ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04561

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 214 del 17/04/2014
Firmatari
Primo firmatario: DE MITA GIUSEPPE
Gruppo: PER L'ITALIA
Data firma: 17/04/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DELLAI LORENZO PER L'ITALIA 17/04/2014
AMENDOLA VINCENZO PARTITO DEMOCRATICO 17/04/2014
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 17/04/2014
CATANIA MARIO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 17/04/2014


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA delegato in data 17/04/2014
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-04561
presentato da
DE MITA Giuseppe
testo di
Giovedì 17 aprile 2014, seduta n. 214

   DE MITA, DELLAI, AMENDOLA, GIANCARLO GIORDANO e CATANIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 240 del 2010, promulgata dopo ampio e intenso dibattito entro e fuori del Parlamento nella dichiarata – in questo caso unanime – esigenza di dar disciplina ad un ambito per molti anni sottratto ad una ragionevole visione organica, era connotata da alcune linee portanti che nell'articolato e nelle note di accompagnamento ne indicavano lo spirito;
   nell'intento di apportare correttivi ad una diffusa distorta implicazione concretatasi nel porre in essere il principio costituzionale dell'autonomia universitaria, il legislatore interveniva nel pieno rispetto dell'articolo 33 della Costituzione, nonché senza intaccare il portato dell'articolo 6 della legge 168 del 1989 posto, per riserva di legge, a garanzia dell'autonomia;
   la normativa del 2010, senza propositi di censura sul passato scaturito dalla legge del 1989, intese piuttosto realizzare un dichiarato correttivo «virtuoso» alla pregressa «eccessiva» frammentazione e localizzazione determinatasi di fatto nelle procedure di reclutamento, muovendosi quindi nell'intento di porre in essere una disciplina volta a dare maggiore prestigio all'Università italiana in un quadro di maggiore efficienza, anche economica;
   nel contesto, infatti, di una complessiva riorganizzazione delle università, insieme alla «organizzazione del sistema universitario» (titolo I) e alla «qualità ed efficienza del sistema universitario» (titolo II), specifica attenzione e rivolta nel (titolo III della legge 240 al «riordino della disciplina concernente il reclutamento»;
   nella su citata legge si fa distinzione tra «requisito» abilitante ed effettivo «accesso», in quanto all'articolo 18 si prevede per l'accesso un'autonoma procedura di cui il possesso dell'abilitazione costituisce mero requisito dello studioso che verrà valutato comparativamente sulla base «delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell'attività didattica»;
   si palesava nella novella un'evidentissima discontinuità con i previgenti sistemi selettivi, volta a formulare, entro settori concorsuali proprio a tal fine ben più ampi di settori scientifico-disciplinari, elenchi di «potenziali» partecipanti ai concorsi dichiarati, intanto, «abili» senza tuttavia che l'abilitazione stessa possa mai di per sé costituire «titolo di idoneità» relativamente «al reclutamento in ruolo o alla promozione presso un'università», con il riconoscimento alle università di quell'autonomia garantita come principio fondamentale;
   circa il conseguimento dell'abilitazione, la valutazione «analitica» del titoli e delle pubblicazioni su cui fondare il «motivato giudizio» della commissione, i criteri e i parametri, «definiti con decreto del Ministro» (articolo 16) non sono da intendere come vincolo «assoluto», ma l'allontanarsi dai criteri predefiniti andava realizzato in ogni caso sulla base di «motivazione analitica», ossia ad una funzione analitica più raffinata, senza convertirsi in comportamenti esorbitanti la funzione espletata: in tal senso lo stesso «utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli», predeterminato dalla commissione (articolo 3 comma 3 del decreto ministeriale n. 76 del 7 giugno 2012), è espressamente previsto come «eventuale» e comunque da assumere «con atto motivato»;
   i criteri e i parametri fissati dagli articoli 4 e 5 dello stesso decreto ministeriale n. 76, lungi dal vincolare rigidamente i commissari, vengono proposti come strumento utile per segnalare, per quanto concerne la prima fascia, «una piena maturità scientifica dei candidati attestata dall'importanza delle tematiche scientifiche e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità ed originalità, ovvero, con riferimento alla seconda fascia, «la maturità scientifica» dei candidati intesa come il «riconoscimento» di un «positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti». In ambedue i casi, la commissione di valutazione abilitativa veniva meramente tenuta dalla norma ad attenersi ad un livello, rigoroso ed oggettivo, di sufficienza, non certo di comparazione;
   il Ministro pro tempore Carrozza in sede di risposta ad interrogazione proposta dall'onorevole Migliore nel question time del 15 gennaio 2014, in luogo di «abilitazione scientifica nazionale» ha parlato di procedure di valutazione comparativa, nel concreto svolgimento della procedura, rendendo chiaro come secondo gli interroganti un complessivo snaturamento del dettato normativo;
   il concetto di «abilitazione nazionale» era stato introdotto al fine di contrastare «episodi» diffusi di «localismo», di «frammentazione» e di «presunto arbitrio» realizzati da commissioni che però, pur in un contesto specifico, operavano sulla base di parametri che riflettevano, a ben vedere, criteri di giudizio condivisi dalla stragrande maggioranza del corpo docente del settore a livello nazionale. Le Commissioni «di concorso», nel periodo precedente all'introduzione della legge n. 240 del 2010, proprio nell'intento di far valere pur in sede locale gli orientamenti scientifici maggiormente accreditati in un settore scientifico-disciplinare, venivano nominate a scrutinio segreto: l'orientamento scientifico prevalente a livello nazionale in ogni settore scientifico-disciplinare aveva pur sempre, quindi, la possibilità di garantire un profilo alto e generale, rafforzato dal criterio della maggioranza dei commissari;
   l'apprezzabile intento originario della legge era volto alla stesura livello nazionale, invece che su base locale, liste di studiosi «validi per le successive valutazioni comparative» da svolgersi in sede locale, sulla scorta di «ampi» criteri, equi e oggettivi per quanto possibile: si mirava, così, a evitare a livello generale eventuali particolarismi. In tale prospettiva il ”superamento” del livello medio di produttività andava parametrato ad un arco temporale ravvicinato, in una espressa logica volta a favorire il ricambio generazionale, ma anche l'innovazione nella ricerca, secondo linee più recenti, non ad attribuire riconoscimenti al merito, pur doverosi, ma rispondenti ad una logica estranea alle dinamiche della modernità;
   l'andamento dei lavori delle Commissioni in generale e con rare eccezioni si è ampiamente discostato dalla previsione normativa, finendo per ribaltarne il significato. Si sono per lo più elaborati criteri «ulteriori» di valutazione «aggravati», più penalizzanti, formulati ad hoc, con una sin troppo evidente «distorsione selettiva» d'impronta comparativa e concorsuale decisamente estranea alla lettera ed allo spirito della normativa di riferimento, ove si parla di «candidati all'abilitazione» e giammai di «concorrenti». L'innalzamento dell'asticella, in effetti, avrebbe dovuto implicare una revisione della candidabilità degli stessi Commissari secondo un principio ineludibile, dalla legge stessa affermato, di «giudizio fra pari». Un aspetto critico sin dagli esordi della procedura è divenuto, così, del tutto paradossale: giudici a volte sufficienti hanno espresso giudizi su candidati con requisiti (quanto meno) formali più cospicui;
   nella quasi totalità delle procedure, sin qui pubblicizzate negli esiti, in itinere aggravati nella lettura tra i vari settori con evidente disparità di trattamento, si è palesato un animus di «contrasto», non «propositivo», piuttosto «censorio»: da una Commissione si è arrivati a ritenere “abile” a stento il 15 per cento dei candidati, di fatto impedendo la scelta nella successiva fase concorsuale. Nel complesso, si è arrivati alla non abilitazione, per un biennio, di circa i 2/3 del potenziale corpo docente atto allo svolgimento di funzioni didattiche, invero per lo più già svolte con soddisfazione complessiva delle strutture universitarie;
   negli esiti delle abilitazioni, «certificati» con vizi di forma tali da richiedere un impegno «straordinario» del Ministero nel controllo degli atti, nonché da impegnare lo stesso nella crescente produzione di decreti di «proroga dei lavori» pur dopo la chiusura e pubblicazione degli stessi risultati, mentre incombe la falange dei «ricorsi» nelle opportune sedi giudiziarie, si evidenzia la logica «distorsiva» della presenza del componente «straniero» nelle Commissioni. Lo «straniero», singolarmente sottratto alle regole di requisiti minimi richiesti ai pretendenti commissari italiani e che avrebbe dovuto astrattamente «bilanciare» il rischio contenuto dall'eccessiva connotazione nazionale indicata nell’«etichetta», si è palesato quasi sempre del tutto estraneo alle linee scientifiche proprie della comunità scientifica italiana, con effetti paradossali. La maggioranza fissata in 4 componenti per ciascuna valutazione – ben comprensibile, perché rapportata ad un giudizio di abilitazione – si è tradotta spesso in un capestro, giacché l'abilitazione ritenuta, talora, conseguibile da tre commissari, con un unico dissenso, sempre ammissibile sotto il profilo della dialettica scientifica, diveniva irraggiungibile senza l'adesione dello «straniero», con grave pregiudizio della cultura universitaria italiana, soggetta al giudizio di un valutatore, di cui non è dato né rileva conoscere i requisiti;
   le commissario straniero, peraltro, percepisce un'indennità non riconosciuta agli altri componenti ed è chiamato ad esprimere un ponderato giudizio su una miriade di studiosi, soprattutto con riferimento alla seconda fascia e su una mole di «prodotti della ricerca» in tempi del tutto irragionevoli;
   le commissioni concorsuali, prima della legge 240, svolgevano i lavori, spesso con posizioni contrastanti ed in segno di una serrata discussione, in merito ad una ristretta cerchia di concorrenti. Ora, invece, le commissioni, fissati i criteri «ulteriori» oltre i mediani, devono prodigiosamente valutare «analiticamente» nello spazio di pochi minuti moltissimi candidati. Non sarebbe difficile dimostrare come non ci sia stato forse neanche il tempo materiale di leggere quanto diveniva oggetto di un insindacabile giudizio da esprimere, pur sinteticamente, con motivazione formalmente «analitica» e senza «pregiudizi»;
   con le procedure su espresse si sono stroncati iter di studiosi riconosciuti dalla comunità scientifica, talora persino internazionale, nonché, incredibili dictu, per ammissione a volte della stessa Commissione, «potenzialità» scientifiche che però non corrispondevano alla lettura dei commissari. Il clima si presenta ben diverso dall'evocata trasparenza nella previsione legislativa: tutto ciò – si ripete – in ordine non ad un concorso, da venire, ma ad un mero giudizio di «abilitazione». L'ingorgo è divenuto cruciale al punto che alcuni Commissari più consapevoli hanno espresso la valutazione in forma ipotetica («sembrerebbe», «parrebbe», e altro), con l'implicazione tuttavia che con l'apposizione di un semplice «non» scaturito da un'impressione si produceva per il malcapitato un blocco biennale;
   nello svolgimento della procedura si sono realizzati i seguenti vizi:
    a) violazione e falsa applicazione di legge: verificabile dai verbali delle riunioni;
    b) violazione di legge: mancanza di motivazione «analitica» laddove la Commissione abbia inteso adottare criteri «ulteriori» oltre quelli previsti dal bando e dalle mediane preordinate;
    c) eccesso di potere: ricorrenti manifestazioni di discrezionalità nella valutazione dei titoli, ritenuti coerenti o «incoerenti» con i «contenuti» dello specifico settore alla stregua di parametri personali, spesso in contrasto con autorevoli valutazioni di altri studiosi delle stesso settore e, quindi, in contrasto al criterio posto a base dell'abilitazione della riconoscibilità del profilo del candidato a livello nazionale o internazionale;
    d) eccesso di potere: ricorrente mancata «normalizzazione» con riferimento alla cadenza temporale, come espressamente previsto dalla normativa;
    e) difetto di motivazione: assenza di giustificazione, che dalla normativa si prevede «analitica», laddove si realizzi una valutazione in discrasia rispetto ai criteri generali predeterminati;
    f) manifesta irragionevolezza ed eccesso di potere: mancanza generalizzata dell'organicità della procedura abilitante;
    g) palese disparità di trattamento: richiamo duttile, alterno, con implicazioni discrezionali ai fini del giudizio, di aspetti connessi all'attività didattica, a partecipazioni a manifestazioni eterogenee, persino all'appartenenza a società scientifiche –:
   alla luce delle reiterate e continue violazioni di legge intervenute nella concreta attuazione della procedura abilitativa, non certo sanabili con decreti di proroga – pur se ammissibili – ed incidentali provvedimenti in autotutela quali iniziative finalizzate a garantire e ripristinare la legalità turbata intenda porre in essere;
   quali iniziative si intendano mettere in atto al fine di tutelare l'autonomia universitaria, di cui all'articolo 33 della Costituzione, incrinata dallo «snaturamento» di una procedura ex lege meramente abilitativa, non concorsuale come in effetti sembra sia avvenuto;
   se intenda avviare opportune ed urgenti indagini ministeriali sui lavori delle commissioni al fine di verificarne il corretto espletamento del mandato, anche a tutela del compito spettante all'apparato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   al fine di sanare eventuali lesioni del dettato normativo, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione; se intenda provvedere all'annullamento degli esiti di tutte le commissioni ove si riscontrasse uno scostamento dai fini e dai criteri contemplati dalla legge n. 240 del 2010;
   dopo le aporie della prima tornata abilitativa, formalmente ammesse e verificate dallo stesso Ministro, quali iniziative si intendano porre in essere a partire dalla seconda tornata disciplinare al fine di monitorare in maniera più attenta i lavori delle commissioni;
   anche in considerazione dei tempi di durata della prima fase già realizzata dell'abilitazione, con la presumibile sovrapposizione dei lavori delle commissioni per l'anno 2013 con quelli inerenti al 2014, se non sia il caso – per il buon andamento dell'amministrazione – di annullare l'espletamento di questa tornata 2013 e dare luogo ad una procedura unificata;
   se si intenda dare corso con rapidità all'abilitazione del 2014 con nuove commissioni alla stregua di chiari e netti parametri valutativi, ammettendo anche coloro dichiarati «non idoneo»;
   se intenda instaurare una «consultazione» con la CRUI, con le associazioni scientifiche e con rappresentate riconosciute delle varie componenti universitarie interessate, in vista di una ridefinizione per legge del «reclutamento» finalmente collocato in un quadro di certezza e trasparenza. (4-04561)

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 2010 0240

EUROVOC :

procedura amministrativa

applicazione della legge