ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN ASSEMBLEA 3/02018

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 570 del 16/02/2016
Firmatari
Primo firmatario: BOMBASSEI ALBERTO
Gruppo: SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Data firma: 16/02/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA 16/02/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 16/02/2016
Stato iter:
17/02/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 17/02/2016
Resoconto GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
 
RISPOSTA GOVERNO 17/02/2016
Resoconto PADOAN PIETRO CARLO MINISTRO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
REPLICA 17/02/2016
Resoconto GALGANO ADRIANA SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 17/02/2016

SVOLTO IL 17/02/2016

CONCLUSO IL 17/02/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-02018
presentato da
BOMBASSEI Alberto
testo presentato
Martedì 16 febbraio 2016
modificato
Mercoledì 17 febbraio 2016, seduta n. 571

   BOMBASSEI e GALGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli elevati ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni rappresentano una disfunzione grave, su cui sarebbe stato opportuno intervenire ben prima della crisi globale; in numerosi casi la mancata o ritardata riscossione dei crediti ha determinato, infatti, la definitiva chiusure delle aziende coinvolte;
   il nostro Paese è già stato messo in mora dalle istituzioni europee in ragione dei tempi eccessivamente dilatati nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Da ciò si rende necessaria l'adozione di interventi di natura duratura e strutturale;
   il ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali trova la propria disciplina nel decreto legislativo n. 231 del 2002, adottato in attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il sintagma «transazioni commerciali», utilizzato in sede comunitaria, va inteso in senso atecnico e si riferisce ai contratti che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;
   la normativa europea si prefigge l'obiettivo di tutelare il creditore nel caso in cui questi non riceva il corrispettivo nei tempi dovuti; si mira ad evitare il ripetersi di abusi da parte del debitore. Le modalità adottate dal legislatore per raggiungere tale risultato si sostanziano nell'aumento dei tassi di mora, nel risarcimento del danno subito dal creditore e nello snellimento del processo esecutivo;
   il problema del ritardo nei pagamenti riguarda segnatamente la contrattazione con la pubblica amministrazione i cui ritardi, spesso, sono stati una concausa del dissesto di molte imprese. La normativa prevede l'applicazione di un tasso di interessi elevato e l'automatica decorrenza degli stessi senza necessità della previa messa in mora;
   l'articolo 7 del decreto legislativo n. 231 del 2002, infatti, prevede una forma di nullità volta a colpire gli accordi tra le parti aventi ad oggetto la data del pagamento e del conseguente ritardo. Al di fuori di questi due aspetti, le parti possono derogare convenzionalmente alla disciplina normativa e la libertà contrattuale dei contraenti rimane inalterata. Il «rafforzamento» consiste, dunque, nella comminatoria della nullità. In particolare, il citato articolo 7 colpisce le clausole contrattuali considerate gravemente inique a danno del creditore ed oltre alla nullità dispone l'integrazione legale delle clausole nel contratto ai sensi dell'articolo 1339 del codice civile;
   in materia, stante la recrudescenza del fenomeno del ritardo nei pagamenti, è intervenuta la direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, la quale ha differenziato la disciplina applicabile a seconda che i contratti riguardino solo le imprese o le imprese e le pubbliche amministrazioni. Il decreto legislativo n. 231 del 2002, così come modificato dal decreto legislativo n. 192 del 2012, include nella definizione di pubblica amministrazione anche l'amministrazione aggiudicatrice: tale espressa menzione dirime i dubbi esegetici sorti nel tempo circa l'applicabilità della normativa anche agli appalti pubblici;
   circa i termini di pagamento, l'articolo 4 del decreto legislativo n. 231 del 2002, come modificato dal decreto legislativo n. 192 del 2012 e dalla legge n. 161 del 2014, dispone che le imprese private devono ricevere il corrispettivo entro trenta giorni dalla consegna del bene o dalla prestazione del servizio. Il dies a quo decorre rispettivamente dalla data di ricevimento della fattura o dalla richiesta di pagamento del creditore, dalla consegna della merce o dalla prestazione del servizio, dalla data di accettazione della merce o del servizio. La suddetta disciplina è dispositiva ma rafforzata. Le parti, infatti, possono derogarvi con dei limiti. Il termine di adempimento può essere portato sino a 60 giorni (ma non oltre) ed è richiesta la forma scritta ad probationem. Naturalmente questa clausola, come le altre, rimane soggetta al limite della grave iniquità di cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 231 del 2002;
   il decreto legislativo n. 192 del 2012 ha aumentato la misura del tasso di mora con un palese intento sanzionatorio: in tal senso deve vedersi anche l'ulteriore aggravio di 40,00 euro disposto per ogni giorno di ritardo a titolo di risarcimento delle spese di recupero (articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2002). Inoltre, l'articolo 7-bis, introdotto dalla legge 30 ottobre 2014, n. 161 (recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»), prevede altresì il risarcimento del danno che va ad aggiungersi alla comminatoria di nullità per le predette clausole. In particolare, la norma prevede un diritto del creditore alla pretesa risarcitoria allorché le clausole relative al tasso di interesse o al risarcimento per i costi di recupero risultino gravemente inique;
   i dati Eurostat evidenziano che, anche dopo gli interventi varati a partire dalla primavera del 2013, nel 2014 l'Italia rimane il Paese europeo con il più alto debito commerciale verso le imprese per beni e servizi – per la sola parte di spesa corrente – e pari al 3,0 per cento del prodotto interno lordo, la più alta dell'Unione europea;
   anche una recente analisi della Banca d'Italia indica che «il fenomeno dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche non è ancora stato ricondotto entro limiti fisiologici»; nel 2014 nel nostro Paese i debiti commerciali della Pubblica amministrazione ammontavano a 71,6 miliardi di euro;
   il fenomeno dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione assume dimensioni che non hanno pari rispetto agli altri Stati europei. Alcune ricerche confermano che per pagare i suoi fornitori lo Stato italiano impiega 41 giorni in più della Spagna, 50 giorni in più del Portogallo, 82 giorni in più della Francia, 115 giorni in più della Germania e 120 giorni in più del Regno Unito;
   la criticità dei tempi di pagamento appare confermata dall'analisi dei dati Istat e del Ministero dello sviluppo economico a novembre 2015 (elaborata dall'Ufficio studi di Confartigianato) sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni relative agli ambiti delle amministrazioni periferiche dello Stato, enti del servizio sanitario nazionale, enti locali e regioni e province autonome, da cui emerge che il tempo medio di pagamento in media nazionale è di 99 giorni, ancora lontano dai termini legali. Infatti, considerando un limite di 60 giorni per acquisti del servizio sanitario nazionale e di 30 giorni per gli altri settori della pubblica amministrazione, il limite massimo dei pagamenti della pubblica amministrazione dovrebbe essere in media di 43 giorni, ben 56 giorni in meno dei 99 giorni rilevati;
   in base a tali dati, l'analisi dei tempi di pagamento per territorio evidenzia ampie differenze nelle varie regioni, con punte più elevate nel Mezzogiorno con 114 giorni e nel Centro Italia con 108 giorni, mentre nel Nord Ovest con 89 giorni e nel Nord Est con 86 giorni i tempi risultano sotto la media. L'effetto negativo del maggiore ritardo nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni nel Mezzogiorno viene amplificato dal maggiore costo del denaro che, secondo i dati diffusi da Confartigianato, a giugno 2015 registra uno spread di 208 punti base rispetto al Centro Nord. Si tratta di 12,9 milioni di fatture complessive, per un importo medio di circa 5.500 euro e un totale di oltre 71 miliardi di euro. Nel dettaglio regionale si osservano i tempi di pagamenti più lunghi in Calabria con 149 giorni medi, seguiti da Campania con 128 giorni, Lazio con 119 giorni, Sicilia con 117 giorni, Puglia, Abruzzo e Piemonte, tutte e tre con 110 giorni. Tempi più contenuti e inferiori ai 90 giorni si registrano in Lombardia con 89 giorni, Veneto con 81 giorni, Umbria con 71 giorni e Trentino-Alto Adige con 62 giorni;
   nonostante l'Italia abbia recepito ormai da tre anni la direttiva comunitaria che fissa a trenta giorni i termini di pagamento e nonostante l'obbligatorietà di strumenti come la fatturazione elettronica, i tempi di pagamento sono piuttosto lunghi;
   secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, gli enti virtuosi «veri», cioè quelli che effettivamente pagano entro i limiti di legge (in media in 20 giorni), rappresentano solo il 13,4 per cento della spesa complessiva. Al contrario, dopo 34 mesi dall'entrata in vigore della normativa, per l'86,6 per cento della spesa totale rimangono ancora disattese le prescrizioni della direttiva europea;
   un ulteriore indicatore significativo è che per gli enti virtuosi «veri» l'importo medio della fattura è di 11.196 euro, mentre quello degli altri enti (che in media pagano dopo 141 giorni) la fattura media scende a 5.111 euro, a dimostrazione che a soffrire di queste tempistiche di pagamento sono proprio le realtà produttive di micro dimensione, che più spesso rimangono invischiate tra le maglie dei ritardi della pubblica amministrazione;
   a fronte del trend negativo sopra descritto riguardante le transazioni commerciali tra imprese e pubblica amministrazione, gli ultimi dati pubblicati dall'osservatorio di Cerved Gruop, aggiornati al terzo trimestre del 2015, che analizzano le abitudini di pagamento su un panel di circa tre milioni di aziende italiane, evidenziano un netto miglioramento nella tempistica di liquidazione delle fatture tra imprese con standard pari a quelli registrati nel 2012; il saldo arriva, infatti, in media a 76 giorni, quasi due giorni in meno del 2014 con un calo del ritardo che è di poco superiore alle due settimane, al minimo da tre anni. In flessione risulta essere anche la casistica dei gravi ritardi (di oltre due mesi) che nel terzo trimestre del 2015 sono stati pari al 6,6 per cento;
   i dati pubblicati evidenziano, altresì, una diminuzione sensibile del numero di società protestate pari a 13.200 nel terzo trimestre del 2015, un quinto in meno rispetto all'anno precedente e al di sotto della quota 15.000 che rappresentava la media nel 2007. I settori maggiormente coinvolti risultano essere il manifatturiero e dei servizi, meno virtuosi il sistema moda (-2,5 per cento), i prodotti intermedi (-4,5 per cento), il largo consumo (-8 per cento). Per quanto attiene, invece, le condizioni concordate tra le aziende, la formula più utilizzata è quella dei 60 giorni. Dall'analisi per classe dimensionale – secondo i dati «payline» di Cerved Gruop – emerge anche un incremento della puntualità delle microimprese e le piccole e medie imprese, tradizionale anello debole della filiera della fornitura. I tempi medi si riducono nell'industria e nel terziario mentre c’è una battuta d'arresto al miglioramento nelle costruzioni. Le imprese della distribuzione hanno limato di 2,6 giorni i ritardi, quelle della logistica di 1,5 giorni e i servizi non finanziari di un giorno. Stabili le costruzioni e in controtendenza i media e l'intrattenimento (+0,6 giorni), i servizi finanziari (+1,5) e l'immobiliare (+5,2 giorni). Nel manifatturiero il saldo arriva dopo 80,3 giorni grazie a un calo dei ritardi che nella meccanica è molto consistente (-6 giorni) e nel largo consumo (-4,8). In alcuni casi l'allungamento dei tempi concordati, come si è visto nel Nord Est, viene letto come il segno di una maggiore flessibilità dei fornitori che concedono scadenze un po’ più lunghe;
   nonostante gli ultimi dati diffusi e nonostante le evoluzioni normative, l'obbligo europeo ed il continuo richiamo a normalizzare nel nostro Paese sul tema dei tempi di pagamento, la situazione in Italia resta ancora grave con migliaia di aziende che rischiano il fallimento a causa di crediti non pagati;
   l'incertezza sulla tempistica di pagamento non solo rende problematici i rapporti commerciali, ma rischia anche di allontanare le imprese più rappresentative del nostro Paese e di favorire comportamenti non corretti, pesando per di più sui costi dei servizi per le Amministrazioni, in quanto le aziende incorporano nei prezzi l'onere atteso dei ritardi;
   la mancata corresponsione di quanto dovuto alle imprese dalla pubblica amministrazione genera, altresì, una spirale che si ripercuote sui fornitori ed i dipendenti, con gravi conseguenze sul nostro tessuto produttivo già profondamente vessato dalla profonda crisi economica che ha colpito il nostro Paese –:
   a quanto ammontino allo stato attuale e quali siano i tempi medi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, quale sia l'ammontare dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione maturati al 31 dicembre 2015 e ad oggi non riscossi, anche se certificati, nonché quali misure il Governo ritenga opportuno adottare al fine di potenziare e rendere più efficaci gli strumenti normativi finora adottati di riduzione dei tempi medi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e di recupero dei crediti vantati dalle imprese, al fine di consentire alle stesse di competere alla pari con i principali partner europei ed internazionali, in questa fase delicata di rilancio del tessuto produttivo italiano, dell'occupazione e, in generale, dell'economia nazionale. (3-02018)

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

beni e servizi

prestazione di servizi

clausola contrattuale