ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/00966

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 425 del 12/05/2015
Firmatari
Primo firmatario: BENAMATI GIANLUCA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 12/05/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
TARICCO MINO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
TIDEI MARIETTA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
TARANTO LUIGI PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
CARRA MARCO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BINI CATERINA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
SENALDI ANGELO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
CENNI SUSANNA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
SCUVERA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
LACQUANITI LUIGI PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
VENITTELLI LAURA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BARGERO CRISTINA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
ROMANINI GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
ANTEZZA MARIA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
MONGIELLO COLOMBA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
GALPERTI GUIDO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
TERROSI ALESSANDRA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
ARLOTTI TIZIANO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
MARTELLA ANDREA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
PORTAS GIACOMO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BERRETTA GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BARUFFI DAVIDE PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
CAMANI VANESSA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BASSO LORENZO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BAZOLI ALFREDO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BERGONZI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BRAGANTINI PAOLA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BRANDOLIN GIORGIO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
CANI EMANUELE PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
CAPONE SALVATORE PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
MARROCU SIRO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
BONOMO FRANCESCA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
CAPOZZOLO SABRINA PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015
GINEFRA DARIO PARTITO DEMOCRATICO 12/05/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 12/05/2015
Stato iter:
22/05/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 22/05/2015
Resoconto TARANTO LUIGI PARTITO DEMOCRATICO
 
RISPOSTA GOVERNO 22/05/2015
Resoconto CALENDA CARLO VICE MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 22/05/2015
Resoconto BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 22/05/2015

SVOLTO IL 22/05/2015

CONCLUSO IL 22/05/2015

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-00966
presentato da
BENAMATI Gianluca
testo presentato
Martedì 12 maggio 2015
modificato
Venerdì 22 maggio 2015, seduta n. 433

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   a partire dal 2009 il Parlamento italiano ha portato avanti numerose iniziative legislative, di indirizzo politico e di indagine e volte a tutelare i prodotti del made in Italy e ad assicurare la giusta efficacia alla lotta alla contraffazione:
    a) l'articolo 16 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, ha chiarito che si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano, introducendo una precisa regolamentazione dell'uso di indicazioni di vendita che presentino il prodotto come interamente realizzato in Italia, quali «100 per cento made in Italy», «100 per cento Italia», «tutto italiano» o simili;

    b) l'articolo 15 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha introdotto norme che mirano a rafforzare la tutela della proprietà industriale e gli strumenti di lotta alla contraffazione, anche sotto il profilo penale;
    c) con la legge 8 aprile 2010, n. 55, sono state dettate disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, anche con riferimento alla riconoscibilità e tutela dei prodotti italiani, prevedendo l'uso dell'indicazione made in Italy esclusivamente per i prodotti le cui fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano;
    d) la legge 3 febbraio 2011, n. 4, ha inserito norme sull'etichettatura dei prodotti alimentari con la finalità di difendere e promuovere il sistema produttivo italiano;
    e) la legge 14 gennaio 2013, n. 8, ha successivamente dettato le nuove regole per la definizione, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti di cuoio, pelle e pelliccia, ove si prevede che, per i prodotti ottenuti da lavorazioni in Paesi esteri che comunque utilizzano la dicitura italiana dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia», l'etichetta debba indicare lo Stato di provenienza;
    f) nella seduta del 22 gennaio 2013 la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, istituita durante la XVI legislatura, ha approvato un'imponente relazione conclusiva, oltre alla relazione sulla pirateria digitale in rete e ad altri documenti settoriali;
    g) il 26 giugno 2014 la Camera dei deputati ha istituito la Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo;
    h) la mozione n. 1-00529 del luglio 2014 ha impegnato il Governo a monitorare l’iter del regolamento relativo al made in, affinché il Consiglio dell'Unione europea proceda velocemente alla sua approvazione;
    i) l'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha introdotto il piano straordinario per il rilancio del made in Italy e l'attrazione degli investimenti, che è stato presentato dal Ministero dello sviluppo economico il 26 febbraio 2015 ed è articolato in complessive 10 misure, di cui 5 da attuarsi in Italia (potenziamento grandi eventi in Italia, voucher temporary export manager, formazione export manager, roadshow per le piccole e medie imprese, piattaforma e-commerce per le piccole e medie imprese) e 5 all'estero (piano gdo, piano speciale mercati d'attacco – ad esempio Uds –, piano «road to Expo», piano comunicazione contro Italian sounding, roadshow attrazione investimenti);
   la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del settembre 2010 ha precisato che tutte le disposizioni della citata legge 8 aprile 2010, n. 55, possono considerarsi applicabili solo successivamente all'esperimento della procedura di informazione comunitaria, ai sensi della direttiva 98/34/CE, e che tale legge non può considerarsi applicabile sino a quando non siano adottate le necessarie norme attuative previste dall'articolo 2 della legge medesima;
   la legge n. 55 del 2010 è in vigore dal 1o ottobre 2010, ma, ad oggi, risulta inattuata a causa delle perplessità sollevate, per ragioni formali e sostanziali, dalla Commissione europea, che ha evidenziato come la sua applicazione determinerebbe un conflitto tra norme nazionali e norme comunitarie, poiché nessun Paese membro può assumere autonomamente modalità tecniche di determinazione dell'origine divergenti rispetto a quelle europee in uso, poiché ciò significherebbe ostacolare la libera circolazione dei prodotti;
   la sospensione della disciplina dettata dalla legge n. 55 del 2010 si inquadra nello scontro aperto in Europa tra Paesi manifatturieri, soprattutto del Sud Europa (Italia, Francia, Spagna), e Paesi del Nord, che o producono molto all'estero (come la Germania) o non producono affatto, ma hanno i porti in cui arriva gran parte del nostro import da Cina e Far East e che in ogni caso, non vogliono troppa tracciabilità;
   tale scontro è dato dalla presentazione, il 16 dicembre 2005, di una proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea (COM(2005)661), relativa all'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti industriali (come viti, bulloni, utensileria, tubi e rubinetterie, pneumatici, ceramica, tessili) importati da Paesi terzi, che non è mai stata discussa dal Consiglio;
   il Parlamento europeo dal 2007 al 2013 ha adottato numerose dichiarazioni e risoluzioni per sollecitare la Commissione europea e il Consiglio ad attuare una politica di tutela dell'origine dei prodotti europei, ma il 16 aprile 2013 la Commissione europea ha ritirato la proposta di regolamento sull'obbligo di indicazione dell'origine per alcuni prodotti importati da Paesi extra Unione europea (cosiddetto made in), presentata nel dicembre 2005 su iniziativa italiana, con l'obiettivo di rendere più trasparenti per i consumatori le informazioni sull'origine dei prodotti e assicurare parità di condizioni tra i produttori europei e quelli di Paesi terzi che già dispongono di una legislazione analoga;
   nel settore alimentare il regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, che si applica dal 13 dicembre 2014, obbliga alla fornitura di informazioni sugli alimenti, con particolare riguardo alla tabella nutrizionale e all'indicazione d'origine solo per una parte degli alimenti;
   ad eccezione delle regole che sono state fissate per alcuni settori e per le denominazioni di origine, per tutti gli altri prodotti si è preferito affermare un diverso principio, per cui l'indicazione obbligatoria è resa tale solo nel caso in cui la sua omissione possa indurre il consumatore in errore circa l'effettiva provenienza del prodotto alimentare, così come delineato dall'articolo 3 della direttiva 2000/13/CE, confermato dal regolamento (UE) n. 1169/2011;
   l'indicazione d'origine dei prodotti può essere positivamente conseguita anche con la diffusione di tecnologie in grado di offrire la tracciabilità dell'intera filiera attestata da sistemi non seriali e non replicabili, al fine di consentire ai consumatori finali di conoscere la vera origine dei prodotti italiani, alimentari e non alimentari, e di ricevere un'adeguata informazione sulla qualità dei componenti e delle materie prime, nonché sul processo di lavorazione delle merci e dei prodotti finiti e intermedi made in Italy o interamente realizzati in Italia;
   il 15 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato con larghissima maggioranza (485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni) il pacchetto legislativo per la tutela dei consumatori europei da prodotti falsi e nocivi. La nuova disciplina impone di apporre il made in sia ai prodotti non alimentari realizzati in Europa che a quelli extraeuropei, ma prima che l'obbligo diventi effettivo è necessaria l'approvazione del Consiglio dell'Unione europea;
   l'etichetta made in sarà, quindi, obbligatoria per tutti i prodotti venduti nell'Unione europea, con alcune eccezioni come il cibo e i medicinali; secondo la proposta approvata, i produttori dell'Unione europea potranno scegliere se mettere sull'etichetta la dicitura made in EU oppure il nome del loro Paese. Per le merci prodotte fuori dall'Unione europea, il «Paese di origine» dovrà essere quello in cui il bene ha subito «l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata», che si sia conclusa con la «fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione» (come definito nel codice doganale dell'Unione europea);
   nella relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2014, il Governo italiano ha ricordato l'importanza che annette, ai fini della competitività del sistema industriale italiano, all'introduzione di un'indicazione di origine dei prodotti non alimentari, ma l'obbligatorietà di tale indicazione – contenuta all'articolo 7 della proposta di regolamento relativa alla sicurezza dei prodotti – non ha incontrato, tuttavia, l'unanime accordo degli Stati membri;
   alla luce di ciò, l'Italia, durante il proprio semestre di presidenza, ha accordato ai Paesi del Nord Europa l'esecuzione di uno studio di impatto sui costi/benefici dell'introduzione del made in, studio che non è stato ancora ufficialmente diffuso, ma che secondo fonti di stampa avrebbe dato pareri discordanti in base ai settori merceologici, nei quali sarebbero favorevoli, soprattutto, i comparti di ceramica, calzature e tessile/abbigliamento;
   secondo le stesse notizie di stampa, il Governo italiano avrebbe chiesto al Presidente Juncker di rinviare la decisione dei commissari al Consiglio competitività previsto il 28 maggio 2015, dove il Viceministro dello sviluppo economico (con delega al commercio internazionale), Carlo Calenda, presenterà una proposta di mediazione consistente nella possibilità di un made in circoscritto ad alcuni settori, che diventerebbero cinque – ceramica, calzature, tessile, ma anche legno-arredo e oreficeria – senza distinzione tra piccole o grandi imprese e un periodo di sperimentazione dell'etichetta obbligatoria di tre anni, per poi fare il punto della situazione;
   il 6 maggio 2015, secondo indiscrezioni provenienti dalla Commissione europea, sarebbe stato deciso di proporre per il Consiglio di competitività dell'Unione europea previsto il 28 maggio 2015 una soluzione di compromesso che prevederebbe l'applicazione del regolamento in questione limitatamente a tre settori (tessile-abbigliamento, ceramico e calzaturiero);
   tale compromesso, se confermato, penalizzerebbe altri due settori certamente non secondari per l'industria manifatturiera nazionale, quello del legno-arredo e quello dell'oreficeria –:
   quali siano le informazioni in possesso del Governo sull’iter del regolamento relativo al made in e quali siano le richieste dell'Italia al Consiglio competitività dell'Unione europea per tutelare e valorizzare i prodotti dell'industria manifatturiera italiana il cui export, secondo i dati forniti dal Viceministro Calenda, ha raggiunto nel 2014 la cifra record di 398 miliardi di euro.
(2-00966) «Benamati, Taricco, Tidei, Taranto, Carra, Bini, Senaldi, Cenni, Scuvera, Lacquaniti, Venittelli, Bargero, Romanini, Antezza, Mongiello, Galperti, Terrosi, Arlotti, Martella, Portas, Berretta, Baruffi, Camani, Basso, Bazoli, Bergonzi, Paola Bragantini, Brandolin, Vico, Cani, Capone, Marrocu, Bonomo, Capozzolo, Ginefra».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

denominazione di origine

importazione comunitaria

regime doganale comunitario