ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/00891

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 390 del 12/03/2015
Firmatari
Primo firmatario: D'ALIA GIANPIERO
Gruppo: AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Data firma: 12/03/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12/03/2015
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 24/03/2015
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-00891
presentato da
D'ALIA Gianpiero
testo di
Giovedì 12 marzo 2015, seduta n. 390

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la nuova legge elettorale della regione Umbria (legge regionale 23 febbraio 2015, n. 4) è stata approvata dal consiglio regionale nella riunione del 17 febbraio 2015, a ridosso dello scioglimento dello stesso per scadenza naturale del mandato e dell'indizione delle elezioni amministrative in tale regione;
   tra i tratti salienti della nuova legge elettorale si segnalano: l'introduzione di un unico turno elettorale (risulta dunque eletto il candidato alla presidenza che abbia ottenuto la maggioranza relativa); l'assegnazione del premio di maggioranza (60 per cento dei seggi regionali, pari a 12) alla coalizione che abbia ottenuto il maggior numero di voti senza che, a tal fine, sia richiesto il raggiungimento di una soglia minima di voti; l'assegnazione di un seggio (tra gli 8 riservati alle minoranze) al candidato alla presidenza della giunta regionale «miglior perdente»; l'introduzione di soglie d'accesso differenziate a seconda che si tratti di liste che sostengono il candidato presidente risultato vincitore o miglior perdente oppure di liste collegate ad altro candidato alla presidenza;
   in relazione alla, suddetta disciplina, non si può ignorare che, con riguardo alle norme della legge elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che prevedevano l'attribuzione di un premio di maggioranza in difetto del presupposto di una soglia minima di voti o di seggi (articolo 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e articolo 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 533 del 1993) e suscettibili di trasformare formazioni di maggioranza relativa che avessero conseguito ridotte percentuali di suffragi in formazioni di maggioranza assoluta dei componenti l'assemblea, la Corte costituzionale (sentenza n. 1 del 2014) ha affermato che le anzidette norme, «pur perseguendo un obiettivo di rilievo costituzionale, qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell'efficienza dei processi decisionali nell'ambito parlamentare, dettano una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, ponendosi in contrasto con gli articoli 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 della Costituzione. In definitiva, detta disciplina non e proporzionata rispetto all'obiettivo perseguito, posto che determina una compressione della funzione rappresentativa dell'assemblea, nonché dell'eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un'alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l'intera architettura dell'ordinamento costituzionale vigente»;
   non sembrano esservi ostacoli ad una lettura estensiva della sentenza in esame e alla conseguente riferibilità dei principi da essa sanciti ai sistemi elettorali regionali, posto che i parametri utilizzati dalla Consulta per addivenire alla declaratoria di illegittimità del premio di maggioranza (articoli 1, comma 2, 3, 48, comma 2, 67 della Costituzione) sostanziano i principi alla base del circuito democratico e del diritto all'eguaglianza del voto ed appaiono dunque riferibili a tutte le assemblee elettive;
   un ragionamento analogo a quello prima svolto vale anche per i principi concernenti le modalità di espressione del voto. La Corte costituzionale, nella richiamata sentenza n. 1 del 2014, ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittime le disposizioni legislative statali che introducevano le così dette «liste bloccate» (articolo 1, comma 1, e articolo 18-bis, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957; articolo 1, comma 2; articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 533 del 1993), per violazione dell'articolo 48. Pertanto, anche la normativa regionale che preveda la ripartizione dei seggi tra le liste concorrenti, traducendo la scelta dell'elettore in un voto di preferenza esclusivamente per la lista, priva – analogamente alla normativa nazionale dichiarata illegittima – l'elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti e a giudizio dell'interpellante confligge con il medesimo principio costituzionale;
   il sistema di elezione del presidente della giunta regionale e dei consigli regionali è disciplinato da un complesso di leggi statali stratificatosi sulla originaria legge 17 febbraio 1968, n. 108, «Norme per l'elezione dei Consigli regionali delle regioni a statuto normale» cui hanno fatto seguito, tra l'altro, la legge 23 febbraio 1995, n. 43, «Nuove norme per l'elezione dei Consigli delle regioni a statuto ordinario», che ha introdotto l'attuale sistema maggioritario quando presidente e giunta erano eletti dal consiglio regionale; la legge-quadro 2 luglio 2004, n. 165, «Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione», che stabilisce i principi cui sottostà la potestà legislativa della regione in materia elettorale, stante la disposizione costituzionale che la sottopone ai «limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge, della Repubblica» e, da ultimo, l'articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, che ha ridotto il numero dei seggi dei consigli regionali a far data dal primo rinnovo degli organi successivo alla sua entrata in vigore;
   la gran parte delle legislazioni elettorali regionali è costituita dal combinato disposto della disciplina nazionale e delle singole leggi regionali ed ha conservato l'impianto proporzionale in circoscrizioni corrispondenti al territorio delle province, l'esito maggioritario in sede regionale e l'assegnazione alla lista o alla coalizione «vincente» di una maggioranza consiliare del 55 e 60 per cento;
   la disciplina nazionale rappresentata dalla legge n. 108 del 1968, come modificata, in particolare, dalla legge n. 43 del 1995, presenta non poche analogie con il sistema elettorale dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale. Con specifico riguardo alla disciplina del premio di maggioranza, anche la disciplina statale e infatti fondata su un sistema proporzionale (per l'80 per cento), è un premio di maggioranza, che assorbe il restante 20 per cento e che viene attribuito in assenza di una soglia minima. Tale premio è però diversamente modulato a seconda che le liste collegate al presidente abbiano raggiunto o meno il 40 per cento dei voti validi: in caso negativo, alla coalizione risultata vincitrice sono assegnati il 55 per cento dei seggi, in caso affermativo, alla coalizione vincitrice sono invece assegnati 60 per cento dei seggi;
   il raffronto tra la suddetta disciplina e quella dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale evidenzia forti analogie in relazione all'ipotesi che le liste collegate al presidente della giunta non abbiano raggiunto il 40 per cento dei seggi, poiché l'attribuzione del premio di maggioranza opera indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di voti;
   non sfuggono ad analoghe considerazioni neanche le leggi elettorali regionali;
   quello umbro non è infatti un caso isolato né in relazione ai contenuti della legge elettorale, né in relazione ai tempi di approvazione della suddetta legge;
   basti pensare, in relazione a quest'ultimo aspetto, che, in tutte le regioni i cui cittadini si recheranno alle urne il 10 maggio 2015, la relativa legge elettorale e stata modificata tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015, non al solo fine di adeguare il numero dei seggi consiliari alle disposizioni statali in materia, ma allo scopo di introdurre una significativa riforma del sistema elettorale. Limitando l'analisi alle sole regioni in cui si andrà al voto nel mese di maggio, l'interpellante ricorda che: la legge elettorale campana è stata modificata con la legge regionale 7 agosto 2014, n. 16, e indi con la legge regionale 6 febbraio 2015, n. 3; la legge elettorale delle Marche: è stata modificata con la legge regionale 20 febbraio 2015, n. 5; la legge elettorale pugliese è stata modificata con l'approvazione, lo scorso 26 febbraio, della proposta n. 346, in attesa di pubblicazione; la legge elettorale toscana è stata modificata con la legge 26 settembre 2014, n. 51; la legge elettorale del Veneto è stata da ultimo modificata con la legge 27 gennaio 2015, n. 1; la legge elettorale umbra – come detto – è stata modificata con legge 23 febbraio 2015, n. 4. Da ultimo, è in discussione presso il consiglio regionale ligure, la proposta di legge regionale n. 363 recante la legge elettorale regionale (sino ad ora ha infatti trovato applicazione la legge statale);
   la modifica del sistema elettorale a ridosso delle elezioni regionali non appare peraltro una novità: basti pensare, quanto, al recente passato, che la legge elettorale della Regione Calabria, dove le elezioni si sono svolte il 23 novembre 2014, è stata modificata con legge 12 settembre 2014, n. 19; la legge elettorale dell'Emilia Romagna, dove le elezioni si sono svolte in pari data, e stata modificata con la legge 23 luglio 2014, n. 21;
   la modifica del sistema elettorale di un organo a ridosso del suo rinnovo, oltre a confliggere con le norme di buona condotta in, materia elettorale determina effetti di profonda instabilità nel sistema, poiché, anche qualora il Governo decidesse di promuovere la questione di legittimità costituzionale delle leggi elettorali dinanzi alla Corte costituzionale a norma dell'articolo 127 della Costituzione, la pronuncia della Consulta sarebbe inevitabilmente tardiva rispetto alle consultazioni elettorali;
   l'assegnazione del premio di maggioranza alla coalizione che abbia ottenuto il maggior numero di, voti senza che, a tal fine, sia richiesto il raggiungimento di una soglia minima di voti opera, limitatamente alle regioni che andranno al voto nel mese di maggio, sia nella regione Umbria sia nella regione Campania. D'altro canto, nella regione Liguria si assiste al paradosso per cui, se il consiglio dovesse approvare la nuova legge elettorale a ridosso delle elezioni opererebbe in spregio alle esigenze di certezza del diritto e di buona condotta in materia elettorale, ma, se ciò non dovesse avvenire, continuerebbe ad applicarsi la normativa nazionale che prevede il voto di lista bloccato (il cosiddetto listino) e l'attribuzione del premio di maggioranza alle liste che non abbiano raggiunto il 40 per cento dei seggi indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di voti;
   poiché non si può giustificare una differenziazione dei principi validi per il livello nazionale rispetto a quelli validi a livello regionale; appare non più differibile un intervento del Parlamento nazionale, in forza dell'articolo 122 della Costituzione, finalizzato a modificare la normativa contenuta nella legge n. 108 del 1968 e a dettare nuove norme di principio cui devono uniformarsi le regioni in materia elettorale e ad uniformare regimi variegati in relazione ad istituti che richiederebbero – allo scopo di scongiurare la più assoluta incertezza nella predeterminazione di regole che presiedono all'esercizio della sovranità popolare per enti importanti come le regioni – una disciplina unitaria;
   non appare più rinviabile neanche un intervento del Governo al fine di promuovere un ampio confronto in materia con le regioni, anche in sede di Conferenza Stato-regioni;
   la legittima necessità per le regioni di adeguare i propri sistemi elettorali all'intervenuta riduzione del numero dei consiglieri regionali deve rappresentare l'occasione per una revisione dei medesimi in chiave costituzionale e, in tale contesto, il ruolo del Governo deve essere attivo e propositivo –:
   se il Governo non intenda promuovere dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, per le ragioni indicate in premessa e ferma restando la necessità di farsi promotore di un dibattito e di un confronto istituzionale di ampio respiro con le regioni sui sistemi elettorali vigenti, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dell'Umbria n. 4 del 2015.
(2-00891) «D'Alia».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritto elettorale

ripartizione dei seggi

revisione della legge