ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/00830

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 372 del 05/02/2015
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 03/02/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE 03/02/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 03/02/2015
Stato iter:
06/02/2015
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 06/02/2015
Resoconto BRUNETTA RENATO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
 
RISPOSTA GOVERNO 06/02/2015
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
REPLICA 06/02/2015
Resoconto BRUNETTA RENATO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 06/02/2015

SVOLTO IL 06/02/2015

CONCLUSO IL 06/02/2015

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-00830
presentato da
BRUNETTA Renato
testo presentato
Giovedì 5 febbraio 2015
modificato
Venerdì 6 febbraio 2015, seduta n. 373

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere, premesso che:
   il Consiglio dei ministri il 20 gennaio 2015 ha approvato un decreto-legge (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3) recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti;
   in particolare il decreto-legge in questione impone alle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro la trasformazione in società per azioni; la finalità dichiarata dal Governo sarebbe quella di garantire che la liquidità disponibile si trasformi in credito a famiglie e imprese e favorire la disponibilità di servizi migliori e prezzi più contenuti;
   con le nuove disposizioni viene, dunque, a decadere il principio del voto capitario, in base al quale ogni socio, in sede di delibere assembleari, ha diritto ad un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute. Il voto capitario costituisce il principio-cardine che storicamente ha contraddistinto e differenziato le banche cooperative rispetto alle banche società per azioni, consentendone un forte sviluppo al servizio dei territori serviti, al servizio soprattutto delle piccole e medie imprese, delle famiglie e degli artigiani. Anche in questa ultima e prolungata crisi le popolari italiane hanno mostrato maggiore attenzione al sostegno creditizio delle imprese locali;
   nell'analisi di tale intervento, è utile partire da alcuni dati di sistema fondamentali per capire il contesto in cui l'azione si inserisce;
   dal 2011 (Governo Berlusconi) al 2014 (Governo Renzi) il totale dei prestiti a famiglie e imprese è diminuito di 129 miliardi di euro, mentre le famiglie, principalmente per effetto degli aumenti fiscali sul patrimonio immobiliare, hanno perso 815 miliardi di euro del valore della loro ricchezza netta. A ciò si aggiunga che negli ultimi anni, oltre ad essere crollato il numero di aziende che chiedono credito, il tasso nominale per prestiti fino a 1 milione di euro ha fatto registrare quota 3,5 per cento (in Francia è il 2,1 per cento). Il tutto in un contesto in cui i tassi di interesse sullo scoperto per una piccola impresa fino a 125 mila euro raggiungono una percentuale media da capogiro del 10,6 per cento;
   pertanto, a fronte dei tassi di interesse praticamente negativi, l'accesso al credito e il costo del credito resta un problema centrale nello sviluppo italiano. Ancor di più se si considera che negli ultimi anni è crollato il numero di aziende che chiedono credito e quelle che lo ottengono. In questo contesto si inserisce dunque l'intervento di riforma delle banche popolari adottato dal Governo, che si inserisce quindi con lo strumento della decretazione di urgenza nella vita di 1 milione 340 mila soci, 12,3 milioni di clienti. Una realtà, quella delle popolari, che conta 450 miliardi di attivo, il 29,3 per cento degli sportelli, il 25,3 per cento della raccolta e il 24,6 per cento degli impieghi;
   in molti hanno già evidenziato le evidenti criticità del decreto-legge approvato; su tutti, uno dei membri dell'Esecutivo che ha varato il testo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, che ha esplicitamente dichiarato il proprio dissenso rispetto alla riforma proposta, sottolineando come le banche popolari siano «una risorsa, come le Pmi, per la loro presenza sul territorio, altrimenti si finisce come la Grecia». Al coro di critiche si è aggiunta la voce del presidente della Banca popolare di Vicenza, che, in un'intervista pubblicata su Il Giornale, ha affermato: «È una riforma che uccide il sistema delle banche cooperative, salvando solo quelle che hanno un peso insignificante: le soglie (eliminazione del voto capitario sopra gli 8 miliardi di attivi) sembrano fatte apposta per salvare il credito cooperativo delle Bcc». Inoltre, precisa Zonin, «eliminando il voto capitario le mettiamo (le Banche Popolari ndr) nelle mani di speculatori, fondi esteri; svendiamo loro il 25 per cento dell'attività bancaria italiana. E in questo delicato momento aprire così il territorio alla concorrenza genera il rischio che questi investimenti prendano il controllo dell'economia del Paese». Insomma: un conto è rinnovare la governance, un altro è cancellare il sistema cooperativo. Tanto più se si considera che in un periodo di contrazione del credito queste banche hanno esibito – come ricordato alcuni giorni fa dal presidente di Unimpresa Pietro Longobardi – un rapporto tra credito e totale degli attivi di 16 punti percentuali (mentre su base europea risulta pari a 5) superiore rispetto a quello degli istituti di maggiore peso a livello nazionale;
   in particolare per le banche popolari non quotate, che rappresentano le realtà di dimensioni inferiori ma proprio per questo più radicate nei territori di storico insediamento, la norma appare estremamente penalizzante, perché impedirebbe di proseguire nella propria attività secondo il modello attuale, fondato proprio sullo stretto legame associativo (rapporto cliente-socio) con una logica non di ampio possesso di singole quote, ma di diffusa e frazionata proprietà; in questo modo, è inevitabile che la norma incida sulla capacità di erogare credito a famiglie ed imprese nei territori di presenza (dove il credito verrebbe orientato secondo una mera logica di ritorno finanziario e non di reale sostegno al territorio – funzione sociale delle cooperative);
   in ogni caso, al fine di preservare il vero modello cooperativistico, ossia quello delle banche popolari non quotate, sarebbe auspicabile un cambiamento del riferimento dimensionale, che potrebbe essere quello del limite previsto per l'assoggettamento alla vigilanza della Banca centrale europea che riguarda le banche con più di 30 miliardi di euro di attivi;
   se, da un lato, l'iniziativa del Governo sul credito popolare mostra giorno dopo giorno tutta la sua inconsistenza, in particolare attraverso le numerose critiche mosse dagli operatori del settore, dall'altro prende sempre più corpo l'ipotesi di ulteriori aspetti allarmanti;
   il quotidiano Il Corriere della Sera, in un articolo pubblicato il 24 gennaio 2015 (così come altri articoli successivi pubblicati su Il Giornale e su Il Sole 24 Ore), ha rivelato come l'intervento di riforma approvato dal Consiglio dei ministri sia stato preceduto da una serie di attività anomale e di operazioni di compravendita di titoli azionari di numerose banche popolari, i cui movimenti pongono il quesito su un possibile sospetto caso di insider trading;
   subito dopo il varo del decreto-legge n. 3 del 2015, la borsa di Piazza Affari ha infatti iniziato a prendere posizione, immaginando possibili aggregazioni tra le banche popolari, i cui acquisti si sono concentrati sulle banche di modesta dimensione, come, ad esempio, il Banco Popolare, che ha registrato a fine settimana un guadagno del 21 per cento, la Banca popolare dell'Emilia, con un +24 per cento o la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, che ha guadagnato addirittura il 65 per cento in una settimana;
   sempre secondo indiscrezioni riportate dalla stampa, un'intensa attività di compravendita di titoli di alcune banche popolari italiane quotate in Borsa si sarebbe verificata, in particolare, in una delle piazze finanziarie più importanti in Europa e nel mondo: il London Stock Exchange;
   considerati gli effetti dirompenti che la notizia della riforma ha avuto sui mercati finanziari, a partire da lunedì 19 gennaio 2015, con rialzi a due cifre di tutte le banche coinvolte, non può passare in secondo piano, a parere degli interpellanti, il sospetto di azioni promosse in maniera consapevole e attenta, a seguito dell'entrata in possesso di informazioni privilegiate;
   a tal proposito la Consob ha avviato una serie di accertamenti preliminari sull'operatività dei titoli delle popolari e sta, quindi, verificando se ci sia stato chi, avendo ricevuto informazioni preventive sull'imminente approvazione del decreto-legge, abbia approfittato e speculato sulla trasformazione delle banche popolari in società per azioni;
   Il Corriere della Sera riporta, altresì, il contenuto di alcune notizie di stampa apparse nelle giornate del 15 e 16 gennaio 2015, quando alcuni quotidiani e agenzie di stampa riportavano i seguenti titoli: «Brillano le Popolari», «Salgono i bancari a cominciare dalle Popolari»; poco prima delle ore 18 della stessa giornata del 16 gennaio 2015, a chiusura della borsa valori di Milano, le agenzie di stampa riportavano poi la notizia: «In arrivo norme per riforma Popolari»;
   sembra poi, come riportato nel medesimo articolo de Il Corriere della Sera, che l'intervento di riforma fosse inizialmente previsto all'interno del disegno di legge concorrenza, in fase di messa a punto al Ministero dello sviluppo economico e, dunque, destinato a seguire l'ordinario iter parlamentare. Una mossa «a sorpresa» del Governo avrebbe invece determinato l'inserimento dell'articolo del disegno di legge sull'abolizione del voto capitario nel decreto-legge cosiddetto «Investment compact» –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se, in considerazione di quanto riportato, non intendano chiarire le fasi tecniche e i passaggi che hanno anticipato l'approvazione del decreto-legge di riforma delle banche popolari, i cui rilievi particolarmente dettagliati pubblicati sulla stampa e riportati in premessa pongono seri e fondati dubbi sulle modalità di gestione delle informazioni, lasciando intravedere ampi margini di opacità che rischiano di alimentare processi degenerativi, nonché sulla decisione di procedere attraverso lo strumento del decreto-legge su un tema che, a parere degli interpellanti, non presenta i requisiti di necessità ed urgenza previsti dalla Costituzione.
(2-00830) «Brunetta, Palese».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

banca popolare

concorrenza

erogazione di prestito