ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01656

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 68 del 08/08/2013
Firmatari
Primo firmatario: TOTARO ACHILLE
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 08/08/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 08/08/2013
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

SOLLECITO IL 14/11/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-01656
presentato da
TOTARO Achille
testo di
Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68

   TOTARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un articolo del periodico Panorama del 24 luglio 2013 rende conto di una vicenda che vede come protagonista un alto dirigente di polizia, il dottor Gilberto Caldarozzi, per anni direttore del servizio centrale operativo, distintosi, tra l'altro, per i duri colpi inferti alla mafia siciliana con le catture di latitanti del calibro di «Piddu» Madonia e Bernardo Provenzano, condannato per il reato di falso ideologico in relazione all'irruzione presso la scuola Diaz, in occasione del G8 di Genova, di ben 12 anni orsono;
   si evince dall'articolo in esame e da copie di documenti pubblici, che il tribunale di sorveglianza di Genova, chiamato a deliberare l'11 aprile 2013 sulle istanze formulate dal dirigente di affidamento in prova al servizio sociale per l'espiazione della pena residua di 8 mesi, avrebbe rigettato ogni richiesta relativa alle misure alternative ai sensi della legge n. 354 del 1975, applicando d'ufficio la detenzione domiciliare prevista dalla legge n. 199 del 2010 (cosiddetta legge «svuota-carceri»);
   ciò senza tenere nel debito conto l'esiguità della pena residua, dell'impossibilità di reiterazione del reato di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, essendo il medesimo sospeso dal servizio a causa dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni inflitta dalla condanna, l'avvio di due distinte opere di volontariato, lo svolgimento di attività lavorativa temporanea presso un ente privato, la disponibilità espressa al risarcimento del danno verso le parti civili nei limiti delle personali possibilità, il non essere gravato da altri precedenti penali e, soprattutto, la positiva relazione socio-familiare, redatta dall'ufficio esecuzione penale esterna di Roma, favorevole alla concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale;
   la stessa ordinanza del tribunale di sorveglianza avrebbe poi inibito allo stesso dottor Caldarozzi «tenuto conto della scarsa significatività, sotto l'aspetto dell'emenda», l'effettuazione delle attività di volontariato e lavorative esterne, concedendo al dirigente di lasciare l'abitazione solo per due ore al giorno, per le sue personali esigenze;
   nel corso dell'udienza il rappresentante della procura generale della Repubblica di Genova, dottor Luigi Carli, risulterebbe aver richiesto il rigetto dell'affidamento in prova al servizio sociale, dichiarandosi però «non contrario» alla concessione del beneficio della detenzione domiciliare prevista dalle norme sull'ordinamento penitenziario;
   ma il tribunale di sorveglianza sarebbe andato oltre la severa posizione del pubblico ministero, in quanto «il mancato avvio del processo di emenda comporta un giudizio di non meritevolezza anche a fronte della richiesta di detenzione domiciliare»;
   il mancato avvio del processo di emenda sarebbe stato dedotto, nella motivazione dell'ordinanza, dal fatto che «il Caldarozzi ha escluso, oggi, di avere causato qualsiasi tipo di danno all'immagine dell'Amministrazione e, quindi, la disponibilità a dichiarazioni pubbliche», facendo riferimento alla necessità, prospettata dal pubblico ministero in udienza, che per accedere alle pene alternative il condannato avrebbe dovuto provvedere «...alla specifica riparazione del danno morale, di immagine, nei confronti delle istituzioni italiane, che potrebbe concretizzarsi in una posizione di pubblica ammenda...». Ed ancora scriverebbe il tribunale di sorveglianza «non si discute del diritto del condannatogli dichiararsi innocente anche dopo la pronuncia della sentenza irrevocabile di condanna, quanto piuttosto di riscontrare come il Caldarozzi non manifesti consapevolezza riguardo ai fondamentali valori violati... per la sorte delle persone presenti nella scuola Diaz, le cui sofferenze, tuttavia, semmai egli tuttora vive come un fatto indipendente dal suo operato e dalla sua volontà: l'indifferenza per le vittime sussiste perché queste ultime non sono riconosciute dal Caldarozzi quali vittime della sua condotta, del suo agire di quei giorni;
   tuttavia, appare difficilmente conciliabile per un dirigente, assolto peraltro in primo grado all'esito di un processo consistito in ben 172 udienze, archiviato per il reato di lesioni su richiesta degli stessi pubblici ministeri e sempre – legittimamente come afferma lo stesso organo giudiziario – proclamatosi innocente, evidenziare pubblicamente di aver provocato danno all'immagine della sua Amministrazione e sofferenze alle vittime con la sua condotta;
   lo stesso dottor Caldarozzi, tra l'altro, nella sua memoria depositata prima dell'udienza del successivo giorno 11, avrebbe espresso «tutto il suo dispiacere e rammarico per quanto accaduto ai presenti all'interno dell'istituto, che hanno subito violenze ingiustificate ed altri reati da parte di alcuni esponenti della Polizia di Stato. Stessi sentimenti prova per le sofferenze patite dalle persone all'interno della Caserma di Bolzaneto, anche se non coinvolto in questi altri gravi episodi. È consapevole di ciò e ha preso da tempo le distanze dai fatti»;
   nonostante la inusuale mancata concessione della misura alternativa alla detenzione, il 2 maggio 2013, comunque, per il dottor Caldarozzi avrebbe avuto inizio il periodo di detenzione domiciliare ex lege n. 199 del 2010 per la residua pena di 8 mesi e questi, da convinto servitore dello Stato, avrebbe accettato con coerenza, in rigoroso silenzio, le decisioni della magistratura, pur nella consapevolezza che le negate misure alternative sarebbero state solitamente accordate, a maggior ragione in presenza di così bassi residui di pena, anche a persone non incensurate e condannate per reati di grave allarme sociale;
   le contraddizioni sopra descritte non sarebbero peraltro rimaste isolate, considerato che l'11 maggio successivo la procura generale della Repubblica di Genova avrebbe proposto ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza del tribunale di sorveglianza, sostenendo che la detenzione domiciliare «prevista dall'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199... è, per inequivoca e reiterata indicazione del legislatore, non solo in toto equiparabile alla detenzione domiciliare di cui all'articolo 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, ma che ad essa sono pure applicabili le disposizioni dell'Ordinamento Penitenziario che la riguardano... Se ne deve concludere, pertanto che... va escluso qualsiasi automatismo nell'applicazione della legge 26 novembre 2010, n. 199 da parte del Giudice e, nel contempo va per contro affermato che, come per ogni altra misura alternativa, il giudice è tenuto ad apprezzarne presupposti e requisiti di concedibilità, di cui non solo quelli relativi al rammentato articolo 1... ma anche quelli in genere previsti per tutte le misure, compreso la meritevolezza dell'interessato»;
   in sostanza, nel ricorso firmato dal dottor Luigi Carli, che nell'udienza dell'11 aprile 2013 si sarebbe proclamato «non contrario» all'applicazione del beneficio della detenzione domiciliare di cui all'articolo 47-ter legge n. 354 del 1975, si sosterrebbe che il tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto valutare la meritevolezza del dirigente anche per l'applicazione d'ufficio della detenzione domiciliare prevista dalla legge n. 199 del 2010, senza procedere in «automatico»;
   tale interpretazione sarebbe già in aperto contrasto con quella espressa di recente nella circolare «criteri applicativi della legge n. 199 del 2010» della procura della Repubblica di Milano del 6 dicembre 2012 che, tra l'altro, afferma «...si può ritenere conclusivamente che la esecuzione della pena presso il domicilio di cui alla legge n. 199 del 2010 è misura estranea alla categoria delle «misure alternative» alla detenzione di cui all'ordinamento penitenziario...». Ed ancora «richiamato che, nel quadro di una doverosa ricognizione delle prassi applicative, è emerso che la soluzione interpretativa sopra proposta è stata condivisa alla unanimità; all'esito di un confronto che si è svolto in due successive riunioni (27 maggio 2011 e 30 giugno 2011) cui hanno partecipato le Procure...», e segue un elenco di nove Procure Generali della Repubblica, tra cui proprio quella di Genova;
   dall'11 aprile all'11 maggio 2013, senza che intervenissero fatti nuovi, la procura generale della Repubblica di Genova, attraverso lo stesso magistrato, avrebbe inasprito dunque la sua posizione, richiedendo in aggiunta alla Corte di cassazione di «annullare l'impugnato provvedimento... ordinandone peraltro interinalmente la sospensione»;
   il 28 maggio 2013, anche il dottor Caldarozzi, attraverso il suo legale, avvocato Marco Valerio Corini, avrebbe proposto ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Genova dell'11 aprile 2013, per la mancata concessione, nonostante i ritenuti presupposti di legge, dei benefici dell'affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, della detenzione domiciliare previsti dallo legge n. 354 del 1975. Il medesimo, tuttavia, non avrebbe formulato alcuna istanza per la sospensione dell'esecuzione della pena, quando sarebbe stato, forse, l'unico legittimato a richiedere un provvedimento cautelare di sospensione per il principio del favor rei;
   nonostante il dottor Caldarozzi, a parte la ritenuta colpevolezza (peraltro come detto neanche risultata tale in tutti i gradi di giudizio) per un falso ideologico consumato 12 anni fa, per quanto consti non abbia mai commesso un reato né prima né dopo il G8, la Procura Generale della Repubblica, in data 11 maggio 2013, avrebbe richiesto ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale, con separata nota, la sospensione dell'esecutività dell'ordinanza dell'aprile 2013 anche allo stesso tribunale di sorveglianza del capoluogo ligure;
   l'organo giudiziario, nelle date 23-29 maggio 2013, in diversa composizione collegiale rispetto all'udienza dell'aprile precedente, avrebbe emesso ordinanza di accoglimento dell'istanza, pur ammettendo trattarsi di una eccezione alla regola generale dell'esecutività. Ciò nella considerazione che «sussiste pertanto il fumus boni iuris dell'impugnazione proposta... il pericolo nel ritardo deve essere ricercato, infine, nello stesso interesse della decisione della Suprema Corte, tenuto conto dell'entità della pena residua da espiare, dei tempi fisiologici per la trattazione, della prossima sospensione feriale dei termini, appare evidente il rischio che il decorso del tempo comporti l'espiazione dell'intera pena residua nelle forme decise dal TdS, cosicché il ricorso del P.G. verrebbe completamente vanificato»;
   non c’è stato alcun accenno all'interesse ed al diritto del dottor Caldarozzi – a cui non è stata accordata alcuna possibilità di interloquire – di espiare la pena nei tempi previsti e riprendere un normale percorso di vita;
   tutto ciò in contrasto con le pressanti esigenze di svuotare le carceri, da tutti paventate, in primis dai tribunali di sorveglianza d'Italia, ma il dottor Caldarozzi, – e forse lo stesso destino è riservato a tutti i poliziotti sub iudice nello stesso tribunale per i fatti del G8 – deve andare in carcere per otto mesi, che con la liberazione anticipata si ridurrebbero a sei mesi e 15 giorni;
   anche il tribunale di sorveglianza di Genova, pertanto, in breve tempo, contraddicendo sé stesso, avrebbe cambiato opinione in peius, sebbene stavolta in diversa composizione collegiale, sui criteri di applicazione della legge n. 199 del 2010, asserendo tra l'altro nel cennato provvedimento che «la questione di diritto è certamente nuova, poiché non risulta essere mai stata posta al giudice di legittimità». Cioè nessuno prima, era mai ricorso in tal senso alla Corte di cassazione;
   come naturale conseguenza, il 3 giugno 2013 successivo, al dottor Caldarozzi sarebbe stata notificata la sospensione della pena e la scarcerazione, dopo poco più di un mese di detenzione domiciliare;
   in merito a ciò, il 12 giugno 2013 lo stesso dottor Caldarozzi avrebbe inviato una lettera al signor presidente del tribunale di sorveglianza di Genova, dottor Giorgio Ricci, chiedendo di riconsiderare e revocare la decisione di sospensione e consentirgli così senza indugio l'espiazione della pena. In proposito, avrebbe offerto la disponibilità di proseguire l'esecuzione della condanna residua, sin da subito, anche da recluso in uno stabilimento penale militare, come previsto dall'articolo 79 della legge n. 121 del 1981;
   istanza parallela di revoca dell'ordinanza di sospensione dell'esecuzione pena, sarebbe stata formulata, il 17 giugno 2013, anche dal difensore di fiducia, avvocato Marco Valerio Corini;
   in data 4 luglio 2013, il tribunale di sorveglianza di Genova, in camera di consiglio, avrebbe immancabilmente respinto entrambe le istanze;
   il dirigente dovrebbe, quindi, attendere mesi o, forse, anni per scontare il residuo pena per il reato di falso ideologico di mesi 6 e giorni 28, suscettibile peraltro di liberazione anticipata per 45 giorni. Un danno gravissimo per sé e la propria famiglia;
   sembrerebbe quindi che la procura generale genovese abbia condizionato la concessione di misura alternativa alla detenzione ad una sorta di moderna «gogna» richiedendo la disponibilità al dottor Caldarozzi, ma anche ad altri dirigenti di Polizia condannati per i fatti della scuola Diaz, di effettuare «pubblica emenda» nei termini sopra specificati;
   appare quantomeno inusuale, per non dire contrario ai principi generali dell'ordinamento, richiedere ad un individuo, seppur condannato, una sorta di «confessione» con pubbliche scuse al fine di evitare il carcere;
   sembrerebbe, inoltre, che, sempre su richiesta della procura genovese, il predetto tribunale ligure, in diversa composizione, cioè con giudici diversi da quelli che avevano giudicato e sentito il dottor Caldarozzi, abbia sospeso, nell'interesse della sola Procura impugnante, il provvedimento di applicazione della legge svuota carceri, in attesa del giudizio della Cassazione che si dovrà pronunciare sulla restrizione in istituto di pena;
   dalla condanna definitiva è già trascorso più di un anno, e, a giudizio dell'interrogante, tra i diritti fondamentali dell'uomo rientra anche quello di scontare la propria pena con tempi certi, senza che l'incertezza sull'inizio di espiazione possa costituire una afflizione (o una velata forma di tortura psicologica) ancor più grave della pena stessa –:
   se risulti quante volte la Procura Generale di Genova abbia impugnato per Cassazione un provvedimento di applicazione della cosiddetta legge svuota carceri, nonché quante volte il tribunale di sorveglianza di Genova abbia sospeso, su richiesta della sola procura generale, un proprio provvedimento di applicazione della predetta legge;
   se risultino, sul territorio nazionale, essere mai stati impugnati provvedimenti di applicazione della legge svuota carceri da parte di qualche procura generale della Repubblica, e, se del caso, quante abbiano riguardato persone condannate per il solo reato di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, e quante siano state relative a persone che prima della condanna erano incensurate e dopo la condanna non risultavano aver commesso alcun tipo di reato, né avrebbero potuto mai commetterne della stessa specie non ricoprendo più l'incarico;
   se non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, di disporre un'ispezione presso gli uffici giudiziari di cui in premessa, al fine di accertare la correttezza del loro operato nell'ambito del procedimento di cui in premessa, e se non si siano verificate delle palesi disparità di trattamento. (4-01656)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

regime penitenziario

reato

applicazione della legge

esecuzione della pena

diritti umani

esecuzione della sentenza

sospensione di pena