ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/01481

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 681 del 28/09/2016
Firmatari
Primo firmatario: SCOTTO ARTURO
Gruppo: SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 28/09/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 28/09/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 28/09/2016
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-01481
presentato da
SCOTTO Arturo
testo di
Mercoledì 28 settembre 2016, seduta n. 681

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   l'Etiopia è uno Stato federale diviso su basi etniche, governato dal 1991 da una coalizione elettorale, l'Ethiopian People's Revolutionary Democratic Front. Una coalizione che dovrebbe formalmente garantire l'espressione delle diversità che compongono la nazione, ma dove, di fatto, ad esercitare il potere è il Fronte Popolare di Liberazione del Tigré, espressione della minoranza tigrina, a discapito delle altre comunità, in particolare gli Oromo e gli Amhara che sono la maggioranza della popolazione etiope;
   durante le olimpiadi, il 21 agosto 2016, l'atleta Feyisa Lilesa arriva al traguardo della maratona dopo 42 chilometri di corsa e alza le mani al cielo a pugni chiusi, mimando le manette di un arresto. Con questo gesto vuole puntare i riflettori del mondo sulla tragica situazione del suo Paese, l'Etiopia: da mesi gli appartenenti all'etnia Oromo, di cui fa parte anche Lilesa, sono in conflitto col Governo centrale di Addis Abeba, la cui repressione ha provocato centinaia di vittime, migliaia di feriti, arresti e desaparecidos soltanto nell'ultimo anno; Lilesa, dopo le olimpiadi, si è rifugiata negli Stati Uniti dove ha chiesto asilo politico;
   la regione Oromia è la più grande di tutta l'Etiopia ed include anche la capitale del Paese, Addis Abeba. L'etnia originaria della regione, gli Oromo appunto, è il più nutrito degli 80 gruppi etnici che vivono nel Paese e da soli costituiscono il 34 per cento della popolazione etiope. Sono rappresentati dal Congresso federalista Oromo, il più grande partito politico legalmente registrato dell'Oromia che però non detiene alcun seggio in Parlamento;
   l'inizio delle proteste avviene nel corso del mese di novembre 2016, quando il Governo centrale propone un piano per l'espansione amministrativa della Capitale (Integrated Development Master Plan) che prevede l'esproprio di molti territori di proprietà degli Oromo. Forti proteste si sollevano da parte di tutta la comunità che vive nell'Oromia, tanto che il Governo a gennaio ritira formalmente il piano di espansione. Tuttavia, decine di villaggi vengono distrutti e migliaia di contadini si trovano improvvisamente senza terra, esposti alla fame e alla miseria senza alcuna alternativa;
   nonostante il ritiro del progetto, forti manifestazioni continuano, attraversando il Paese per chiedere riforme, uno Stato di diritto, la liberazione dei detenuti politici, per rivendicare la propria identità etnica (vent'anni fa è stata soppressa ufficialmente la lingua oromo) e denunciare l'emarginazione economica. In particolare nelle città di Bahir Dar, Ambo, Adama, Asassa, Aweday, Gimbi, Haromaya, Neqemte, Robe e Shashemene, la tensione sale ulteriormente e le forze governative reprimono violentemente le manifestazioni;
   il malcontento degli Oromo, vittime di violenze e genocidi dalla fine del XIX secolo si è diffuso in tutto il Paese e tra il 6 e il 7 di agosto 2016 vengono organizzate nuove manifestazioni nella parte nord dell'Oromia e anche nella regione di Amhara che la polizia reprime nel sangue causando un centinaio di vittime. Le immagini dei morti abbandonati nudi nei campi, dei corpi dei bambini martoriati dai proiettili, delle ragazze e dei ragazzi riversi a terra ancora con gli zaini in spalla e il viso nel loro stesso sangue, a quanto consta agli interroganti, vengono documentati dai media internazionali nonostante il blocco di internet disposto dalle autorità. Secondo Human Rights Watch, che è riuscita a raccogliere più di un centinaio di testimonianze che raccontano la violenza della polizia e dell'esercito, questi ultimi morti vanno ad aggiungersi alle altre centinaia registrate dal novembre del 2015: le stime evidenziano più di 400 morti e migliaia di arresti. Anche Amnesty International denuncia le violazioni dei diritti umani e soprattutto la condizione inumana di prigioni illegali dove sarebbero perpetuate anche torture nei confronti dei dissidenti;
   soltanto pochi giorni dopo il plateale gesto di Lilesa, si compiva l'ultima azione repressiva del Governo etiope contro gli oppositori nel distretto di Gondar il 29 agosto 2016 con un bilancio di almeno 90 morti, centinaia di feriti e altrettanti arresti;
   nonostante le evidenze, il Governo di Addis Abeba ha sempre negato le accuse «bollandole» come esagerazioni e puntando il dito contro le fazioni radicali e violente che si stanno facendo sempre più strada nel movimento di protesta, respingendo la richiesta dell'ONU per consentire l'invio dei propri osservatori per monitorare la situazione;
   la politica degli espropri è tutt'altro che nuova per il Governo etiope, che ricorre spesso all'esproprio per convertire di migliaia di ettari di terreno in piantagioni agricole, venduti e concessi per lo sfruttamento intensivo alle imprese spesso occidentali e legate al regime. Un'altra minaccia sempre presente per le comunità locali è la cosiddetta «villaggizzazione»: le autorità attraverso le violenze delle forze di sicurezza cercano di forzare alcune comunità a trasferirsi da aree urbane (da destinare a investimenti privati) ai villaggi governativi, dove l'amarico è la lingua ufficiale;
   l'Italia è fra i primi partner commerciali dell'Etiopia e il primo fornitore europeo. Il volume degli scambi tra i due Paesi è stato l'anno scorso pari a circa 365 milioni di euro in settori che vanno dall'agricoltura all'industria e con opere molto discusse come costruzione della diga di Gibe III sul fiume Omo che ha arrecato notevoli danni all'ecosistema dalla zona e anche qui il trasferimento coatto delle comunità locali in altre aree –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per chiedere il ripristino dei diritti umani e l'immediata fine delle violenze in Etiopia;
   se non intenda assumere iniziative affinché le autorità etiopi autorizzino l'ingresso di osservatori stranieri inviati sotto l'egida delle Nazioni Unite con lo scopo di investigare e individuare le responsabilità di queste atrocità, così come chiesto dall'ONU e da numerose organizzazioni per i diritti umani.
(2-01481) «Scotto, Palazzotto».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritti umani

espropriazione

gruppo etnico