ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/00690

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 28 del 04/06/2013
Firmatari
Primo firmatario: GOZI SANDRO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 04/06/2013


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 04/06/2013
Stato iter:
07/02/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 07/02/2014
MANZIONE DOMENICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 07/02/2014

CONCLUSO IL 07/02/2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-00690
presentato da
GOZI Sandro
testo di
Martedì 4 giugno 2013, seduta n. 28

   GOZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e Save the Children – che dal 2006 operano come partner nell'ambito del progetto Praesidium finanziato dal Ministero dell'interno – hanno dichiarato che dall'inizio dell'anno sono stati centinaia i migranti egiziani e tunisini rimpatriati senza avere avuto la possibilità di entrare in contatto con le organizzazioni umanitarie, che svolgono un'importante attività di tutela nei confronti di persone bisognose di protezione tra cui rifugiati, vittime di tratta e minori non accompagnati. Secondo le convenzioni che tali organizzazioni hanno stipulato con il Ministero dell'interno, esse hanno il compito di assistere i migranti che sbarcano sulle coste italiane per garantire il rispetto dei loro diritti e delle procedure di accoglienza;
   il mancato accesso delle organizzazioni ai migranti è stato criticato anche da François Crepeau, special rapporteur delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti al termine della sua missione in Italia del mese di ottobre 2012 e sembrerebbe riguardare esclusivamente i cittadini di nazionalità tunisina ed egiziana per i quali sembra che vi siano degli accordi di riammissione specifici ma non pubblici;
   come già accaduto più volte, anche il 30 aprile 2013, per diverse ore, alle organizzazioni è stato negato l'accesso ai 78 migranti egiziani sbarcati a Siracusa, tra cui 25 minori non accompagnati. Le organizzazioni, così come stabilito anche dalla convenzione con il Ministero dell'interno, avevano richiesto di poter incontrare i migranti a conclusione delle ordinarie operazioni da parte delle forze dell'ordine e prima che fossero adottati provvedimenti lesivi che riguardassero il loro status giuridico, come eventuali misure di allontanamento dal territorio italiano. Solo dopo l'ingresso delle organizzazioni sul luogo di sbarco, 5 cittadini egiziani cristiani copti hanno potuto presentare richiesta di asilo;
   in data 7 maggio 2012, sono arrivati in Calabria a Cariati (provincia di Cosenza) altri 70 migranti egiziani e nuovamente alle organizzazioni è stato consentito di parlare soltanto con i minori, identificati come tali dalle forze dell'ordine e solo dopo l'intervento della garante regionale per diritti dei minori della regione Calabria, mentre gli altri migranti sono stati rimpatriati senza aver potuto vedere le organizzazioni;
   in questi mesi l'UNHCR, l'OIM e Save the Children hanno più volte ribadito che comprendono l'importanza che lo Stato eserciti il legittimo controllo delle frontiere nell'ambito di flussi migratori misti, la necessità di effettuare indagini e di rispettare eventuali esigenze di ordine pubblico;
   le organizzazioni hanno fatto però presente che tali circostanze non possono fare venire meno la necessità di tutelare i diritti di tutti i migranti, a prescindere dal Paese di origine degli stessi, e hanno chiesto alle autorità che venga concesso loro la possibilità di svolgere pienamente le attività di tutela previste dal proprio mandato e dalle rispettive convenzioni con il Ministero –:
   per quale motivo l'accesso alle organizzazioni sia negato e le esigenze di effettuare verifiche vengano sollevate soltanto quando sbarcano cittadini egiziani e tunisini e non anche quando gli arrivi via mare riguardano altre nazionalità (ad esempio eritrei, somali, nigeriani), considerato che si immagina che le stesse indagini vengano effettuate anche in questi casi;
   quale sia il contenuto degli accordi di riammissione con il Governo tunisino ed egiziano, e quali siano le procedure poste in essere per l'identificazione della nazionalità dei migranti;
   quali iniziative intendano assumere per garantire all'UNHCR, all'OIM e a Save the Children di avere accesso a tutti i migranti che sbarcano sulle coste italiane, indipendente dalla loro nazionalità – e prima che nei loro confronti vengano presi dei provvedimenti lesivi, come il rimpatrio forzato. (4-00690)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 7 febbraio 2014
nell'allegato B della seduta n. 169
4-00690
presentata da
GOZI Sandro

  Risposta. — Il primo sbarco menzionato nel testo dell'interrogazione risale al 29 aprile 2013, quando a largo delle coste siracusane è stato intercettato un peschereccio con a bordo settantotto cittadini egiziani. Sono state immediatamente prestate le prime cure mediche e poi, alle operazioni di soccorso, sono seguite quelle di identificazione giudiziaria, oltre ai colloqui con rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) e dell'organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).
  L'attività info-investigativa ha consentito di identificare quarantanove uomini adulti e ventinove minori. Nei confronti di questi ultimi – prima di procedere all'affidamento ai competenti enti locali – sono stati effettuati gli esami antropometrici necessari a dissipare ogni incertezza sulla loro minore età. In relazione ai maggiorenni, cinque sono stati condotti presso un centro di accoglienza per richiedenti asilo, trentadue sono stati rimpatriati, tre scafisti sono stati arrestati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e nove testimoni sono stati messi a disposizione della procura di Siracusa.
  Il secondo sbarco citato nel testo dell'interrogazione è avvenuto nella tarda serata del 6 maggio 2013, quando a largo delle coste di Cariati (Cosenza) è stato intercettato un peschereccio con a bordo settanta cittadini stranieri. Anche in questo caso, nell'immediatezza dell'evento sono state prestate le prime cure mediche e, alle operazioni di soccorso, sono seguite le procedure di identificazione.
  In particolare, sono stati identificati cinquantuno maggiorenni e diciannove minori. Questi ultimi sono stati affidati al sindaco di Cariati e, il giorno successivo, hanno incontrato i rappresentanti dell'OIM e di Save the Children. Tra i maggiorenni, cinque hanno chiesto la protezione internazionale e, pertanto, sono stati condotti in un centro di accoglienza richiedenti asilo: due di loro erano di cittadinanza egiziana, uno siriana, uno mauritana e uno yemenita; inoltre, un cittadino egiziano è stato ricoverato perché bisognoso di cure mediche, mentre gli altri quarantacinque, sempre di nazionalità egiziana, sono stati rimpatriati.
  In entrambe le circostanze hanno trovato applicazione le intese operative stipulate dall'Italia con l'Egitto, secondo cui il primo riscontro identificativo viene effettuato sul luogo di sbarco o di rintraccio, attraverso l'intervento di interpreti e mediatori culturali particolarmente qualificati, che prestano ausilio al personale della polizia italiana, in conformità alla normativa vigente. Nei casi in questione, il questore competente per territorio ha emesso un motivato provvedimento di respingimento dall'Italia nei confronti di ciascun cittadino egiziano, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del novellato decreto legislativo 286 del 1998. Infatti, i suddetti cittadini egiziani erano tutti privi di passaporto, si erano resi responsabili del reato di ingresso illegale sul territorio nazionale, e nessuno di loro aveva presentato domanda di asilo, né aveva espresso la volontà di accedere a qualsiasi altra forma di protezione internazionale.
  Più in generale, le intese in materia di riammissione dei cittadini rintracciati in posizione irregolare, stipulate nell'ambito delle relazioni bilaterali con i paesi di origine dei migranti che giungono in Italia, sono finalizzate alla cooperazione nella gestione dei flussi migratori. In particolare, l'accordo di riammissione con l'Egitto, in vigore dal 25 aprile 2008, prevede che i due Paesi non possano arrecare pregiudizio ai diritti, agli obblighi e alle responsabilità derivanti dal diritto internazionale.
  Con la Tunisia, invece, si applicano le misure operative concordate dai rispettivi ministri dell'interno nel processo verbale del 5 aprile 2011, che prevedono procedure semplificate di identificazione dei cittadini tunisini sbarcati illegalmente sulle coste nazionali e programmi di rimpatrio settimanale. I rimpatri si svolgono per gruppi di 30 persone – identificate come cittadini tunisini direttamente dalle autorità italiane, presso le località di sbarco – tramite due voli charter a settimana. Nel giorno programmato per il rimpatrio, un funzionario consolare tunisino ratifica l'identificazione e, contestualmente, emette il necessario lasciapassare. Tali circostanze non consentono di trattenere i tunisini sbarcati nei centri di identificazione ed espulsione, in quanto la normativa nazionale, conforme alla direttiva 2008/115/CE, prevede il ricorso a tale misura solo laddove si renda necessario superare eventuali ostacoli all'esecuzione immediata dell'allontanamento.
  Tutto ciò premesso, si ribadisce che l'attività identificativa svolta nell'immediatezza degli sbarchi avviene sempre in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti e della dignità degli stranieri che entrano nel nostro Paese; peraltro, tale attività è svolta con l'ausilio di interpreti e di mediatori culturali qualificati, che comunicano prontamente al personale della Questura eventuali esigenze di protezione rappresentate dagli immigrati stessi. Pertanto, nessuno straniero viene allontanato dall'Italia qualora paventi il timore di essere perseguitato in caso di rimpatrio; inoltre, i suddetti accertamenti di polizia giudiziaria consentono di identificare le vittime di tratta, i minori e le persone vulnerabili, che secondo la legge italiana sono inespellibili. Al termine delle attività info-investigative, dunque, i minori non accompagnati sono avviati ai percorsi di assistenza previsti dalla normativa vigente.
  Infine, le attività svolte dalle competenti questure sono finalizzate a contrastare le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani e, nel contempo, a salvaguardare i diritti degli stranieri, soprattutto se richiedenti asilo o appartenenti a categorie vulnerabili. Tali attività sono sempre improntate al rispetto della normativa vigente, che prevede che l'attività informativa in favore dei richiedenti asilo, come quella svolta tramite il progetto Praesidium, sia prestata dopo che lo straniero abbia richiesto di essere protetto.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.

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