniva assegnata al Ministero dell'ambiente. Avverso tale sentenza è stato proposto gravame al Consiglio di Stato.
  Nel frattempo è stata avviata l'istruttoria per individuare il perimetro del Sito d'interesse nazionale in coerenza con quanto previsto dall'articolo 36-
bis comma 3 della legge n. 134 del 2012.
  In merito si sono svolte le seguenti riunioni istruttorie con la Regione Lazio, Agenzia regionale per la protezione ambientale Lazio e i comuni interessati:
   riunione tecnica, in data 8 settembre 2014, nel corso della quale è stata richiesta alla regione Lazio una proposta di perimetrazione del Sito d'interesse nazionale;
   riunione tecnica, in data 25 novembre 2014, nel corso della quale la regione Lazio è stata sollecitata a trasmettere la proposta di perimetrazione richiesta durante la riunione dell'8 settembre 2014;
   conferenza di servizi istruttoria, in data 19 gennaio 2015, finalizzata ad esaminare la proposta di perimetrazione trasmessa dalla regione Lazio. All'esito sono state richieste alcune integrazioni al documento esaminato ed è stata fissata alla data del 12 febbraio 2015 una nuova conferenza di servizi;
   conferenza di servizi istruttoria del 12 febbraio 2015 che ha analizzato le richieste pervenute da parte dei comuni che hanno segnalato alcune situazioni di criticità. In merito la conferenza di servizi, in considerazione delle problematiche rappresentate nella documentazione acquisita dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte dei comuni, ha individuato alcune delle criticità segnalate da inserire, previa verifica da parte della regione Lazio, nella perimetrazione del SIN;
   in ultimo conferenza di servizi istruttoria del 10 luglio 2015 che ha esaminato una nuova proposta di perimetrazione che tiene conto degli esiti delle suddette conferenze di servizi e riunioni tecniche tenutesi sulla tematica in questione nonché di alcune osservazioni fornite dalla direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque (nota prot. n. 7554/STA del 29 maggio 2015). La proposta è stata ritenuta condivisibile e sono stati chiesti ulteriori approfondimenti/integrazioni che saranno discussi/e durante la prossima conferenza di servizi fissata per il 10 settembre 2015.

  Successivamente, all'approvazione del perimetro si procederà ad un aggiornamento dello stato delle attività di bonifica condotte dai precedenti titolari del procedimento nonché all'attivazione di tutte le necessarie misure non ancora attuate e necessarie alla bonifica delle matrici ambientali impattate.
  Allo stato attuale, il Ministero dell'ambiente non dispone di alcun elemento circa la presenza di «schiuma bianca» nelle acque del fiume Sacco.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

VALLE DEL SACCO

EUROVOC :

protezione dell'ambiente

inquinamento dei corsi d'acqua

deposito dei rifiuti

sostanza pericolosa

controllo sanitario

protezione delle acque