ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02695

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 126 del 27/11/2013
Firmatari
Primo firmatario: RIZZETTO WALTER
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 27/11/2013
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BALDASSARRE MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 27/11/2013
CIPRINI TIZIANA MOVIMENTO 5 STELLE 27/11/2013
ROSTELLATO GESSICA MOVIMENTO 5 STELLE 27/11/2013
BECHIS ELEONORA MOVIMENTO 5 STELLE 27/11/2013
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 27/11/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 27/11/2013
Stato iter:
07/08/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 07/08/2014
DE VINCENTI CLAUDIO VICE MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 07/08/2014

CONCLUSO IL 07/08/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-02695
presentato da
RIZZETTO Walter
testo di
Mercoledì 27 novembre 2013, seduta n. 126

   RIZZETTO, BALDASSARRE, CIPRINI, ROSTELLATO, BECHIS e COMINARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
   il 23 novembre 2013 la testata giornalistica Messaggero Veneto ha pubblicato un articolo sull'indagine svolta dall'Associazione artigiani e piccole imprese Mestre Cgia dalla quale emerge la grave perdita di posti di lavoro che hanno registrato le piccole imprese del Friuli Venezia Giulia nell'ultimo decennio;
   stando ai dati resi noti dalla Cgia di Mestre, tra il 2001 e il 2011 le piccole imprese del Friuli Venezia Giulia hanno perso complessivamente 13.382 posti di lavoro, con un saldo negativo pari al –5,4 per cento, che appare in tutta la sua gravità se paragonato alla variazione percentuale nazionale (+4,3 per cento) e a quella del Triveneto (+0,6 per cento), appena in positivo, non già per le performance di Veneto (+1,1 per cento) e Trentino (+12,4 per cento), ma per effetto del risultato negativo registrato dal Friuli Venezia Giulia, all'ultimo posto tra le regioni d'Italia;
   tale dato appare ancora più allarmante considerando che nel resto d'Italia quasi tutte le regioni hanno registrato l'incremento del numero di posti di lavoro nelle piccole realtà produttive, a riguardo, il 64,3 per cento degli oltre 711.000 nuovi posti di lavoro, tra il 2001 e il 2011, sono provenienti dalle piccole imprese, che rappresentano il 99,5 per cento del totale delle aziende italiane;
   sui motivi per i quali la positiva dinamica in termini occupazionali non abbia investito il Friuli Venezia Giulia si sono espresse le associazioni di categoria, in particolare, la direttrice di Confapi afferma che la grave perdita di posti di lavoro che ha colpito il Friuli Venezia Giulia dipende dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali (incompatibili con nuove assunzioni), dall'intenso fenomeno della delocalizzazione e dalla cessazione di attività in settori come legno-arredo e industria delle costruzioni;
   per il presidente di Confartigianato Friuli Venezia Giulia, la gravosa perdita dell'occupazione dipende dalla sfiducia degli imprenditori che adottano manovre aziendali, che per prevenire epiloghi ancora più negativi, conducono al «sacrificio» di posti di lavoro –:
   quali azioni intendano intraprendere i Ministri al fine fronteggiare la grave crisi occupazionale che ha colpito le piccole imprese del Friuli Venezia Giulia e tutelare i posti di lavoro di una regione di confine che è svantaggiata, soprattutto, dalla delocalizzazione nei territori adiacenti;
   se i Ministri intendano promuovere iniziative economico-finanziarie ad hoc per le imprese che, come il Friuli Venezia Giulia, operano in territorio di confine, individuando un piano di rilancio volto a salvaguardare i livelli occupazionali preservando la produttività. (4-02695)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 7 agosto 2014
nell'allegato B della seduta n. 281
4-02695
presentata da
RIZZETTO Walter

  Risposta. — In risposta a quanto sollevato nell'interrogazione in esame, si rileva, per quanto di competenza, che il Ministero dello sviluppo economico sta seguendo con attenzione la delicata situazione che il Friuli Venezia Giulia sta fronteggiando, anche tramite diversi tavoli di confronto che stanno coinvolgendo alcune aziende del territorio in questione.
  Si segnala, tuttavia, che in ragione dell'ampia portata della crisi economica, le iniziative a sostegno del rilancio economico e occupazionale non possono riguardare esclusivamente il territorio regionale. Si assicura, tuttavia, la disponibilità a collaborare con gli enti territoriali per affrontare la questione sollevata dall'onorevole interrogante e, laddove richiesto dalle parti, a convocare tavoli di confronto per specifiche problematiche, come già si sta facendo.
  Per quanto riguarda, invece, gli interventi volti a rilanciare l'intero Paese in termini di politica industriale e competitività, si segnala che risulta necessario elaborare
policy mirate, di promozione di grandi progetti di innovazione anche di dimensione europea e di stimolo attraverso la domanda pubblica innovativa. Il modello di sviluppo del sistema produttivo che si intende promuovere è fondato sulla conoscenza, ricerca, sviluppo di prodotto, processi, sistemi e servizi. Si registra però anche l'esigenza di affiancare queste politiche con politiche finalizzate a specializzare, sostenere ed amplificare gli effetti dello sviluppo industriale sul territorio per evitare forti perdite occupazionali e per poter riassorbire nel breve e medio termine le fuoriuscite di occupati a bassa e media con l'incremento di lavoratori, qualificati, impegnati in attività ad alto valore aggiunto.

  Alcune misure sono già in corso:
   nell'ultimo anno e stata finanziata la nuova «legge Sabatini», per il periodo 2014-2016) un credito agevolato destinato a tutte le piccole e medie imprese per acquisti di beni tecnologici (impianti, macchinari a vocazione produttiva, beni strumentali di impresa, investimenti per
hardware, software e tecnologie digitali);
   lo strumento del credito d'imposta per le imprese e reti d'impresa che affidano attività di ricerca e sviluppo a università, enti pubblici di ricerca o organismi di ricerca, ovvero che realizzano direttamente investimenti in ricerca e sviluppo, inserito nella legge di stabilità 2013 (commi 95-97 dell'articolo 1, legge n. 228 del 2012). Si evidenzia tuttavia che tale misura prevede l'istituzione di un fondo
ad hoc presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale spetta, ai sensi delle stesse norme, il compito di definirne la gestione e l'operatività. Il Ministero dello sviluppo economico è invece chiamato solo in fase di concerto, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze;
   a fine settembre è stato pubblicato un bando del fondo per la crescita sostenibile, finanziato con 300 milioni di euro per investimenti innovativi. Opererà sostenendo progetti di ricerca e sviluppo di piccola e media dimensione nei settori tecnologici individuati da «
Horizon 2020»;
   l'attivazione del credito d'imposta per l'assunzione di alte professionalità (previsto all'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012) mira a favorire il rilancio della competitività. La misura intende agevolare l'occupazione stabile di personale altamente qualificato, contribuendo così all'innalzamento degli investimenti in ricerca e sviluppo e innovazione da parte del sistema produttivo. È destinato a tutte le imprese, indistintamente dalle dimensioni, per un massimo di 200.000 euro a impresa, che possono detrarre il 35 per cento dei costi sostenuti per le relative assunzioni di personale. Il decreto attuativo 23 ottobre 2013, che dispone le modalità di fruizione del credito d'imposta, è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale Repubblica italiana 21 gennaio 2014, n. 16 ed a breve sarà operativa la piattaforma informatica che consentirà di prenotare il beneficio;
   il decreto-legge destinazione Italia ha istituito un credito d'imposta incrementale (articolo 3, decreto-legge 145 del 2013). La norma prevede l'introduzione di un credito d'imposta in favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo. Il beneficio, subordinato alla preventiva approvazione della Commissione europea, spetta nel limite massimo complessivo di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016. Le risorse finanziarie sono individuate a valere sulla proposta nazionale relativa alla programmazione 2014-2016 dei fondi strutturali comunitari. Il credito d'imposta è determinato in misura corrispondente al 50 per cento delle spese sostenute (valore minimo dell'investimento agevolabile pari a 50.000 euro) e spetta per un ammontare non superiore a 2,5 milioni annui per ciascuna impresa beneficiaria. Il beneficio spetta per le spese sostenute nel periodo compreso tra quello indicato dal decreto ministeriale di attuazione (che stabilirà la decorrenza) fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016. Le modalità operative e la decorrenza sono da definire con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che sarà emanato a seguito dell'adozione del programma operativo nazionale di riferimento;
   la legge di stabilità 2014 prevede una dotazione finanziaria di euro 100.000.000 di euro a valere sulle disponibilità del fondo di garanzia destinata alla concessione di garanzie a copertura delle prime perdite su portafogli di un insieme di progetti, di ammontare minimo pari a euro 500.000.000, costituiti da finanziamenti concessi dalla Banca europea per gli investimenti (Bei), direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari, per la realizzazione di grandi progetti per la ricerca e l'innovazione industriale posti in essere da imprese di qualsiasi dimensione, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, alle reti di imprese e ai raggruppamenti di imprese individuati sulla base di uno specifico accordo-quadro di collaborazione tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca europea degli investimenti;
   in destinazione Italia, inoltre, si prevede la concessione di contributi a fondo perduto nella forma di «
voucher» fino al 60 per cento del costo del servizio. Tale contributo potrà essere speso presso soggetti erogatori di servizi qualificati e connessi ad attività di R&S, sviluppo di nuovi prodotti-processi-servizi, consulenza legale per la tutela della proprietà intellettuale, sperimentazione di nuove tecnologie, consulenza manageriale per l'innovazione strategica, organizzativa e commerciale. È previsto anche un sistema analogo per l'acquisto di servizi per l'internazionalizzazione delle imprese: «business scouting» sui mercati esteri, indagini di mercato, ricerca potenziali partner esterni, costruzione di appositi siti web per i mercati internazionali, assistenza sui mercati esteri connessa alle questioni legali, doganali e fiscali, consulenza per la partecipazione a gare, consulenza in tema di proprietà intellettuale, eventi promozionali e di comunicazione, missioni di incoming.

Azioni intraprese a livello comunitario.

  L'agenda di politica industriale interna si interseca inevitabilmente alle azioni intraprese a livello comunitario. L'esempio più lampante di tali stretti e necessari collegamenti tra il livello nazionale e quello europeo è rappresentato dalla definizione della Strategia nazionale per la ricerca e l'innovazione, precondizione per l'accesso al programma «Horizon 2020», che orienterà i fondi tematici europei per la ricerca nel prossimo settennio, dove sono disponibili, nel pilastro «Industrial Leadership», 17 miliardi di euro per progetti mirati alla applicazione della ricerca, nelle fasi di sviluppo delle tecnologie più prossime al mercato.
  Per favorire la massima partecipazione di imprese ed enti di ricerca italiani ai bandi europei e indirizzare altresì i fondi strutturali per l'innovazione allo realizzazione di specializzazioni intelligenti nei territori regionali, il Ministero dello sviluppo economico, in coordinamento con il Ministero dell'istruzione, l'università e la Ricerca, sta definendo la citata strategia nazionale per la ricerca e innovazione al fine di attivare azioni e misure in linea con i principi e gli indirizzi formulati dall'Unione europea, anche nel programma «Horizon 2020». La strategia nazionale di ricerca e innovazione intende inoltre fornire una risposta concreta alla condizionalità ex ante richiesta dalla Commissione europea ai fini dell'accesso alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali.
  La strategia nazionale costituisce il quadro di riferimento per l'identificazione delle priorità da realizzare da parte delle amministrazioni centrali e per l'attuazione delle politiche territoriali delle regioni. L'obiettivo è evitare azioni frammentate e non coordinate, duplicazioni di attività sui singoli territori con conseguente spreco di risorse.
  Le attività di ricerca e innovazione e lo sviluppo del capitale umano, attraverso l'utilizzo e la diffusione delle tecnologie industriali d'interesse strategico nazionale (KETs), sono la precondizione e l'asse portante per la realizzazione ed il successo della strategia.
  Sulla base di queste priorità, verranno definiti interventi puntuali finalizzati allo sviluppo sostenibile, all'incremento della produttività e competitività del sistema produttivo, alla ricerca applicata e all'innovazione industriale delle imprese.
  La necessità di tale azione è emersa a valle del «patto per la crescita e l'occupazione», convenuto dai capi di Stato e di Governo al Consiglio europeo di giugno 2012, che contempla numerose misure per aiutare l'Europa a superare la crisi economica e finanziaria e dare impulso a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, efficiente sotto il profilo delle risorse e creatrice di occupazione. A un anno di distanza dalla stipula del patto per la crescita, molti Stati membri hanno richiesto che a questo sia affiancato un patto per l'industria
(industrial compact) che completi quello per il lavoro e che garantisca il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Tale patto dovrebbe essere disegnato per allineare l'industria ai cambiamenti strutturali garantendo al contempo il rafforzamento della governance europea in materia di politica industriale.
  Riguardo agli interventi di reindustrializzazione, si rammenta che in data 30 gennaio 2014 il Mise, unitamente con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, il Ministero della coesione territoriale, il Ministero del lavoro, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, il comune di Trieste, e l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, hanno firmato l'accordo di programma per la disciplina degli interventi per la riqualificazione delle attività industriali e portuali e del recupero ambientale nella «area di crisi industriale complessa di Trieste».
  La tesi di fondo è che solo attraverso il rafforzamento dell'industria manifatturiera si può rilanciare la crescita economica e l'occupazione in Europa. Un rafforzamento da attuare nel breve termine attraverso misure concrete e incisive finalizzate alla diversificazione dei settori produttivi, all'eliminazione di elementi di criticità che frenano la produzione, come la bolletta energetica e il differente costo del lavoro, e a favorire maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. I Ministri UE hanno concordato sulla necessità che per restituire all'industria un ruolo di rilevanza non basta puntare sull'innalzamento dei differenziali competitivi tra le diverse economie ma è necessario disegnare nuovi modelli in cui una quota crescente di valore aggiunto è prodotta dalla ricerca e da sistemi ad essa connessi. Un
focus particolare sull'energia affinché possa diventare a sua volta driver di sviluppo e di rilancio: un'energia più competitiva e sostenibile sarà pertanto una delle questioni su cui i ministri presenti si sono impegnati maggiormente a battersi in sede europea.
  Relativamente ad alcuni specifici «tavoli di crisi», si accenna a quelli sull'Electrolux e sulla Lucchini. A proposito del primo, il 18 giugno 2014 si è tenuto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, con la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni Friuli Venezia Giulia, Lombardia ed Emilia Romagna. In tale sede è stato esposto il piano d'investimento, così come perfezionato dopo la firma dell'accordo del 15 maggio 2014 a Palazzo Chigi.
  Nel corso dell'incontro la società ha confermato l'intenzione d'intensificare l'attività di ricerca e sviluppo nell'arco temporale 2014-2017, al fine di garantire all'azienda un rilancio competitivo; ad Electrolux, nell'ambito della normativa in vigore, potrebbe essere concesso un finanziamento agevolato pari a circa la metà dell'investimento in attività di ricerca e sviluppo, al tasso agevolato dello 0,8 per cento con rientro in otto anni.
  Al fine di adottare più consistenti misure di supporto è necessario il contributo delle regioni in cui si trovano gli stabilimenti in questione, regioni che hanno manifestato la disponibilità a contribuire in quota parte al progetto d'investimento, come previsto dal citato accordo del 15 maggio, salvo verifica dello strumento tecnico più idoneo a garantire l'adeguato intervento regionale.
  Il via libera dei Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e finanze alla decontribuzione dei contratti di solidarietà per Electrolux è un'ulteriore testimonianza dell'interesse del Governo nei confronti di un'azienda chiave del nostro tessuto produttivo, nell'ottica di sostenere in ogni modo l'economia e l'occupazione sul nostro territorio.
  In data 13 marzo 2014 tale accordo è stato sottoscritto anche dall'autorità portuale di Trieste. L'accordo ha per oggetto la definizione di una complessiva ed unitaria manovra d'intervento sull'area tramite l'attuazione di un «progetto di messa in sicurezza, riconversione e riqualificazione», articolato in due assi di intervento.
  Il primo asse affronta i problemi relativi agli interventi ambientali e infrastrutturali necessari a consentire la prosecuzione delle attività industriali nel sito, accompagnata da un'azione di riqualificazione che consentirà di offrire soluzioni alla crisi industriale emersa nell'ambito della gestione commissariale della ex Lucchini. Per questa prima fase si attiva, in particolare, lo strumento previsto dell'articolo 252-
bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, considerato che l'intera area ricade nel perimetro del sito inquinato di interesse nazionale (SIN) di Trieste. In questa fase sono previsti interventi specifici di bonifica del sito inquinato, rimozione e smaltimento dei rifiuti, messa in sicurezza operativa del suolo e realizzazione delle relative opere infrastrutturali, nonché interventi di adeguamento degli impianti siderurgici alle norme ambientali necessari per assicurarne la continuità produttiva.
  Il secondo asse riguarda un'azione di reindustrializzazione, rivitalizzazione del tessuto imprenditoriale e reimpiego delle maestranze in esubero, finalizzata all'allargamento e alla diversificazione della base produttiva, con una riconversione anche parziale dell'area affidata agli strumenti per l'intervento sulle crisi industriali complesse disponibili su base nazionale, mentre per il reimpiego dei lavoratori si ricorre a strumenti d'intervento regionali.
  In data 28 marzo 2014 è stata avviata la procedura di cessione del Complesso aziendale (Lucchini) di Trieste. I sottoscrittori dell'accordo stanno procedendo all'adozione delle misure necessarie per sciogliere ogni criticità.

Il Viceministro dello sviluppo economicoClaudio De Vincenti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

soppressione di posti di lavoro

Friuli-Venezia Giulia

piccola impresa

delocalizzazione

industria edile

sicurezza del posto di lavoro

assunzione

industria del legno