ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02232

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 101 del 21/10/2013
Firmatari
Primo firmatario: DI MAIO LUIGI
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 21/10/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA SALUTE
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE 21/10/2013
MINISTERO DELL'INTERNO 19/12/2013
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE delegato in data 04/02/2016
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

SOLLECITO IL 09/10/2014

SOLLECITO IL 11/12/2014

SOLLECITO IL 18/02/2015

SOLLECITO IL 11/06/2015

SOLLECITO IL 31/07/2015

SOLLECITO IL 30/09/2015

SOLLECITO IL 30/11/2015

SOLLECITO IL 29/01/2016

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 04/02/2016

SOLLECITO IL 29/03/2016

SOLLECITO IL 15/06/2016

SOLLECITO IL 29/07/2016

SOLLECITO IL 28/10/2016

SOLLECITO IL 09/01/2017

SOLLECITO IL 30/03/2017

SOLLECITO IL 30/05/2017

SOLLECITO IL 28/07/2017

SOLLECITO IL 30/10/2017

SOLLECITO IL 18/12/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-02232
presentato da
DI MAIO Luigi
testo di
Lunedì 21 ottobre 2013, seduta n. 101

   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso giovedì 20 giugno la Commissione anticamorra istituita presso il consiglio regionale campano e presieduta dal consigliere dottor Gianfranco Valiante ha audito i relatori Alessandro Cannavacciuolo ed Antonio Montesarchio i quali, formalmente invitati dal presidente a depositare documentazione attestante le denunce indicate nel corso della seduta, di comune accordo hanno successivamente deciso di procedere alla stesura di una relazione;
   intorno alla metà del mese di settembre 2013 nella sezione del sito web del Consiglio regionale della Campania dedicato alla Commissione d'inchiesta anticamorra è stata data notizia della sopracitata audizione. Il resoconto è però stato secretato ovvero «non pubblicato perché sottoposto al vincolo del segreto d'ufficio». Tuttavia, gli auditi rappresentano al deputato interrogante che i fatti segnalati dalla Commissione hanno formato comunque oggetto di denunce alle autorità competenti e di articoli di stampa;
   nel giugno 2010 i signori Alessandro Cannavacciuolo e Antonio Montesarchio divennero destinatari di informazioni particolarmente attendibili afferenti l'utilizzo nei fluidi di combustione di PCB (policlorobifenili) da parte dell'azienda FRIEL ubicata nel parco industriale ex Monte Fibre;
   in seguito a specifica denuncia nel febbraio 2011, superati i «rimpalli» di competenza tra ARPAC e ASL, finalmente il laboratorio merceologico procedette alle analisi dei biocarburanti riscontrando la presenza di PCB, confermata inoltre anche in test successivi;
   allertati gli organi comunali, gli stessi si limitarono alla trasmissione dei dati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza adottare nel merito alcun provvedimento. Tra l'altro, risulta che l'opificio non ha mai provveduto alla caratterizzazione del sito come imposto per legge. In tale frangente, parallelamente, furono riscontrate tracce di sostanze oleose su fogliame e verdure, nonché su veicoli e davanzali di stanza nel comprensorio adiacente alla FRIEL stessa, ovvero nell'area di pertinenza;
   gli agricoltori, in tali circostanze, piuttosto che sollevare il caso preferivano (e preferiscono tuttora) adottare soluzioni di tipo «artigianale» provvedendo alla bonifica dei prodotti contaminati a mezzo irrorazione degli stessi tramite l'utilizzo di acqua «additivata» con detersivo per piatti e/o lavatrice;
   tutto ciò è stato debitamente denunciato alla procura di Nola, territorialmente competente, che però non ha mai dato riscontro, seppur ripetutamente sollecitata;
   al momento, la FRIEL continua ad operare, diffondendo il proprio carico inquinante sul territorio con la sostanziale complicità di istituzioni ed amministratori locali la cui inottemperanza e i cui mancati controlli sono stati documentati. La stessa azienda energetica comunque continua a scaricare i reflui di processo, privi di qualsiasi trattamento preventivo, direttamente nel collettore idrico superficiale dei regi lagni che, a loro volta, confluiscono nel bacino litoraneo domizio-flegreo, già gravemente contaminato;
   ad Acerra in via Calzolaio si erge un edificio composto da più piani, che non può sfuggire alla vista di un qualsiasi osservatore: i proprietari sono i fratelli Pellini, «sversatori» notori. Il complesso sorge negli anni ’90 in seguito al frettoloso abbattimento di un immobile in stile liberty di proprietà dell'ENEL in via di dismissione e sarebbe stato realizzato in palese violazione dei parametri previsti dalla concessione edilizia in merito alla cubatura; le platee a fondamento dell'edificio e le annesse strutture portanti ospiterebbero rifiuti di varia natura e tipologia frammisti al cemento utilizzato per la costruzione. Tutto ciò è stato denunciato alla procura di Nola che però avrebbe delegato il locale comando di polizia municipale per le verifiche del caso. Nel frattempo, gli organi di informazione si interessano alla vicenda;
   a distanza di due anni, l'immobile si erge imperterrito a testimonianza che il potere economico, universalmente riconosciuto ai proprietari, estende la propria influenza a tutti i livelli, attraverso un sistema trasversale che riguarda le istituzioni. Peraltro, circostanze analoghe e, per così dire parallele, riguardano un edificio realizzato con il contributo dei fratelli Pellini, sito in via Spiniello, laddove, al piano terra, il complesso ospita un asilo infantile. Resa edotta la procura di Nola, al momento non è emerso alcun riscontro concreto;
   è doveroso sottolineare che i componenti della Pellini Holding amano esibirsi con un velivolo di proprietà di una società di aereotrasporti (Eliservice, riconducibile agli stessi) sorvolando gli edifici e la locale linea ferroviaria in volo radente e compiendo esibizioni e performance acrobatiche all'interno del centro abitato, con le quali dimostrerebbero l'abilità del pilota di turno;
   nonostante che tali «acrobati» siano stati fotografati e denunciati dai relatori, la procura di Nola propone l'archiviazione. Nuovamente inoltrata l'istanza di prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero Onorati è costretto ad emettere la delega di indagini affidando le stesse alla locale stazione dei Carabinieri di Acerra. Decorsi due anni, all'esito delle indagini, viene richiesta una nuova archiviazione;
   nel frattempo, proseguono le acrobazie aeree, che vengono nuovamente fotografate, mentre atterrano in un campo adiacente il locale cimitero. È stata inoltrata una nuova denuncia, corredata anche in tal caso di riscontri fotografici, di cui ancora non si conoscono gli esiti;
   i fratelli Pellini risultano talmente «accreditati» presso le istituzioni, che nel corso del procedimento (che li ha visti imputati e condannati per traffico illecito di rifiuti) hanno convocato come «testi» di parte la dottoressa Giovinazzi (dirigente dell'ARPAC) ed il responsabile dell'ASL territorialmente competente, il dottor Leone;
   il procedimento giudiziario di primo grado che ha visto imputati i fratelli Giovanni, Salvatore e Cuono Pellini avrebbe riguardato, secondo quanto sostenuto dalla stampa, il «più grande traffico di rifiuti tossici mai scoperto nell’hinterland partenopeo». L'accusa sarebbe stata quella di aver smaltito illecitamente, insieme ai loro presunti complici, un milione di tonnellate di rifiuti speciali tra il 2002 e il 2005. Si sarebbe trattato di un «irreparabile danno ambientale» per cui il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, la dottoressa Maria Cristina Ribera, ha chiesto la condanna a 18 anni di reclusione per i tre principali imputati, 7 anni per l’ex comandante dei carabinieri della stazione di Acerra, Giuseppe Curcio, e 5 per l’ex capo dell'ufficio tecnico del comune di Acerra, Pasquale Petrella;
   la storia di uno dei più grandi traffici di rifiuti degli ultimi venti anni sarebbe stata scoperta per caso. Infatti, i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Roma, impegnati in controlli di routine in alcune ditte di smaltimento rifiuti ad Acerra, avrebbero accidentalmente scoperto tra le contrade di campagna l'esistenza di una misteriosa cava che non avrebbe dovuto esistere. Si sarebbe trattato di un errore poi rivelatosi una fortuna e dal quale sarebbe partito il via alle indagini. I militari avrebbero osservato entrare nel sito vari camion carichi di rifiuti tossici, che venivano poi interrati insieme ai rifiuti, secondo quello che è stato definito il «sistema Pellini»: un business illecito reso possibile grazie alle connivenze dei tre fratelli acerrani con alcuni dipendenti comunali e di uomini appartenenti alle forze dell'ordine e realizzato con il metodo del «giro di bolla» (ovvero la modifica dei documenti di accompagnamento di rifiuti senza che vi sia alcun trattamento degli stessi). Pare che, negli ultimi mesi di attività, le ditte riconducibili ai fratelli Pellini riuscissero a guadagnare in questo modo fino ad un milione di euro a settimana;
   il traffico illecito avrebbe riguardato migliaia di tonnellate di sostanze altamente tossiche tra le quali diossina, fanghi e polveri di camini industriali, scarti di acciaierie e amianto, prelevate dagli stabilimenti chimici di Porto Marghera e da altri impianti sparsi nel Centro-Nord. Rifiuti che sarebbero stati portati ad Acerra transitando, secondo i magistrati napoletani, attraverso dei siti di stoccaggio del tutto inadeguati a prevenire l'inquinamento dei terreni e delle falde idriche. Infine i micidiali veleni, in grado di sviluppare tumori, sarebbero stati sversati nei campi e nei Regi Lagni o peggio, trasformati in finto concime. Un «compost» che invece di far crescere le colture ha annientato la produttività dei terreni;
   come sarebbe emerso nel corso del processo, dopo essersi resi conto di quanto avveniva nelle campagne, alcuni contadini avrebbero preferito rivolgersi direttamente al boss Pasquale Di Fiore, sperando di porre fine all'attività illecita, invece che denunciare tutto alle forze dell'ordine; lo scempio generato dalle attività dei Pellini avrebbe interessato oltre al territorio dell'acerrano, anche altri comuni del napoletano come Giugliano, Qualiano, Bacoli, Villaricca e Caivano, comuni nei quali le analisi dell'ARPAC hanno rilevato, tra l'altro, la presenza di inquinanti quali cadmio, mercurio, alluminio, rame, zinco, idrocarburi, oli minerali e solventi. Il risultato più immediato, come sostenuto dall'accusa, sarebbe stata la nascita di animali malformati e la morte di quelli che pascolavano sulle terre inquinate. Proprio ciò che è accaduto – come si vedrà – alle pecore di proprietà della famiglia del giovane pastore Alessandro Cannavacciuolo, il quale, coraggiosamente, non ha esitato a mettere a rischio la propria vita denunciando gli sversamenti abusivi nella zona di Acerra. Nel latte degli animali dei Cannavacciulo sono stati trovati 51 picogrammi di diossina a fronte di limite massimo tollerato dalla legge di 3 picogrammi;
   sono stati questi i primi effetti del «disastro ambientale» che, come ha affermato il pubblico ministero Ribera, è stato «voluto dagli imputati» e che purtroppo continuerà a produrre i suoi drammatici effetti nel corso dei prossimi anni. A quanto sembra infatti non tutti i terreni in cui sarebbero avvenuti gli sversamenti illeciti sono stati individuati e le domande sul futuro di questo territorio stanno diventando via via sempre più inquietanti, soprattutto dopo il pentimento di uno degli imprenditori vicini ai Pellini: «Spesso quando si andava di fretta, non si perdeva tempo a scaricare i bidoni dal camion», ha raccontato l'uomo, «lo si sotterrava direttamente con il carico di rifiuti. La gran parte dei rifiuti, tipo l'amianto, veniva triturato e mischiato con il cemento. Con quel cemento è stata costruita persino una scuola materna ad Acerra»;
   nel corso delle udienze, il pubblico ministero Maria Cristina Ribera ha definito gli appartenenti al «sistema Pellini» come dei «camorristi del traffico di rifiuti legati al clan Belforte di Marcianise», di cui secondo l'accusa facevano parte 28 persone tra cui due responsabili dell'ufficio tecnico del comune di Acerra e tre carabinieri. Uno di loro era l’ex maresciallo Salvatore Pellini, arrestato nel 2006 assieme ai suoi fratelli, Cuono e Giovanni, al termine di una lunga indagine portata a termine dal NOE di Roma e dal comando provinciale dei carabinieri di Napoli. Prima di mettere le manette ai polsi ad alcuni loro colleghi, gli investigatori hanno ricostruito le tappe della fulminea carriera criminale dei Pellini: partendo da una piccola officina, la famiglia avrebbe costruito grazie all'immondizia tossica un vero e proprio impero economico del valore di 27 milioni di euro; secondo quanto dichiarato dal pubblico ministero, «nei casi che abbiamo investigato vi sono delle società tutte collegate tra di loro che emettono e utilizzano fatture per operazioni inesistenti in modo da creare finti costi e abbattere i grandissimi utili. Così questi imprenditori evitavano anche di pagare le tasse triplicando i loro guadagni»;
   i proventi, sistematicamente reinvestiti in attività imprenditoriali lecite, avrebbero permesso ai fratelli acerrani di mantenere un tenore di vita altissimo che comprendeva persino l'utilizzo di un elicottero personale. Lo stesso elicottero che – come si è visto – fino ad oggi ha continuato a sorvolare i palazzi di Acerra e le sue campagne devastate dall'ecomafia;
   il processo di primo grado concernente i fatti appena esposti si è concluso lo scorso 30 marzo con una condanna che ha però lasciato «insoddisfatti» l'accusa e gli ambientalisti; infatti, il giudice Sergio Aliperti, della sesta sezione penale, non ha riconosciuto per gli imputati i reati di disastro ambientale e di associazione aggravata dal metodo mafioso, disponendo anche il dissequestro delle discariche finite nel mirino dell'inchiesta denominata «Carosello Ultimo Atto». Queste le condanne: i fratelli acerrani Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, i primi due a 6 anni di reclusione e il terzo, un sottufficiale dei carabinieri, sospeso dall'Arma, a 4 anni. Condannato a 4 anni e 6 mesi, sempre per traffico illecito, Giuseppe Buttone, cognato del boss di Marcianise Domenico Belforte. Sono stati poi condannati per falso ideologico due carabinieri, accusati di aver depistato le indagini e quindi anch'essi sospesi dall'Arma. Si tratta di Giuseppe Curcio, ex comandante della stazione di Acerra, e di Vincenzo Addonisio, al quale la procura di Nola aveva delegato la prima fase dell'inchiesta. Curcio ha avuto 4 anni. Per Addonisio condanna a 3 anni e 6 mesi. Assoluzione perché il fatto non sussiste, invece, per due ex dirigenti dell'ufficio tecnico del comune di Acerra, il geometra Pasquale Petrella e l'architetto Amodio Di Nardi, riabilitati dal tribunale dopo essere stati accusati dal pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia Maria Cristina Ribera, di aver rilasciato una serie di autorizzazioni illegittime finalizzate alla realizzazione delle discariche dei fratelli Pellini. Il reato di disastro ambientale è stato considerato estinto per intervenuta prescrizione;
   ad arricchire il territorio acerrano di rifiuti di qualsiasi genere, provenienza e tipologia, non si dedicano solo gli imprenditori locali, dal momento che anche il complesso industriale ex Montefibre nel corso degli anni ha «custodito» all'interno del sito i propri sottoprodotti, che sono stati interrati all'interno delle cosiddette aree dismesse;
   ricevuto il rapporto confidenziale da ex addetti ai lavori, i relatori presentano specifica denuncia corredata di testimonianze ed allegati. Anche in tal caso, la procura delega gli agenti della Polizia provinciale, che sono costretti ad intervenire riservandosi però di individuare i punti all'interno del parco Montefibre «a distanza di sicurezza» dichiarando di non disporre del mandato che li autorizzi al sopralluogo diretto tramite accesso interno;
   mentre la procura non giunge ad alcuna conclusione e nella maggior parte dei casi archivia le segnalazioni, i relatori diventano obiettivo di minacce. In questo caso, Alessandro Cannavacciuolo più volte è risultato oggetto di particolari attenzioni telefoniche, concentrate in particolar modo nelle ore notturne, quando squillavano contemporaneamente tutte le utenze telefoniche, sia i portatili che l'utenza fissa domestica. Non è stata risparmiato nemmeno l'esercizio commerciale, la cui serranda di accesso è stata dipinta con vernice di colore rosso sangue, provvedendo in altri casi a bloccare la stessa con del collante chimico. Tutto ciò rappresenta un chiaro messaggio teso a dissuadere il Cannavacciuolo dai propri impegni nell'ambito sociale. Peraltro, in più occasioni si è andati oltre i semplici avvertimenti, in quanto alle intimidazioni verbali si sono sostituite le vie di fatto; in particolare, Alessandro Cannavacciuolo, una sera del novembre 2008, mentre era alla guida del suo ciclomotore, veniva improvvisamente avvicinato da un fuoristrada condotto da Giovanni Pellini che tentava di metterlo fuori strada, così come risulta dalla denuncia presentata in data 19 dicembre 2008 alla stazione dell'Arma dei Carabinieri di Acerra; in altre circostanze, obiettivo delle azioni delittuose risultavano gli agnelli del gregge del Cannavacciuolo interrati vivi e finiti a colpi di lupara, altri mostruosamente decapitati e deposti a fianco di buche molto simili a bare, ricavate nel terreno adiacente ai capi massacrati. Anche in questo caso, l'intervento delle forze dell'ordine si è risolto in un nulla di fatto;
   anche il signor Antonio Montesarchio è stato oggetto di analoghi «interessamenti telefonici»;
   su diversi siti sarebbero state lanciate alcune petizioni on line al Ministro dell'interno finalizzate a richiedere che ad Alessandro Cannavacciuolo sia assegnata una forma di protezione da parte dello Stato. Secondo l'interessato, ad oggi sarebbero state raccolte circa 30.000 firme a sostegno di questa causa;
   la situazione di gravissima contaminazione ambientale delle campagne dell'acerrano, ove si producono frutta e ortaggi destinati al mercato nazionale e internazionale, sarebbero state denunciate dallo stesso Alessandro Cannavacciuolo mediante intervista anche nel corso di un servizio della trasmissione Le Iene andata in onda sul canale televisivo Italia Uno nella serata di martedì 15 ottobre 2013 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravissimi fatti sopra illustrati;
   quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano assumere a tutela dei cittadini Antonio Montesarchio e Alessandro Cannavacciuolo che con grande spirito civico e incuranti delle pesanti minacce ricevute proseguono nella loro encomiabile attività di denuncia dei gravissimi illeciti descritti nella relazione i cui contenuti si sono sopra riportati;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire con gravissima urgenza per impedire che in zone così contaminate prosegua la coltivazione di frutta e verdura che rischia di produrre gravissimi danni ai cittadini consumatori ignari del gravissimo pericolo ai quali sono esposti;
   quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano assumere per arginare i gravi fatti denunciati nella presente interrogazione. (4-02232)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

sostanza tossica

rischio sanitario

traffico illecito

deposito dei rifiuti

inquinamento del suolo

sostanza pericolosa

frutticoltura

inquinamento chimico