ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01267

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 53 del 15/07/2013
Firmatari
Primo firmatario: PAGANO ALESSANDRO
Gruppo: IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 15/07/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 15/07/2013
Stato iter:
03/06/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 03/06/2014
GUIDI FEDERICA MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 03/06/2014

CONCLUSO IL 03/06/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-01267
presentato da
PAGANO Alessandro
testo di
Lunedì 15 luglio 2013, seduta n. 53

   PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   il neo presidente dell'Unione petrolifera, Alessandro Gilotti, nel corso dell'Assemblea annuale dell'UP, ha detto che la raffinazione italiana ha vissuto un 2012 pessimo e si rischia la chiusura di altri due impianti entro il 2014. In Europa negli ultimi 5 anni hanno chiuso 15 raffinerie per un totale di 1,7 milioni b/g, l'8 per cento del totale. Il 70 per cento di tali chiusure è avvenuto in Nord Europa, ma in prospettiva tale processo interesserà anche il Mediterraneo dove ci sono altri 10 impianti a rischio nei prossimi anni e che qualcuna sparirà anche in Italia: una o due entro quest'anno o il prossimo;
   nel 2012 la capacità di raffinazione installata in Italia è stata pari a 103 milioni di tonnellate a fronte di lavorazioni per circa 80,5 milioni, pari ad un tasso di utilizzo del 78 per cento che scende al 70 per cento se rapportato ai soli consumi interni. L'eccesso di capacità produttiva del sistema, infatti, è dell'ordine di 15-20 milioni di tonnellate l'anno;
   la crisi del settore della raffinazione è stata certificata nei mesi scorsi dai sindacati, che avevano stimato come «reale e quasi imminente» il rischio di lasciare a casa tra gli 7 e i 10 mila addetti di un settore che impiega, a livello nazionale, tra le 18 e le 20 mila persone (40 mila con l'indotto); secondo l'Unione italiana lavoratori chimica energia manifatturiero (UILCEM) sono a rischio nei prossimi anni 40 mila posti di lavoro tra diretto e indotto;
   quanto all'ENI, nel primo trimestre 2013, secondo i dati ufficiali recentemente resi, il margine di raffinazione nell'area del Mediterraneo ha registrato un parziale recupero rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (3,97 dollari/barile il margine medio di raffinazione sul Brent nel Mediterraneo, +36 per cento rispetto al primo trimestre 2012), pur rimanendo su valori non remunerativi a causa della perdurante debolezza della domanda, elevato costo della carica petrolifera e strutturale eccesso di capacità;
   nel primo trimestre 2013 le vendite ENI di prodotti petroliferi nel mercato rete Italia hanno registrato una flessione dell'8,8 per cento a causa del calo dei consumi di carburanti su cui ha pesato la recessione e dell'intensificarsi della pressione competitiva. La quota di mercato è pari al 29,1 per cento nel primo trimestre 2013, in calo di 1,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (30,4 per cento). In calo (-5,6 per cento) le vendite rete nei mercati europei del primo trimestre 2013, principalmente nell'Europa occidentale;
   in Italia la domanda di energia è tornata indietro di 20 anni. I consumi nel 2012 sono stati, infatti, pari a 177,8 milioni di Tep (tonnellate di petrolio equivalenti), contro i 179,6 milioni del 1998 e i 171,5 del 1995. Particolarmente pesante è stato il calo del petrolio, che con 63,6 milioni di Tep (-8,1 per cento) «è tornato ad un livello di consumi di fine Anni 60», anche complice il crollo delle vendite di auto;
   la causa della crisi non dipende solo dai consumi in picchiata. C’è anche la concorrenza dei Paesi asiatici (il 30 per cento della produzione mondiale), che operano in condizioni di maggiore efficienza grazie a costi (soprattutto ambientali e del lavoro) molto inferiori a quelli che devono sostenere le aziende in Europa. Non a caso negli ultimi anni i profitti delle aziende che operano nel downstream (raffinazione e distribuzione) si sono ridotti del 60-90 per cento;
   sotto il profilo della raffinazione per ENI i risultati peggiori, ad avviso degli interroganti, vengono dagli stabilimenti di Gela (temporaneamente chiuso nel 2012) e Taranto dove nel corso degli anni non vi è stato alcun miglioramento e si sono registrati upset impiantistici (guasti incendi e l'ultimo blocco generale con sversamento idrocarburi a mare dello scorso 8 luglio), non ultimo lo sversamento di idrocarburi in mare verificatosi anche a Gela nei primi di giugno; si sono verificati guasti anche nella raffineria di Sannazzaro (Pavia) che è considerato un gioiello tecnologico (ulteriore blocco generale); i 73 arresti dell'11 giugno per una truffa sui carburanti nella raffineria ENI di Taranto, vicenda che ha coinvolto anche dei funzionari interni all'impianto, dimostrano uno scarso controllo interno (arresti avvenuti anche nel deposito Petroven controllato da Eni a Venezia);
   talune fonti stimano in prospettiva in 600-700 milioni di euro nel 2013 le perdite ENI nel comparto raffinazione, con una complessiva perdita di circa 2 miliardi negli ultimi quattro anni (1,2 miliardi di euro nel triennio 2010-2012); l'amministratore delegato Scaroni ha però negato la possibilità di chiusura di impianti di raffinazione nel 2013 e nel 2014, tuttavia la stampa specializzata ha correttamente osservato come l'Ente non reagisca con la necessaria determinazione in un settore che dovrebbe essere determinante per quel che riguarda l'integrazione verticale delle attività aziendali;
   Eni ha presentato un importante progetto di investimenti a Gela che rafforza l'idea di continuare a credere nella raffinazione –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato abbia sulle questioni esposte in premessa;
   quale attività intenda esercitare nei confronti dell'ENI, in qualità di azionista, al fine di salvaguardare le attività industriali e il lavoro nel comparto raffinazione;
   se il Progetto Gela, che continua però a mantenere in essere una centrale termoelettrica a coke da petrolio, così come concepita da Mattei quando c'era una forte richiesta elettrica da parte di un petrolchimico con 15.000 dipendenti, possa rappresentare quella discontinuità che serve per far tornare i conti in ordine nel petrolchimico;
   se l'energia elettrica prodotta in eccesso dallo stabilimento di Gela potrà essere collocata sul mercato, e, se sì, potrà essere competitiva con le energie rinnovabili prodotte in Sicilia;
   quante centrali termoelettriche a pet coke esistano oggi in Europa;
   se sia noto come cambieranno gli inquinanti immessi in atmosfera a progetto Gela concluso rispetto alla media degli ultimi 4 anni e in particolare l'immissione in atmosfera di particolato sottile (contenente metalli pesanti quali nichel, vanadio, ferro e altro che si trovano nel coke di petrolio);
   se sia noto quante delle perdite registrate dalle raffineria di Gela siano di sistema (afferenti lo scenario sfavorevole) e quante invece dovute ai numerosi blackout impiantistici;
   quali scelte industriali siano state attuate nella raffineria di Taranto che continua ad essere costantemente in negativo per riportare il risultato in utile;
   quali scelte industriali si siano fatte a Taranto per aumentare l'affidabilità degli impianti;
   come si collochi il risultato industriale della raffinazione rispetto ai petrolieri privati ed ai concorrenti europei di dimensioni analoghe ad Eni. (4-01267)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 3 giugno 2014
nell'allegato B della seduta n. 238
4-01267
presentata da
PAGANO Alessandro

  Risposta. — Al riguardo si evidenzia in primo luogo che il settore dell'industria della raffinazione nazionale ed europea attraversa una fase di grave crisi tanto che a livello nazionale la X Commissione della Camera dei deputati nel corso del 2012 ha svolto un'indagine sulla crisi del settore della raffinazione dalla quale è emerso un eccesso di capacità produttiva nell'ordine di 15-20 milioni di tonnellate all'anno.
  Pertanto, permane il rischio di chiusura di altre raffinerie oltre a quelle registrate negli anni scorsi e si rende necessario in futuro una riconversione degli impianti più obsoleti e con minore efficienza.
  Il tema è seguito direttamente dal Ministero dello sviluppo economico che ha dato avvio a una serie di iniziative centrate sulla problematica della crisi della raffinazione ed ha istituito un tavolo sulla raffinazione con la partecipazione di unione petrolifera e delle compagnie petrolifere, esteso poi anche alle parti sociali (CISL, CGIL, Uil, chimici e confindustria energia).
  Tale amministrazione, inoltre, si è fatta carico di portare all'attenzione del dibattito europeo le necessità, i problemi e le aspettative del mondo della raffinazione e di guidare in ambito europeo un gruppo di paesi più sensibili a tali problematiche. La consapevolezza condivisa dell'impatto fortemente negativo che regole ambientali e non, sempre più restrittive rispetto alla concorrenza asiatica e dei paesi emergenti avrebbero sul settore, hanno fatto sì che si siano registrati alcuni risultati positivi.
  In particolare il forum UE della raffinazione tra Commissione europea, industria della raffinazione, sindacati e altri soggetti interessati, dovrà verificare a breve l'impatto della legislazione comunitaria, in preparazione sull'industria della raffinazione, evidenziandone l'onere normativo, cioè le influenze negative sulla competitività dell'industria europea nei confronti dell'industria straniera. È il cosiddetto «fitness check» applicato alla raffinazione, un nuovo strumento appena deciso che dovrà valutare l'impatto della legislazione europea sul settore della raffinazione, consentendo di rivedere le norme che impattano negativamente sul settore della raffinazione europea.
  Lo scopo di tale strumento, quindi, è di individuare gli eccessivi oneri amministrativi, sovrapposizioni, lacune, incoerenze e/o misure obsolete che possono essersi cumulate nel corso del tempo, così come di aiutare a identificare l'impatto cumulativo della legislazione in esame. I loro risultati serviranno come base per trarre conclusioni politiche sul futuro del quadro normativo di riferimento e l'amministrazione svolgerà una vigilanza affinché la Commissione europea lo applichi fino in fondo al settore della raffinazione.
  Circa poi le informazioni richieste relativamente ai progetti di investimento Eni in corso per la raffineria di Gela, si evidenzia che questi indicano una scelta imprenditoriale di perseguire investimenti che riportino una maggiore competitività all'industria nazionale della raffinazione, anche con l'introduzione di nuove tecnologie e un miglior orientamento alle esigenze del mercato. L'opzione industriale fondamentale è la massimizzazione della produzione di diesel che soppianterà quella di benzine e polietilene, senza alcun impatto sull'occupazione e verrà realizzato il primo sistema Eni «zero waste» per la produzione di energia da rifiuti industriali e sarà proseguita l'attività di ricerca e sviluppo per la produzione di biocarburanti di terza generazione dalle alghe.
  Al riguardo si aggiunge, inoltre, che da informazioni assunte tramite l'ENI spa sono risultati i seguenti elementi.
  Il progetto di ristrutturazione della raffineria di Gela, con un investimento di 700 milioni di euro da effettuare nel periodo 2013-2017, è volto a un riorientamento della raffineria verso la produzione di gasolio e alla fermata produttiva della linea benzine entro il primo semestre 2014, e del polietilene entro il 2013.
  Nella raffineria di Gela a regime verranno occupate n. 670 risorse e le nuove iniziative ne occuperanno ulteriori n. 100. Per il personale eccedente è stato individuato un percorso per la sua gestione nell'arco del progetto con il reimpiego nel circuito Eni, sulla base di un accordo raggiunto nello scorso mese di luglio tra Eni, organizzazioni sindacali territoriali di Gela e la rappresentanza sindacale della raffineria.
  Il «Progetto Gela», questo mira a recuperare sostenibilità economica della raffineria attraverso il superamento delle debolezze strutturali della raffineria stessa e il suo rilancio sopratutto in termini di sostenibilità ambientale. Sono previsti interventi di inserimento di nuovi impianti tecnologicamente all'avanguardia e la razionalizzazione di asset non più strategicamente e tecnologicamente di interesse.
  Tra il primo gruppo vanno annoverati:
   il nuovo impianto di Hydrocracking full size (a conversione totale) per la produzione di gasoli a elevate specifiche qualitative (basso contenuto di zolfo e di composti aromatici);
   i due nuovi impianti di produzione idrogeno tipo «steam reformer» utilizzanti metano;
   le due nuove caldaie a pet coke di ultima generazione.

  Tali nuove realizzazioni consentiranno di mutare significativamente l'assetto produttivo della raffineria permettendo la fermata di una serie di impianti, alcuni dei quali di tecnologia non recente, di seguito citati:
   ciclo benzine aromatiche (reformer);
   ciclo benzine da cracking (FCC);
   frazionamento aria e impianto Texaco per la produzione di idrogeno;
   caldaie a pet coke e convenzionali a olio e gas di vecchia concezione.

  Relativamente alle informazioni richieste circa la centrale termoelettrica sita all'interno della raffineria, «il progetto Gela» prefigura ancora l'utilizzo di pet coke per la produzione di vapore ed energia elettrica.
  La ratio dell'utilizzo di tale combustibile, a parte la tipicità del ciclo produttivo di Gela nato espressamente per la lavorazione dei greggi locali particolarmente pesanti, è finalizzata a incentivare il recupero dei residui del processo di raffinazione per i propri consumi e, conseguentemente, a beneficio dell'ambiente.
  Le
utilities prodotte, indispensabili al funzionamento dell'intero complesso principalmente per motivi di stabilità di marcia e sicurezza impiantistica, verranno ridotte rispetto all'attuale scenario (riduzione della produzione di energia elettrica stimata in circa il 50 per cento e con un numero di caldaie inferiori e più efficienti delle attuali (dalle n. 5 caldaie attualmente installate si passerà a n. 3 di cui due in esercizio continuo).
  L'eventuale
surplus di energia elettrica, fisiologicamente risultante dall'ottimizzazione energetica del sistema centrale elettrica in dipendenza delle richieste di vapore tecnologico necessarie al funzionamento stabile e sicuro della fabbrica, sarà immesso sul mercato.
  Relativamente all'esatta valutazione comparativa degli inquinanti che saranno emessi in atmosfera a ristrutturazione conclusa, all'azienda, non risulta ancora possibile fornire un riscontro definitivo, in quanto le complesse valutazioni del quadro emissivo
post operam sono attualmente in fase di ingegnerizzazione.
  L'azienda comunque anticipa che la riduzione della produzione di vapore che verrà operata con il nuovo assetto, l'incremento sostanziale di efficienza delle nuove apparecchiature e dei nuovi processi tecnologici previsti, che andranno a sostituire gli attuali, l'utilizzo nei forni di processo di fuel gas in sostituzione dell'olio combustibile, gli interventi di
upgrading previsti all'impianto di trattamento fumi della centrale (SNOx-BAT di settore), porteranno sicuramente una sostanziale riduzione degli inquinanti emessi, comprese polveri sottili e metalli pesanti che comunque, già oggi si assestano su valori inferiori rispetto alla normativa tecnica vigente.
  Per quanto riguarda le centrali termoelettriche a pet coke, si fa presente che ve ne sono molte in Europa che bruciano coke, ma solo poche che hanno un sistema di depurazione fumi come quello di Gela, che per tecnologia è il più elevato sia in investimento che in costi di gestione, rispetto ad altre tecnologie, e capace di trasformare l'S02 recuperato in prodotto nobile quale l'acido solforico, poi utilizzato in industria, per la produzione di fertilizzanti, anziché essere degradato a solfato di calcio, poco utilizzato e spesso inviato in discarica.
  Infine, per quanto concerne le perdite economiche registrate negli ultimi anni, l'azienda ritiene di addebitare circa il 70 per cento allo scenario di crisi internazionale sfavorevole al comparto raffinazione e il restante alla circostanza della configurazione tecnologica della raffineria di Gela, che è stato un impianto particolarmente energivoro, finalizzato alla produzione di benzine.
  L'ENI ritiene infine che il percorso di ammodernamento delle tecnologie, tracciato con gli investimenti programmati nella raffineria di Gela, consentirà di disporre di un impianto il cui consumo di energia sia in linea con gli indici di risparmio energetico delle raffinerie più competitive.
  A regime, nel 2017, la raffineria – secondo quanto riferito da Eni – sarà capace di generare utili con produzioni più adeguate alle esigenze di mercato recuperando nel contempo affidabilità, flessibilità ed efficienza operativa.
  Per quanto riguarda l'impianto di Taranto, le scelte industriali operate dalla citata società per la tale raffineria, sono state indirizzate a ottenere la massima flessibilità dagli asset esistenti, in funzione delle variate esigenze di mercato. Nello specifico è stato progettato un «assetto di marcia reversibile e alternativo» dell'impianto di conversione catalitica RHU/HDC finalizzato a massimizzare la produzione di diesel a scapito di quella di olio combustibile. In particolare l'assetto sopra riferito, sarà reso operativo durante la prossima fermata programmata dell'impianto e assicurerà, a partire dalla seconda metà dell'anno 2014, di incrementare la redditività dell'impianto stesso.
  Inoltre, la raffineria di Taranto adotta uno specifico piano operativo di affidabilità che ha consentito di ottenere un continuo miglioramento dell'affidabilità impianti, sancita anche dalla validazione del rapporto di sicurezza ottenuta nel mese di marzo del 2012.
  L'affidabilità elettrica della raffineria è legata a quella dell'annessa centrale termoelettrica e del collegamento con la rete di trasmissione nazionale. Al fine di incrementare l'affidabilità e la continuità di erogazione di energia elettrica da parte della rete di trasmissione nazionale, anche in occasione di avverse condizioni meteorologiche, è stato progettato, a seguito di un sopralluogo del Ministero dopo il
blackout dello scorso luglio, un collegamento tra la stessa rete di trasmissione nazionale e la centrale termoelettrica del tipo «entra esci», in sostituzione dell'attuale, a «T rigido», che minimizza la possibilità di ripetersi di simili eventi.
  La fase attuativa prevede un programma della durata di 20 mesi, a decorrere dall'ottenimento delle necessarie autorizzazioni.
  Infine, circa le vicende inerenti alle truffe sui carburanti verificatesi presso l'impianto ENI di Taranto, l'ENI medesima, ha segnalato che il proprio sistema di controllo, grazie ad uno strutturato ed efficace processo comunicativo interno all'azienda e a una cresciuta sensibilità verso la normazione dei processi, ha consentito una sinergica e trasparente azione di contrasto alle truffe.
  Un'efficace e spesso preveniva azione disciplinare nei confronti dei dipendenti colpevoli di infedeltà aziendale ha contribuito, inoltre, a fornire elementi utili all'azione della magistratura che sta effettuando delle indagini al riguardo.

Il Ministro dello sviluppo economicoFederica Guidi.

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

ENTE NAZIONALE IDROCARBURI ( ENI )

GEO-POLITICO:

TARANTO,TARANTO - Prov,PUGLIA

EUROVOC :

inquinamento da idrocarburi

raffinazione del petrolio