ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/01438

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 659 del 21/07/2016
Firmatari
Primo firmatario: PESCO DANIELE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 21/07/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
VILLAROSA ALESSIO MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
CORDA EMANUELA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
DADONE FABIANA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
RUOCCO CARLA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
BASILIO TATIANA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
BONAFEDE ALFONSO MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
DI STEFANO MANLIO MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
GRILLO GIULIA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
LOREFICE MARIALUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
CARINELLI PAOLA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
DELL'ORCO MICHELE MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
TERZONI PATRIZIA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
SPESSOTTO ARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
VALENTE SIMONE MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
COLLETTI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
GRANDE MARTA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016
CIPRINI TIZIANA MOVIMENTO 5 STELLE 21/07/2016


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 21/07/2016
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 21/07/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 01/08/2016
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-01438
presentato da
PESCO Daniele
testo di
Giovedì 21 luglio 2016, seduta n. 659

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   nell'articolo pubblicato in data 19 maggio 2016 sul sito il velino.it di Paolo Pollichieni dal titolo «Caso Scajola, chi pedinava il colonnello Pace ? L'ufficiale della Gdf distaccato alla Dia morto suicida il 14 aprile scorso. Sui tavoli di diverse redazioni un dossier anonimo» si legge: «Chi, e per conto di chi, spiava il colonnello Omar Pace, ufficiale della Guardia di finanza distaccato alla Direzione investigativa antimafia, morto suicida il 14 aprile scorso, alla vigilia della sua convocazione, in qualità di testimone, nel processo in corso a Reggio Calabria contro l'ex ministro degli interni Claudio Scajola ? Il fatto che qualcuno lo pedinasse da giorni ormai è un dato accertato. Lo ebbe a segnalare a colleghi e magistrati inquirenti lo stesso colonnello Pace che, in particolare, ha riferito di un pedinamento mentre si recava all'ateneo di San Marino dove era docente a contratto. In più, sui tavoli di diverse redazioni nei giorni scorsi è finita una lettera anonima scritta da chi sicuramente aveva condiviso con il colonnello Pace alcune delle più delicate inchieste. Nell'anonimo si fa esplicito riferimento alle indagini che portarono all'arresto dell'ex ministro Scajola e che inguaiano l'ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, che continua a vivere indisturbato la sua dorata latitanza negli Emirati Arabi, grazie ai ritardi che sta incontrando la pratica avviata dal Ministro della Giustizia, Orlando, perché venga concessa l'estradizione. Si tratta di un nuovo protocollo d'intesa tra Italia e Emirati arabi che, includendo tra i reati anche l'associazione mafiosa, consentirebbe un riesame della richiesta di estradizione in precedenza respinta dalla Corte suprema di Dubai. Più volte inserita nell'ordine del giorno, la pratica non è stata ancora esaminata dal Consiglio dei ministri.
  Tornando all'anonimo inviato ai giornali, va aggiunto che in esso vengono fatti i nomi di due diretti superiori del colonnello Pace che ne avrebbero ostacolato l'attività investigativa. In più avrebbero tentato di far ricadere sull'ufficiale la responsabilità della pubblicazione su «Il Fatto quotidiano» di alcune imbarazzanti intercettazioni telefoniche attorno alla Lega ed in particolare attorno allo staff di un altro ex ministro dell'interno, il leghista Roberto Maroni, oggi governatore della Lombardia. Quelle trascrizioni, dopo che per mesi sono rimaste a prendere polvere, vennero trasmesse dalla Direzione distrettuale di Reggio Calabria a quella di Milano, nel viaggio, però qualcuno ne avrebbe estratto copia consegnandola al giornalista Marco Lillo che ne pubblicò ampi stralci. Nel libro "Il potere dei segreti", scritto da Marco Lillo, trova spazio non solo la meticolosa ricostruzione dei giochi di potere che, complici anche le attività di dossieraggio messe in atto per condizionare le scelte di Maroni e le iniziative dell'europarlamentare Albertini e del sindaco di Verona Tosi, non gradite a Silvio Berlusconi. C’è anche la ricostruzione del blitz che gli uomini della Dia fecero per recuperare quelle devastanti intercettazioni telefoniche. Marco Lillo, ancora oggi accusato di ricettazione e violazione del segreto istruttorio con l'aggravante dell'articolo 7, venne bloccato mentre portava la figlia a scuola, poi scortato a casa e in redazione e perquisito, fin quando non consegnò i brogliacci richiesti. Lillo ha sempre giurato di aver ricevuto per posta le trascrizioni e di essersi limitato ad accertarne l'autenticità. Invece all'interno della Dia c'era chi continuava a imputare al colonnello Omar Pace tale fuga di notizie. Una ragione in più, secondo la «gola profonda» che ha inviato ai giornali l'esposto anonimo, per giustificare l'allontanamento dell'ufficiale dall'inchiesta.
  Nell'anonimo si evidenzia anche, e questo dimostra la vicinanza dell'estensore con l'ufficiale suicidatosi nella sua stanza all'interno della direzione romana della Dia, l'inesistenza di alcuna ragione «personale» che inducesse al suicidio il colonnello Pace. Lo si sottolinea ricordando che appena il giorno prima l'ufficiale aveva acquistato un vestito nuovo da indossare per la prima comunione della figlia prevista due settimane più tardi. Inoltre aveva appena prenotato una crociera per il settembre prossimo come regalo a sua moglie. Tutte cose che effettivamente mal si conciliano con la scelta per ragioni «personali» di togliersi la vita. Sul web, inoltre, compaiono molte testimonianze di colleghi e investigatori che hanno lavorato con Omar Pace imparando a stimarlo fortemente. «Era il migliore, il più sensibile – recita una di queste. Chiunque ipotizzi fragilità, lutti vicini e lontani, celati accertamenti sanitari o altro, non perda tempo, vada nei Tribunali, negli archivi di polizia, nelle memorie dei computer, troverà centinaia di atti investigativi a firma di Omar Pace e poi, guardandoli negli occhi, vada a chiedere a quanti hanno avuto l'onore di operare al suo fianco, a quelli che hanno assistito alle sue conferenze, alle sue lezioni nelle scuole di polizia, nelle università, a chiunque lo abbia conosciuto»;
   sul sito iltempo.it in un articolo del 19 giugno 2016 a firma Sil.Man. si apprendono grazie a un'intervista alla signora Brasciano vedova del colonnello Pace ulteriori fatti che aumentano i dubbi sulla morte di Omar Pace;
   nell'intervista si legge: «Domenica abbiamo cenato come sempre insieme ai nostri figli. Lunedì mi sono svegliata, avevo la sensazione che Omar non sarebbe dovuto andare al lavoro, ma non gli ho prestato attenzione. Alle 11 circa mi hanno chiamata per dirmi che era morto. Niente mi aveva lasciato immaginare un gesto estremo da parte di mio marito, anche il biglietto che ho ritrovato a casa dopo la sua morte mi è sembrato vago. «Ti ho sempre amata, pensa ai bambini». Non una motivazione, un elemento che potesse aiutarmi a capire». Barbara Basciano, vedova del Tenente Colonnello Omar Pace, al suicidio crede poco. Vuole giustizia e chiede che la morte del padre dei suoi figli non venga archiviata in fretta. Signora Basciano, cosa non la convince in questa storia ? «Poco o niente. Omar era un uomo molto scrupoloso, attento alla sua salute e al suo aspetto fisico. Non era certo un debole». Si preparava però a testimoniare a un processo importante. Non pensa possa aver avuto paura ? «Era abituato a situazioni come e più gravi di questa. Avevamo una crociera prenotata e la cresima del nostro primogenito Flavio, due settimane dopo». Però si è sparato nel suo ufficio, con la pistola d'ordinanza. «Ho chiesto la riesumazione del corpo per togliermi ogni dubbio. Mi hanno fatto firmare il consenso per l'autopsia quando ero sotto shock e ad oggi non ho ricevuto notizie riguardo all'esito degli esami». Qualcuno disse che suo marito era depresso dopo la morte del padre e della sorella. «Sciocchezze, il padre è morto cinque anni fa e la sorella lo scorso anno dopo una lunga agonia. Lo stesso Omar aveva definito la tragedia come una liberazione per lei dalle sofferenze». Ha avuto la sensazione, i giorni precedenti alla sua morte, che qualcosa lo turbasse ? «Omar non portava mai il lavoro a casa. Ma ricordo una telefonata, in particolare, che gli aveva fatto cambiare espressione». Cioè ? «Eravamo al centro commerciale, lo chiamarono per dirgli che avrebbe dovuto testimoniare al processo. Disse scocciato che lo avevano anticipato, ma si capiva che era nervoso».
  Come le hanno detto che suo marito era morto ? «Nel modo più indelicato possibile. Quel lunedì mi sono ritrovata sotto casa 20 persone in borghese. Sono entrati, fortunatamente i miei figli non erano in casa. Hanno preso il tablet di mio marito e non me l'hanno più restituito. Mi hanno portato con la macchina in questura, hanno preso mie dichiarazioni senza darmi copia di quanto scritto. Di Omar mi sono stati ridati solo l'orologio e la fede, chiusi in una bustina trasparente sporca di sangue». Ha paura ? «Fossi sola sarei molto più combattiva, ma ho due figli da crescere. Comunque non mi arrendo, pretendo la verità. Ho perso la persona che amavo, avevamo tanti progetti»;
   l'articolo de L'Espresso del 6 aprile 2016 dal titolo «Amedeo Matacena, latitante da record», a firma Gianfrancesco Turano, riporta tra l'altro «(...) Nel caso del politico e armatore reggino, invece, a metà settembre del 2015 il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha firmato un accordo bilaterale con gli Emirati che avrebbe dovuto consentire l'estradizione del latitante. Perché Matacena è ancora libero ? Semplice. A sette mesi di distanza l'esecutivo non ha ancora ratificato l'accordo che deve essere vagliato da un altro dei dicasteri principali, gli Affari esteri, guidato da Paolo Gentiloni. L'ultima occasione è andata a vuoto il 3 marzo 2016, quando si è tenuto il Consiglio dei Ministri numero 107 del governo di Matteo Renzi. Gentiloni era in visita ufficiale a New York e il collegio ministeriale, nella fase di pre-consiglio, ha rinviato la questione a data da destinarsi. In particolare, spiega la Farnesina, è emerso un problema di reciprocità. L'ordinamento giuridico degli Emirati prevede la pena di morte per una quantità di reati che vanno dal terrorismo al traffico di droga all'omosessualità. «Bisogna evitare», dicono fonti del ministero, «che l'Italia estradi un cittadino degli Emirati a rischio di pena capitale».
  Sette mesi non sono bastati a rendersi conto del problema e a risolverlo. Eppure non è proprio un mistero che la pena di morte sia in vigore in tutti i paesi della penisola arabica, anche se gli Emirati sono ben lontani dai livelli dell'Arabia Saudita, stabilmente in testa alle classifiche delle esecuzioni insieme a Iran, Stati Uniti e Cina. L'ultima condanna a morte nel paese del Golfo è stata eseguita nel 2014 e l'ultima sentenza capitale risale al giugno del 2015, per l'omicidio di un'insegnante statunitense, Ibolya Ryan, uccisa da una cittadina di Abu Dhabi legata ai qaedisti yemeniti. Il rischio paventato dalla Farnesina è che un terrorista degli Emirati scappi in Italia e che la giustizia italiana debba consegnarlo al plotone di esecuzione del suo paese. A loro volta, gli Emirati hanno un problema di reciprocità, non avendo nel codice nulla che assomigli vagamente al reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Così, mentre il dibattito in punta di diritto prosegue, prosegue anche l'esilio dorato di Matacena»;
   dall'interrogazione n. 4-17858 del 21 gennaio 2000, risultante senza risposta, si apprende e legge: «(...) su «Panorama» del 27 dicembre 1999 si legge che: «Nell'ambito dello smantellamento della struttura disegnata tra il 1985 e il 1992 dall'ammiraglio Fulvio Martini (Ulisse), si sta poi liquidando il celebre «ufficio K», già diretto da Massimo Pizza (Polifemo), utilizzato anche dalla Procura di Palermo contro la mafia e che per anni si servì di uomini di Gladio. Un ruolo importante nella ristrutturazione interna è stato affidato al generale dei Carabinieri Luca Pescaroli, già responsabile del Sismi in Somalia», si chiede di conoscere: se risponda a verità che l'ufficio K (in gergo «ufficio Killer»), composto sostanzialmente dagli OSSI (operatori speciali del servizio di informazioni) che la seconda corte di assise di Roma ha dichiarato essere eversivi dell'ordine costituzionale, oggetto di numerose interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta e di cui a suo tempo il Governo addirittura smentita l'esistenza, non solo esisteva ma ha continuato ad esistere finora, pur essendo composto dagli uomini di Gladio, organizzazione che il governo Andreotti dichiarò in Parlamento essere sciolta»;
   nell'interrogazione 4/13035 del 28 aprile 2016 vi siano elementi circa il possibile utilizzo del suicidio o dell'eventuale finto suicidio in diversi ambiti soprattutto finanziari e bancari per eliminare testimoni scomodi –:
   se siano al corrente di quanto riportato in premessa e soprattutto se non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per far luce sulle numerose ombre che avvolgono questo caso di suicidio che, col passare del tempo, si sta arricchendo di particolari che danno struttura all'idea che l'ipotesi del suicidio sia quantomeno discutibile;
   se l'accordo bilaterale in attesa di essere ratificato, che permetterebbe la formale estradizione dagli Emirati Arabi del latitante Amedeo Matacena, rientri ancora tra i punti presenti nella agenda governativa, e se visti i ritardi nell'approntare il disegno di legge di ratifica, il Governo non abbia intenzione di procedere tramite richieste unilaterali, al fine di consegnare agli inquirenti il latitante, prima della prescrizione;
   se il Governo abbia contezza di chi siano i due superiori di Omar Pace che avrebbero ostacolato la sua attività investigativa;
   se abbiano elementi che possano confermare che il colonnello Pace fu accusato ingiustamente di aver reso pubblici stralci di intercettazioni telefoniche, come asserito dalla stampa al fine di poterlo allontanare dall'inchiesta sul caso Scajola;
   se il Governo intenda specificare le eventuali date di «dismissione» dell'ufficio K di cui in premessa e quali mansioni oggi ricoprano gli ex eventuali membri del gruppo.
(2-01438) «Pesco, Cominardi, Alberti, Villarosa, Frusone, Corda, Dadone, Ruocco, Basilio, Bonafede, Manlio Di Stefano, Grillo, Lorefice, Carinelli, Dell'Orco, Zolezzi, Terzoni, Spessotto, Simone Valente, Colletti, Grande, Busto, Ciprini».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

accordo bilaterale

suicidio

estradizione